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Crepe sulla meraviglia di Gehry

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Lo Stata Center fa acqua. L'architetto: problemi risolvibili Corriere della Sera - NAZIONALE 2007-11-08 autore: Paolo Valentino

Quando lo avevano inaugurato, nel 2004, era stato acclamato come una delle nuove meraviglie dell'architettura moderna. Costato 300 milioni di dollari, appariva come l'ennesimo miracolo di leggerezza, innovazione e creatività, compiuto da Frank Gehry, dopo il Guggenheim Museum di Bilbao e la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. «Assomiglia a una coppia di robot ubriachi, che si incontrano per celebrare », aveva detto scherzando l'architetto nel presentarlo.
Sono passati appena tre anni, ma l'avveniristico Stata Center del Massachusetts Institute of Technology (Mit) è già molto male in arnese: massicce infiltrazioni d'acqua, vistose crepe, muffa in abbondanza sui mattoni della facciata. Né a molto sono serviti i quasi 2 milioni di dollari di riparazioni, già spesi dal prestigioso college del New England, per rifare completamente l'anfiteatro, la parte più danneggiata del complesso, che ospita anche laboratori, aule e uffici. Un mezzo disastro insomma, che ha spinto il Mit a far causa a Gehry e alla ditta appaltatrice, accusandoli di negligenza e rottura delle clausole del contratto, per aver commesso «gravi errori di progettazione e costruzione» e chiedendo loro i danni per una cifra non precisata.
Secondo la comparsa presentata dai legali dell'Università alla Suffolk County Superior di Boston, i problemi si manifestarono sin dai primi tempi, soprattutto d'inverno, quando neve e ghiaccio cominciarono a cadere pericolosamente dalle finestre e dai molti tetti a sbalzo, bloccando le uscite d'emergenza e danneggiando altre parti dell'edificio. Poi fu la volta della muffa e delle infiltrazioni.
Prova a difendersi l'architetto, che per lo Stata Center ebbe una parcella di 15 milioni di dollari: «Sono strutture complesse — dice al New York Times —, coinvolgono molte persone e non si può mai sapere dove qualcuno ha sbagliato. Un edificio è fatto di sette miliardi di pezzi di tessuto connettivo e le chance di metterli insieme senza passi falsi sono molto basse. In ogni caso, quelli dello Stata sono problemi minori e risolvibili». Gehry comunque punta il dito sui tagli ai costi di previsione, che il Mit impose per risparmiare: «Ci sono cose che furono lasciate fuori dal progetto, il cliente scelse di non realizzare alcuni accorgimenti sul tetto per ridurre la spesa». Ma contro di lui si schiera anche la ditta appaltatrice, la Beacon Shanska Construction Company, con sede nel New Jersey, che sostiene di aver a suo tempo messo in guardia dai problemi del progetto: «Chiedemmo formalmente a Gehry di modificare i piani dell'anfiteatro, creando un sistema di drenaggio, ma ci fu risposto di andare avanti con il design originale », dice Paul Hewkins, vicepresidente della Shanska, secondo il quale anche due ditte di consulenza, incaricate dal Mit, avevano subito individuato le insufficienze.
«Gehry si crede un artista, uno scultore, ma il problema è che non si vive e non si lavora in una scultura», commenta John Silber, ex rettore della Boston University e autore di un libro, «Architettura dell'assurdo: come il Genio ha sfigurato un'arte pratica », nel quale tra l'altro critica ferocemente il progetto dello Stata Center. Eppure, a Gehry giungono anche manifestazioni di solidarietà da parte di professori del Mit: «È una gioia lavorare in questo edificio — dice Rodney Brooks, docente di robotica — e so che molti la pensano come me. Abbiamo chiesto a Frank un centro che favorisse la comunicazione e ce lo ha dato».

Gehry si crede uno scultore, ma in una scultura non si lavora
È una gioia lavorare in questo edificio: lo pensiamo in molti «COPPIA DI ROBOT UBRIACHI»
Così Frank Gehry (nel tondo) definì scherzando lo Stata Center del Mit a Cambridge, Massachusetts, inaugurato nel 2004 (Afp)

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