Dal 19.02.2015 al 19.03.2015
Presentato il nuovo libro Solferino edizioni con la partecipazione straordinaria dell’architetto ultracentenario. Insieme agli autori, Fulvio Irace e Cino Zucchi hanno testimoniato l’importanza del suo lavoro. Un breve resoconto
Giovedì 12 febbraio 2015 scoppiettante e garrula presentazione del nuovo libro, terzo volume della Solferino edizioni, dedicato al noto architetto milanese. Con gli autori, Alberto Gavazzi e Marco Ghilotti, Fulvio Irace e Cino Zucchi hanno testimoniato l’importanza del suo lavoro nella storia dell’architettura contemporanea. Un breve resoconto
Nel ringraziare autori e ospiti invitati, tradendo la giusta emozione di avere di fronte il maestro in persona, Valeria Bottelli dà inizio alla serata ringraziando il dott. Bernardo Caprotti, che ha contribuito a titolo personale alla pubblicazione del nuovo libro, il quale ricambia con un gustoso aneddoto. Una sera si trova in studio con l’architetto per prendere visione del campione in fibrocemento predisposto per il rivestimento del grande magazzino di Macherio in corso di costruzione. Il pezzo però gli cadde su un piede provocandogli, oltre che ‘un male d’inferno’, una frattura scomposta in 4 frammenti del ‘ditone’, in seguito divenuto di un colore violaceo intenso. Per questo fatto decise dopo pochi giorni di chiedere all’architetto di cambiare il colore del rivestimento, da nero antracite a color melanzana, da cui le foto che lo ritraggono con il Caccia in persona e l’ing. Kannès in fase di sopralluogo nell’atto di compiere il confronto colore… con la melanzana, scherzosamente definito in sala dall’architetto stesso “color del pollice”.
Il progetto "Itinerari" prende forma oltre dieci anni fa, per volontà del Consiglio dell’Ordine ed in particolare dell’allora consigliere Maurizio Carones, in collaborazione con la Fondazione dell’Ordine, con l’obiettivo di concentrarsi su quegli episodi del moderno, magari poco conosciuti, ma importanti a chiarire e divulgare l’identità civile milanese.
L’Ordine, continua Paolo Brambilla, attuale responsabile delle edizioni per il Consiglio, esiste per tutelare la cultura del progetto e la diffusione della conoscenza – come avviene con gli Itinerari – e ciò fa dunque parte dei suoi scopi fondativi. Gli Itinerari sono un servizio attivo su più fronti: principalmente sul sito, dove sono stati schedati oltre 400 edifici che sono navigabili in rete da chiunque. A sua volta trovano luogo in un’unica grande mappa con Milano che cambia, che si occupa invece dei progetti di trasformazione della città contemporanea. Ma sono anche un appuntamento annuale, in occasione del quale si ‘itinera’ per la città tutti insieme. Anzi, nel corso del semestre di Expo verranno replicati tutti e 50.
A questa attività continuativa di divulgazione si è sentita l’esigenza di affiancare la collana editoriale, realizzata esclusivamente con il contributo economico esterno. E con grande onore ritiene fondamentale una pubblicazione su “il” Caccia, come con affezione milanese viene chiamato, anche perché non ci sono molti libri in circolazione dedicati alla sua opera, in specie milanese, ed era indispensabile colmare la lacuna.
Alberto Gavazzi, che insieme a Marco Ghilotti è autore del libro, tiene a ringraziare LCD e la sua famiglia. Dal 2008 sono all’opera sull’archivio, in gran parte conservato nella casa di famiglia a Morbegno. Oltre 5.000 disegni dal dopoguerra agli anni ’80. Il loro lavoro è sfociato nel 2010 nell’organizzazione della mostra e catalogo dedicata alle esperienze nei Grigioni, a Sondrio; nel 2013 con la mostra al Politecnico e oggi, con questo libro-catalogo dedicato alle opere milanesi. A breve la pubblicazione del lavoro compiuto sulle opere religiose, di cui hanno contato circa 30 progetti.
Conclude leggendo un passo dell’introduzione al libro, in cui si sottolinea la saggezza del progettista, tra tradizione e ricerca, mai legatosi a dettami passeggeri.
Fulvio Irace vede nell’Apologo della melanzana compiuto da Bernardo Caprotti un significato di unità: la dove le mode e gli chef portano alla decostruzione della melanzana, oggi il colore dell’involucro diviene un fatto progettuale. Una sorta di metafora a introdurre il tema delle grandi trasformazioni urbane contemporanee, un fatto volumetricamente importante, al di là di ogni giudizio, da cui non possiamo ritrarci. LCD, in giro fino a pochi anni fa in bicicletta, “il Caccia” come personaggio pubblico, è autore di un atto civico, di una città specifica.
Oggi si riciclano i progetti – come avvenuto per i 3 grattacieli – o si internazionalizza, chiamando archistar dall’estero, perdendo di fatto il radicamento nella cultura materiale locale.
Non conosciamo scritti teorici del Caccia, se non l’espressione degli oggetti, figli di una cultura del fare, in Azucena come nell’architettura.
Nel 2002 la direttrice del Museo di Castelvecchio Paola Marini gli propone una coraggiosa mostra sull’opera di LCD, in occasione della quale lo confrontò con Parini, il ‘precettor cortese’ che però fa la critica all’ozio. È importante ragionare di Caccia dal punto di vista sociale. La città in Caccia come per altri aspetti in Ponti e Magistretti, significa istinto nazionale. In questa prospettiva quanto progetta non ha come obiettivo solo confort borghese, ma creare spazi che inducono un comportamento virtuoso.
Si potrebbe dire ‘compostezza dell’abitare’, dove il comportamento domestico e urbano sono speculari. Una sorta di supplenza politica, ovvero quello che non ha insegnato la politica, un’azione che inevitabilmente ha un valore locale, indipendente dallo status sociale. Oggi manca una committenza capace di entrare in sintonia con la città: manca la coscienza di chi afferma “chi sono i miei architetti?”. Quando manca questo legame vivo difficilmente c’è buona architettura.
Concludendo, considera importante l’esperienza degli Itinerari, di cui è membro del comitato scientifico sin dalla nascita, che ricorda avviatasi in modo sperimentale e via via cresciuta nel tempo. E' compito etico da tramandare e diffondere, raccontare il legame memoria-città. Per questo è meritorio l’obbiettivo di intensificare gli itinerari in vista di Expo, anche perché la città non ha costruito una immagine da proporre a chi arriva. Milano è come Chicago, dove è nata l’architettura moderna. Si allibisce di fronte al mancato riconoscimento di questo patrimonio.
Caccia, nato in Sant’Ambrogio il giorno di Sant’Ambrogio da padre Ambrogio, come la cassoula -che pochi sanno fare- è Milano. Cino Zucchi racconta di come continui ad accompagnare colleghi stranieri a visitare edifici di LCD, che reagiscono entusiasti. Per comprenderne il significato, prova a farne una lettura che cerca di staccarsi dal legame con il territorio.
E propone 3 leve: la prima è la definizione di rifugio/riparo consolatorio: shelter, fatta da Christopher Alexander, in Pattern Language del ’77. Nel libro cult propone oltre 250 pattern dell’architettura che portano allo stato di benessere: il bowindow protegge e guarda fuori, citando un elemento caro a LCD. La protezione, il comfort tra idee e funzione, l’ancestrale letto della nonna.
Seconda leva è il contratto sociale. In condizioni di disaccordo, l’ordine si riporta con il canone, che è fondato sulla conoscenza condivisa, affatto trascendente. Gombrich però dice “la civiltà non si insegna ma è un valore implicito”. La conoscenza del codice, d’altro canto, può generare ipocrisia e manierismo: ovvero etichetta. Ma all’estremo opposto c’è l’espressionismo ermetico.
Infine bisogna riconoscere che LCD è un gran inventore, avendo sempre presente, insieme, sia un forte sentimento di libertà che il codice implicito, qualcosa che ha a che fare con la sprezzatura: uno che conosce le regole al punto di poterle tradire, come Gadda.
Le città sono reinventate, come avviene a Bramante che arriva da Urbino: così, la torre Velasca o il Pirellone non sono tanto frutto del contestualismo, ma invenzioni felici, oggi adottate da Milano.
Caccia ha inventato ambienti felici, non esiste nessuna trasmissione meccanica della città, se non nei momenti di crisi, dove prevale la commissione di ornato. Mentre le invenzioni continue del condominio di corso Italia, ad esempio, sono cose che non possono essere trasmesse direttamente. È come il genius loci: quando sembra di averlo colto è già fuggito.
Paolo Brambilla ricorda come nel suo apprendistato a Barcellona negli anni ’90 i suoi professori confessavano di essersi formati a Milano studiando il Caccia. Per questo Milano deve rimettersi al centro.
Maurizio Carones, direttore della collana ‘Itinerari’, esprime un grazie collettivo, ricordando in particolare il lavoro di curatela di Alessandro Sartori e Stefano Suriano.
È il momento di Luigi Caccia Dominioni, che si dichiara semplice disegnatore, non maneggia le parole, bacia in fronte tutti e saluta con affetto.
Fulvio Irace, per la mostra del 2002, ricorda Caccia persona difficile: le cose che non voleva mostrare non si trovavano mai, archiviate e inaccessibilli a Morbegno. Un uomo attaccato al mestiere ed al futuro, che ci ha fatto sentire mosche cocchiere, mentre cercavamo il passaggio per poterlo raccontare.
Dal pubblico una domanda riguardo l’accostamento in piazza sant’Ambrogio tra il suo edificio e quello di ad Asnago e Vender: si erano parlati? O non vi fu nessun confronto diretto, venendo prima Asnago e Vender e poi Caccia?
Anche Fulvio Irace si pose la domanda, e ha tentato una risposta con il lavoro presentato alla Biennale di venezia di Chipperfield. In esso accostò una serie di facciate –e di dettagli come le finestre- di diversi progettisti tra loro coevi, riconoscendovi una sorta di continuità stilistica. Ma va anche ricordato che nel dopoguerra erano una manciata di professionisti, che facevano vita sociale comune, calcavano la stessa scena. Se li confrontiamo uno ad uno, sono ognuno diverso, pur esistendo un filo comune.
Per corso Europa abbiamo trovato i disegni di 35 diversi pattern di facciata: così si costruisce il carattere.
Marco Romanelli dal pubblico ricorda la comunità di pianta e facciata, a discapito del volume. Un passo indietro verso Ponti e non tanto verso Rogers, come altri hanno detto: nelle finestre d’arredo, già nel ’36 con la Montecatini, e poi nelle finestre a doppio fondo delle chiese.
Dal pubblico Francesco Spadaro chiede: in che case oggi vanno i figli di quella borghesia che ieri si facevano fare casa dal Caccia?
Franco Raggi è sollecitato a rispondere da Irace. Ricorda un’intervista al Caccia, nell’antro di sant’Ambrogio, in cui in un angolo una signora faceva i conti, rigorosamente a mano. Affermava che il suo committente migliore erano le suore, perchè una volta presa, non cambiavano idea. E imparò da lui a togliere gli angoli alle camere per mettere la porta di ingresso a 45°, una soluzione che elimina un angolo, sempre difficile da arredare.
Ci prova allora Cino Zucchi. Riporta una battuta della figlia Lavinia: ha dato il pizzo alle suore, intendendo la bontà dei loro rapporti. Oggi, è vero, la borghesia non sembra sapere esprimere gusto. Ma forse anche ieri, era il Caccia che glielo dava. Amici ricchi ma non di rappresentanza. Citando Churchill: ‘noi diamo forma agli edifici e poi gli edifici danno forma al nostro vivere’. La Catilina ti fa star seduto da antico romano. Oggi forse la forma del buon esempio in effetti non c’è più molto. Quella di LCD è poi una architettura che lascia liberi di spostare, personalizzare, ammette altri mobili. Un ottimismo sul futuro che oggi non esiste, è perso.
Bernardo Caprotti dichiara a nome suo e di LCD la stanchezza. Racconta un ultimo nanetto: nel 1970 a Pioltello devono costruire i nuovi uffici del suo gruppo. Chiede a Caccia di progettarli. Gli propone 3 edifici, un cortile, una certosa. Bellissimo. Ma capisce che sono troppo costosi, e non se ne fa niente. Ma Caccia non gli fa la parcella. Dopo 2 anni gli chiede di fare 2 versamenti a due diversi istituti di suore, facendogli però promettere che non avrebbe mai detto ci fosse lui dietro. Ma dopo così tanti anni…