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Settimana del 17 settembre 2007

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

La Repubblica 18-09-07, pagina 15, sezione MILANO Lambrate Village/Giovani artisti in mostra nella vecchia Innocenti. è un nuovo capitolo della riconversione. Ne parliamo col regista Dalle fabbriche alla cultura 'Così trasformo il quartiere'

BARBARA CASAVECCHIA L' anno scorso, per festeggiare l' avvio della stagione dell' arte contemporanea, qui si era tenuta una tre giorni di performance, video, installazioni, disseminati tra le vecchie officine Innocenti; le stesse dove una volta si fabbricava la Lambretta -fiore all' occhiello del Made in Lambrate, così battezzata nel '47 in onore del paese e del suo fiume, il Lambro, che scorre giusto a fianco. Quest' anno, allo Spazio Lambretto si replica la stessa formula-lampo, dal 20 al 23 settembre, ma i lavori dei giovani artisti invitati da Marco Tagliafierro a realizzare interventi su misura (Barletta, Black, Carradori, Ceresoli, Collier, Frank, Gobbetto, Gonzato, Manto, Monk, Kiaer, Ots, Wolfson, più Lisi Raskin, autrice di uno spettacolare "bunker" sghembo, Stutzpunkt) saranno riuniti in un capannone da 1000 mq, l' unico rimasto in piedi dopo l' intervento delle ruspe. Da qui il titolo della mostra: "What remains", cioè "Quel che resta". Una domanda pertinente per questa fetta di città, in rapida mutazione dal 2000, quando le strutture della ex-Faema in via Ventura n. 3, 5 e 15,dove un tempo si fabbricavano le macchinette per il caffè, hanno iniziato a riconvertirsi in "distretto creativo" (ora dotato anche di un sito web, www.Venturabroadcast.com), occupato da case editrici, loft, librerie e gallerie d' arte, studi d' architettura, agenzie di pubblicità, una radio. Al puzzle, in seguito, si è aggiunto il vicino complesso di via Massimiano n. 25 (dovrebbe essere pronta per fine 2008 la facciata "molle" in maglia d' acciaio dell' artista e architetto newyorkese Vito Acconci), con altre gallerie e spazi residenziali; a dicembre, sarà la volta di nuovi spazi espositivi, tra arte e design, costruiti al posto dell' adiacente ex-concessionaria di automobili Hyundai. Ne discutiamo con lo stratega dell' operazione immobiliare, l' architetto, imprenditore e collezionista milanese Mariano Pichler. Finita la mostra, anche lo Spazio Lambretto sarà abbattuto? «No, resterà al suo posto e diventerà una piccola kunsthalle cittadina, Lambretto Project, pronta ad accogliere giovani curatori con idee attuali. In situ tra un paio di mesi sorgerà Brainport, un palazzo di quattro piani per attività legate alla creatività: studi di architettura, avvocati, piccole aziende. Un progetto di co-working, con spazi individuali di lavoro dai 70 mq in su, e altri condivisi, come mensa, sala riunioni, area fitness, affidati a un gestore esterno per l' organizzazione». Sta cercando di trasformare Lambrate in una versione meneghina di Chelsea? «Lambrate sta tornando alla sua vecchia vocazione produttiva: solo che non ci sono più tute blu, ma bianche. Le vecchie fabbriche hanno chiuso o stanno traslocando fuori città perché hanno esigenze logistiche diverse. C' è una rigenerazione delle attività in direzione del terziario avanzato. Quello che abbiamo cercato di fare è rendere contemporaneo un pezzo di città, puntando sulla specificità del lavoro che vi è svolto». Non era l' idea iniziale della Fabbrica del Vapore? «Sì, ma in quel caso il Comune ha perso un tram. Ora sta lentamente recuperando e credo che i lavori stiano per partire. Ma dopo dieci anni di attesa, dello spirito di un progetto non resta molto...». E della pianificazione urbanistica, cosa pensa che resti? «Purtroppo in Italia è lasciata alla volontà di chi passa per strada, senza un pensiero che possa incidere sulla città in modo determinante. Però ultimamente -e la cosa mi ha un po' stupito -c' è stato un interessamento positivo da parte dell' assessorato all' urbanistica, teso a comprendere come si sia sviluppata la nostra esperienza». Una strategia a tavolino, la sua? «E' stata un' espansione graduale, diretta. Coerente è invece il tentativo di mantenere i segni dell' identità di questo luogo, di non spianare, ma integrare. In via Massimiano c' è una residenza per anziani; ecco, negli anni '90, la riconversione spesso è andata solo in quella direzione. Noi abbiamo preferito una formula più attiva». L' architettura e l' arte contemporanea funzionano come traino? «Direi che hanno funzionato e, nonostante Milano abbia ritmi più lenti di altre città, i risultati hanno superato gli obiettivi. Via Ventura dà un segno di possibilità, ha smosso anche la microeconomia locale. Via Conte Rosso sta cambiando da sola, con nuovi negozi, modernariato, piccoli ristoranti. Lambretto continua questo trend, assemblando attività legate alla qualità del design, che poi era la forza di questo piccolo distretto industriale». «What remains», a cura di Marco Tagliafierro, via Arrighi 19, Lambrate. Inaugurazione: giovedì 20 settembre ore 19-23. Dal 21 al 23, ore 13-22.

Sezione: arte architettura -Pagina: 014 (18 settembre, 2007) Corriere della Sera Il presidente francese ha invitato i più grandi architetti del mondo nella sua residenza ufficiale. «Per lui la scelta di buoni progetti non è una questione di destra o sinistra»

Fuksas il «rosso» alla corte di Sarkozy «Non gli piace l' Eliseo e adora la piramide di Mitterrand» ROMA -Ha capovolto il luogo comune del presidente francese caro alla destra che ama la Grandeur: «Ci ha confessato di detestare l' Eliseo: "Taglia fuori il popolo", ha detto, adora solo i giardini. Invece ha indicato la Piramide del Louvre di Ieoh Ming Pei e voluta da François Mitterrand come un esempio di coraggio. Non ha mai citato Chirac, ha elogiato un presidente socialista...». L' architetto e urbanista Massimiliano Fuksas, un cuore che batte dal 1968 a sinistra e da tempo palpita in area Rifondazione, è appena uscito da una sorprendente colazione all' Eliseo su invito di Nicolas Sarkozy. Unico ospite italiano di una ristrettissima lista di star internazionali: Jean Nouvel, Rem Koolhas, Norman Foster, Richard Rogers, Jacques Herzog, Zaha Hadid, Christian de Portzamparc e Thom Mayne. Le intelligenze che stanno modificando il volto di mezzo pianeta. Cosa voleva da voi Sarkozy? «Discutere del futuro di Parigi. Di qualità della vita legata all' architettura». C' erano il ministro della cultura, Christine Albanel, e il consigliere per gli affari culturali, Georges-Marc Benamou, già stretto collaboratore proprio di Mitterrand. Argomento forte, le città: «Per lui un equilibrato rapporto tra centro e periferia, la scelta di una buona architettura non è una questione di destra né di sinistra ma della contemporaneità, della felicità o infelicità collettiva. "La produzione di cattiva architettura è uno degli indicatori di una società che funziona male", ci ha detto. Ha insistito sullo squilibrio tra la Parigi da due milioni di abitanti, che comunica una grandiosa immagine nel mondo, e l' Ile de France, appesantita da una fama disastrosa con i suoi dieci milioni che quasi premono sul mito-Parigi». Insomma, racconta Fuksas, Sarkozy uomo della destra moderna sa quanto sia urgente inserire elementi di positività nelle aree meno centrali per evitare quei disastri sociali che scuotono gran parte delle capitali occidentali. «Gli ho parlato della governance dell' Ile de France. Impossibile decidere, se c' è una flotta di sindaci dall' altra parte del tavolo». Dopo la riunione durata quasi tre ore a pranzo un' indicazione concreta per il futuro: «Ha incaricato il ministero della Cultura di indicare una decina di aree "difficili" sulle quali immaginare altrettanti progetti. Su quel terreno potremo discutere nel concreto. Mi ha stupito la grande fiducia nella politica che può modificare la realtà. Anzi, ha detto "il mondo". Un politico atipico. Ieri ha inaugurato con entusiasmo la mostra sui progetti di architettura contemporanea a la Cité de l' architecture e du patrimoine al Palais de Chaillot. Cinquemila metri quadrati di esposizione, una meraviglia». Gli architetti e il presidente hanno parlato anche di istruzione: «Per lui scuola e architettura sono i due nodi-chiave. Ci ha raccontato di aver inviato una lunghissima lettera a tutti gli insegnanti di Francia: "Per colpa di queste specializzazioni, sforniamo matematici che scrivono lettere piene di sfondoni linguistici e letterati incapaci di risolvere una divisione"». Che tipo umano è, secondo lei, Sarkozy? «Non è un tecnocrate. Non mi pare un populista. Non è nemmeno un "uomo di destra" come lo immaginiamo in Italia. Quanto di più lontano da Berlusconi, per capirci. Abbiamo mangiato magnificamente: ventresca di tonno in salsa, un eccellente arrosto, mousse di vaniglia in crosta. Un meraviglioso vino rosso, un Haut-Médoc. Uno straordinario champagne Gosset millesimato. Eppure ha resistito, non ha bevuto, ha mangiato pochissimo. Ha ceduto solo a una fila di tartine al caviale, all' aperitivo». Ma oltre all' urbanistica e all' architettura di cosa avete discusso? «Di tempo. Per lui solo chi non vuole cambiare, chi frena il cambiamento ignora la nozione di tempo. Chi intende agire è obbligato a farci i conti, dice. Mi sembra un uomo inseguito dall' ansia di fare e, come ogni uomo consapevole, anche dalla prospettiva della fine, della morte». Fuksas sospira: «Ho provato a immaginare una discussione del genere in Italia magari con Berlusconi, Fassino, lo stesso Bertinotti. Siamo lontani anni luce. Ho pensato alla noia dei discorsi di Prodi. Non so cosa avrei fatto per comprare lì, sul posto, un paio di consiglieri di Sarkozy e regalarli all' Italia...» * * * A pranzo con Nicolas ESPERTI Il presidente francese Nicolas Sarkozy (foto in alto) ha invitato a pranzo all' Eliseo i migliori architetti del mondo, come Rem Koolhas, Norman Foster, Richard Rogers e Jacques Herzog. Unico ospite italiano: Massimiliano Fuksas (foto sopra) VISIONE Ai suoi ospiti, Sarkozy ha chiesto consigli per ripensare la struttura di Parigi e il rapporto tra centro e periferia Conti Paolo

Sezione: urbanistica -Pagina: 002 (18 settembre, 2007) Corriere della Sera Bloccato il progetto Garibaldi-Repubblica. Milly Moratti: un' alternativa è possibile

Rinviato lo sgombero della Stecca Masseroli: pressioni dal governo L' assessore all' Urbanistica: favori alla sede del Prc occupata abusivamente «È una vergogna». L' assessore comunale all' Urbanistica, Carlo Masseroli, è stato informato in extremis del fatto che sarebbe stato rinviato l' atteso sgombero alla Stecca. Un paio di telefonate del prefetto al sindaco Moratti (che aveva cercato di sbloccare la situazione scrivendo direttamente al prefetto e sollecitando lo sgombero dell' area occupata) e allo stesso Masseroli, la voce insistente secondo cui ci sarebbe stato «un intervento da Roma» per bloccare l' intervento di repulisti. E, insomma, ieri mattina non si sono viste in via Confalonieri le ruspe che, secondo gli accordi precedenti, avrebbero potuto riprendere il loro lavoro a sgombero eseguito. Un nuovo accordo, come è stato spiegato dal prefetto, prevede invece che l' area sarà liberata il 5 ottobre prossimo: a quel punto, a meno di nuovi colpi di scena, l' ultimo pezzo della Stecca sarà demolito. «È una vergogna», si inalbera Masseroli. E insiste: «Abbiamo un partito che a livello nazionale è forza di governo e a livello locale si permette di occupare abusivamente locali non suoi». L' allusione è al caso di Rifondazione Comunista, i cui rappresentanti stanno arroccati nei locali di via Confalonieri, sede di Prc finita nel mezzo del piano di Garibaldi-Repubblica. Ancora Masseroli: «Non pagano l' affitto da anni e hanno rifiutato la proposta di collocazione alternativa che il Comune ha offerto loro. E poi sbandierano la storia della Stecca degli Artigiani: ma quali artigiani? Ma dove li vedono?». Per questo, Masseroli si appella nientemeno che al presidente della Camera, Fausto Bertinotti: «Mi auguro che un politico chiamato ad assumere un ruolo istituzionale di quel livello, si renda conto del danno che il suo partito sta facendo alla nostra città». Un danno? «Nel momento in cui -spiega l' assessore -la cocciutaggine di poche persone tiene bloccato un progetto di riqualificazione discusso per anni e approvato democraticamente, la città perde di attrattiva. Perché i costruttori imparano da questa vicenda che a Milano non c' è certezza nei tempi e nei costi degli interventi urbanistici». Masseroli, come già fatto quando pareva che si sarebbero bloccati i lavori nei pressi della portineria della ex Alfa Romeo, invoca il tema dello sviluppo: «Fermare le ruspe alla Stecca significa fermare lo sviluppo della città. Anche di questo, Rifondazione deve assumersi la responsabilità». Nel frattempo, la consigliera comunale Milly Moratti continua a propagandare il progetto alternativo sostenuto dalla sua associazione ChiamaMilano: l' idea di un Parco possibile che prevede più aree verdi e un parco continuo da Piazza Repubblica a via Restelli. *** IL RINVIO La prima parte della Stecca degli Artigiani era stata abbattuta il 17 aprile. Rinviata ieri la demolizione del blocco che ospita la sede del Prc, tra le proteste dell' assessore Masseroli (nella foto) IL PIANO Il piano di riqualificazione Isola Lunetta, promosso dal gruppo Hines, prevede edifici residenziali, giardini su circa 18 mila metri quadrati, oltre 400 nuovi alberi, e tre luoghi d' incontroUna ruspa in azione nelle vicinanze della Stecca, nel quartiere Isola I lavori sono stati bloccati *** La scheda Soglio Elisabetta

La Repubblica 19-09-07, pagina 7, sezione ROMA Via al bando d' invito alle imprese interessate all' acquisto. Un' operazione immobiliare da 90 milioni In vendita l' ex Fiera alla Colombo case, verde e la 'Città dei bambini'

Venerdì scatta l' avviso pubblico, sette ettari da 'ricostruire'. Ma è già polemica sui metri cubi SIMONA CASALINI Una "Città dei bambini", un' area parco attenta al biologico e nuove case per il mercato privato. Un' operazione che ai proponenti dovrà fruttare almeno 90 milioni di euro e che cambierà, una volta realizzata, il volto di un intero quadrante di città. Si parla delle aree della ex Fiera di Roma sulla Colombo, quei capannoni un po' caotici che per anni hanno ospitato mostre-mercato, rassegne, prime spose e Natali Oggi, e che ora, con la realizzazione del nuovo Polo fieristico sulla Roma-Fiumicino, la Camera di Commercio, principale azionista dell' ente, punta a valorizzare con l' apporto di capitali interamente privati. Come? Vendendola in toto, terreno e cubature, a un' impresa privata che ancora deve essere scelta e che dovrà realizzare in parte aree e spazi di uso pubblico ma anche, e qui arriva la convenienza per i privati, nuovi spazi residenziali. Un mix sul cui equilibrio si fonderà la correttezza e, insieme, l' appetibilità dell' affare. Venerdì prossimo i tecnici della ex Fiera, affiancati dagli esperti della banca d' affari Lazard, pubblicheranno il bando per avviare una pre-selezione delle imprese che potranno poi concorrere a realizzare questa "idea progettuale" pubblicoprivata. Verrà chiesto pubblicamente a imprese italiane e estere di presentare la loro "manifestazione d' interesse" e, al più tardi tra aprile e maggio, verrà scelta l' offerta più conveniente, l' impresa più affidabile. Un passo indietro. La ex Fiera di Roma, sette ettari al fianco della Colombo, è ormai dismessa da mesi, ed di proprietà di una spa controllata al 48% dalla Camera di Commercio, dal Comune al 27% e dalla Regione Lazio e la sua controllata Sviluppo Lazio al 24 %. Ha come direttore generale Vincenzo Alfonsi. L' attività fieristica di fatto è stata sospesa in contemporanea con l' avvio della nuova Fiera alla Magliana realizzata dallo studio d' architettura Valle. Da tempo si ragionava come trasformare quegli spazi ormai vuoti e non più di tre anni fa sembrava cosa fatta il trasferimento in quelle aree di nuovi uffici della Regione Lazio, spazi per la burocrazia politica senza di fatto alcun uso veramente pubblico della grande struttura. Adesso, però, è prevalsa una correzione di rotta. E i soldi che saranno incassati dalla vendita, finanzieranno la fase due della nuova Fiera, altri 8 nuovi padiglioni per completare la nuova grande struttura alla Magliana. Ma cosa sorgerà nel dettaglio al posto dei capannoni sulla Colombo? Il mix è deciso, con ampia enfasi soprattutto alla parte della cosiddetta nuova "Città dei bambini" ma anche al parco pubblico con particolare attenzione al bio. Meno definito, viceversa, l' impatto dei nuovi edifici residenziali e il Wwf, prima ancora di vedere i progetti, già punta il dito contro nuove colate di cemento. Su questo punto però appare chiara, almeno sulla carta, la linea di Andrea Catarci, presidente del municipio XI. «Su come cambierà la ex Fiera di Roma abbiamo già fatto una grande assemblea pubblica con i cittadini, e abbiamo avviato quattro diversi workshop pubblici per consolidare una "progettazione partecipata". Gli sos degli ambientalisti? Li abbiamo ascoltati, approvando in municipio un documento che impone che nell' area della ex Fiera, in ogni caso, non ci dovrà essere nessun aumento della cubatura esistente, che la struttura dovrà autoprodurre l' energia elettrica e dovrà essere realizzata con materiali ecosostenibili». Così Catarci. Ma non è tutto così semplice e stabilito. C' è, ad esempio, in corso un contenzioso tra l' Ente Fiera e l' assessorato all' Urbanistica da una parte, e le associazioni ambientaliste dall' altra. Portando a prova due diversi documenti, Fiera e Comune quantificano le cubature esistenti in 288 mila metri cubi, mentre il Wwf cita con altrettanta certezza che le cubature attuali sono non più di 220 mila. E qui la partita si fa più delicata.

Sezione: enti locali comuni -Pagina: 031 (19 settembre, 2007) Corriere della Sera Cresce il fronte del no. «Con questi lavori il borgo ligure sarà trasformato in un parcheggio per yacht»

Da Renzo Piano alla Archinto «Salviamo Santa Margherita» L' architetto guida la rivolta contro il nuovo porto: Burlando ripensaci SANTA MARGHERITA -Una lettera di poche righe che si chiude con una firma vergata con l' inconfondibile pennarello verde smeraldo: Renzo Piano. L' architetto genovese ha scritto al presidente della Regione Liguria, il diessino Claudio Burlando, per chiedergli di riesaminare il progetto del porto di Santa Margherita. Un progetto che, scrive Piano, «è un autentico stravolgimento anche se motivato dalla sicurezza. Sono certo che esista una soluzione che risolva la sicurezza e non tradisca l' anima del luogo, trasformandolo in un' ennesima marina senz' anima. Credo che sarebbe opportuno da parte tua un attento esame della questione. Ci sentiamo presto». L' architetto ha scritto anche al direttore dell' urbanistica ligure, Franco Lorenzani, parlando di un intervento «profondamente inopportuno» e al sindaco di Santa Margherita, Claudio Marsano, ricordando di essere un frequentatore del porto di «Santa» da cinquant' anni (con barca). A tutti chiede uno stop dopo che il 27 luglio la giunta regionale ha dato il suo ok al progetto già approvato dal Comune del Tigullio. Il disegno del nuovo porticciolo dice Piano nelle sue lettere, è «una fotocopia» di mille altri posti identici e trasforma «un naturale piano d' acqua in un parcheggio per barche». Alla sua voce si sono unite quelle di Rosellina Archinto, Renato Mannheimer, Gad Lerner e Umberta Barletti, Luigi Brioschi, che hanno sottoscritto un altro, lungo, appello. Più riservata della vetrina sempre illuminata di Portofino, Santa Margherita è meta di tenaci e schivi frequentatori, non è raro vedere ancorati nella sua marina gli yacht della famiglia dell' oncologo Veronesi, dei Lavazza o dei Citterio, fra gli ultimi arrivi la barca del designer Giugiaro che ha da poco comprato casa a Portofino. Il presidente Burlando ha letto la missiva di Piano venerdì. «Su questo progetto -dice -abbiamo sempre avuto grande attenzione. È necessario per mettere in sicurezza l' approdo e l' intervento iniziale è già stato modificato e ridotto, la diga di sottoflutto è stata abbassata di venti centimetri. I nostri uffici tecnici dicono che quello approvato è l' intervento minimo possibile. Comunque, posso assicurare che torneremo a occuparci della questione, anzi mi sono già mosso». Ma le barche, è sottinteso, in caso di mareggiata non possono finire sul lungomare come è successo sette anni fa. Un caso eccezionale, ribattono gli aderenti all' associazione «Tuteliamo Santa Margherita» che conduce la battaglia anti-nuovo porticciolo. «Non è necessaria -dice Francesco Maria Ortona -una diga di sottoflutto lunga centosettanta metri e profonda un metro e ottanta. È una soluzione vecchia che fa più danni di quanti problemi risolva». Al di là dei tecnicismi la grande diatriba consiste nella trasformazione del porto come è adesso, uno specchio naturale dove le barche restituiscono il colpo d' occhio di un acquarello marinaro dell' Ottocento, in una ordinata marina con i suoi bravi pennelli paralleli. Un parcheggio per barche, secondo Piano. Che ha una buona parola per il firmatario, l' architetto Carlo Berio: «Lo conosco e so che è disponibile». Berio conferma ma, a questo punto, la palla è passata agli amministratori. Il sindaco di Santa Margherita è tranchant: «Il progetto c' è e non faccio spendere al Comune una lira di più per farne un altro». Intanto «Tuteliamo Santa Margherita» ha tappezzato la cittadina di manifesti con la foto del porticciolo come sarà. Ma chi dovrebbe costruire l' opera? E dove sono i soldi (più o meno quindici milioni di euro)? Per il momento non ci sono. Il Comune ha già costituito una società, la Santa Margherita srl, che in prospettiva dovrà gestire il porticciolo e anche la splendida Villa Durazzo. Alla società sarebbe interessato Davide Viziano, costruttore genovese cui si deve la realizzazione di quasi tutti i parcheggi di Genova. Tutto alla luce del sole, ma rimangono i dubbi sollevati da un architetto del calibro di Piano sull' opportunità della colata di cemento in un angolo di mare unico. Dellacasa Erika

La Repubblica 19-09-07, pagina 29, sezione COMMENTI IDEE LETTERE & COMMENTI Architetti, tocca a voi rifare il mondo

* L' architettura è l' identità di un Paese Mi impegnerò appieno nella missione di restituire a questo mestiere la possibilità di essere audace NICOLAS SARKOZY

Voglio porre l' architettura al centro delle nostre scelte politiche. L' architettura ha un ruolo primario nel destino individuale e collettivo degli uomini: non solo lo traduce e lo interpreta, ma lo condiziona. L' architettura disegna le nostre mura, le nostre finestre, definisce il nostro ambiente di vita, orienta i nostri spostamenti, modifica i nostri rapporti con lo spazio e con gli altri. Con l' architettura, diceva Paul Valery, "noi stiamo, ci muoviamo, viviamo nell' opera dell' uomo". E' il contatto più immediato dei cittadini con l' arte, con la storia, con la creatività. Questa Città rappresenta in verità il nostro Paese intero, il territorio dei nostri valori, dei nostri riferimenti, delle nostre speranze -in una parola, il luogo della nostra identità. Un' identità che affonda le sue radici nelle nostre regioni, e al tempo stesso si esprime nell' universalità di una cultura aperta al mondo, magnificamente riassunta nell' opera dell' architetto sino-americano venuto a costruire una piramide nel cuore stesso del Louvre. L' identità non è sinonimo di chiusura. Questa società esiste e si perpetua grazie al cemento e ai legami della cultura, e il patrimonio culturale ne è l' illustrazione più visibile e durevole. La nostra epoca è caratterizzata dal trionfo della scienza e della tecnologia, ma al di là degli straordinari universi virtuali creati dall' informatica, rischiamo sempre più di perdere la nozione delle tracce che lasceremo nella storia. Non sono favorevole a una concezione utilitaristica della cultura. Non credo che la cultura sia una semplice merce. Il teatro, la musica, il patrimonio culturale, l' architettura, il cinema, l' arte e gli artisti vanno sostenuti per ciò che sono in sé, per quanto ci danno sul piano dei significati, della speranza, o anche semplicemente del piacere. La cultura non è un' aggiunta, un "supplemento d' anima", è l' anima stessa della civiltà. La dimensione spirituale non è separabile da quella materiale. L' arte, la cultura, l' architettura sono parte integrante delle condizioni di spirito della società; esprimono la sua visione del mondo, il posto che riserva all' uomo. E ciò è particolarmente vero per l' architettura, che si colloca al crocevia di tutte le tecniche, di tutti i saperi, di tutte le credenze, nel cuore stesso del rapporto col tempo e con lo spazio, dell' immaginario che unisce, o che dovrebbe unire i membri di una stessa comunità umana. E' testimonianza di un passato comune e di una proiezione verso il futuro. E una politica dell' architettura, come ogni altra politica culturale, deve tener conto allo stesso modo delle due facce del problema: il patrimonio culturale e la creatività. Potremmo dissertare a lungo sul ruolo filosofico dell' architetto, ma è mia intenzione parlare di politica. Perché l' architettura è anche politica, e anzi si colloca al crocevia delle politiche culturali, economiche, urbanistiche, abitative, ambientali ~ E' questo il motivo per cui, nel momento stesso in cui i valori collettivi sono minacciati e la competizione mondiale tra i territori giunge al suo culmine, io vorrei dare alla politica dell' architettura del nostro Paese una nuova ambizione, un nuovo afflato creativo. Ecco ciò che vorrei dire agli architetti di oggi: voi avete una sfida fantastica da raccogliere: quella di sviluppare la vostra creatività in un universo stretto da vincoli economici, portato dalla sua inclinazione naturale a normalizzarsi, a formattarsi, a seguire sempre il principio di precauzione. Se questo principio fosse stato applicato all' architettura, alcune meraviglie non avrebbero potuto nascere. Naturalmente non ho nulla contro il principio di precauzione. Mi limito a constatare un fatto. Cosa distingue oggi la maggior parte dei grattacieli di Shangai da quelli di Sao Paulo, di Città del Messico o di Singapore? Qual' è la differenza tra i quartieri di villette delle periferie di Parigi e quelli di Lione, di Bordeaux o di Marsiglia? Come preservare le identità nazionali e regionali, quando la pressione demografica impone di trovare soluzioni che ovviamente devono essere rapide ed economiche? Come resistere all' appello di chi propone edifici standard da scegliere in base a un catalogo, a prezzi imbattibili -una sorta di "prêt à habiter" con eventuale giardinetto come optional? La ricerca della bellezza architettonica è una sfida al più alto grado culturale e umanistico. In passato, spesso l' inferno delle città era lastricato con le migliori intenzioni. Si può rammaricarsi ad esempio degli eccessi del "funzionalismo", sinonimo di frammentazione degli spazi in zone abitative e produttive ~ E quest' ideologia si ravvisa tuttora nel modo in cui vengono concepiti i documenti urbanistici. Io mi auguro dunque che le regole edilizie e urbanistiche lascino più ampi margini alla scelta dei mezzi per conseguire gli obiettivi: siamo arrivati a un limite massimo in fatto di vincoli, ma in questo modo si finirà per soffocare ogni creatività, ogni possibilità innovativa. È venuto il momento di tornare a un' architettura umana, sensibile, creativa, attenta alle caratteristiche di ciascun territorio, alle abitudini di vita delle popolazioni, alle particolarità del clima e dei paesaggi naturali~ A un' architettura che parta dall' analisi del reale per inserirvi una forma, invece di calare sulla realtà uno schema prestabilito. Il progetto di Jean Nouvel per la Philharmonie de Paris ne costituisce un esempio nuovo e vibrante, e io farò di tutto perché questo piano possa andare in porto. Per quanto riguarda la regione parigina, vorrei proporre, al di là delle nostre differenze d' opinione, una riflessione su un assetto globale della Grande Parigi. Mi corre l' obbligo di portare avanti quest' idea, anche se naturalmente non voglio contestare la responsabilità dei sindaci -sono stato anch' io sindaco per vent' anni. Ma guardiamo a quanto si è fatto di grande cinquanta o sessant' anni fa. Allora non si è avuto timore di guardare al futuro. Non è questione per noi di pensare ai prossimi sei mesi, ma al secolo che ci si apre davanti. I committenti dovrebbero sempre preoccuparsi della qualità dei progetti, e circondarsi di architetti in veste di consulenti. Ma è altrettanto importante che anche i privati agiscano in base a questo principio. Oggi in Francia, l' 83% delle abitazioni individuali si costruiscono senza il contributo di un architetto: un dato che la dice lunga sullo scarso riconoscimento di questa professione. Il risultato è naturalmente un tendenziale impoverimento della diversità, oltre al degrado dei paesaggi, aggravato dal moltiplicarsi delle "aree d' attività" nelle periferie delle città: un vero scandalo. Come se fosse normale imbruttire le periferie per mantenere splendido il cuore delle città: non è un ragionamento repubblicano. Perciò dobbiamo promuovere le ragioni dell' architettura presso gli acquirenti, i promotori e i sindaci. Dimostreremo così che l' innovazione e la creatività non sono riservate a un' élite, ma possono essere accessibili all' intera popolazione. Come vediamo, lo sviluppo armonico del nostro patrimonio culturale -di ieri e di domani -è davvero una questione che ci riguarda tutti. E proprio per questo ci deve essere sempre, oggi come ieri, uno stretto legame tra educazione e cultura. In "Eupalinos ou l' architecture", Paul Valery chiedeva: "dimmi se tu, sensibile come sei agli effetti dell' architettura, hai mai osservato, passeggiando per questa città, che molti dei suoi edifici sono morti, mentre altri parlano, e alcuni infine, assai più raramente, cantano?" L' architettura è l' identità del nostro Paese per i cinquant' anni a venire. Ed è quindi del tutto normale che in quanto capo dello Stato, io mi impegni appieno nella missione di restituire all' architettura la possibilità di essere audace. Perché se voi, signore e signori architetti, avete il gusto dell' audacia, non ne avete più la possibilità ¬quanto meno in un Paese come la Francia. Io vorrei ridarvela, questa possibilità; e vi ringrazio. Traduzione di Elisabetta Horvat

 

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