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Settimana del 23 marzo 2009

Dal 30.03.2009 al 02.04.2009

Ecco la rassegna stampa settimanale dei principali quotidiani nazionali. Questa settimana: riflettori puntati sul Piano Casa

Pagina 5

(23 marzo 2009) - Corriere della Sera

Avanzamento dei lavori

Sopralluogo a Santa Giulia


Oggi alle ore 18, in via Monte Penice, l' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, effettuerà un sopralluogo al quartiere Santa Giulia assieme ai rappresentanti del comitato di cittadini e ai residenti per verificare lo stato di avanzamento dei lavori.


Corriere della Sera - NAZIONALE -

sezione: Economia - data: 2009-03-25 num: - pag: 31

Mercato e riforme Dopo l'avvio dell'istruttoria di Catricalà - Antitrust, la rivolta di architetti e ingegneri

«Pregiudizi ideologici contro le professioni»

Ma i commercialisti e i giovani avvocati difendono il Garante: va nella giusta direzione sulla via della riforma


ROMA — L'annuncio di nuove istruttorie dell'Antitrust sugli ordini professionali, dopo quella appena conclusa dallo stesso Garante Antonio Catricalà, provoca la levata di scudi delle categorie interessate. Ingegneri, architetti, psicologi respingono le accuse di conservatorismo lanciate dall'organismo di vigilanza, quando non invocano la tutela del governo.

È il caso degli ingegneri: il presidente del Consiglio nazionale, Paolo Stefanelli, ha scritto direttamente al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per segnalare come le richieste di riforma, avanzate dal Garante, siano «in evidente e frontale contrasto con gli indirizzi provenienti dagli ambienti governativi ». Per Stefanelli l'indagine dell'Antitrust è «viziata da pregiudizi ideologici».

Un'accusa che fa il paio con quella già lanciata, subito dopo la pubblicazione del provvedimento, dal Consiglio nazionale degli architetti che aveva tuonato contro la «nuova campagna di stampa antiordinistica ». Sia pure in un momento di crisi come l'attuale, argomentavano gli architetti, la riduzione delle tariffe, auspicata da Catricalà, sarebbe già stata applicata nell'ordine del 50%.

E il tema delle tariffe sembra essere il più spinoso. Dall'indagine dell'Antitrust emerge che alcuni ordini «hanno mostrato resistenze, anche fondate sull'idea che il professionista sia ancorato al rispetto del decoro della professione nella determinazione della parcella». Una spiegazione che non convince Catricalà: «Una prestazione di alta qualità - spiega - deve avere tariffe alte. Una prestazione di qualità più bassa deve averle minori ». Sul punto il Garante ha annunciato l'apertura di nuove istruttorie a carico di «alcuni ordini nazionali e consigli territoriali».

«Ma quali tariffe minime? si ribella il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, Giuseppe Luigi Palma - . Noi non abbiamo un tariffario approvato per decreto. Ma entrando nel merito, vogliamo dire che per un colloquio di 45 minuti la tariffa minima "consigliata" è di 30-35 euro?». Insomma anche la tariffa, secondo Palma, «deve rispondere a criteri di dignità».

I consulenti del lavoro richiamano l'attenzione su un altro aspetto: «Qui - attacca il presidente dell'ordine, Marina Calderone - non si tiene conto di come oggi i professionisti si facciano carico (a costi ridicoli) delle carenze della pubblica amministrazione e delle difficoltà dei clienti a pagare le prestazioni».

Insomma un coro di critiche da cui hanno preso le distanze i commercialisti e i giovani avvocati, soddisfatti delle conclusioni dell'Antitrust e pronti a «proseguire sulla via della riforma delle professioni economico-giuridiche».

Paolo Stefanelli, presidente degli ingegneri Marina Calderone e Giuseppe Luigi Palma Antonella Baccaro


La Repubblica

23-03-09, pagina 29 sezione R2     

L' Expo perduta ALBERTO STATERA


Altro che "Grosse Koalition" all' ombra della Madonnina, come scrisse il Financial Times quando Milano, regnante ancora per pochi giorni il governo Prodi, si aggiudicò la gara internazionale per l' Esposizione universale del 2015. Un anno è passato da quel 31 marzo del 2008 e la litigiosissima "kleine koalition" di destra che governa la ex capitale morale e la Lombardia, adesso di conserva con il governo di Roma, la Madonnina la sta facendo lacrimare. Sono passati ingloriosamente dodici mesi tra risse politiche invereconde, diktat reciproci, nomine, dimissioni. E nulla di concreto si è ancora fatto per l' Expo. Se non una girandola di poltrone. Non un mattone, non un centimetro d' asfalto, non un metro di rotaia è stato posato, non un euro speso. Nulla si è mosso per le opere essenziali, tra gli scontri dei potentati politici ed economici, la caccia alle poltrone, la degenerazione dei progetti indotta dai signori degli appalti, gli appetiti crescenti nella colossale operazione immobiliare al tempo della crisi, che all' ombra dei finanziamenti pubblici dovrebbe trasformare Milano in una città "verticale" da due milioni di abitanti. Il tutto sull' onda montante dell' "anticollettivismo" berlusconiano, che sui metri cubi vuole gli italiani "liberi tutti", sognando un paese di poeti, navigatori e palazzinari. TANTO che, di fronte alle difficoltà politiche e finanziarie, è spuntato persino il partito provocatorio della rinuncia all' Expo, di cui si è fatto primo portavoce l' architetto Vittorio Gregotti, ricordando la saggia rinuncia di Mitterrand ai faraonici progetti per la celebrazione del bicentenario della rivoluzione francese nel 1989. Intanto, su uno dei tanti fronti milanesi, stravolgendo il programma fin qui accreditato, incede il partito del "Bucone", il tunnel di 14 chilometri che dovrebbe collegare, traforando le viscere dell' intera città, l' area in cui sorgerà l' Expo con l' aeroporto di Linate. Costa, all' ingrosso, 3 miliardi, lo vogliono adesso fortemente Roberto Formigoni e l' assessore comunale ciellino Carlo Masseroli, quello che progetta grattacieli in ogni centimetro libero, dalle aree delle casermea quelle delle stazioni e dei binari ferroviari dismessi, per fare di Milano una piccola Londra con 2 milioni di abitanti. Oltre, naturalmente, alla Torno, società alquanto problematica titolare del progetto, di cui l' italo argentino CarlosBulgheroni ha ceduto quote rilevanti all' Abm Merchant, del finanziere Alberto Rigotti, basato in Lussemburgo, che se il Bucone si farà aspira alla gestione del passaggio a pagamento per sessanta o almeno quarant' anni. E le due nuove linee del metrò, la quattro e la cinque? E le altre infrastrutture ? Letizia Moratti nicchia, dopo aver impiegato un anno per rinunciare al controllo della Società di gestione dell' Expo attraverso il suo uomo, dopo scontri epocali con il ministro dell' Economia Giulio Tremonti, con Formigoni, con la Lega, tutti impegnati non a metter giù rotaie e parcheggi ma, "culi sulle sedie", come dice, chiedendo l' anonimato, uno dei protagonisti di quest' anno di operose lotte di potere nella destra meneghina. Già gli esordi furono cupi: non cosa, come e quando fare, ma chi doveva controllare il ben di dio di 12 miliardi pubblici da spendere, più un indotto stimato in 44 miliardi. Il sindaco, il presidente della regione, il presidente della Provincia, il ministro dell' Economia, la Lega Nord, la famiglia La Russa, protesi di Salvatore Ligresti, Berlusconi stesso. O domineddio? La Moratti scelse come suo domineddio quel Paolo Glisenti che Vittorio Sgarbi, ex assessore alla Cultura milanese, ha definito «l' elaborazione intellettuale del nulla». Detto "Pennacchione" quando a Roma faceva il giornalista, si era preparato il potere assoluto e uno stipendio da otto milioni di euro o giù di lì fino al 2015. Maè stato smascherato dalle truppe di Bossi: «Quando ci siamo seduti a un tavolo- ha confessato Dario Fruscio, presidente bossiano del collegio dei sindaci della società di gestione prima di dare le dimissioni da quell' inferno - ho capito che di aziende lui capisce pocoo niente». Così Glisenti ha dovuto mollare. In vista del compimento del compromesso politico, faticosamente impostato in una cena ad Arcore che ha visto persino il "lider maximo" tirato per la giacca, ha dato le dimissioni dal consiglio d' amministrazione pure l' ex rettore della Bocconi Angelo Provasoli, in attesa di presiedere il collegio dei sindaci, e dell' arrivo dei nuovi plenipotenziari, Leonardo Carioni, l' uomo designato da Bossi, e Lucio Stanca, l' ex ministro berlusconiano, del quale, per la verità, non si ricordano strabilianti performance al dicastero dell' Innovazione, cui è riservato adesso il posto di amministratore delegato, con presidente Diana Bracco. Presidente anche dell' Assolombarda, la più potente organizzazione territoriale della Confindustria, con quel che fin qui si è visto nessuno sembra aver niente da ridire sul fatto che gli interlocutori Il miraggio della Braccoa caccia di appalti miliardari saranno i suoi stessi soci confindustriali: Ligresti, Caltagirone, Impregilo, Astaldi, Pirelli RE, Risanamento, Cabassi, Gavio, Benetton. Un patente conflitto d' interessi. Ma che volete che sia rispetto allo spettacolo degenere che si è dato al mondo dal 31 marzo dell' anno scorso, quando quegli ingenui simpaticoni del Financial Times decretarono che sull' Expo si era compattata un' Italia bipartisan vogliosa di Grosse Koalition. Figurarsi, non ha resistito neanche la più modesta piccola coalizione di destra, berlusconiani, bossiani, formigoniani e partito trasversale degli affari. Un anno dopo, la nuova rete metropolitana, la grande via d' acqua, la grande via di terra, i padiglioni internazionali, il grande ponte pedonale, i parcheggi sotterranei, le autostrade? Giacciono tutti i progetti, mentre l' assessore Masseroli, testa di ponte formigoniana e per ovvia traslazione della potente Compagnia delle Opere, calcola la "perequazione delle volumetrie", cioè, tentando di tradurre in italiano, le colate di cemento che più o meno potrà far scorrere nella "città verticale" da due milioni di abitanti, nella colossale operazione immobiliare della "Grande Milano". Resta magari da spiegare chi verrà mai ad occupare tanti metri cubi svettanti verso la Madonnina con l' esca degli investimenti dell' Expo. Visto che a Milano ci sono già un milione e 640 mila appartamenti. Ma ottantamila sono desolatamente vuoti. Gli uffici sfitti non si contano. Come dire la desolazione in un' area pari a trenta grattacieli Pirelli, secondo il calcolo dell' architetto Stefano Boeri. Ma che ce ne importa se si attiva la leva finanziaria della banche per i costruttori? D' altra parte, tra pochi mesi anche del Pirellone dovremo decidere che fare, visto che è quasi pronto il Formigone, il grattacielo di 167 metri che Roberto Formigoni ha fatto erigerea suo perenne ricordo per quando sarà chiamato ad ancora più alte responsabilità istituzionali. E probabilmente sarà inseguito da vicende giudiziarie, viste le inchieste che già si aprono sulla distrazione di denaro pubblico negli aggiornamenti in corso d' opera. Trecentocinquanta giorni sono già passati in una storia ingloriosa di poltrone e di potere da quel 31 marzo 2008. Abbiamo assistito all' iperfetazione policentrica dei poteri, in una logica di «investimento segmentale», privo di «un quadro di riferimento complessivo», come dice il professor Matteo Bolocan Goldstein, docente al Politecnico. Diciamo, per tradurre, il dipanarsi irresponsabile di una molteplicità di azioni in proprio svolte a spennare risorse pubbliche. Così siè perso un anno. Un tempo più che sufficiente alla ' ndrangheta per organizzarsi al banchetto dell' Expo 2015, con accordi di spartizione che prevedono fette della torta a Cosa nostra e alla Camorra. «Gli interessi in gioco con Expo 2015-è scritto nell' ultima relazione della Direzione nazionale antimafia- sono maggiori persino di quelli ipotizzabili dalla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina». Mille grattacieli invece di due piloni e un' arcata sospesa.

 


In lotta per la concorrenza

Testata: Italia Oggi

Data: 24-03-2009

Ignazio Marino

 

I professionisti italiani si rassegnino. Rendono una prestazione privata e a pagamento. E in linea con quello che accade ai loro colleghi europei non si possono sottrarre alla concorrenza. L'Antitrust, forse ancora per molto tempo non emetterà un provvedimento sanzionatorio nei confronti degli ordini. Ma di sicuro ha tutta l'intenzione di continuare a monitorare un mercato «ancora troppo chiuso».

Anzi il garante anticipa che nuove istruttorie stanno per partire nei confronti di quelle categorie che in funzione del «decoro» non hanno cancellato, come chiesto dall’ex ministro dello sviluppo economico Pierluigi Bersani nel 2006, l’inderogabilità delle tariffe minime. Non solo. Al fronte comune degli ordini che da sempre critica il metodo seguito dall’Antitrust di considerare i professionisti come imprese, Antonio Catricalà risponde con la proposta dell’abitazione universitaria per facilitare l’accesso. A ItaliaOggi, il garante ha illustrato perché un atteggiamento meno diffidente nei confronti delle liberalizzazioni aiuterebbe molto di più gli ordini…

D. All’indomani della pubblicazione della vostra indagine è passato il messaggio che

gli ordini sono delle caste. È d’accordo?

Risposta. No.

Il termine «Casta» è stato utilizzato dai media per significare che gli ordini hanno eccessive barriere all’accesso. La nostra indagine ha dato atto di alcuni passi avanti da parte di qualche categoria. Come di alcune resistenze nei confronti delle liberalizzazioni (abolizione dell’obbligatorietà dei minimi e dei divieti sulla pubblicità, apertura nei confronti delle società multi professionali, ndr).

D. Partiamo dall’inizio. L’indagine poggia le sue valutazioni sull’assimilazione dei professionisti alle imprese. Gli ordini hanno sempre combattuto questo approccio, però…

R. Il dato rilevante è uno: la prestazione è un servizio privato e reso a

pagamento. Certo, ci sono delle professioni che tutelano diritti costituzionalmente rilevanti

come la salute e la difesa in giudizio. Ma questo non li esonera dalle regole di mercato.

Così funziona in Europa.

D. Dal decreto Bersani in poi sembra che le professioni

siano molto cambiate. Oggi i dentisti quanto gli avvocati pubblicizzano i loro servizi.

Che cosa non va ancora?

R. Sono passati 26 mesi dall’inizio del nostro lavoro e questo non è un caso. In tutto questo tempo ci sono stati continui incontri con le categorie.

Abbiamo registrato importanti collaborazioni e sono cadute molte resistenze. Alcune delle

quali riguardano la pubblicità, anche se in certi casi il professionista deve chiedere una

preventiva autorizzazione. Il dato che ci preoccupa maggiormente è quello tariffario. Là

dove c’è un prezzo concordato, l’Autorità è obbligata a intervenire. Ci sono ordini che

hanno previsto una tariffa minima inderogabile per non ledere il decoro. E questo non va

bene. Una prestazione di alta qualità deve avere tariffe alte. Una prestazione di qualità più

bassa deve avere tariffe minori.
D. Ma gli ordini rivendicano sempre prestazioni di altissima qualità…

R. Guardi, siamo pieni di segnalazioni circa le tariffe alte a fronte di prestazioni minime. Le faccio un esempio: un cittadino si è visto recapitare una parcella di 1.500 euro per l’impugnazione di una multa da 300 euro. Queste sono segnalazioni della povera gente. Su questo fronte l’Antitrust è intenzionata ad andare avanti con l’apertura di istruttorie a carico di alcuni ordini nazionali e consigli territoriali.
D. Nelle conclusioni della vostra indagine chiedete l’istituzione di lauree abilitanti.

Servirebbe una modifica della Costituzione (l’articolo 33 sull’esame di stato). E

dunque un cammino legislativo molto più complesso della legge quadro che si

aspetta da quasi 15 anni…

R. L’esame di stato deve essere mantenuto all’interno del percorso accademico e non cancellato.
D. Con una riforma universitaria del genere, però, il ruolo degli ordini sarebbe fortemente ridimensionato…

R. Gli ordini hanno un ruolo garanzia. Bisogna capirsi: deontologia vuol dire qualità dei servizi, rispetto del consumatore, preparazione. Per fare questo occorrerebbe la presenza di soggetti terzi negli organi di governo.
D. Bersani a parte, per la politica la riforma non è mai stata una priorità per il paese. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Forse serve un pressing più forte sul governo?

R. Le professioni sono molto forti e ben rappresentate. Soprattutto abituate a difendersi in maniera abile. Oggi non è possibile pensare una riforma senza il loro consenso. Il messaggio che deve passare è che le liberalizzazioni non sono un modo per perdere dei privilegi, ma solo un meccanismo di apertura. Se le professioni daranno maggiore fiducia ai cambiamenti avranno in cambio una torta più grande da spartirsi. Perché se il cittadino è fiducioso nei confronti delle categorie aumenta la richiesta di prestazioni.
L'indagine in pillole:

Chi riguarda: Architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili. Che cosa emerge: Scarsa propensione delle categorie, sia pur con positive eccezioni, ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all'interno dei singoli comparti.

La liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione.

Che cosa chiede l'Antitrust: Un intervento del legislatore volto a emendare la legge Bersani, prevedendo: - l'abolizione delle tariffe minime o fisse; - l'abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini; - l'istituzione di lauree abilitanti; - lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio; - la presenza di soggetti «terzi» negli organi di governo degli ordini.


26/3/2009

La Stampa

Il presidente del Consiglio: con gli interventi in circolo 50 miliardi

Il premier: preferiremmo un decreto, ma stiamo lavorando con le Regioni

Al via questa mattina la prima riunione del tavolo tecnico-politico che da qui a martedì dovrà individuare le misure utili alla redazione del piano per il rilancio dell’edilizia e dell’economia. Misure che dovranno essere pienamente condivise dalle parti  e che dovranno rispettare le competenze di ciascun soggetto istituzionale.
Dopo l'altolà di ieri delle Regioni durante la riunione il Governo ha accolto la richiesta degli enti locali di rinunciare a presentare il provvedimento per l’edilizia sottoforma di decreto legge. Le parti hanno poi convenuto che fosse necessario mettere a punto una serie di iniziative per la velocizzazione dell’iter e la semplificazione amministrativa. In un secondo momento, dopo che il piano per l’edilizia sarà definito, Governo e autonomie locali metteranno mano ad un vero e proprio piano per la casa.
Sul piano casa tuttavia «non cambia nulla», dice Berlusconi. La norma «andrà avanti, stiamo solo discutendo sullo strumento, se dl o ddl». «Il progetto - ha aggiunto il premier - è nato da me pensando alle esigenze di tante famiglie italiane che abitano in una casa mono o bifamiliare, che si sono sviluppate perché hanno avuto figli o nipotini, e che avvertono l’esigenza di allargare la casa. Questo sappiamo quanto è difficile con la burocrazia italiana. L’idea è stata accolta con grande favore dalle famiglie italiane, e quelle che abitano in case mono o bifamiliari sono quasi il 50%. La norma andrà avanti, ci sarà questa possibilità».
Obiettivo del piano casa, ha aggiunto Berlusconi, è anche quello di far mettere agli italiani «nell’edilizia, che normalmente muove tante altre attività, dei soldi che adesso tengono come risparmi immobili in banca. Ogni camera e un servizio in più potrebbe essere una cifra di spesa di 50mila-70 mila euro, messe tutte insieme queste spese potrebbero portare a una immissione nel nostro Pil di oltre 50 miliardi di euro. Questo se soltanto il 10% ricorresse a questa possibilità». «Assicuro alle famiglie - ha concluso Berlusconi - che hanno pensato di poter allargare la propria casa che lo faranno e lo faranno subito». Poi Berlusconi rilancia: per varare il piano casa «noi preferiamo il decreto» ma «lavoriamo con le Regioni perché siano loro a tradurre l’intuizione in un legge regionale» e «si possa cominciare subito».

Noorda: patto tra designer per il metrò
Testata: Corriere della Sera
Data: 26-03-2009


Non se la ricordava così. Pareti verdi, rosse e bianche, mani di tempera una sull'altra, le linee architettoniche sverniciate, quasi perse. Bob Noorda ha visitato la stazione del metrò di Cadorna e non l'ha riconosciuta: «Quanta confusione». Era stato lui, designer olandese adottato da Milano, a firmare la grafica della linea 1, negli anni Sessanta. Martedì è stato riaccompagnato a Cadorna dai vertici Atm e la sua firma gli è sembrata falsa. Non a caso, ieri, il presidente Elio Catania ha annunciato l'avvio di «un tavolo di confronto con i designer e il Comune di Milano» per i nuovi restyling delle stazioni della metropolitana.

Si cambierà, ancora, ma senza stravolgimenti architettonici. Dopo le polemiche sulle ristrutturazioni a Loreto e Garibaldi e l'invito di Letizia Moratti a «rispettare» i disegni originali, ieri Catania ha tracciato la linea per il futuro: «Siamo aperti a suggerimenti per vedere se e quando intervenire per dare un'identità e un progetto al rinnovamento delle stazioni. Di certo abbiamo mantenuto e manterremo la grafica di Noorda». Per altro, ha precisato, il restyling di Garibaldi, con il nuovo Atm Point, è stato soprattutto «un'operazione di messa a norma di decoro, con una nuova illuminazione e segnaletica, costata meno di 3 milioni di euro». Insomma: il recupero di una stazione cadente, non un restyling stilistico.

Il metrò è un pezzo di storia dell'architettura. I marmi, i tubi rosso arancio, la gomma nera a bolli, gli orologi con il quadrante fuori scala e poi la versione tra il nero e il chiaro del carattere «grottesco» sulla segnaletica, invenzione di Noorda da Compasso d'oro. È tanto il valore, sotto Milano, che la Soprintendenza ha vincolato due stazioni, Amendola Fiera e Caiazzo, linee 1 e 2. Motivo: negli anni '60, «per la prima volta, il design compare a Milano per un servizio pubblico in modo unitario e completo». Così il soprintendente Alberto Artioli: «Il vincolo vuole stimolare la sensibilità e l'attenzione di Comune e Atm». Ora Atm chiamerà a raccolta i designer, architetto Artioli... «Bene, serve più attenzione. Più che le ruspe ci vuole consapevolezza».


la Repubblica

26-03-2009 Paola Coppola e Luca Iezzi


Le Regioni bloccano il piano-casa del governo. Salta il decreto e parte un tavolo tecnico con gli enti locali per riscrivere il provvedimento. Ma per Silvio Berlusconi non c'è nessuna frenata e sarà l'esecutivo a decidere. Lega e Pd: «Sulla spesa il governo prende in giro i Comuni». Poi il premier torna sulla questione lavoro: «Chi viene licenziato si trovi qualcosa da fare».


Senesi Andrea
Pagina 001.006
(27 marzo 2009) - Corriere della Sera
L' assessore di Palazzo Marino
Lo sfogo di Masseroli «Bloccano le mie delibere»
Masseroli accusa la segreteria generale «Blocca le mie delibere, ora basta»


«Qui nessuno costruisce più: c' è la crisi. E per cavilli burocratici voi continuate a tenermi bloccate le delibere. Sapete che c' è? Venite a scriverle voi, allora». Una sfuriata in grande stile, quella dell' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli (foto). Obiettivo la segreteria generale del Comune, «colpevole» di bloccare i provvedimenti che dovrebbero fa ripartire il motore della città. Quattro i provvedimenti congelati, stoppati dal niet della segreteria generale. Tutt' altro che trascurabili. Uno in particolare. Perché in ballo c' è la promenade del sabato pomeriggio, dello struscio tra i negozi d' abbigliamento e le vetrine dei cinema con i kolossal hollywoodiani. Corso Vittorio Emanuele, insomma. Lì l' assessore vuole (vorrebbe) mettere mano con una robusta riqualificazione. Partendo dai due cinema in largo Corsia dei Servi ormai abbandonati a se stessi: il Pasquirolo e il Mediolanum. «Trasformarli in locali non abitabili», recita la delibera in stand-by. E poi intervenire su tutta l' area circostante. Le due gallerie pedonali, per esempio. Dove si ritrovano i breakers, i ballerini hip-hop di recente bastonati di multe dai vigili milanesi. Riqualificare, la parola d' ordine: il passaggio - racconta la delibera - è in stato di degrado. Poi ci sono i pavimenti. Da rifare anche quelli, uniformandoli a quella degli altri spezzoni del corso. C' è di mezzo anche la Sovrintendenza. Che ha dato sì parere positivo alla piccola rivoluzione di largo Corsia dei Servi, a patto però di «eliminare i manufatti posizionati sotto il portico». Ma il contenuto delle delibere è un dettaglio. L' ira dell' assessore è tutta una questione di metodo, di principio. Non si può bloccare la città. «Altrimenti smetto anch' io di lavorare», ha minacciato Masseroli in un crescendo di toni. Lui, il segretario di Palazzo Marino, ha opposto una reazione timida timida. Più d' un collega annuiva, infatti, durante lo sfogo di Masseroli contro gli uffici un po' troppo occhiuti. La crisi val bene un cavillo un di forma. Andrea Senesi


Italia Oggi

Data: 27-03-2009

Autore: Ignazio Marino


Marina Calderone è il nuovo presidente del Cup (Comitato unitario professioni). Succede a Raffaele Sirica (architetti). L'elezione è avvenuta ieri all'unanimità dei 22 ordini presenti su 25. Comunicare i valori positivi delle professioni ordinistiche è la mission della nuova leader. Calderone, numero uno dei consulenti del lavoro, è intenzionata più che a mai a contrastare, insieme a tutte le altre categorie, l'approccio ideologico dell'Antitrust nei confronti del comparto. È solo qualche giorno fa l'indagine del garante che accusa gli ordini di scarsa propensione alla concorrenza (si veda ItaliaOggi del 24 marzo). Domanda. Presidente Calderone, la sua nomina arriva in un momento molto delicato. Prima l'indagine dell'Antitrust che vi da contro. Poi, la decisione del Tar Lazio (si veda ItaliaOggi di ieri) di respingere il ricorso commercialisti, ingegneri, periti industriali contro i decreti attuativi della direttiva qualifiche e il relativo riconoscimento delle associazioni. Cominciamo dall'Antitrust.

Risposta. Sicuramente è un approccio che non condividiamo. Le professioni intellettuali sono al fianco dei cittadini tutti i giorni. E questa concezione stride con la pura logica di mercato. All'interno del Cup voglio portare nuove energie e coltivare un progetto unitario e strategico in grado di comunicare all'esterno l'importanza degli ordini, soprattutto in un momento difficile per le famiglie come questo.


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