Lo Staff di Ordine e Fondazione è a disposizione per supportare nella risoluzione di problematiche e segnalazioni.
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La pagina "L'Ordine Ricorda" dell'Ordine degli Architetti PPC di Milano è uno spazio dedicato a preservare la memoria di figure significative del mondo dell'architettura. Attraverso articoli commemorativi, racconti e approfondimenti, questa sezione celebra i colleghi venuti a mancare.
Il suo instancabile impegno accademico e professionale ha lasciato un'impronta significativa nella cultura architettonica milanese. Come professionista e docente del Politecnico di Milano, ha formato generazioni di architetti, trasmettendo loro non solo competenze tecniche ma anche una profonda e appassionata visione del ruolo sociale e civile dell'architettura. Il suo esempio continuerà a ispirare le nuove generazioni di architetti nell'affrontare le sfide della progettazione contemporanea con sguardo critico e appassionato.
L'Ordine degli Architetti di Milano esprime il suo cordoglio e ricorda con affetto e gratitudine il suo impegno per la professione e il suo contributo al dibattito architettonico sulla città.
Il Consiglio evidenzia la sua costante e attenta partecipazione alla discussione con contributi sempre originali ed indipendenti, orientati alla valorizzazione del progetto di architettura e alla affermazione delle sue qualità.
Questo spazio è a disposizione di chi vorrà inviare un ricordo personale e professionale di Emilio.
L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, insieme alla Fondazione, ricordano il professore Luciano Patetta, nato a Milano nel 1935 e morto il 26 giugno 2024, a Milano. Professore di storia dell'architettura, tra i suoi innumerevoli studi fondamentali quelli sull'architettura del Quattrocento a Milano.
Nato nel 1935 a Milano. Laureato alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1959, avvia la sua attività come architetto dapprima nello studio di Giancarlo De Carlo, poi in quello di Franco Marescotti e Giuliano Rizzi, fino al 1964, quando decide di avviare il suo studio professionale. Negli anni '60 è fondatore, insieme a Paolo Portoghesi, della rivista "Controspazio". All'attività di progettista affianca, dal 1971, l'attività di insegnamento di storia dell'architettura al Politecnico di Milano, diventando Ordinario nel 1987.
Tra i suoi progetti di architettura: la Sede dell’OM a Novara, 1978; due ville a San Teodoro, 1968-70; villa Sordi a San Colombano al Lambro, 1978; la sede della Società Ameise Italiana a Corsico, 1970-78; una casa d’abitazione in via Vincenzo Foppa a Milano, 1980. Nell'ambito del restauro nel 1983 progetta il restauro e disegna gli arredi per la Biblioteca dell’Accademia di Brera; nel 1984 il progetto di massima per i chiostri di Sant’Eustorgio a Milano. Alla scala urbana agli inizi degli anni '80 redige il Piano di Conservazione del Centro Storico di Viggiù. I suoi progetti sono stati esposti alla Biennale di Venezia nel 1980, quindi pubblicati nel catalogo “La presenza del passato”, e in “Postmodern” di Paolo Portoghesi. Dal 1982 al 1989 è membro del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali e, presso lo stesso Ministero, è stato Vicepresidente della Commissione per la tutela delle fonti storiche dell'architettura nelle città italiane.
Nel 1990 fonda la rivista "Il disegno di architettura"; dal 1997 cura, per la Fondazione Colocci di Jesi, i convegni sull'Architettura dell'Eclettismo.
L'attività di studioso lo porta a pubblicare numerosi testi di storia dell'architettura, oltre che contribuire con saggi su riviste specializzate e in libri e atti di convegni. Si riportano alcuni dei testi pubblicati:
Nel 2021 diviene membro dell’Accademia Nazionale di San Luca.
È venuto a mancare il 18 maggio l'arch. Giorgio Costantini, iscritto all'Ordine di Milano dal 1950. L'Ordine lo ricorda con un estratto dal volume "55/05 Cinquant’anni di professione" pubblicato nel 2006 per i tipi di Mondadori Electa.
"A Milano nel '45 eravamo quattro gatti in Facoltà: Ponti, Muzio, Portaluppi i nostri docenti; Wright, Neutra, Le Corbusier i nostri modelli. Ci si cimentava in tutto: dall'urbanistica alle poligonali topografiche, dai progetti architettonici a quelli di impianti, dal restauro alle iperstatiche strutturali. Un bel po' di questa roba oggi è finita in pattumiera insieme a logaritmi e regoli calcolatori. Un ragazzino sveglio sul computer, ora ti risolve un telaio in un baleno. Ma l'aver disegnato e calcolato con le mani e con la testa ci aveva reso un po' eclettici come i medici condotti che curavano sia il mal di pancia, sia i tendi cariati. Ancora studente il primo incarico: ricavare da un negozio un appartamento. Dovevo fare da progettista e da capomaestro insieme, consegnando l'opera, chiavi in mano, previo preventivo. Il mio risultò assai inferiore a quello di un geometra mio concorrente, non perchè fossi più bravo di lui, ma perchè, inesperto, avevo sbagliato i conti. Assunsi l'incarico, tutto andò bene, ma la mia carriera di capomastro finì lì. Fui fortunato: neolaureato, a 25 anni, un imprenditore, più coraggioso di me, mi affidò i calcoli strutturali di una casa di sei piani. Sta ancora su. Da allora ho progettato e costruito: residenze a Milano via Volvinio-de-Sanctis, via Fogazzaro-Maffei, via Montale 12, via Tolentino 2, a Bergamo via Verdi 27, uffici a Milano via Maffei 1, via Pannunzio 4, industrie a Brugherio, a Corsico, a Bareggio, edicole funerarie ad Arcisate, a Cesano, a Tradate. Ho restaurato Palazzo Acerbi in corso di Porta Romana a Milano e Palazzo Carrara in via Pignolo a Bergamo, ristrutturato a Milano la Clinica S. Siro in via Monreale e la Concessionaria di via Brizi 4. Assistente di Storia dell'Arte in Facoltà a Milano, ho pubblicato una raccolta di lezioni di Luigi Crema sull'architettura antica. E molte altre cose ancora: temo che nei prossimi 55 anni di carriera non potrò farne altrettante".
L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, insieme alla Fondazione, ricordano l'architetto Italo Rota, nato a Milano nel 1953 e morto il 6 aprile 2024, Milano. Lo ricordiamo con un'affettuosa testimonianza scritta di Franco Raggi.
Laureato al Politecnico di Milano nel 1982, Italo Rota si formò dapprima nello studio con Franco Albini e in seguito con Vittorio Gregotti. Tra le sue prime esperienze rientrò la collaborazione con Pierluigi Nicolin alla realizzazione della rivista Lotus International; alla scala dell'architettura collaborò con Gae Aulenti al grande progetto per la riconversione in museo della stazione Gare d'Orsay di Parigi. Nella capitale francese rimase per dieci anni, per tornare a Milano nel 1995. In Francia progettò allestimenti per mostre, collaborò nuovamente con Gae Aulenti per il Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou; progettò le nuove sale dedicate alla Scuola francese alla Cour Carré del Louvre; ridisegnò lo spazio pubblico del centro di Nantes (1992-1995). Nel 2006 ricevette la Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana per gli Spazi Pubblici, per l'intervento sul lungomare del Foro Italico a Palermo. Nel 2010 venne inaugurato il Museo del Novecento di Milano (vincitore di un concorso, progetto di Italo Rota con Emanuele Auxilia, Fabio Fornasari e Paolo Montanari) all'interno del Palazzo dell'Arengario in piazza Duomo.
Ricordiamo Italo Rota con un'affettuosa testimonianza scritta di Franco Raggi:
Italo Osservatore/Raccoglitore
C’è una foto credo del 1981 dove Italo Rota ed io siamo insieme e vicini. Una foto di gruppo, fatta a Barone Canavese durante i seminari/incontro che Piero Derossi organizzava convivialmente a Barone Canavese in una bellissima villa di famiglia un pò barocca e molto delabrè. Piero riuniva periodicamente architetti amici, e anche benevolmente nemici, per esporre e discutere progetti, idee, avversioni, speranze e visioni. Io e Italo forse eravamo i più giovani, lui più di me, ma già allora il ruolo che Italo si stava ritagliando era quello di un osservatore obliquo e non schierato, attento alle involuzioni della modernità specialmente se non accademiche, che in architettura voleva anche dire sporcarsi le mani con le aporie della contemporaneità meno colta se non incolta, ma anche a seguire le innovazioni tecniche e linguistiche delle tecnologie costruttive e comunicative, che potevano offrire stimoli ad una immaginazione libera.
Posso raccontare Italo solo attraverso i nostri incontri. Questi di Barone ci avevano accomunati, anche se in modo diverso, proprio per questa propensione allo sguardo eccentrico per non dire strabico. La pervasività di culture diverse, grafiche, figurative, sonore e materiali, stavano lì a dirci che l’architettura non poteva esser sorda a queste ebollizioni spontanee e vitali, che il progetto dell’abitare non poteva esser una categoria sociologica, geometrica, astratta, gestita da una élite di demiurghi attenti quasi solo alla coerenza formale e teorica del loro fare.
Italo però rispetto a me aveva una attitudine più certa verso il progetto come strada maestra per esplorare queste vitalità multiformi. Ha sempre voluto esporre il suo pensiero attraverso forme e costruzioni fisiche nelle quali esercitare nella pratica la sua curiosità sperimentale. L’architettura di Italo si prestava con forme inattese a introdurre la qualità del pensiero o meglio del senso. Ciò che non genera senso e riflessione non è progetto utile. Se poi nel produrre queste sue riflessioni formali Italo sconfinava nei scivolosi terreni del kitsch, e del "non-bello tanto meglio", la sua è sempre stata un poetica aperta e non dogmatica che prevedeva l’eccentrico e l’urticante come ingredienti necessari, purché nella procedura di progetto ci fosse sotteso un senso e una proposizione critica. Una decina di anni fa ci trovammo a parlare di alberghi e lui ne aveva fatto uno a Milano con degli interni disneyani e anche barocchi e pure teatrali, ma anche un pò Las Vegas, come scenari per un'utenza internazionale dall’identità incerta e tracotante. Sollevai i dubbi di uno che banalmente pensava che gli alberghi dovessero comunicare discrezione, eleganza, raffinatezza, senso del luogo di appartenenza e misura. La sua risposta sorniona e quasi annoiata fu che in futuro gli interni e gli spazi collettivi sarebbero stati oggetto di cambiamenti continui, in un vorticoso restyling incessante, e che gli utenti avrebbero ricercato solo identità mutanti, che corrispondessero alle ibridazioni culturali selvagge che la contemporaneità già oggi offriva.
Contemporaneamente Italo era un raffinato osservatore-raccoglitore. Lo dimostra il collezionismo compulsivo nei settori più diversi, da quello colto delle pubblicazioni delle avanguardie storiche, ai reperti della astronautica sovietica, ai modelli e alle miniature di persone e cose e paesaggi, come a costruire un universo parallelo fuori scala. Credo che si possa accostare la sua poetica e il suo stile, se ne aveva uno, al concetto di gadget. Il gadget è qualcosa di inutile, di apparentemente inutile che contiene e manifesta i segnali di una estetica anarchica e ammiccante. Il gadget contiene l’allusione a segni, materiali e figure che appartengono al linguaggio comune, ma li trasforma, li banalizza e li concentra in un oggetto affettivamente importante. Gli ambienti, gli oggetti e le architetture di Italo, cercavano di dare ordine e senso in questa involontaria estetica selvatica e affascinante, cercando di ibridarla con l’universo colto nel quale era stato educato. Ipotesi rischiosa, sicuramente eccentrica e per questo interessante.
Franco Raggi, 10 aprile 2024
Il 24 novembre 2023 è venuto a mancare l'architetto Mario Memoli. L'Ordine degli Architetti di Milano lo ricorda con una nota del collega Giulio Barazzetta.
Mario Memoli è un architetto napoletano che ha lavorato a Milano in via Quadronno 24 assieme a sua moglie Maria Gabriella Benevento sino al suo ultimo giorno. A fine novembre una chiesa affollata ha dato l’ultimo saluto a Mario, un uomo che: “con ingegno e leggerezza ha catturato l'anima di tutti coloro che lo hanno conosciuto.” Inseparabili dal suo ricordo con l’affetto di chi ha avuto il privilegio di frequentarlo e di lavorare con lui, sono la stima per il suo lavoro di operatori, progettisti, funzionari, amministratori.
Fianco a fianco sin dai loro primi giorni da studenti alla Facoltà di Architettura Mario e Gabriella si sono laureati nel 1966 e iscritti all’Ordine degli Architetti di Napoli l’anno dopo. I loro progetti di corso e di laurea hanno meritato il terzo premio IN/ARCH DOMOSIC 1964 e un’ampia pubblicazione su Casabella n. 320/1967.
Immediatamente dopo la laurea Mario lascia Napoli cercando lavoro altrove. Per prima cosa si reca in Scozia interessato alla realizzazione di Cumbernauld. Passando per Milano al rientro, grazie a Giovanna Gussoni, incontra Bruno Morassutti con cui anche con Gabriella Benevento si costituisce lo studio associato “Morassutti & Associati architetti” nel 1969. La loro realizzazione più nota è il Centro di Istruzione IBM a Novedrate, che ben caratterizza la fusione degli interessi di modularità e variazione di Bruno Morassutti con le ricerche di funzioni e vita sociale di grande scala al centro dell’attenzione di Mario Memoli. Nel 1980 si scioglie l’associazione, avendo prodotto lavori notevoli, fra cui “Spazio 3” progetto Primo Premio al Concorso per la ricostruzione della Regione Friuli, 1977, e la riedificazione dell’abitato di Castelnuovo di Conza, progetto vincitore del concorso del Giornale Nuovo di Indro Montanelli, 1981.
Mario Memoli e Maria Gabriella Benevento formano nel 1981 lo studio “Memoli & Benevento, architetti associati”. Dagli anni Ottanta le loro costruzioni segnano la nostra città con numerose architetture di qualità per abitazioni e spazi collettivi. Esiti della infaticabile proposta dello studio di iniziative pubblico/private a operatori e amministrazioni. In quest’opera non vanno dimenticate realizzazioni del migliore spazio pubblico, come il parcheggio e la piazza Cardinal Ferrari, ma anche progetti “banali” come il Parco Rifugio Canile del Comune di Milano.
Il risultato complessivo di un lavoro di “urbanistica intesa come architettura” nella migliore tradizione moderna.
Giulio Barazzetta, 12 dicembre 2023
Il loro curriculum autografo dice: … Laureati insieme a Napoli nel luglio 1966 ed abilitati all’esercizio della professione nell’autunno del 1966, iscritti all’Ordine degli architetti di Napoli ai numeri 726 e 721 … dal 1967 la loro attività si svolge prevalentemente a Milano, dove in collaborazione con gli architetti Bruno Morassutti e Giovanna Gussoni, rivolgono i loro interessi all’edilizia sociale, residenziale e non. Dal 1968 al 1981 questi architetti hanno formato lo studio “Morassutti & Associati, architetti”, firmando congiuntamente tutti i progetti elaborati in quegli anni. Dal 1981 hanno formato il nuovo studio “Memoli & Benevento, architetti associati” …
L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano ricorda l'architetto Valentino Benati, con una nota del collega Luca Imberti.
La storia professionale di Valentino Benati si iscrive nelle vicende dell'architettura milanese dell'ultimo mezzo secolo, contrassegnate da una fase particolare, espansiva, della città, in cui si sono prodotte architetture che emergono nel panorama italiano per la loro diffusa qualità.
Le sue opere si inseriscono in questa tradizione, nel solco di architetti come Mangiarotti e i fratelli Monti, con cui Benati ha realizzato il pregevole edificio per uffici di via Olona, e poi Magistretti, Algarotti e nella vicina Parma Guido Canali, architetti che come Benati rappresentano un punto alto di equilibrio del mestiere, saldamente ancorato alle regole di una composizione ordinata, dalla tipologia alla costruzione e nella relazione con l'estetica dello spazio urbano. Una sapiente sobrietà si potrebbe dire al confronto con le rappresentazioni eclatanti dell'architettura degli ultimi tempi. Sono esempi di questa sintesi l'ampliamento della Rinascente con la copertura di vetro dell'ultimo piano e il grande magazzino e parcheggio di via Santa Redegonda, le residenze che degradano a terrazzi nel parco delle memorie industriali alla ex OM di via Pompeo Leoni o le tribune dell'autodromo di Monza, fino all'ultima sua opera realizzata per Vidas, che testimonia la sua fiducia nella capacità della architettura di interpretare e dar forma vitale a bisogni anche estremi come appunto l'hospice per bambini di Vidas. Non si può non sottolineare proprio per questo la sua grande umanità e un raro senso dell'humor, chiavi indispensabili di interpretazione del reale che gli hanno consentito di dare spazio a immaginazione e fantasia, complice la straordinaria capacità di esprimersi con la matita, quando gli architetti erano capaci di farlo.
L'Ordine pubblica un ricordo dell'Arch. Lucilla Malara, figlia e collega.
Empio Malara, che è stato la mia guida come padre, maestro e poi come socio e collega dello studio Malara Associati, si è spento all’età di 90 anni il 19 gennaio 2023.
Personaggio visionario e poliedrico di grande spessore culturale ed intellettuale, architetto, urbanista, paesaggista, storico della città di Milano e del sistema dei Navigli milanesi e pavesi, Empio è stato autore di libri, saggi e numerosi articoli pubblicati in molteplici sedi, dalle riviste di settore ai giornali di diffusione nazionale.
Molti dei suoi lavori mostrano intuizioni anticipatrici di temi oggi riconosciuti come centrali nel dibattito architettonico e culturale, quali la sostenibilità ambientale, la rigenerazione urbana, il rapporto uomo-natura, l’implementazione del verde nelle città e all’interno dell’architettura, la progettazione incentrata sul sociale, l’attenzione al rapporto con il contesto e al dialogo con il committente.
Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano nel 1961 e ottiene la specializzazione in Urbanistica Tecnica nel 1962. Nel 1971 è iscritto all’Albo degli esperti di pianificazione territoriale del Ministero dei LL.PP. Membro effettivo INU (1986). Consulente per le tematiche ambientali del Ministero per le aree urbane (1987-1991). Membro del Comitato Tecnico Scientifico della Regione Lombardia (1986-1994). Socio fondatore dell'AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio Sezione Lombarda). Presidente dell’Associazione Amici dei Navigli (1985-1997). Presidente dell’Istituto per i Navigli – Associazione Amici dei Navigli (dal 1998).
Dal 1962 svolge la libera professione di architetto, dedicandosi all’urbanistica, all’edilizia pubblica e sociale, all’edilizia privata residenziale, terziaria e commerciale con studio a Milano, Urbanistica & Architettura dal 1962 al 1984 e Malara Associati dal 1984 ad oggi.
Tra i suoi tanti progetti di architettura e di riqualificazione urbana per Milano e per la Lombardia, si ricordano: il progetto e la realizzazione dell’asilo e consultorio pediatrico di via Fratelli Induno 6 (1974/76), il progetto e la realizzazione dell’asilo nido e scuola materna a Cologno Monzese (1977-79), il piano territoriale del parco Lombardo della Valle del Ticino (1974-1980), il restauro conservativo “convenzionato” dell’edificio di via Madonnina 10 (1979-84), il Progetto Passante – Documento Direttore (1983), il progetto d’area Garibaldi-Repubblica (1984-1985), il restauro della Casa della Seta via Santa Valeria 5, di Piero Portaluppi, (1987-89), il complesso plurifunzionale ex Badoni Parco del Broletto a Lecco (1992-2007), la ristrutturazione e l’arredamento dell’edificio di via Borgonuovo 14/16 (1994-1997), il restauro ed ampliamento del complesso polifunzionale nell’ex Molino Mosca via Lomazzo 19 a Milano (1994-99), il progetto di riqualificazione per il villaggio Olimpico di “Milano 2000” (1991-1992), la ristrutturazione ed arredamento del complesso direzionale Bassi Business Park (2000-2007), la nuova palazzina residenziale San Siro Home in via Don Gnocchi 37 (2010-2013).
I suoi progetti e realizzazioni sono segnalati e menzionati in Italia e all’estero, pubblicati in riviste quali Casabella, Abitare, IoArch, OFX, Domus, etc.. La sua intera attività professionale, svolta in entrambi gli studi, è raccolta in un volume monografico edito da SKIRA nel 2007.
Parallelamente, Malara pubblica studi, promuove mostre e attività culturali e svolge attività di consulenza per i Comuni (Milano, Torino e altri), per le Regioni (Lombardia e Calabria) e i Ministeri (Lavori Pubblici, Istruzione e Aree Urbane).
Dal 1984, dedica con determinazione, passione ed entusiasmo, gran parte della sua vita all’intensa attività di studi e di progetti sul sistema dei Navigli pavesi e milanesi, con diverse proposte di recupero, riuso e rifunzionalizzazione, come ad esempio il progetto della riapertura della cerchia dei Navigli e quello del recupero dell’idrovia Locarno-Milano-Venezia.
Nel 1999 riceve dal Comune di Milano l'attestato di benemerenza civica per le opere di architettura realizzate in Italia e pubblicate nelle riviste di settore italiane ed estere, con la seguente motivazione: “Architetto di fama internazionale, ha realizzato numerosi progetti per valorizzare la nostra città. Da sempre innamorato della zona dei Navigli, ha condotto studi e curato iniziative per la loro promozione, tra cui l’Associazione Amici dei Navigli. Autore di molteplici pubblicazioni sulla città, non ha mai fatto mancare la sua preziosa collaborazione ad autorità e amministratori.”
Nel 2012 il Centro Studi Grande Milano lo premia con le “Grandi Guglie”, per aver rilanciato l’immagine paesistica della città.
Nel 2016 l’Associazione Italiana Architetti del Paesaggio gli conferisce il titolo di Socio Onorario.
Nel 2022 il Comune di Rende, in provincia di Cosenza, la città dove Malara è nato, lo riconosce Cittadino Onorario per il suo contributo al disegno della città e del quartiere Europa, ritenuto una delle opere appartenenti al “Bello dell’Italia”.
Empio Malara è stato anche un infaticabile scrittore: i suoi studi sulla storia di Milano e delle sue acque si sono riversati in scritti sulla città, sul paesaggio e sui Navigli. Di recente si è anche soffermato sul tema della luce, con saggi e volumi di taglio sia letterario sia storico.
Tra le sue memorie, un suo ultimo messaggio alla città:
“L’indirizzo territoriale generale più estensivo è che Milano diventi, con l’ausilio di un secondo passante, una città policentrica di scala regionale. Un polo urbano fortemente attrattivo con intorno un insieme di città ognuna con la sua storia in stretta relazione e interconnesse con il polo principale. Il suggerimento specifico per la città è di riuscire a moltiplicare le centralità metropolitane, depurare il più possibile la città dalle auto in sosta per le strade, riattivare e rigenerare i Navigli, ridare a Milano il suo ruolo secolare di città porto di navigazione interna tra i parchi del Ticino e dell’Adda”.
Empio Malara lascia a tutti noi un’eredità di progetti, di realizzazioni, di idee e di saggi. Speriamo che la città di Milano possa riconoscere il suo costante impegno verso la vivibilità e rigenerazione dei luoghi e realizzare il suo ultimo sogno di riconnettere, nel sistema dei Navigli, la Conca di Viarenna alla Darsena.
Grazie Empio, ci mancherai.
L'Ordine pubblica un ricordo di Pierluigi Nobile, collega e amico.
Pochi giorni fa si è spento Gianni Beltrame: un amico e un maestro. Qui si vuole ricordare il maestro che è stato per molti urbanisti, architetti e per i tanti che, a vario titolo, si occupano di governo del territorio, ai quali è stato di esempio sul piano civile, culturale e disciplinare. Per più di mezzo secolo è stato un protagonista della scena urbanistica milanese e non solo. Una figura professionale poliedrica la sua, iniziata, dopo la laurea al Politecnico di Milano del 1962, con il ruolo di Assistente nello stesso Politecnico, e con l’ingresso nel gruppo di professionisti della Struttura Tecnica del Centro Studi PIM. Qui, divenuto Direttore (1971-1988), è stato tra i più convinti promotori dell’attività di consolidamento della pianificazione intercomunale milanese, con attenzione ai temi della cura del territorio e dell’ambiente, impegnandosi anche nella formazione del primo quadro normativo urbanistico regionale. Il percorso professionale è poi proseguito con il ritorno alla passione formativa in ambito Universitario, prima alla Facoltà di Ingegneria di Reggio Calabria e poi, dal 1992, al Politecnico di Milano. Accanto all’attività professionale va ricordato il rigore e l’entusiasmo nell’impegno culturale e civile; importante la sua presenza nell’Istituto Nazionale di Urbanistica a scala regionale e nazionale (1972 - 1995). Come testimonia anche la sua produzione editoriale, è stato anche un anticipatore dei temi ambientali e un attento cultore della storia e delle problematiche dei Navigli Lombardi. Gianni ci mancherà sia come maestro, sia come amico.
L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, insieme alla Fondazione, ricordano Andrea Branzi, architetto e designer, nato a Firenze nel 1938 e morto a Milano il 9 ottobre 2023 a Milano.
Il 9 ottobre 2023 è morto a Milano l’architetto e designer Andrea Branzi, nato a Firenze nel 1938.
Appena laureato alla facoltà di Architettura di Firenze, nel 1966 fondò lo studio Archizoom Associati insieme a Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi, tra i maggiori esponenti dell’architettura radicale, i quali rimasero associati fino al 1974. I progetti di Archizoom vennero esposti al MoMA di New York, all’interno della mostra The New Domestic Landscape, curata da Emilio Ambasz nel 1972, tappa importante per la diffusione del design italiano nel mondo. Tra i pezzi più celebri di Archizoom ricordiamo la Superonda progettata per Poltronova.
L’attività di insegnamento in università accompagnò l’intensa attività progettuale: nel 1984 divenne professore ordinario al Politecnico di Milano e presidente del corso di studi in Design degli Interni nello stesso ateneo; partecipò alla fondazione di Domus Academy, scuola di design fondata nel 1982 dalla famiglia Mazzocchi, proprietaria della rivista Domus. Dal 1982 al 1984 diresse la rivista Modo. Disegnò oggetti per moltissime aziende, tra cui Alessi, Cassina, Qeeboo, Vitra e Zanotta.
Tra i riconoscimenti ricordiamo la vittoria di quattro Compasso d’oro, di cui quello alla carriera nel 1987; nel 2008 la Laurea Honoris Causa in Disegno Industriale dalla Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni dell'Università di Roma La Sapienza e la nomina di Membro Onorario del Royal Design for Industry di Londra; nel 2022 Premio alla Carriera promosso da MAXXI e Triennale di Milano
Segnaliamo che per ricordare la figura di Branzi, venerdì 13 ottobre 2023 alle ore 18, in Triennale Milano, sarà proiettato il mediometraggio Andrea Branzi. Mostra in forma di prosa, a cura di Andrea Branzi e Lapo Lani. Info qui.
L’Ordine e la Fondazione, con grande tristezza, vogliono ricordare Federico Bucci, a seguito della recente e inaspettata perdita.
Amico, professore colto, libero e sinceramente appassionato, sempre in grado di trasmettere il suo entusiasmo e la sua passione per la storia dell’architettura come strumento di progetto e di rapire l’attenzione dei suoi interlocutori e di convincere di quanto fosse bello il nostro mondo.
Federico era un esempio di un amore viscerale per il proprio lavoro di docente, entusiasta, ottimista, leggero ma allo stesso tempo serio e professionale. Un uomo che ha arricchito le menti di schiere di studenti, diffondendo cultura e amore per l’architettura.
Negli anni Federico ha collaborato con il nostro Ordine e con la sua Fondazione con grande entusiasmo ed energia e si è sempre reso sempre disponibile a mettere a disposizione la propria conoscenza a servizio della collettività, mediante percorsi formativi sul tema della valorizzazione del Moderno, itinerari e serate di architettura.
Abbiamo scelto di riportare un breve video della playlist OpenKnowledge del Politecnico di Milano, a testimonianza del grande impegno del professor Bucci per la didattica e la divulgazione.
L'Ordine pubblica un ricordo dei colleghi Vito Redaelli, Ico Migliore e Mara Servetto.
Incontrare Italo Lupi
di Ico Migliore e Mara Servetto, 06/07/2023
Il divagare era una delle grandi qualità di Italo Lupi. Possedeva come nessun altro un’incredibile abilità di non concentrarsi unicamente sull’argomento di discussione. Sapeva spostarsi di continuo. E questo suo modo di fare si traduceva, più che in una perdita di tempo che il divagare spesso comporta, in uno straordinario guadagno in termini di qualità e ricchezza del progetto.
Ad Italo ci legava il riferimento comune ad Achille Castiglioni, che fu suo maestro con il fratello Pier Giacomo a partire dagli anni ’60 e fu poi anche il nostro venticinque anni dopo. Conoscerlo presso lo studio dei fratelli Castiglioni è stata per noi un’importante occasione d’incontro con un compagno di molte avventure e progetti, e al tempo stesso di un grande maestro, uno di quelli che non ti dice mai come fare, ma piuttosto dove guardare, aprendoti a direzioni diverse da quelle del primo sguardo. Tanti i progetti che abbiamo avuto l’onore di realizzare insieme a lui, a partire dalla mostra Krizia Moving Shapes al MOT - Museo d’Arte Contemporanea di Tokyo (2001), i tanti progetti urbani tra cui Look of the City, per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, che fu il primo e più grande progetto di immagine coordinata di una città finora realizzato, fino all’ultima mostra dedicata a Saul Steinberg realizzata per la Triennale di Milano (2021), di cui Italo era anche co-curatore.
Italo sapeva incarnare naturalmente un modello di leadership che è ancora oggi per noi un esempio: è sempre stato leader pur restando dietro, con l’atteggiamento di chi è autorevole senza bisogno di imporsi. Come solo i grandi maestri, era sempre un po’ dubbioso quando qualcosa lo convinceva troppo. Non disprezzava l’imperfezione, visto come allontanarsi dal progetto di maniera ed era solito presentare tutte le soluzioni possibili sviluppate: così entusiasta del suo mestiere di progettista, amava sicuramente ben più fare il progetto, con tutte le fatiche che esso comporta, più che deliberarlo.
Grafico, progettista di allestimenti, art director di Domus e direttore di Abitare, ma sempre profondamente architetto. Dare di lui una definizione professionale univoca è cosa difficile: possedeva una concezione del progetto ampia e varia, caratteristica di tutti i maestri di quell’epoca, da Castiglioni a Magistretti. Una visione spaziale e interessata alla città abitata, alle cose abitate, alla grafica quasi come luogo.
Con lui era divertentissimo anche muoversi per le città: sembrava di partecipare a una sorta di Grand Tour. Dotato di una vastissima conoscenza e di una particolare capacità di guardare alle cose, tutto lo incuriosiva e lo appassionava. Conosceva a fondo la storia di Milano, ma non solo. Anche in sua assenza, contare sulla sua amicizia si rivelava sempre fonte inesauribile di preziosissimi consigli: era capace, con una semplice telefonata, di guidarci a distanza per le vie di Londra, città cui era profondamente legato, ma anche di Torino o di Roma, o saper scovare anche in città meno conosciute come Pordenone, raffinate architetture di particolare interesse.
Tante volte ci è capitato di parlare di lui in occasioni pubbliche: farlo però adesso che non c’è più ci impone di confrontarci con qualcosa per noi ancora troppo difficile da realizzare. Non dimenticheremo mai la sua eleganza e la sua fierezza nel mostrare misura in tutte le cose, tanto nel segno grafico quanto nelle azioni.
Un ricordo di Italo Lupi
di Vito Redaelli, 02/07/2023
E’ sempre difficile parlare di un collega che viene a mancare, soprattutto se è stato un amico da sempre. Proverò tuttavia a proporre un ricordo di Italo Lupi tra il personale e il disciplinare, in coerenza con la funzione ed il ruolo dell'Ordine professionale che ospita queste note.
Vorrei, in primo luogo, ricordare Italo come membro autorevole della comunità degli architetti milanesi nel mondo, forse il più architetto di tutti noi, senza peraltro esserlo nei modi tradizionali. Capace di valorizzare a pieno la grafica - disciplina in cui era maestro assoluto - nelle diverse scale del progetto, anche a quella a me più vicina, quella urbana: verrebbe da dire nell'"architettura grafica della citta". Penso, per fare solo qualche esempio, alle mitiche grafiche/loghi della Triennale, alla “segnaletica attiva” per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006 progettata con Migliore+Servetto, alla sua autorevole e potente direzione della rivista “Abitare” a cavallo tra gli anni '90 e il 2000 fino alle numerose mostre allestite con eleganza e qualità da Italo. Penso anche alla sua vastissima conoscenza sulla cultura del progetto testimoniata anche dall’ultima telefonata avuta con Italo qualche settimana fa quando, uscito con Cristina dal Piccolo Teatro, lo chiamammo per avere informazione sul logo del teatro, così bello da caratterizzare lo spazio urbano della Via Rovello e Via Dante, oltre che lo stesso teatro. Nella mia ignoranza avevo ipotizzato potesse essere di Italo: ovviamente, con il suo solito stile colto ed esaustivo, ci restituì un quadro completo della storia e dell’importanza di quel logo, tessendo le lodi professionali del vero autore. Un amico, dunque, con il quale si poteva parlare di tutto sicuri di trovare risposte autorevoli ed imparare, sempre.
Il secondo ricordo riguarda invece la capacità, ed anche il piacere, che Italo aveva nel coinvolgere giovani collaboratori, in diversi modi, nelle sue attività professionali: farli crescere, offrire loro opportunità, dare consigli. Credo che in molti - architetti e non - abbiano oggi un debito di riconoscenza con lui: visto a posteriori, un momento fondamentale della loro crescita. Io certamente sento questo debito.
Si apre ora, come sempre accade in questi casi, il tema complicato della continuità dell'heritage professionale dei colleghi che ci lasciano: tra, da un lato, l'accontentarsi di quella continuità naturalmente insita nelle opere dell'autore e, in questo caso, ve ne sono molte (tra queste la straordinaria "Autobiografia Grafica" di Italo); e, dall'altro, l'opportunità di una più ampia valorizzazione ex-post a partire dal loro insegnamento etico e professionale nella società. Non tanto per una celebrazione dell’autore, che francamente non ci appassiona, ma proprio per capitalizzare il contributo che un professionista può offrire nella propria cultura-civiltà: il segno lasciato nel proprio tempo. Un tema molto difficile ma appassionante: che non a caso vede impegnati alcuni Ordini professionali tra i quali anche Milano. La posta in gioco è capire il ruolo delle nostre professioni nella contemporaneità e nel futuro: un tema particolarmente utile da esplorare con Italo visto il suo stile e generosità nella professione e nella vita, qualità riconosciute da chiunque.
In questo momento, faccio veramente fatica a capire chi possa raccogliere la sua straordinaria eredità professionale e umana. Il rischio di perdere questo heritage c'è: conservando però, con ottimismo, anche la speranza che altri ed altre possano raccogliere quell’eredità nel futuro.