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Equal chances – Concorsi per progettare e costruire

Dal 17.11.2010 al 17.12.2010

Resoconto della serata che si è svolta giovedì 11 novembre, presso la sede di Assimpredil Ance, dedicata alle diverse forme e storie dei concorsi in Italia

Si è svolta giovedì 11 novembre, presso la sede di Assimpredil Ance, una serata dedicata ai concorsi: tema da molti e da molto discusso ma che ancora non trova la sua collocazione.

Congiuntura economica avversa, tempi di programmazione e costi incerti, discrezionalità delle valutazione della giuria, molti sono gli argomenti che, più o meno erroneamente, vengono spesso indicati come causa del fallimento di molti, troppi, concorsi.

Si può pensare ad una riorganizzazione della filiera del processo edilizio in grado di rinnovare i ruoli e le relazioni tra progettisti e imprese? Questo è il tema attorno al quale sono stati invitati al confronto:

  • Daniela Volpi, Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Milano,

  • Massimo Pica Ciamarra, vice Presidente IN/ARCH,

  • Pierluigi Mantini, Docente di Diritto Amministrativo e Parlamentare,

  • Giovanni Oggioni, Direttore dell’Ufficio Concorsi del Comune di Milano, 

  • Piero Torretta, vice Presidente ANCE, coordinatore supplente della serata

Torretta introduce pertanto la serata individuando fin da subito l’argomento per lui centrale: il progetto integrato  quale miglior soluzione per la realizzazione delle opere, e a conferma della validità di questa formula cita il bando Housing Contest, repertorio delle case con alte prestazioni a basso costo, di recente pubblicazione.

A seguire Daniela Volpi espone un’analisi sulla storia italiana degli ultimi decenni in tema di concorsi, descrivendo l’ottimismo  derivato dalla risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea della fine del 2000 “Qualità architettonica dell’ambiente urbano e rurale”  tradotto, a livello nazionale, nel disegno di legge sulla “promozione della cultura architettonica e urbanistica”  e nel D.P.R. 441 che individuava  nel Ministero dei Beni Culturali un ruolo attivo nella promozione della qualità del progetto.

Seguendo quest’onda di positiva operatività si era attivata anche la Consulta Lombarda degli Architetti pubblicando nel 2001 le Linee guida per la redazione di bandi di concorso di architettura, uno strumento di supporto organizzativo e di consulenza per gli enti banditori. Lo scenario attuale non è sicuramente allineato con le premesse che derivavano da questa stagione di ottimismo: oggi il numero dei ricorsi è maggiore rispetto al numero dei concorsi e questi rappresentano il  5% del totale delle procedure indette per l’affidamento dei servizi di progettazione.

Le cause di questo fallimento sono da ricondurre, secondo Daniela Volpi, alle falle della Direttiva europea (2004/18/CEE), e al relativo Codice degli Appalti (D. Lgs 163/2006) che permettono di fatto un ricorso più massiccio all’appalto integrato allontanandosi così dagli obiettivi rivolti alla qualità della progettazione. Proprio a questo proposito, ricorda Volpi, si è mosso il CNAPPC attraverso la recentissima elaborazione di una proposta, esposta  in occasione della Riunione degli architetti europei che si è svolta a Berlino agli inizi di ottobre, riguardo la revisione della Direttiva Europea 2004/18/CE, che renda più stringenti e rigorosi i principi generali e che, almeno su alcuni punti determinanti, offra minor spazio discrezionale all’interpretazione da parte degli Stati membri.

Non poteva mancare un accenno alla vicenda dei concorsi di Expo da parte del Presidente dell’Ordine degli Architetti che fin da luglio 2009, in occasione degli Stati Generali, aveva speso parole, oltre che organizzato occasioni di incontro pubbliche, per ribadire la centralità di una predisposizione e di una pianificazione unitaria e coerente dell’intero processo, in tutte le sue fasi, dall’avvio della pianificazione fino alla realizzazione.  C’era ottimismo durante la serata svoltasi a giugno 2010 presso la sede dell’Ordine, in occasione della quale Renzo Gorini, Direttore del Dipartimento Infrastrutture di Expo 2015 Spa, aveva descritto il calendario  dei numerosi concorsi di progettazione, di idee e, in alcuni casi, progetto integrato che avrebbero dovuto scandire la realizzazione del sito di Expo: tutto il resto è cronaca delle ultime settimane, ovvero non più concorsi a favore di concorsi-appalto.

Daniela Volpi conclude il suo intervento sottolineando come, nonostante il totale disaccordo relativo sia alle motivazioni  sia alle scelte fatte da Expo, questo evento rappresenti un’occasione di trasformazione urbana troppo importante per non accettare l’invito dello stesso Gorini a partecipare alla stesura dei bandi nella ferma intenzione, tuttavia, di contribuire al miglioramento dello strumento del concorso-appalto facendone emergere ogni possibile fattore in difesa della qualità e della democrazia.

Riprende la parola Piero Torretta per introdurre l’intervento di Pierluigi Mantini, non prima però di citare come occasioni virtuose i casi milanesi di concorsi-appalto legati alla ristrutturazione della Scala e alla realizzazione della Nuova Fiera (Rho-Pero), a suo avviso due ottimi esempi a riprova della validità della procedura.

Pierluigi Mantini riporta la conversazione sul titolo della serata, equal chances, che presuppone quindi la valutazione di tutti gli strumenti di affidamento di incarico, non solo il concorso-appalto. Sottolinea che il freno ad un efficiente ricorso al concorso di progettazione è rappresentato fondamentalmente da due fattori: la scarsità di risorse e la difficoltà intrinseca derivata da un più generale aspetto culturale che caratterizza il settore edilizio italiano, che rafforza portando l’esempio francese dove da decenni il concorso di progettazione è il principale strumento di affidamento di incarico per le opere pubbliche. Ripercorre la genesi legislativa a cominciare dalla Merloni che, vista alla luce del contesto storico in cui era nata, aveva proposto una divisione tra la fase di progettazione e quella di realizzazione dell’opera, questione emersa con la stagione di Tangentopoli: una formula quella della Merloni, che era apparsa salutare per evitare il ricorso a varianti e al massimo ribasso. Soluzione che si dimostra nel principio ancora attuale, altre che indirizzo dato e confermato anche dalla Direttiva Europea.

Dove intervenire quindi? Secondo Mantini il punto labile va ricercato nelle dinamiche e nelle relazioni che intercorrono tra le figure che compongono la filiera delle costruzioni: occorre pertanto pensare ad una riorganizzazione del processo, ripensando a nuove regole e modalità di collaborazione.

In conclusione Mantini auspica quindi un ricorso consapevole e responsabile allo strumento del concorso che, in sintonia con quanto stabilito dalla legge, deve essere riservato ad opere di particolare complessità e rilievo.

Interviene a questo punto il Presidente Claudio De Albertis, padrone di casa, auspicando un rinnovato intervento del privato nella realizzazione delle infrastrutture. Rispetto ai concorsi di progettazione lancia una provocazione: sì ai concorsi, purché vi sia la garanzia che l’esito vale quale titolo abilitativo del progetto.

In risposta al riferimento al caso francese citato da Mantini, De Albertis invita a considerare una differenza sostanziale: il rapporto numerico sia di progettisti che di imprese in Italia, Paese europeo che registra il maggior numero di progettisti quanto di imprese per abitante, cosa che genera necessariamente una maggiore difficoltà di gestione.

Alla luce di queste considerazioni risulta quindi di primaria importanza, sottolinea De Albertis, instaurare le condizioni per un maggiore rispetto dei ruoli ed una maggiore collaborazione tra gli attori del processo edilizio (progettisti e imprese in particolare) a garanzia della fattibilità delle opere nel rispetto dei costi, a partire dall’occasione di Expo 2015.

E’ quindi la volta di Giovanni Oggioni che, grazie alla sua decennale esperienza in qualità di Direttore dell’Ufficio concorsi del Comune di Milano, può serenamente asserire che sei mesi sono un periodo sufficiente per bandire e concludere un buon concorso di progettazione: certezza di tempi e costi controllati dunque, e la dimostrazione sta nella qualità dei 18 concorsi banditi dal Comune di Milano organizzati sotto la sua direzione, dove tutti i ricorsi subiti sono stati rigorosamente vinti.

Non solo, a suo avviso per Expo ci sono ancora i margini di tempo necessari per l’organizzazione di buoni concorsi, purché sussistano chiarezza di obiettivi, certezza di fattibilità e di finanziamenti.

Anche lui non perde l’occasione di citare il caso milanese della progettazione della Nuova Fiera, però quale occasione persa per la cittadinanza, data la valenza pubblica dell’opera.

In questa ottica Oggioni riporta l’attenzione sulla differenza tra la progettazione di opere di architettura e la progettazione di infrastrutture, due ambiti molto diversi che rivendicano delle riflessioni specifiche. Infine amplia il ventaglio delle opere che dovrebbero ricadere obbligatoriamente sotto la procedura del concorso di progettazione, che dovrebbe comprendere non solo gli edifici di particolare rilievo bensì tutti gli edifici civili. E lo slogan finale potrebbe essere: il progetto è dei committenti, non dell’impresa.

Massimo Pica Ciamarra osserva come, con 50 anni di concorsi fatti sulle sue spalle, non ha memoria di ricorsi prima del 1993, ergo, la vulnerabilità che si imputa alla procedura concorsuale è da ricercarsi nella struttura stessa della Legge Merloni: troppi documenti da produrre, da parte dei progettisti, e spesso confusi, affermando una grande verità:  “i progettisti sono i veri mecenati del nostro tempo”.  

Per quanto riguarda la formula dell’appalto integrato questo può funzionare solo in presenza di solidità tecnica ma anche culturale di chi è preposto a redigerne il programma. E questo non può avvenire se non in un ragionamento impostato nei termini dell’interesse collettivo.

A conclusione della serata riprende la parola Pierluigi Mantini che, appoggiando l’analisi esposta da Oggioni, sottolinea alcuni punti necessari all’ottimizzazione dello strumento del concorso:

  • necessità di semplificare la morfologia delle stazioni appaltanti: in Italia se ne contano oltre 9000 (solo i comuni italiani sono oltre 8.100),  meglio quindi sarebbe concepire degli organismi superiori - uffici serventi – al di sopra delle singole amministrazioni comunali, attraverso la costituzione di uffici consortili;

  • necessità di generare una identità collettiva quale base necessaria per la realizzazione del federalismo che possa condurre ad una semplificazione volta ad uniformare i possibili modelli di appalto

Un’ultima considerazione è indirizzata alla vicenda Expo, per la quale, dichiara Mantini, sarebbe stata auspicabile  la creazione di una società di coordinamento non privata che portasse alla programmazione di concorsi sia di piano che di progetto.


Chiara Odorizzi

Francesco de Agostini



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