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XXI Triennale 2016: Design After Design

Dal 17.11.2014 al 17.12.2014

Sabato 15 Novembre è stata presentata la XXI Esposizione Internationale che si terrà tra Milano e Monza dal 2 aprile al 12 settembre 2016, a oltre 20 anni dalla ultima edizione. Ecco i dettagli

Nella mattina di sabato 15 novembre si è svolto presso il Salone d'onore della Triennale l'incontro di presentazione della XXI Esposizione Internazionale che si terrà tra Milano e Monza dal 2 aprile al 12 settembre 2016. Al tavolo dei relatori, oltre a Claudio De Albertis, Presidente della Fondazione Triennale qui in veste di brillante chairman, Andrea Branzi, Luisa Collina, Cino Zucchi e Kenya Hara, membri del comitato scientifico della XXI Triennale.

Avviate nel 1923 nella suggestiva cornice del parco di Monza, le Esposizioni Internazionali di arti decorative, dette prima “Biennali” poi “Triennali” a partire dalla IV del 1930, hanno rappresentato uno dei fiori all'occhiello della cultura milanese. Come testimonia il bel filmato che introduce la conferenza – un montaggio di immagini di repertorio dell'Istituto Luce e degli archivi Rai – soprattutto a partire dal 1933, quando il Senatore Antonio Bernocchi donò alla città l'attuale sede appositamente progettata da Giovanni Muzio nel parco Sempione, gli appuntamenti con le esposizioni hanno rappresentato un fondamentale momento di confronto con le più avanzate sperimentazioni nel campo del design, dell'architettura e più in generale delle arti applicate, con protagonisti importanti personalità di ogni epoca. E' quindi estremamente significativa la decisione – annunciata in apertura da Claudio De Albertis in qualità di Presidente del Cda di Fondazione Triennale Milano – di riprendere dopo vent'anni (l'ultima risaliva ormai al 1996) il ciclo delle Triennali, grazie anche alla convergenza d'intenti tra Ministeri della Cultura e degli Esteri, passando per la Regione, il Comune e la Camera di Commercio.

Design After Design” – questo è il titolo scelto per l'appuntamento, prosegue De Albertis – dovrà far convivere le due anime di Triennale, ovvero quella della grande kermesse una tantum e l'idea di una produzione di cultura quotidiana con mostre a rotazione. Grazie a questo evento, nel 2016, come suggerito dal Sindaco Giuliano Pisapia, Milano potrà dare continuità alla spinta di Expo2015 con un nuovo evento che si collocherà a cavallo tra il Salone del Mobile di aprile e il Gran Premio di Monza di settembre. Affinché Triennale produca, come da lunga tradizione, positive ricadute non solo in termini di edifici costruiti – il QT8 di Bottoni ne è l'esempio più clamoroso ma potremmo citare anche la Torre Littoria o il Padiglione della Biblioteca Sempione – ma soprattutto di indotto, questa XXI edizione si svolgerà in molteplici sedi, ciascuna con una specifica mostra a tema: la Fabbrica del Vapore, l'Hangar Bicocca, il Politecnico di Milano con le sue sedi dei campus Leonardo e Bovisa, il Museo delle Culture dell'Ansaldo, lo IULM, la Villa Reale di Monza e, naturalmente, il sito di Expo2015. Parteciperanno a questo “Expo dell'architettura e del design”, oltre ad un numero nutrito di stati, regioni e città, anche scuole, università, istituzioni e enti promotori di cultura e impresa. Una grande occasione anche per "fare rete” e istituire un corale processo partecipativo.

Andrea Branzi, giocando con i numeri, immagina la XXI Triennale come un momento di riflessione sui cambiamenti tra il XX e il XXI secolo, portatori di due diverse idee di modernità. Da un lato le utopie del Novecento, dall'altro la società merceologica di oggi, dove il riformismo di una generazione di creativi vorrebbe introdurre un cambiamento partendo dall'infinitamente piccolo, ovvero dagli oggetti di design che entrano nelle nostre case. L'industria odierna progetta e produce su scala globale: essere aggiornati sul mercato significa conoscere a fondo i prodotti più innovativi di luoghi lontanissimi tra loro per tradizione e cultura, come India, Cina, Finlandia o Corea del Sud. Un tempo il design era affare di un'elite per un'elite, mentre ora progettisti, aziende e consumatori sono centinaia di migliaia in tutto il mondo. Nell'accrescersi di questa complessità sono anche cadute le grandi narrazioni del Novecento, come il socialismo, e pare che anche il capitalismo non dia più le rassicurazioni di un tempo. In questo clima il compito più ambizioso di “Design After Design” sarà quello di ricercare una nuova “drammaturgia” del progetto che ci emancipi dalla precarietà dell'assenza di certezze.

Riportando il raggio d'azione su piani meno apocalittici, Luisa Collina – presente anche in qualità di Presidente di Cumulus – si riallaccia alla scorsa Triennale del 1996 alla quale parteciparono Peter Eisenman, Hodgetts & Fung, Jean Nouvel e Juan Navarro Baldeweg. Anni in cui il baricentro del design era ancora nei prodotti e nei complementi d'arredo, mentre oggi i suoi contorni sono più opachi, liquidi: si trova nel food & beverage, nel lifestyle, nell'art-direction dei brand e nelle modalità di sviluppo aziendali. Se la cultura del moderno si basava su un'idea di generalità che rispecchiasse in maniera univoca l'aderenza alle esigenze funzionali, oggi si lavora per personalizzare il più possibile i prodotti, esaltandone le specificità e lavorando sulle diverse tipologie di consumatori. Queste riflessioni trovano riscontro ogni anno nella riuscita formula del “Fuori salone” che, però, per funzionare nel contesto allargato della XXI Triennale, dovrà avere una declinazione più internazionale, ipotizzando anche un riposizionamento del design italiano nella mutata geografia economica mondiale.

Il discorso di Cino Zucchi – con l'obiettivo di chiarire la sostanza della futura esposizione – si apre contrapponendo tra “La vita delle forme” di Focillon a “Il contagio delle idee” di Sperber. Se da un lato le forme presentano una loro autonomia, indipendente dalle idee, anche quest'ultime sembrano possedere una capacità seduttiva e contagiosa, che il progettista può intercettare per farle dialogare con la forma. Il lavoro dei fotografi olandesi del gruppo Exactitudes – autori di serie fotografiche che ritraggono persone qualunque raggruppate per modi di vestire – dimostra come le nostre scelte, che pensiamo frutto di gusti individuali, sottintendono delle implicite omologazioni a macro categorie di consumo.

La storia delle Triennali, proponendo al grande pubblico lo stato dell'arte delle discipline progettuali di ogni epoca, ha sempre portato con sé la visione di “futuri possibili”. Nella prima parte del Novecento, l'idea della macchina fungeva da modello e anche la città veniva studiata come potenziale assemblaggio di più elementi, secondo un processo razionale e controllato. Basta pensare alle città ideali di Le Corbusier o Hilberseimer, che oggi – usciti da quella temperie culturale – ci possono sembrare in bilico tra utopia e distopia. Nei successivi cinquant'anni “l'organico” ha preso il sopravvento, frantumando alcune rigidità del Movimento Moderno e dissolvendo la città nell'elemento naturale, con Hundertwasser, o con il paradosso di Archigram, dove la città ha cessato la sua funzione. La XXI Triennale dovrà intercettare lo “Zeit-Geist” del presente in bilico tra le geografie erranti del gusto e trovare nella molteplicità sociale della rete il suo sbocco naturale: l'idea è di fornire un nucleo di idee contrapposte (utopia/distopia, controllo/libertà, macchina/natura) concatenate tra loro, sulle quali impostare un discorso progettuale.

Chiude la serie di interventi il celebre designer giapponese Kenya Hara – già artdirector di Muji – che pone l'accento sul tema dell'innovazione e richiama la capacità delle arti progettuali di stupire. Oggi grazie alle moderne tecnologie possediamo una cultura generale cosmopolita, mediamente assai vasta ma poco approfondita: compito del design sarà riuscire ad approfondire ciò che conosciamo solo superficialmente.

Segue una lunga carrellata di interessanti quanto bizzarri lavori realizzati da aspiranti designers di Tokyo: in ordine sparso, del cartone ondulato per imballaggi ricoperto di muschio e posate ricoperte di trifogli (veri!) per mostrare quanto i vegetali possano rendere vivi gli oggetti che usiamo; daikon – rape giapponesi – che, coltivati dentro bicchieri di varia forma, ne assumono le fattezze fino al paradosso di non avere più una forma “propria”; una studentessa che si è fatta fotografare con oltre trenta look differenti per mostrare quanto siano il trucco e i vestiti a determinare la personalità di ciascuno e non il contrario; l'utilizzo della tecnica del “morphing” per determinare “il viso medio di Tokyo”, ovvero la “media” fisiognomica di centinaia di fotografie scattate ai passanti; oggetti e ortaggi con applicate delle mini-mutande di tela per riflettere sulla loro consueta nudità (!), ecc. ecc...La lista potrebbe continuare, ma ad un certo punto mi sono perso. L'idea, fondamentale, è di oltrepassare i confini dell'ovvio e comunicare attraverso gli oggetti una conoscenza sorprendente e profonda di ciò che è quotidiano.

A conclusione dell'incontro, prendono parola dal pubblico Gaetano Lisciandra – Presidente di Inarch – che lancia l'idea di realizzare concorsi per allestimenti temporanei lungo le strade della città, sottolineando come intelligentemente il nuovo Regolamento Edilizio di Milano agevoli questo tipo di iniziative, Gianfranco Crespi – Docente dell'Università di Sassari – che sottolinea come XXI Triennale debba concentrarsi sul tema della sostenibilità intesa come la promozione di modelli di sviluppo alternativi, e una emozionata studentessa del Politecnico di Milano che propone di introdurre, come metro di valutazione tra i vari paesi, il Bil (Benessere interno lordo) al posto del Pil (Prodotto interno lordo).

Come non essere d'accordo? La strada è aperta, ora rimbocchiamoci le maniche..

Alessandro Sartori

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