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Storia e Progetto

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

La Fondazione dell'Ordine ha invitato Giorgio Grassi, docente di Progettazione architettonica presso il Politecnico di Milano Bovisa insieme a Luciano Patetta, storico dell’Architettura presso la stessa facoltà e a Luciano Semerani ( IUAV di Venezia), a discutere insieme, in occasione dell'uscita del libro, per i tipi di Franco Angeli, “Leon Battista Alberti e l’architettura romana”. Il dibattito si svolge in forma colloquiale e da esso emergono tematiche sulle modalità del fare architettura oggi in rapporto alla storia.

di seguito riportiamo una sintesi del dibattito.

 

GRASSI PATETTA SEMERANI

Usare l’Alberti nella progettazione.

2004-2005 anni del sesto centenario della nascita di alberti.

PATETTA:

L’architetto ha ilo diritto di SCEGLIERE PER FARE, della TENDENZIOSITA’, a differenza degli storici.

Questa serie di conversazioni che ho avuto con giorgio grassi mi ha permesso di fare una serie di scoperte riguardanti più giorgio grassi che leon battista alberti.1-sono molto più forti le somiglianze tra grassi e l’alberti che le somiglianze tra grassi e altri maestri che grassi stesso si è scelto (tessenow, schinkel…) e questo è sorprendente perché alberti è molto lontano, non solo nel tempo, ma anche per la società in cui egli opera, nonché anche nel suo modo di scrivere.

C’è un’affinità tra questi due architetti che viene PRIMA dell’architettura: la GRAVITAS, che l’Alberti eredita da Cicerone…(per l’autore del trattato –De Re Aedificatoria- questa rappresenta una serie di cose di particolare importanza: una serietà di intenti, una profondità nell’affrontare le cose, una partenza di POLEMICA rispetto alla contemporaneità, dove però queste polemiche non sono mai VOLGARI, nel senso di appartenenti al popolo (le questioni sul linguaggio e sulle forme che in quel periodo si discutevano, in primis il filarete…abbandono delle forme gotiche e accoglienza del mondo classico ecc…).2-Alberti è prima un umanista che un architetto rinascimentale. Anzi, non appartiene a quel numero di architetti che si innamora dell’antico riducendo il dibattito a una questione elitaria e poco utile.

Lui si occupa delle intenzioni e del modo di affrontare l’architettura e di ciò che viene dopo.

Si occupa della città in modo insolito, cioè evitandone la rappresentazione schematica a differenza di molti suoi colleghi e studiando la complessità della città reale.

Dignità, solennità e fermezza.

Rapporto tra la teoria e la pratica: una teoria prettamente connessa alla pratica (teoria come materiale del progetto).

Il 40% del trattato si occupa del mestiere (come libro di grassi), della misura (quella del filosofo), che esclude sempre gli eccessi.

Antagonismo tra la colonna e il muro: Giorgio Grassi lo chiama architetto romano.

Individuazione di alcune opere di Alberti sicuramente riconoscibili come romane (e non come imitazioni cinquecentesce dell’arch.romana): A Roma, Il tempio malatestiano, e le 2 opere mantovane (S.Sebastiano e S.Andrea). No le 4 opere fiorentine (tra cui Palazzo Rucellai), opere di coinvolgimento e di grande senso civico.

Alberti essendo fiorentino ha una visione più complessa dell’architettura romana. Per lui l’arch romana è quella che noi-quasi casualmente dal 1815- chiamiamo bizantina.

S,M Novella :facciata: tema romano molto più approfondito e complesso di quanto si creda. Smaterializzazione del muro, questione della continuità rispetto alla storia e al gotico.3- impopolarità e scarso successo. Alberti non ha avuto seguaci né incarichi dai Medici. Solo in tempi recenti è stato rivalutato.SEMERANI:

Credo che non possa esserci mai per un architetto un rapporto documentario filologico con la storia dell’architettura; quello che interessa è un rapporto non con l’Architettura ma con le architetture, con la singola opera, che spesso dicono cose molto diverse da quelle che si scrivono.

Lo sguardo che l’Alberti rivolge all’architettura romana è lo stesso che Grassi rivolge all’Alberti.

Modello importante come trasmissione di necessità, da esso bisogna sempre ri-comiciare.

Coscienza della caducità dei tempi, fatta di rinuncia, di povertà, esaltazione dell’incompletezza come modalità senza rimedio.

Moralità un po’ calvinista ed ebraica che rinuncia alla seduzione. Paura delle figure, paura delle immagini, come se il decorativo fosse peccaminoso. Bisogno di una calma bellezza. Tutto questa battaglia contro la seduzione, questa iconosclastia,punta però ad ottenere la seduzione stessa.

In Grassi c’è questa contraddizione: una sottovalutazione del valore del fare, del compiere l’opera, come se questa non avesse in sé una qualità, a scapito dell’importanza del momento teorico del progettare.

GRASSI:Siamo nella condizione per godere dell’ornamento? Oggi no, mancano le premesse.

Ci sono due modi per avvicinarsi alla storia: raccogliere la lezione della storia e raccogliere la suggestione della storia.

Il modo di fare architettura di cui parla semerani, il mondo delle forme rappresentate e scritte, appartiene a quel mondo di suggestioni che la storia ci trasmette. Ognuno poi fa quello per cui crede di essere più portato.

A me non interessa il mondo delle forme e in più credo che adesso men che meno sia il momento di farlo.

Tutto quello che appare ora nell’arch contemporanea mette in opera la morte dell’architettura moderna.

PATETTA:

Grassi e gli architetti moderni, scegliendo di non usare la decorazione si mettono in grande difficoltà perché non hanno neanche gli ordini.

Nel caso del sacello Rucellai e della facciata di SMN

Tutta l’arch.romana era decorata come la facciata di SMN, ricchi sono gli esempi di pittura e di mosaici di tipo narrativo.

Tutta la generazione degli architetti moderni ha capito che il 900 era un secolo più difficile nelle scelte di architettura.

GRASSI:

Per Alberti l’arch.romana era quello che lui voleva vedere nell’arch romana. A lui interessava l’arch. muraria. L’ha trovata nell’arch.romana e se ne è fatto il paladino. A tutto quello che aveva portato il fiorire a un ideale di arch romana.

Il punto non è di reinventarsi una architettura nuova, ma di ritrovare quelle premesse e condizioni che avevano permesso all’architettura romana il suo sviluppo, per trovare un’arch di carattere universale in cui tutti possano riconoscersi. SEMERANI:

Anche se non lo ammetti, nei disegni delle tue facciate, vedi Sagunto, c’è una scelta, una chiara decisione di fare delle partiture, una sovrapposizione di elementi, un gioco di proporzioni. Se anche da Schinkel togli questa matrice eclettica come lo spieghi? anche Le Corbusier usa sfumati, modanature ecc...a volte si pensa che quella parte del cervello che racchiude le nostre paure, i nostri desideri, le nostre passioni sia una parte –e questo deriva dalla tradizione ebraica- sia una parte da "tenere a bada", una parte che invece parla del nostro stare al mondo, del nostro rapporto col mondo.

 

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