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Settimana del 20 aprile 2009

Dal 27.04.2009 al 29.04.2009

Tanto Salone e FuoriSalone anche nella nostra settimanale rassegna stampa

Per sette giorni Milano si scopre metropoli cosmopolita
Il Salone del mobile, con la sua collana di eventi satellite, di iniziative, happening, manifestazioni culturali e festaiole sta per colonizzare un'altra volta la città. E meno male, vien da dire senza riserve. Non solo perché è un potente riattivatore della circolazione di idee, business e persone, ma perché dà un segnale controtendenza rispetto alla pervasività della crisi e, insieme, ci consegna una lezione su come si costruisce un appuntamento internazionale. Mostrando come una città può entrare in simbiosi con un grande evento, lasciandosi trasformare e rimodellare. A differenza delle settimane della moda, vissute con crescente estraneità per Milano dagli operatori del settore e come una calamità dai cittadini. Il primo elemento di riflessione lo danno i numeri. Quest'anno, a dispetto dei tempi bui, sarà un edizione da record per il Salone. Nei 220mila metri quadri della Fiera di Rho-Pero saranno presenti quasi 1.500 espositori di cui 317 stranieri, mentre in lista d'attesa ne sono rimasti ben 490. Segno che la crisi, che inevitabilmente morde anche il settore "furniture", ha prodotto una concentrazione dell'attività espositiva dove le aziende ritengono indispensabile esserci. A Milano non si rinuncia, perché i quasi cinquant'anni di attività del Salone del mobile e il tessuto culturale e produttivo che la città può offrire garantiscono tuttora una vetrina di livello internazionale, e una opportunità di business senza pari nel mondo. Il secondo aspetto riguarda la composizione del cosiddetto "popolo del design" che per una settimana sarà padrone di Milano. L'anno scorso il solo Salone ha registrato 348mila presenze, di cui 210mila di operatori e visitatori stranieri. Fra il 2007 e il 2008 l'aumento è stato del 30 per cento mentre data dal 2004 il sorpasso fra visitatori esteri e visitatori e operatori italiani. Quest'anno è assai probabile che gli stranieri saranno il doppio degli italiani, in un quadro che prevede un'ulteriore crescita dei visitatori complessivi. In altri termini, la settimana del mobile fa di Milano una città realmente cosmopolita, meta di migliaia di creativi e buyers provenienti da tutto il mondo. Il risvolto economico di questo fenomeno sta nelle cifre dell'export dell'industria dell'arredo italiana, pari a circa 10 miliardi di euro all'anno. La città finora ha reagito bene all'escalation di una fiera di settore diventata una flagship (una delle poche che resistono) della creatività e dell'industria nazionale. Al Salone si sono affiancate decine di manifestazioni collaterali, quest'anno oltre 400. Nella zona di via Tortona ha preso corpo una specie di altro Salone del design diffuso sul territorio, che ha modificato la vocazione di una porzione di città "asservendola" all'evento, quest'anno addirittura con l'introduzione di un'isola pedonale. Un processo che sta toccando anche una parte della zona Romana. La Triennale ha fatto la sua parte con il museo del Design e con un protagonismo che ha restituito a Milano una centralità perduta. Recitano un ruolo importante anche gruppi e associazioni, come Esterni, che fanno da riferimento, anche polemico, alla creatività giovanile come del resto sono presenti e attive le gallerie d'arte e gli studi d'architettura. Anche i tassisti e l'Atm promettono, per una volta, di essere all'altezza della situazione, con un servizio potenziato e cucito su misura. Non brilla per presenza, invece, Palazzo Marino, che ha sì concesso, come da due anni a questa parte, alcuni spazi di Palazzo Reale per una mostra sugli arredi ma che, per il resto, si limita a fare da spettatore. Il che, a ben guardare, non è poi un gran danno, osservando il pauroso nulla dell'Expo.
IVAN BERNI
La Repubblica
20-04-09, pagina 1 sezione MILANO
    


C'è il Salone, Milano si accende
Sta per iniziare la settimana più eccitante di Milano, la più internazionale ed effervescente, momento in cui la città diventa protagonista e catalizzatore per aziende, architetti, creativi e appassionati nel nome del design. Arrivi da tutto il mondo per il Salone del mobile: ecco dove e quando gli appuntamenti più importanti in fiera e in città. Parte domani a Rho-Pero e prosegue fino al 27 la vetrina più importante di arredamento che quest'anno accoglie anche Euroluce, il Salone internazionale dell'illuminazione, per un totale di 2.723 espositori italiani ed esteri (911): aperto solo agli addetti ai lavori, il pubblico potrà entrare domenica (9.30-18.30, biglietto 20 euro). Per l'intera manifestazione, invece, l'ingresso è libero e gratuito al Salone Satellite, padiglione 22 e 24, dove espongono 702 giovani designer con progetti centrati sul tema di quest'anno: il benessere, di corpo, mente e anima. Divertente, leggero, pieno di curiosità ed energia. Palazzo reale  «Magnificenza e progetto. Cinquecento anni di grandi mobili italiani a confronto» è la mostra organizzata dal Cosmit per questa edizione del Salone. Va all'origine del Made in Italy, accostando mobili classici e moderni molto speciali, in una comparazione di pezzi unici che fa capire molte cose del percorso tracciato dall'alto artigianato in cinque secoli di storia. (Inaugurazione stasera alle 20 su invito, aperta fino al 21 giugno, ingresso 9 euro).Università Statale. Andateci di notte, ne vale la pena, per ammirare al meglio la grande composizione sperimentale Interni Design Energies, ideata dalla vulcanica Gilda Bojardi, direttrice di "Interni", la rivista d'arredamento che per celebrare il Salone ha allestito nei cortili e nei loggiati della Statale una scenografica mostra di installazioni di designer dedicate all'energia. Nel Cortile d'Onore si viene accolti da meravigliose eliche rotanti di Michele del Lucchi (Diamante. Energia senza fine, cattura i raggi solari, produce energia sufficiente per un piccolo condominio e mette in mostra l'energia prodotta dalla luce), dall'architettura T-Energy di Luca Trezzi (che integra tre tecnologie: metallo, fotovoltaico e illuminazione a Led), da grandi palloni oscillanti o dal Marbleous Garden di Patricia Urquiola, un giardino in marmo, onice e pietra dove le sedute sono tazze e ciotole rovesciate. Di grande effetto nel cortile del '700 l'accoppiamento Jacopo Foggini e D Tao, nome d'arte di Dario Milana: da un lato (Re)fuse, coloratissimo tappeto costruito con scarti d'atelier, dall'altro Kkann: l'acqua, monocromatica cascata di alluminio industriale che scende dall'alto del porticato. E ancora sono presenti con installazioni Chipperfield, Fernando e Humberto Campana, Rudy Ricciotti, solo per citarne alcuni. Bella, interessante e di forte impatto, con aree relax e salotti urbani sotto i porticati dove godersi lo spettacolo senza fretta, Interni Design Energies s'inaugura domani alle 21 con un party per tutti (fino al 27 aprile è aperta dalle 9 alle 24, fino al 30 dalle 10 alle 20).TRIENNALE Nel giardino Invocation, nuvola luminescente di tubi al neon intrecciati, installazione permanente dell'artista inglese Cerith Wyn Evans creata per Euroluce (da domani 10.30-23, inaugurazione alle 19.30) è solo uno dei molteplici appuntamenti in Triennale. Un allestimento particolare è dedicato all' ultimo progetto di Fabio Novembre (da oggi, fino al 17 maggio), mentre Flora Futurista propone, in collaborazione con il gruppo Fantoni, un omaggio a Giacomo Balla: nel giardino sono state riprodotte le sculture-fiore dell'artista.
ANNA CIRILLO
La Repubblica
21-04-09, pagina 1 sezione MILANO


Le installazioni all'Università Statale
Progetti per la casa ecologica del futuro La creatività che nasce da Filarete e Leonardo

C' è un parasole tropicale che gli indios brasiliani chiamano Oca. E poi c' è una cupola intrecciata di bambù coperta di vetro. E una casa riempita di parole, un diamante che cattura i raggi solari e una parete di verde verticale che assorbe il Co2 di Milano. Sembra un po' ritorno al futuro e un po' il misterioso bosco realizzato dal Buontalenti a Bomarzo il «giardino» fantastico inventato dagli architetti dentro l' Università Statale! Un gioco di specchi e di superfici artificiali come un luna park del futuro montato nel cortile maggiore del «maggiore» (con il Duomo) edificio di Milano: 43 mila metri quadrati che il Filarete aveva progettato come Ospedale, e che poi è diventato università e che da domani è percorso tra passato e futuro dell' architettura. Ci sono tredici installazioni ecologiche nel cortile realizzate da tredici designer: sono lastre sulle quale sedersi, «Marbleous Garden» o «MINI» roulotte dentro cui nascondersi. Ma ci sono anche un' altra dozzina di architetti che dalle arcate o dalle bifore di quei 43mila metri quadrati ci guardano! Lì hanno lasciato il loro segno, e il loro segno è quello della migliore architettura ambrosiana. Dopo la morte del Filarete, infatti, la costruzione della Ca' Granda proseguì con Giovanni Antonio Amadeo e Guiniforte Solari. Poi la corte fu finita a metà Seicento da Giovanni Battista Pessina, affiancato dal maggior talento dell' epoca, Francesco Maria Richini con Fabio Magone e Giovanni Battista Crespi. Altri intervennero nel ' 7-800, sino alla ricostruzione del Dopoguerra firmata da Piero Portaluppi e Liliana Grassi. I prototipi esposti da «Interni Design Energies» paiono ispirarsi più all' intuizione scientifica di Leonardo che a quella archeologica del Filarete. Ma prima che Leonardo giungesse a Milano, fu proprio Filarete a descrivere in un trattato manoscritto una «città ideale» chiamata Sforzinda, una specie di Milano del futuro lasciata da costruire agli Sforza: ci dovevano essere palazzi del vizio e della virtù, torri altissime ed esoterici giardini. Ogni volta, insomma, gli architetti ci riprovano a stupire, con prototipi anche strampalati o idee bizzarre fissate su carta. Utopie che, al tempo degli Sforza, i francesi spazzarono via e oggi la crisi mette in forse. Ma la settimana del design è questo: presentare brevetti e innovazioni ad ogni costo. La torre disegnata nel trattato del Filarete venne costruita più di quattro secoli dopo da Luca Beltrami al Castello Sforzesco. Mai dire mai anche per il diamante che cattura la luce: forse un giorno l' avremo sul balcone.
Panza Pierluigi
Pagina 2
(21 aprile 2009) - Corriere della Sera


Anche il caminetto è bio L' anno del design etico
L' evento Apre oggi la kermesse mondiale. Da progettisti e grandi aziende lampade cattura luce e cucine in vetro non inquinanti

Energia eolica. È il prodotto della trasformazione dell' energia cinetica del vento in altre forme di energia. Per la maggior parte è convertita in elettrica tramite una centrale eolica. È stata anche la prima, tra tutte le energie rinnovabili, ad essere utilizzata dall' uomo, vista la sua convenienza economica. In passato l' energia del vento veniva utilizzata direttamente sul posto come energia motrice per il settore industriale Pannelli fotovoltaici Definiti anche «moduli» sono in grado di convertire l' energia solare in energia elettrica, semplicemente essendo esposti alla luce del sole. La maggior parte dei moduli è costruita in silicio che può essere monocristallino oppure policristallino, ovvero con una struttura non omogenea rispetto al primo tipo. Esteticamente è simile al pannello solare termico, ma se ne differenzia per il diverso uso Superfici captanti La superficie captante, definita anche assorbitore, riceve l' energia proveniente dal sole e per conduzione e convezione riscalda il liquido che circola al suo interno. Grazie alla circolazione del fluido in uno scambiatore l' energia immagazzinata dal fluido termovettore è ceduta all' acqua presente nell' accumulatore. Nella foto: la casa ideata da Mario Cucinella, esposta alla Statale Vernice ecosostenibile Sempre più diffusa la verniciatura in polveri epossidiche atossiche e termoindurenti, che già da molti anni ha superato quella a spruzzo. La verniciatura a polvere offre una maggior durata e uniformità del colore, oltre che una facile applicazione. Tutto ciò ben si inserisce in una politica di ecosostenibilità, grazie alla totale assenza di emissioni di solventi Salone del mobile, il riuso come stile di vita Le nuove soluzioni all' interno e all' esterno dei palazzi, per abbattere i costi e ridurre le emissioni. Pergole solari che danno energia agli edifici
MILANO - Le lampade catturano la luce e la rilasciano. La vernice è «mangia-smog», per abbattere le polveri sottili. La cucina è riciclabile al cento per cento, il caminetto bio, le sedie in scarti di cantiere, le superfici «captanti» per una migliore circolazione dell' aria. L' ecosostenibilità al centro del design. E il riuso come stile di vita. E allora, «anche il risotto avanzato è buonissimo il giorno dopo se saltato in padella», dicono i progettisti. Perché nella casa del futuro la parola d' ordine è responsabilità. Un atteggiamento etico che passa dall' arredamento sostenibile all' energia pulita, al riciclo. Architettura verde, si può. E si vede. Anche in Italia, finalmente. Da questa mattina al Salone del Mobile. Bioedilizia e ricette anticrisi. Soluzioni per abbattere costi ed emissioni nocive. Dentro e fuori lo spazio abitativo. Dal giardino alla camera da letto. Puntando su grandi nomi e grandi aziende. Da Michele de Lucchi a Fernando e Humberto Campana, da Kerakoll a Valcucine. Con un ritorno all' alto artigianato, come dice David Chipperfield: «Dobbiamo privilegiare la manualità, senza dimenticare i materiali». Punto di partenza: l' energia. Pulita e rinnovabile se si utilizzano pannelli fotovoltaici, solari, materiali coibentanti, l' eolico. Al Salone (e al Fuorisalone) da oggi sono in mostra tutte le novità del bio-design. Per esempio c' è Pulsar, pannelli solari in silicio che, in assenza d' irradiazione solare, assicurano un' autonomia da uno a quattro giorni; Evo Energy di Pratic, invece, è la prima pergola che produce energia per tutta la casa, mentre «iGuzzini» presenta la mostra alla Triennale «Lightinprogress». Un rinascimento verde. Con cucine riciclabili al cento per cento (è la proposta di Valcucine, con un progetto ispirato al ciclo naturale della materia), caminetti al bio etanolo (Presotto), poltrone e divani realizzati in materiali naturali come canapa accoppiata a giornali (Cocoon by Plus), piatti in alluminio riciclato (Regenesi), mobili in cartone (Studio Tremodi e collezione Menabò). E ancora progetti e prodotti «ecofriendly» (Yoox), carta da parati riciclabile (Jannelli e Volpi) «per un cambiamento - dice il designer Diego Grandi - che non è da considerare solo come risistemazione fisica degli spazi, ma assume la valenza di rinnovamento». E poi ci sono i materiali. Come il cementoresina di Kerakoll che non rilascia sostanze dannose all' uomo e all' ambiente, le vernici che riducono la Co2 (di Italcementi), il vetro trasparente e leggero. E la plastica, rivista e riutilizzata in tutte le forme. Il design contro l' inquinamento e gli sprechi. Oggi, giornata mondiale della Terra, e per tutta la durata del Salone del Mobile. Se ne è parlato anche ieri, nei chiostri dell' Università Statale, durante l' apertura della mostra «Interni Design energies», organizzata dal mensile Interni. Con tanti «archistar» che hanno lanciato idee e seduzioni. Michele De Lucchi: «Se l' uomo crede alle tecnologie potrà dare tutte le risposte alle necessità di oggi». Marco Piva: «Risparmio ed energia sono il nuovo giuramento di Ippocrate degli architetti». Rudy Ricciotti: «Bisogna avere il coraggio di combattere la pigrizia intellettuale». Il design del futuro: low cost e bio. A una condizione, però. Quella di Massimo Iosa Ghini: «Che non si rinunci al bello».
Sacchi Annachiara
Pagina 27
(22 aprile 2009) - Corriere della Sera

 

Mario Cucinella
«La mia Casa per sognare ad impatto zero»

È l' unico italiano ad aver vinto il Mipim award, l' oscar dell' architettura nella categoria green building. Per il Salone, Mario Cucinella presenta la sua «Casa per sognare». A impatto zero (l' energia consumata è autoprodotta con fotovoltaico ed eolico), costa centomila euro per 100 metri quadrati. Architetto, quando ha iniziato a pensare bio? «Nei primi anni Novanta. Ma è solo un ritorno al passato. L' architettura ha sempre avuto uno stretto rapporto con l' ambiente, dalle ghiacciaie del medioevo alle ville palladiane». E quando si è smesso di pensare così? «Con la rivoluzione industriale, quando si è creduto di simulare la natura con l' artificio». A che punto siamo adesso? «Siamo in un momento di passaggio in cui, dopo tanta omologazione, si possono inventare nuovi linguaggi che contengano soluzioni energetiche ed estetiche. Ricordiamolo: costruire è un atto di responsabilità».
Sacchi Annachiara
Pagina 27
(22 aprile 2009) - Corriere della Sera


Capolavoro Gli ambientalisti: Santa Maria delle Grazie simbolo dell' incuria. Il sovrintendente: subito interventi
«Via auto e smog: salviamo il Cenacolo»
Il Comune: pilomat e nuove panchine, pronto il restyling della piazza

La piazza col gioiello che il mondo c' invidia è un simbolo. Di degrado, d' incuria, di quello che non va. Un simbolo, comunque. «Nel senso che davanti a Santa Maria delle Grazie c' è quello che c' è in giro per la città. Sporcizia, disordine e ovviamente smog». Per Italia Nostra quel Cenacolo asfissiato dai tubi di scappamento di auto e moto è quasi un caso di scuola. Spiega Luca Carra, il presidente dell' associazione ambientalista: «Ci sono decine di esempi di piazze trascurate. In periferia, ovviamente. Ma anche nel cuore della città, nei suoi simboli riconosciuti. Sant' Ambrogio, per esempio, dove è pronto lo scempio dei parcheggi». Si chiama sindrome delle finestre rotte, spiega Carra. Degrado chiama degrado, per un perverso fenomeno di emulazione che diventa costume di massa. E così Santa Maria delle Grazie diventa una piazza come tante. Il Comune, giura l' assessore al Decoro urbano, Maurizio Cadeo, non sta a guardare. Il progetto è pronto. Nuova pavimentazione, nuove panchine (in pietra), via le fioriere. A bloccare l' invasione delle auto ci penseranno invece dei nuovi pilomat. Insomma, dice l' assessore, un «progetto che farà pulizia e metterà ordine». «Pare - racconta Cadeo - che con un temporale i dislivelli della superficie portino addirittura l' acqua tra le navate della basilica». Storia lunga quella della sistemazione della piazza del Cenacolo. Un paio d' anni fa l' allora assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi, bloccò tutto, proprio con l' aiuto della Sovrintendenza. Ora pare che ci sia l' accordo. Manca l' ultimo passaggio, spiega sempre Cadeo. L' illuminazione. Sul tema si confrontano due scuole di pensiero. Il Comune spinge per una versione coreografica, il sovrintendente frena e predica sobrietà, mezzi toni, qualche nuovo lampione e stop. Questione di gusti. «Il piano di riqualificazione deve andare avanti - dice comunque Alberto Artioli -. Anche perché l' ultima versione dell' intervento rispetta tradizioni, sacralità e storia del sito». Oggi meglio di ieri, in ogni caso. «Fino a vent' anni fa si poteva parcheggiare davanti al sagrato», ricorda Artioli. Poi arrivò il vincolo storico e le cose almeno un po' migliorarono. Certo rimane quell' allarme del direttore Giuseppe Napoleone: «Una situazione indegna e offensiva». Con quelle auto che parcheggiano ovunque e che di vincoli e divieti non ne vogliono sapere. L' intervento si farà, comunque. Perché questa volta assessore e sovrintendente remano nella stessa direzione. Il punto di domanda semmai è un altro. Quando partirà il cantiere? Per ora nessuna risposta. Andrea Senesi La scheda Il capolavoro di Leonardo L' «Ultima cena» è si trova nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie: Leonardo da Vinci cominciò a lavorare al dipinto nel 1495 e lo completò nel 1498 Le regole e gli abusivi La piazza è una «area pedonale»: l' accesso è consentito solo a «veicoli connessi alle funzioni religiose e diretti all' interno delle proprietà private». Molte, ogni giorno, le auto in sosta vietata La denuncia e l' appello Il direttore del Cenacolo, Giuseppe Napoleone, chiede che «qualche argine sia messo» per bloccare la sosta selvaggia: «La piazza è in pessime condizioni. Io la trovo una cosa indegna, offensiva, dolorosa»
Senesi Andrea
Pagina 5
(22 aprile 2009) - Corriere della Sera


Una città da rifare
Le battaglie di Franco La Cecla non finiscono mai: contro l' architettura (titolo del suo libro più noto, pubblicato l' anno scorso da Bollati Boringhieri), a favore dell' ambiente. Contro i grattacieli "firmati", a favore di anonime aiuole recuperate dai comitati di quartiere. Antropologo, ecologista critico e provocatore, La Cecla apre il festival "Naturalmente Arte" presentando il libro di Michela Pasquali, Giardini a Manhattan (Bollati Boringhieri), di cui ha scritto la prefazione (domani alle 15.30). Con Milano ha un rapporto stretto: non ci vive, ma la conosce molto bene. La percorre in lungo e in largo e in genere finisce dove sente muoversi qualcosa, per esempio tra via Tadino e Buenos Aires o in Paolo Sarpi, perché «dove c' è vita di strada c' è innovazione». La Cecla, qualeè il problema di Milano? «La mancanza di potere di negoziazione dei cittadini con le istituzioni politiche locali. Non c' è margine di trattativa tra chi progetta la città e chi la vive. Qui i comitati di zona, le associazioni di quartiere non hanno voce in capitolo sulle scelte che riguardano gli spazi pubblici. A San Francisco, gli abitanti di una via possono decidere di allargare un marciapiede. A Barcellona, la rivoluzione verde è passata attraverso la riappropriazione di microspazi». A New York fioriscono giardini recuperati da gruppi di cittadini in aree abbandonate. L' esperienza dei community gardens descritta nel libro di Michela Pasquali che presenta domani è importabile a Milano? «Forme di guerilla gardening ci sono, ma poco paragonabili. Se qualcuno si mettesse a piantumare Montenapoleone probabilmente lo arresterebbero. La tragedia di Milano però non è la mancanza di verde». No? «Certo, qui i parchi sono episodi smarriti dentro una città malata di stupidità automobilistica. Detto questo, il vero scandalo è l' incuria, la disattenzione totale per il decoro urbano. Ma come? Questa dovrebbe essere la capitale del design e usate l' asfalto per i marciapiedi? Pensi alle aree pedonali, di fatto solo strade chiuse al traffico: c' è posto più squallido di Garibaldi?» Da che cosa bisognerebbe cominciare? «I milanesi devono riprendersi le strade e liberarsi degli architetti». Perché ce l' ha tanto con gli architetti? «Non hanno una visione della città, mancano di senso dell' insieme e quindi del bene comune. Sono malati di esibizionismo: il loro scopo è lasciare un segno perché ci si ricordi di loro. Non si occupano del contesto in cui intervengono, anzi lo contrastano». La cosa peggiore fatta a Milano? «Deve ancora arrivare: i grattacieli di City Life. Un progetto brutto, retrodatato, ridicolo. Milano è la pattumiera delle idee sbagliate degli architetti ossessionati dal design». A proposito di design, come valuta il fenomeno Salone? «Da un punto di vista commerciale è un bene che crea indotto, mentre per la città funziona come grande occasione di mondanità internazionale. Detto questo, i designer italiani sono il fanalino di coda di un' idea sorpassata del lusso».
SARA CHIAPPORI
La Repubblica
25-04-09, pagina 22 sezione MILANO


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