Governo del territorio, politica e professionisti fanno il punto
Dopo l'incontro promosso dall'Ordine sui temi della rigenerazione urbana, tra politica e professione, tenutosi il 3 dicembre, una riflessione sullo stato normativo attuale e le prospettive per i prossimi anni.
“Rigenerazione urbana, lavori in corso sulle leggi che governano il territorio: un confronto tra politica e professione” questo il titolo del convegno che ha coinvolto legali, legislatori, operatori e oltre 400 iscritti presenti in sede e collegati da remoto. Da anni si discute in Italia della necessità di aggiornare e adeguare il corpo normativo. Tre leggi essenziali (Urbanistica, Rigenerazione urbana e Testo unico dell’edilizia), attendono di essere rinnovate e sono in questi mesi ferme in Parlamento.
«L'evoluzione della disciplina urbanistica in questi anni si basa sul non consumo di suolo, quindi non espansione su terreni liberi con interventi sul costruito, anche con la demo-ricostruzione, la cosiddetta rigenerazione urbana. Le nostre leggi regionali sono chiare da questo punto di vista, incentivano questa tipologia di interventi con premialità volumetriche, semplificazioni procedurali e riduzione dei contributi di costruzione. Proprio gli strumenti che sono risultati più efficaci per attuare la rigenerazione urbana a Milano hanno un riscontro diretto nelle accuse della Procura», spiega Federico Aldini, presidente dell’Ordine di Milano nella sua nota introduttiva al convegno.
La cosiddetta proposta di legge Salva Milano chiarisce, definitivamente questi due aspetti. Nei casi di progetti con edifici più alti di 25 metri o con un indice superiore a 3 metri cubi al metro quadro viene chiarito che non devono ricadere nell'obbligo della pianificazione attuativa se contestualizzati in ambiti già urbanizzati, a meno ovviamente che non siano espressamente richiesti dallo strumento urbanistico comunale. Per quanto riguarda invece la qualifica dell'intervento di ristrutturazione viene chiarito che cosa contempla.
«Noi riteniamo un paradosso il fatto che ci fosse la necessità di un chiarimento. Se prendiamo quello che viene riportato nella definizione attualmente in vigore (DPR 380 del 2001, art.3, comma 1, lettera “d”) per quanto riguarda gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Vediamo che tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza», spiega Aldini.
Il testo oggi in vigore è il risultato di una serie infinita di modifiche – dicono dall’Ordine - e integrazioni apportate al testo pubblicato nel 2003 tutte rivolte a chiarire che ciò che connota l'intervento di ristrutturazione è fondamentalmente la conservazione dell'entità del volume esistente, il quale può demolito e ricostruito in forme e con destinazioni d'uso anche diversissime dall'impianto originario.
«Quindi diciamo che, come professionisti, non ci siamo inventati niente. Le modifiche della 380 dal 2013 in poi hanno come obiettivo quello di promuovere la rigenerazione urbana preservando il volume esistente che può essere ricostruito con forme e destinazioni differenti», conclude Aldini.
Dall’Ordine fanno sapere, inoltre, che l'approvazione della proposta di legge Salva Milano non deve essere espressa come un traguardo, ma come un punto di partenza perché tutto quello che è accaduto ha comunque evidenziato lacune nel quadro normativo. Quindi diventa necessario sempre di più portare a termine la scrittura di una legge urbanistica di principi visto che quella esistente è datata 1942, e ancora di più una riscrittura organica del Testo unico delle costruzioni.
«Il mondo professionale auspica da tempo che si arrivi a una rapida definizione delle nuove regole e che queste siano armonizzate fra loro. La nostra categoria deve lavorare con strumenti datati e spesso non adeguati, a volte leggi che hanno anche 80 anni e questo non è più ammissibile. Il cambiamento deve essere coraggioso e sistematico. Un tema caldissimo, che impatta sulla professione e sul sistema produttivo in generale», spiega Stefano Rigoni, consigliere dell’Ordine degli Architetti di Milano, organizzatore del tavolo.
«Il problema, che è l'occasione di questo incontro, muove dalle vicende milanesi che attengono all'interpretazione che viene data di due istituti», interviene Alberto Fossati, dell’Università Cattolica di Milano e legale dello studio Fossati Andena Romanenghi. «La prima, una norma risalente al 1967 che è inserita nel corpo della legge 150 del ‘42, l'altra questione attiene all'interpretazione dell'intervento della ristrutturazione edilizia, cosiddetta demo ricostruttiva, nella versione introdotta dalla legge del 2020, che di fatto ha confini labili tra ciò che è ristrutturazione e ciò che è nuova costruzione. Dal 2013 in poi il legislatore è andato via via ampliando le maglie di questo intervento al punto di arrivare alla soluzione attuale che dice che si può demolire e ricostruire senza conservazione della sedime», precisa il legale. «Il problema è che non si capisce in che cosa consista la traccia. «Nel momento in cui io non sono più tenuto a conservare la sagoma, nel momento in cui non sono tenuto a conservare il prospetto, addirittura la caratteristica tipologica, mancando poi di una qualificazione, di che tipologia stiamo parlando? Che cosa sarà mai la traccia?». Norme vecchie sotto accusa. «La cosiddetta legge Salva Casa, la legge 105, si caratterizza per essere uno degli esempi più evidenti di una qualità di produzione normativa al di sotto della sufficienza. Chiunque di voi abbia modo di applicare questa norma, si rende conto delle difficoltà interpretative e applicative che porta», conclude Fossati.
Un problema di qualità della produzione normativa, ma c'è anche la complessità delle competenze istituzionali, Stato, Regione e poi Comuni. Senza pensare ai livelli di pianificazione intermedia, ovvero Province e Città metropolitana.
«L’analisi deve andare a ritroso, al primo Pgt di Milano», interviene Marco Engel dell’Inu Lombardia. «Io ricordo bene che all'epoca c'era l'obiettivo per la Città di portare Milano alla densità massima, al livello che aveva raggiunto negli Anni ’70, quando ha iniziato a perdere residenti, un processo che si è riavviato in senso inverso solo abbastanza recentemente. È chiaro che il governo del territorio della città di Milano puntava sulla densificazione. Il Piano di Milano ancora oggi è rivolto a consentire trasformazioni finalizzate al ritorno in città di un certo numero di nuovi residenti e la politica della rigenerazione urbana in qualche modo è coerente con questa impostazione». La politica ha ricordato come in questo momento in Senato sia depositato un progetto di legge unificato. Sono stati messi insieme 400 diversi progetti di legge che hanno prodotto un testo unico, piuttosto complesso, non molto dissimile per la verità in alcune parti da quello lombardo. «Io ricordo – continua Engel - che io al tempo della discussione della legge sulla Rigenerazione urbana della nostra Regione, avevo ritenuto che questa avrebbe favorito le situazioni in cui il mercato era già vivace, mentre invece avrebbe avuto un effetto pressoché nullo nelle situazioni in cui il mercato iniziava».
Il tema è anche come si innesca un’interlocuzione con il mondo della politica, che ha il compito di raccogliere le criticità e trovare soluzioni.
«Dobbiamo dire che le stesse norme che governano grandi città come Milano, amministrano pure piccoli Comuni che non hanno il dinamismo di Milano e Roma. Dobbiamo dunque assicurare una qualità della pianificazione», interviene Maurizio Cabras di Anci Lombardia. «Chiediamo ai politici: la trasparenza del quadro normativo, una coerenza interna delle leggi di principio e le relazioni e capire il ruolo delle Regioni», conclude Cabras.
«Grazie per l'iniziativa dell'Ordine di riportare il dibattito un po' più alto rispetto a quello che è stato mediaticamente, verso i temi della disciplina e sui cambiamenti della città», interviene l’assessore alla Rigenerazione urbana di Milano, Giancarlo Tancredi. «Le indagini del caso Milano, le inchieste della magistratura hanno sollevato tra gli altri forse tre punti in particolare che mi piacerebbe sottolineare. Il primo è quello delle altezze. E questo è un tema non solo da architetti ma anche da città che non ha accolto in modo molto favorevole, diciamo, alcuni edifici alti. I cittadini hanno avuto un rapporto sempre dialettico con le altezze, fin dal dopoguerra. Attenzione, è da qui che partono gli esposti dei cittadini e da qui in parte che nasce l'azione della magistratura. Il secondo tema è quello della rigenerazione urbana contrapposto alle qualifiche che attualmente la legge, in modo abbastanza confuso, definisce per gli interventi edilizi. Il terzo tema è quello forse al centro anche di questo dibattito, cioè il decennale ritardo, a livello di Paese, della riforma urbanistica e di rigenerazione urbana. È stato fatto un processo di cambiamento imponente, una transizione complessa da città industriali, città dei servizi, peraltro con processi anche sociodemografici molto complessi. Perché ricordiamoci che la dismissione delle aree industriali crea dei problemi ai tessuti urbani, ai tessuti sociali della città. Problemi di sicurezza, di mancanza di relazioni tra diverse parti di città, di circolazione del traffico e dei flussi. Problemi ambientali, perché la presenza di contaminazioni nelle aree industriali può compromettere la falda acquifera. Milano ha deciso di accelerare questi processi e si è appoggiata su delle leggi di semplificazione che lo consentivano. E quindi ha consapevolmente e volutamente cercato di semplificare e accelerare, mai in contrasto con la legislazione». Il tema della legislazione nazionale non adeguata alle procedure locali è il vero focus del dibattito. Una rigenerazione urbana, necessaria, intesa come sostituzione di tessuti industriali non di particolare valenza. E qua c'è tutto il tema del recupero, della salvaguardia. In grandissima parte questo tessuto industriale è fatto di capannoni e aree da bonificare, quindi trasformare questo anche in edifici, ovviamente in parte residenziali, completamente diversi. «Il tema della traccia è un non tema», conclude Tancredi.
L’incontro si è proposto come primo obiettivo la conoscenza di carattere normativo e urbanistico, ma è stato poi offerto un momento di confronto col mondo della politica che deve dare mandato e indirizzo agli strumenti di governo del territorio. I parlamentari Marco Simiani e Andrea De Priamo, che stanno lavorando sul tema, hanno risposto ad alcune domande con l’obiettivo di evidenziare come sia necessario coordinare i lavori per avere leggi utilizzabili in modo snello e con strategie chiare.
«Le città ci sono e devono essere trasformate, usando strumenti riformati e aggiornati. Con regole ferme e coerenti si rigenerano i centri urbani», interviene Simiani, membro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati. «Il tema della trasformazione urbana e della leva che questa rappresenta per le economie locali ha bisogno di attenzione politica e di azione congiunta. Solo un pensiero attento alle esigenze del Paese e alla qualità delle nostre periferie può generare una normativa vicino ai bisogni di tutti i cittadini e utile per la rigenerazione dei tessuti urbani», spiega De Priamo.
La sede dell’Ordine di Milano ha ospitato il dibattito e dato spazio anche alle esperienze significative nella gestione del cambiamento sui territori per capire dove ci si è indirizzati negli ultimi anni e per immaginare il futuro prossimo, esprimendo alla politica istanze autorevoli. Da segnalare gli interventi introduttivi di Maria Cristina Milanese, presidente OAPPC Torino; Pasquale Caprio, presidente OAPPC Salerno; Cristiano Guernieri, presidente OAPPC Mantova; Alessandro Panci, presidente OAPPC Roma; Filippo Salucci, presidente di giuria e l’architetto Davide Napoli, Rup del concorso internazionale Ex Manifattura Tabacchi di Torino; Emmanuel Ruggiero, Francesco Alfano, Adele Caputo, Eva Antonucci del gruppo Riuso OAPPC Salerno.
Resoconto dell'evento a cura di PPAN, communication partner dell'Ordine degli Architetti di Milano.