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Settimana del 24 settembre 2007

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Sezione: arte - Pagina: 038
(24 settembre, 2007) Corriere della Sera
LE INIZIATIVE DEL CORRIERE. ARTNOW. CREATIVITÀ METROPOLITANA Un esempio a Milano, al Leoncavallo
Graffiti: i Basquiat di casa nostra
Dipingono in situazioni di emergenza. Per liberarsi della rabbia in corpo


Al Leoncavallo? Al Leoncavallo! Il nome evoca un luogo disordinato e difficile, occupato da giovani sempre e comunque disubbidienti (condizione naturale anche agli artisti), un centro sociale alternativo alle istituzioni. Per anni abbiamo sentito di scontri, tumulti, occupazioni e, conseguentemente, di delibere di sgombero, di sfratto, come se l' occupazione dovesse rappresentare un simbolo antagonista rispetto alla società borghese. Come, di fatto, è. Non ho mai pensato, quindi, di avere buone ragioni di andare al Leoncavallo, né per piacere né per provocazione. Sono andato lì, semplicemente, per prendere atto di una condizione estetica, stimolata da un episodio: l' inaugurazione della mostra di Jean-Michel Basquiat, maestro ammiratissimo e pacatissimo dei graffitisti, dedicatogli dalla Triennale di Milano. Una legittima irritazione e qualche ragione deve essere riconosciuta a chi si oppone al dilagare di scritture di puro sfogo sopra monumenti di interesse storico-artistico in quella grande città d' arte che è Milano negli esempi di architettura romana, romanica, gotica, rinascimentale, barocca, neoclassica e fascista che rischiano di essere deturpate dal graffitismo selvaggio, ma giustificabile sulle architetture alla stessa stregua che non lo sarebbe sulle pitture. Non si consentirebbe né a Basquiat, né a Keith Haring di produrre i loro vitalistici segni sopra il Cenacolo di Leonardo; e allo stesso modo non si può consentire che la liberazione della creatività si esprima in segni, anche esteticamente coerenti sopra marmi, archi e muri di edifici storici, sulle colonne di San Lorenzo, o sull' architettura del Piermarini alla Scala. Anche se ricordiamo che lo stesso Raffaello, a distanza di poco più di mezzo secolo, dipinse gli affreschi delle Stanze vaticane su precedenti e non consunti, ma semplicemente invecchiati, per il nuovo gusto, affreschi di Piero della Francesca. Tipologia più umiliante è, fra le altre, proprio quella che circonda con inesorabile incombenza l' area dell' attuale Leoncavallo. Sotto edifici di forma improbabile, lugubri e oscuri, vi sono le larghe strade su cui si affaccia il Centro sociale, via Antonio Watteau e via Gian Pietro Lucini. Il primo, fra i grandi maestri del ' 700 francese; il secondo, poeta dell' avanguardia futurista. Intorno alle targhe delle strade e sui muri circostanti vi è un incredibile fiorire di pitture di prorompente creatività, certamente ragguardevoli, perfettamente coerenti con lo spirito celebrato dalla mostra di Basquiat. Gli autori ne sono emuli e seguaci, talvolta con pari energia, e si muovono in spazi liberi su pareti grigie, nello spirito dei graffiti delle metropolitane americane e in quei sotterranei celebrati da Jack Kerouac nel libro che Basquiat, in una celebre fotografia, tiene fra le mani. È evidente, allora, che dalla tensione di una lotta con la società derivano queste espressioni liberatorie di creatività, le quali sono certamente favorite dalla condizione di emergenza, dall' essere nate in situazioni di conflitto. E anche dall' euforia dell' occupazione. L' arte contemporanea è anche questo. A noi tocca registrarla e riconoscerla dove essa si manifesta, e non come noi desideriamo, vogliamo o speriamo. Queste opere trovano nello scontro la ragione della loro forza, della loro originalità. E quando si parla di un Museo di arte contemporanea non si può pensare che esso sia un luogo della buona educazione, del decoro, della pulizia; asettico come un ospedale. Il Leoncavallo è il luogo della vita. E le cause che hanno scatenato la creatività su quei muri non devono interessarci più del risultato, che è soprattutto in evidente contrasto con la negazione della bellezza e la morte degli edifici circostanti. Se fra questi graffitisti, come è assai probabile, ci fossero artisti di futura affermazione, sarebbe grave cancellarne o eliminarne le origini del linguaggio. Questi muri vanno, quindi, tutelati. Essi sono, come l' opera di Rimbaud, il frutto di una trasgressione che produce vitalità, energia, creatività. Non ho valutato le pitture murali del Leoncavallo come critico d' arte, anche se potevo farlo. E non ho ritenuto necessario visitare le vie Gian Pietro Lucini e Antonio Watteau, valutando il fenomeno del graffitismo in una dimensione metropolitana e internazionale, attraverso le riproduzioni fotografiche o intercettazioni visive occasionali fra strade e metropolitane. Ho, invece, visitato il Leoncavallo da assessore alla Cultura di una città che chiede a gran voce spazi per l' arte contemporanea e che ha un' emergenza estetica, di immediata evidenza, su quei muri. Ecco perché ho ritenuto necessario conoscere quel luogo, il Leoncavallo, come le Torri di Kiefer e l' Hangar Bicocca, fenomeni di analoga rilevanza, uno in chiusura di secolo, l' altro in apertura di millennio; l' uno, prodotto dal disagio, culturale e sociale; l' altro, dal capitalismo nella sua fase evolutiva. Verso e per la cultura. Quello che nella città riguarda un assessore è ben più di quanto non riguarda un fenomeno, una tendenza artistica. Per essa sul piano delle scelte, il critico può anche non avere interessi ad assumere una posizione polemica. L' assessore non può, ovviamente, prescindere dalla legalità, ma non può interessarsi di fenomeni culturali soltanto perché «legali». Altrimenti non dovrebbe occuparsi di decine di autori: da Caravaggio a Pasolini, da De Sade a Rimbaud, da Artaud a Pound, da Genette a Céline. La cultura spesso confina con la trasgressione. Intanto, occorre riconoscerla; poi, valutarne il rapporto con la città e i suoi bisogni. Come critico, sono sempre stato molto severo con i fenomeni di creatività metropolitana. Ma, nel momento in cui il Comune, con la Triennale, celebra Basquiat, non posso evitare di considerare i Basquiat di casa nostra, talvolta non meno creativi e liberi: Kaone, Wany, Sea, Pao, Microbo, Ozmo, Airone, Atomo, Blu, Bros, Eron, anche perché hanno conquistato gli spazi per potersi esprimere che all' artista americano furono garantiti dal mercato. Noi difendiamo quello che si è agitato sui nostri muri. A Milano, in quel grande museo all' aperto che in questi anni è diventato il Leoncavallo. E ora alla Bovisa, con l' istituzionale committenza della Triennale.

Sgarbi Vittorio

La Repubblica
25-09-07, pagina 1, sezione MILANO
Per il futuro della città non bastano gli auspici
LUCA BELTRAMI GADOLA


Tra ospiti illustri, oggi nel tardo pomeriggio alla Triennale, Gianni Verga, l' ingegnere assessore alla casa del Comune di Milano, presenterà la sua ultima fatica letteraria. Non è nuovo a queste esperienze e ricordiamo Milano la città più città d' Italia o Come avere cura della città. Quest' ultima fatica invece ha il titolo Milanesità. Quando la libertà cresce con le regole giuste. Il mio contributo allo sviluppo del territorio di Milano e cade in un momento particolare del dibattito sull' urbanistica milanese, a ridosso della discussione sul Piano di governo del territorio. Il libro non è solo il resoconto della sua lunghissima carriera politica, tutta passata all' insegna dei problemi del territorio e della casa, ma anche il suo messaggio per il futuro del territorio milanese. Gianni Verga non è stato solo uomo di lettere o di teoria, ma anche l' artefice di una legge che porta il suo nome: la legge regionale n° 22 del 1986, certamente di tutta la sua carriera la cosa più importante e che lasciò i maggiori segni sul territorio. La legge aveva per oggetto la promozione di edilizia residenziale sovvenzionata, agevolata e convenzionata tra pubblico e privato, e anche una finalità di ricupero urbanistico. Furono presentati 800 programmi, molti accettati, altri respinti, ma alla fine si avviò la costruzione di 22mila alloggi con un investimento, allora, di 2.530 miliardi di lire. Fu l' ultimo grande intervento pilotato dalla mano pubblica. Da allora solo vagiti. SEGUE A PAGINA VI Curiosamente proprio l' artefice di quella legge oggi sembra dimenticarsene. In un' intervista rilasciata in Argentina nel 2005, in occasione della Biennale internazionale d' architettura di Buenos Aires, disse: «Sono stati anni bui, dalla fine degli anni 70 alla fine dei ' 90, adesso con la Giunta a guida Albertini abbiamo aperto tanti cantieri... ». La sua legge era proprio di quegli anni, non bui per l' edilizia, quell' edilizia della quale oggi sentiamo il bisogno più urgente, bui forse per le ambizioni un po' provinciali del sindaco Albertini. In ogni caso è quel Verga che ci piace ricordare, oggi forse costretto in un ambito troppo angusto. Per quel poco che si sa, il suo ultimo libro sembra ancora calato nella cultura urbanistica che non riesce a rinnovarsi, continuamente dibattuta tra amarcord, estetismi e intenti liberistici dalle supposte virtù taumaturgiche. Oggi dall' urbanistica ci aspetteremmo ben altro: una conoscenza profonda della realtà urbana e civica, un' analisi della storia recente che dia le vere ragioni del calo degli abitanti e ne spieghi gli effetti contraddittori. Vorremmo che, prospettando l' avvenire della città, si parlasse di fatti e non solo di auspici e si supportassero le affermazioni con ragionamenti convincenti, frutto di analisi passate al vaglio della fattibilità. Non vorremmo dover mutuare il detto di Clemanceau caro a Churchill, dicendo: «La città è una cosa troppo seria per lasciarla fare agli urbanisti». Non dimentichiamo che le famiglie lombarde hanno debiti per la casa per 5,7 miliardi di euro, un quarto di tutta l' Italia. Quanto di questa cifra ha finanziato il caro casa? Quanto graverà sulle famiglie il caro mutuo? Questo rincaro quanto sottrarrà ai consumi? L' urbanistica non è solo "forma urbis"


Sezione: varie - Pagina: 001
(28 settembre, 2007) Corriere della Sera
Incontro tra Comune e Comitati. Polemici i residenti: traffico e rumore, servono nuove regole
Navigli, pronta l' isola pedonale. «Blocco soft di domenica»


Un' isola pedonale soft. Ogni domenica, dalle 8 alle 20. Navigli chiusi al traffico e ricchi di eventi, concerti, mostre. Il progetto è stato presentato ieri dalle associazioni dei commercianti in Consiglio di zona 6. Osserva l' assessore Edoardo Croci: «Se c' è l' accordo di tutti, si può partire anche subito». Ma alcuni comitati di residenti attaccano: «Qui è il caos per parcheggi e traffico. Servono nuove regole». Comitati contro. Gruppi di abitanti sfidano altri abitanti. Chi è favorevole e chi contrario all' autosilo in Darsena. Croci ha raccolto le proteste per la Ztl: «I pilomat non funzionano, metteremo le telecamere». L' obiettivo è l' isola pedonale in tutta l' area. A pagina 5 Stella

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