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Museo del Novecento

Dal 09.12.2010 al 09.01.2011

E' stato inaugurato il 6 dicembre il Museo del Novecento di Milano. Il progetto, di Italo Rota espone alla città una ricca collezione dell'arte italiana del XX secolo

Oltre all'importante e sempre attesa prima scaligera di dicembre, Milano ospita quest'anno un altro evento atteso da tanto tempo: l'apertura del Museo del Novecento. Dopo tre anni di lavori viene aperto il 3 dicembre con una conferenza stampa gremitissima, il Museo all'interno dell'Arengario, edificio progettato negli anni '30 da Portaluppi, Muzio, Griffini e Magistretti. Dal concorso internazionale vinto nel 2001 dallo Studio di Italo Rota (il cantiere inizia nel 2007), passano diversi anni prima che le circa 4000 opere provenienti da diverse collezioni -  Comune di Milano, Boschi di Stefano e altre - trovino un'adeguata esposizione. Protagonista è l'arte italiana del XX secolo, la quale scandisce il percorso espositivo in ordine cronologico, dal futurismo all'arte povera. L'edificio dell'Arengario ha ospitato nel tempo diverse destinazioni: Italo Rota ricorda come il progetto originale avrebbe dovuto ospitare il Museo della Nascita del Partito Fascista, mentre successivamente divenne un insieme di spazi commerciali e infine Ufficio del Turismo al piano terra e spazi comunali nei restanti.

Apre la conferenza stampa il sindaco Letizia Moratti che, insistendo sul carattere di apertura della nuova struttura museale nei confronti della città attraverso i percorsi che a sorpresa si aprono su piazza del Duomo, sottolinea quanto sia importante investire sulla cultura e sul bello (peraltro in un momento molto difficile).

Seguono le parole di Marina Pugliese, direttore del progetto scientifico e nominata dal Sindaco stesso neo-direttrice del "Museo del 900", che spiega come accada raramente che un museo nasca su una collezione già esistente; esalta il lavoro di squadra degli ultimi due anni fatto dal comitato scientifico che ha prodotto, oltre ad un'attenta selezione delle opere esposte, una corposa struttura di apparati dalla catalogazione informatica, agli archivi ordinati alle guide per bambini.

Fa poi una carrellata sull'esposizione nominando l'arte futurista, fiore all'occhiello del Museo, il collezionismo milanese che abbraccia anche non-milanesi quali Morandi e De Chirico, classicismo e anticlassicismo, arte cinetica, arte povera e arte contemporanea.

L'architetto Italo Rota, spiegando il progetto, insiste sul fatto che il suo edificio è "fondato sul camminare, perchè camminare è pensare". Più che un museo, "è un' installazione perchè funziona solo con il nostro corpo che lo attiva".

Al museo si accede da piazza del Duomo, dalla quale si intravede la spirale, cuore del progetto, che collega il mezzanino della metropolitana all'interno della torre, terminando in sommità con una grande sala che ospita un'avanguardistica opera luminosa di Fontana. La spirale che distribuisce i livelli, per Rota è "un negativo del Guggenheim, ma dal significato diverso, più simile al carattere iniziatico dei Musei Vaticani". Il nesso è chiaro, anche se la sua realizzazione evidenzia una certa esitazione nello sviluppo e alcuni elementi di raccordo sembrano non del tutto risolti.

I diversi livelli sono distribuiti da scale mobili luminose,  il cui percorso è alle volte frammentato e reiterato. Interessanti sono le diverse misure architettoniche di tutto l'edificio - dalle sale con le alte colonne degli anni '30 all'ampia e ariosa sala alla sommità dell'edificio- costruendo in tal modo un interessante racconto spaziale, mai monotono. Un altro dei punti di forza, oltre che la ricca collezione, è la relazione che il museo riesce a instaurare con la città; tutte le aperture flirtano in maniera diversa con l'esterno, conivolgendo in un tutt'uno visitatore-opera-città. Notevoli sono alcune di queste aperture, come uno spazio-lucernario all'ultimo piano in cui il cielo sovrasta l'opera di Licini esposta.
Un vero peccato invece per il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, di cui tanto si è parlato e poco si è fatto. La sua posizione, unica opera nel percorso a spirale, non le rende giustizia: un soffitto troppo basso e un riflesso sbagliato, relegano l'opera in secondo piano.

Interviene poi Bruno Simini, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Milano, che vede nel Museo la "testimonianza monumentale dell'italianità" sintesi di talento, creatività e cultura: ricorda poi l'impegno del capoluogo lombardo per la realizzazione di una struttura museale importante per la quale sono stati investiti 100 milioni di euro destinati al Castello, all'Ansaldo e alla Fabbrica del Vapore. La sfida è chiara: Milano prima città d'Europa come spazi museali.

Snocciola poi alcuni numeri sulla realizzazione dell'Arengario: 140.000 ore di lavoro, una media di 90 persone al giorno impegnate in cantiere e 25 professionisti del restauro che hanno saputo trasformare gli imprevisti - vedi ritrovamento di una pavimentazione romana - in opportunità.

Sottolinea infine la rapidità che ha scandito la programmazione dei lavori: nel 2005 la gara d'appalto, nel 2007 l'inizio lavori, nel 2010 l'inaugurazione.

Insomma, un'inaugurazione in pompa magna per la realizzazione di un'opera che, considerata la prassi italiana e milanese, non è sempre scontata: un successo, dunque. Dispiace solo che non si sia menzionato, o meglio sia stato dimenticato, l'incipit dell'Arengario Museo del '900, un concorso di progettazione in due fasi, a procedura aperta, bandito nel lontano 2001: se si considera questo non trascurabile dato, anche la valutazione sui tempi di realizzazione dell'opera rientra, purtroppo, nella prassi della realizzazione delle Opere Pubbliche. 

Chiara Odorizzi
Manuele Salvetti

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