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Tracce di un metodo: Franco Albini e Milano

Dal 06.02.2012 al 08.03.2012

La sezione online degli itinerari di architettura milanese si arricchisce di un lavoro su Franco Albini a cura di Stefano Poli e Carlo Venegoni

La sezione online degli itinerari di architettura milanese si arricchisce di un lavoro dedicato a Franco Albini, figura chiave dell’architettura moderna italiana che ha contribuito, assieme ad una ristretta cerchia di architetti coetanei, alla definizione degli aspetti fondativi della modernità italiana nell’architettura e nel design tra gli anni Trenta e gli anni Settanta del Novecento.

L’itinerario “Franco Albini e Milano” a cura di Stefano Poli e Carlo Venegoni restituisce un approfondimento critico del maestro nato a Robbiate nel 1905 scandagliando il suo rapporto con città di Milano. Vengono messe a fuoco alcune opere tra cui i numerosi quartieri residenziali di edilizia economica popolare da lui realizzati con la collaborazione di altri architetti (Fabio Filzi, Gabriele D’Annunzio, Ettore Ponti, INA Cesate, INA Mangiagalli, e INCIS Vialba), la celebre Villa Pestarini, le torri per appartamenti di via Argelati, l’edificio per gli uffici Snam a San Donato Milanese, le stazioni della metropolitana linea 1 e 2 ed un’opera giovanile, la Tomba Giampiccoli, poco nota ma che contiene già molti elementi della poetica del maestro.

Nonostante la discutibile compromissione di molte architetture e il loro precario stato di conservazione, il metodo di lavoro di Albini, fondato su una rigorosa razionalità e su una solida sapienza artigianale e costruttiva, è ancora leggibile e rappresenta oggi una grande lezione di architettura: gli elementi cardine del razionalismo, diffuso in Italia grazie all’impegno degli architetti della sua generazione, vengono inscritti in una poetica personale non priva di tratti peculiari, espressi nella leggerezza della scala del soggiorno di Villa Pestarini (1938), nei neon sospesi della Metropolitana milanese (1962-69) e nella ricercatezza dei modelli distributivi di alcuni quartieri popolari, come il celebre Fabio Filzi (1935-38), il Mangiagalli II (1950-52) e le case Incis a Vialba (1950-53).

Studiare un maestro come Albini può costituire, in un periodo di crisi profonda della professione, un momento utile per recuperare le cause primarie per cui la disciplina dell’architettura esiste e dovrebbe agire, ovvero l’aver cura dello spazio abitato dall’uomo, interrogandosi di continuo sul significato e sul destino di ciò che si progetta.

Alessandro Sartori
Stefano Suriano
Barbara Palazzi


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