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Architettura dell’autosufficienza: una questione di metodo

Dal 17.10.2008 al 17.11.2008

Robert e Brenda Vale affascinano una nutrita platea riunitasi il 17 ottobre alla Triennale di Milano per una conferenza organizzata dall'Anab

L'incontro organizzato da Anab con i simpatici architetti inglesi oggi trasferiti in Nuova Zelanda - alla Victoria University di Wellington - si sviluppa in un crescendo di intensita', ripercorrendo le tappe della loro vita, privata e professionale.

Il loro operato si fonda su una riflessione che è rimasta invariata da oltre 30 anni: la necessità di raggiungere l’autosufficienza degli organismi edilizi.

La consapevolezza che stiamo vivendo al di sopra delle possibilità energetiche della terra, come possiamo evincere dal rapporto sull'ambiente redatto dall'Authority Australiana dell'ecologia e la prospettiva di progressivo impoverimento delle risorse, sono le molle che hanno indotto i coniugi Vale a studiare soluzioni alternative per la gestione del consumo energetico in architettura.

Il primo campo di applicazione di questi criteri progettuali diventa la loro abitazione, pioniera di molti altri progetti, e vero e proprio laboratorio di sperimentazione: era la fine degli anni ’80 e i Vale sposavano appieno, investendo in prima persona, la causa del risparmio energetico degli edifici.

Due sono i criteri progettuali di base:
un ottimo isolamento termico. Il tetto assume dimensioni consistenti: ai 30 cm di struttura si aggiunge uno strato isolante di pari dimensioni. Analoga anche la struttura dei muri perimetrali;
un corretto orientamento e la realizzazione di una veranda che favoriscono la produzione di energia da fonti rinnovabili garantendo la formazione di un microclima interno ottimale.

A questi criteri prettamente tecnici si accompagna lo stile di vita dei Vale, a basso impatto energetico, grazie anche all’autoproduzione di alimenti che scandisce i ritmi della loro quotidianità: con un comprensibile orgoglio ci raccontano che due ore di lavoro sono sufficienti a produrre fino al 75% del loro fabbisogno.

Nel 1993 Robert e Brenda, forti della loro esperienza personale, applicano le loro conoscenza al progetto di un complesso residenziale autosufficiente: la commessa è quella di Hockerton Housing, di cui pubblichiamo diverse immagini qui a lato e su cui e' dedicato il numero doppio 32-33 di “L’architettura naturale allegato”.

I fondamentali sono gli stessi con alcune evoluzioni:
orientamento secondo l’asse eliotermico, la veranda completamente vetrata esposta a sud che funge da collettore di calore e da sola riscalda gli ambienti adiacenti, la zona notte, opposta alla veranda, completamente interrata e rivestita da un manto erboso.
A questo si aggiungono due turbine eoliche e i pannelli fotovoltaici che completano l’autoproduzione dell’energia necessaria al sostentamento delle 5 abitazioni.

Due i sistemi di raccolta dell’acqua piovana: dalla veranda si recupera l’acqua potabile, dal tetto giardino contrapposto si recupera l’acqua necessaria a elettrodomestici, doccia, servizi.

Ingegnosa anche la soluzione per la raccolta delle acque di scarico, che ovviamente vengono recuperate: un sistema di cisterne e canalizzazioni interrato porta, filtrandole, le acque bianche e le acque nere in un bacino prospiciente le abitazioni, balneabile, che nel giro di pochi anni ha consentito la formazione di un nuovo ecosistema.

Il monitoraggio della temperatura interna del complesso abitativo durante i mesi invernali ha dimostrato che, a distanza di due anni dalla realizzazione (il tempo necessario al cemento per asciugare) la temperatura si è stabilizzata autonomamente sui 18°.

Avviandosi alla conclusione del piacevole incontro, Robert e Brenda spostano l’attenzione su quelle che considerano le priorità di oggi:

il controllo dei consumi di gestione degli edifici, che incidono più dei costi di costruzione e la priorità degli interventi sul costruito rispetto alle nuove costruzioni nell’intenzione di adeguare il patrimonio esistente ai criteri di autosufficienza e di risparmio energetico degli edifici.

Chiara Odorizzi e Susanna Conte

 

 

 


 

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