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Bonessa Associati - con Andrea Bonessa in via Pizzi a Milano

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Questa volta facciamo finalmente un sopralluogo accompagnati da un iscritto che, stimolato dalle puntate precedenti apparse sul sito, ci ha invitato a visitare il cantiere di un progetto sviluppato con gli architetti Paola Moroni e Michela Partesi, nella zona di piccolo artigianato produttivo e residenza attorno a via Ripamonti.

L'intervento è formalmente a destinazione C3 ma, con tutta probabilità, date le apparenze della nuova costruzione, potrà accogliere anche della residenza nei cosidetti loft ad uso abitativo. L'anomalia è evidente, e riguarda più in generale tutte quelle aree milanesi che, pur con una destinazione di piano definita industriale, si trovano allo stato attuale all'interno di zone il cui utilizzo di fatto si è rapidamente mutata in residenziale. Aree in cui degli insediamenti industriali sarebbero oramai anacronistici oltre che con ogni probabilità contrastati dagli abitanti stessi, e in cui quelli esistenti sono sempre più dismessi, fatiscenti o abbandonati. Inerzie del vecchio piano, insomma. E se il mercato immobiliare per valorizzare queste aree ha trovato nel loft un escamotage a la page, il Comune non ha saputo dare a riguardo, come afferma lo stesso Bonessa, nessuna particolare soluzione, se non quella di una opposizione di principio tutta tecnicista, che nasconde in realtà una mancata elaborazione politica sullo sviluppo della città.
Dice Bonessa, "le prospettive di soluzione, espresse nella bozza del nuovo regolamento Edilizio che la pubblica Amministrazione sta approntando, sono quelle di equiparare qualsiasi unità inferiore ai 100mq alla residenza, creando quindi uno sbarramento esclusivamente dimensionale alla realizzazione di unità abitative laddove lo sviluppo della città ne richiede la realizzazione. Sbarramento che il mercato saprà sicuramente aggirare e che tra l'altro eliminerà veramente il piccolo artigianato dal tessuto urbanistico milanese". Insomma, " Per risolvere un problema si prevede una soluzione che ne creerà, a cascata, molti altri, amplificando lacci e lacciuoli di una normativa già sufficientemente complessa e rindondante, che per stessa ammissione dell'Assessore all'urbanistica Carlo Masseroli , è spessa foriera di interpretazioni personali, fraintendimenti burocratici e ostacolo allo sviluppo e ricostruzione del tessuto urbano".

Tornando al nostro cantiere, si tratta di un opera di complessivi 4.000 mc. che insiste su un lotto di cui, pur riprendendo in parte la cortina lungo la strada, ne sfrutta la relativa ampiezza per creare al suo interno una articolazione che appare tutt'altro che scontata. Rispetto alla soluzione canonica di un edificio disposto a L o U lungo il perimetro dell'area, a definizione di una corte libera interna, il progetto introduce invece un gioco di volumi composto sostanzialmente da 2 elementi. Il primo, come detto, lungo la cortina ma a parziale chiusura del fronte; il secondo, all'interno dell'area, collegato ad esso da una piastra pedonale aerea, a sua volta sviluppato su 3 diverse altezze e di fatto 2 corpi di fabbrica ma serviti da un'unica scala e da un sistema a ballatoio, a costituire la quinta dello spazio comune centrale. A sua volta questo corpo sfrutta l'arretramento dal perimetro retrostante, orientato non a caso a sud, per creare dei piccoli giardini privati per i piani bassi e loggiati man mano salendo.

Anche l'ingresso è di qualche interesse, 'all'americana' come mi dice l'architetto. Dalla strada si entra infatti direttamente nello spazio di parcheggio coperto su pilotis, ovvero senza ripartizione in box. Per i pedoni, con innesto dallo stesso varco carrabile, si stende una scala relativamente importante (1,20m) che consente l'accesso al piano superiore, di distribuzione propriamente pedonale ai due blocchi scala, sia del corpo su strada che del corpo doppio arretrato. Viceversa per l'accesso diretto agli ascensori a raso si dovrà attraversare il parcheggio coperto. Al piano interrato, cui si accede dalla rampa limitrofa l'ingresso ai parcheggi, i box tradizionali e le cantine.
A colpo d'occhio i rapporti aeroilluminanti appaiono subito estremamente generosi. Le finestrature, in alluminio verniciato bianco, sono matrice della composizione delle superfici di facciata, giocata su diversi formati sotto-modulo a partire dal disegno a tutt'altezza. In tal senso, il fronte verso strada giustapposto all'edilizia residenziale di fine secolo (scorso scorso) attigua è molto forte, ma a suo modo affine. Ribaltando invece il punto di vista, ovvero dall'interno, ci si sente come catapultati in strada. Per il resto, solo intonaco elastomerico tinteggiato in diverse gamme di grigio, niente scuri esterni, ma a richiesta dei committenti saranno realizzati internamente, riprendeno la tipologia dei vecchi magazzini e laboratori milanesi..

Gli interni sono semplici, di taglio piuttosto convenzionale e con finiture volutamente ordinarie.: "di industriale qui c'è solo il pavimento", mi dice Andrea. Insiste sul fatto che la qualità dell'abitare non è ne nell'accessorio alla moda, ne nelle finiture di pregio, quanto nell'ambiente complessivo in cui s'insedia l'alloggio. Gli interni saranno qualificati dagli abitanti, insomma.
Lo stesso concetto legittima l'utilizzo della distribuzione esterna, generosa poiché se intesa nello spirito del progetto da chi vi abita, può costituire lo spazio della socializzazione e quindi dell'identità. Luoghi dove si transita per accedere al proprio alloggio, ma sufficientemente ampi per permettere di stazionarvi o svolgervi attività all'aperto. In questo senso il richiamo ai tipi della tradizione a ballatoio sono espliciti: "allora il momento della socializzazione era, anche , essere in coda per andare al wc", mi dice Andrea Bonessa.

Arriviamo alla conclusione del nostro sopralluogo visitando le unità degli ultimi piani. In essi l'utilizzo delle sagome a falda all'intradosso, bucate dove necessario -evidenziando la generosa sezione di coibentazione inserita-, permette di apprezzare al meglio questo genere di alloggio a pianta aperta, ovvero nella sua articolazione nello spazio. Del resto l'altezza media di 2,90m di interpiano ai livelli sottostanti è già stato uno sforzo immagino piuttosto critico da far digerire alla committenza -è pur sempre un metro secco di volume in più su tutto l'intervento... Tuttavia è proprio in questi locali che si intravede la potenzialità di questo genere di spazi.

Del resto se anche nel linguaggio della politica loft è diventato d'uso corrente, proprio per mostrare una qualche consapevolezza di elaborazione della contemporaneità, forse possiamo stare un po' più tranquilli: prima o poi rientrerà anche nelle categorie del nostro regolamento edilizio.

Francesco de Agostini



Edificio ad uso produttivo-artigianale, Milano 2005/8
Nuova costruzione
via Pizzi, 24 - Milano
Progetto architettonico: Andrea Bonessa, Paola Moroni, Michela Partesi
Progetto strutture: Engico.- Ing. Andrea Madini Moretti
Promotore: Compagnia dell'Immobile - Milano
Impresa - NewCo2 srl - Milano

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