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Edificio per abitazioni, uffici e negozi

Anno: 1953 - 1955

Località: Milano, Brera

Indirizzo: Via Turati 7

Destinazione d'uso: Edifici per residenze ed uffici

Progettista: Gustavo e Vito Latis

L'area sulla quale sorge questo edificio è uno dei più interessanti crocevia di architetture moderne milanesi. Nel 1931 si inaugura la nuova Stazione Centrale con la dismissione del vecchio edificio che sorgeva sull'attuale piazza della Repubblica: in tal modo viene a liberarsi anche la zona limitrofa, fino a largo Donegani e parte di via Turati, consentendo nuove edificazioni. Qui sorgono infatti, a pochi metri l’una dall’altra, la Ca’ Brütta di Giovanni Muzio (1919- 1923), le sedi Montecatini I e II di Gio Ponti (1936-1938, 1952-1954), la Serenissima di Eugenio e Ermenegildo Soncini (1965-1967) e, poco più avanti, l’edificio per abitazioni, uffici e commercio dei fratelli Latis. Realizzato nel lotto su cui sorgeva una villa con parco di proprietà dei conti Treccani degli Alfieri – che ne divengono anche committenti attraverso la società immobiliare Montebello – questo intervento è ricco di specificità non solo di carattere linguistico e strutturale, come si evince da un primo sguardo del fronte strada dove le coeve influenze neo-brutaliste anglosassoni sono certamente visibili, ma anche sul piano distributivo e dello sfruttamento del lotto stesso. I progettisti optarono infatti, da subito, per il mantenimento della maggiore porzione possibile di superficie destinata a giardino, come indicato da Vito Latis in una lettera inviata il 17 dicembre 1953 a Steno Baj, assessore all’Urbanistica e all’Edilizia Privata del Comune di Milano, in cui si esprimono le caratteristiche del progetto: “[...] l’aumento di area libera, la creazione di un unico grande giardino, la diminuzione dei volumi edificabili [...]”. A queste si aggiunge la scelta distributiva di prevedere che i soggiorni e le stanze padronali siano rivolte all’interno, sul silenzio del bel giardino, mentre ai servizi e alle stanze secondarie viene destinato il lato sulla già allora movimentata via Turati.

 

Un’arteria importante diretta al cuore della città e per questo adatta ad ospitare, nella zona basamentale, le attività commerciali. Qui una pensilina continua in cemento armato sostenuta da pilastri rivestiti in metallo scuro mette in evidenza la struttura dell’edificio, con aggetti visibili e punti di raccordo, conducendo fino all’atrio, inusualmente aperto e porticato, che permette l'accesso alla zona residenziale e al giardino. Il sistema della lunga pensilina corre orizzontalmente sottolineando le vetrate dei negozi ma anche creando una reale e simbolica distanza tra il flusso della via e il volume dell’edificio che sorge arretrato di oltre tre metri, elevandosi per sei piani più attico. Qui il primo piano, sopra il mezzanino previsto per ciascun negozio, è destinato a uffici e si presenta svuotato rispetto al filo di facciata dei soprastanti piani residenziali e scandito da pilastri in cemento armato, che emergono prima di scomparire sotto il rivestimento in tesserine di grès ceramico verde acqua, di recente sostituite da un intonaco dello stesso colore. Su via Carlo Porta la pensilina in aggetto, che raccorda i livelli inferiori e la fascia degli uffici, si ripiega e spinge l’intero fronte laterale ad inclinarsi per ricevere più luce. Anche la balconatura della lunga e frammentata facciata interna sul giardino sceglie un movimento che, in quegli anni, riconduce più all’esperienza romana che a quella milanese. Verso via Montebello un corpo di cinque piani fuori terra, quasi a sé stante, ospita uffici distinguendosi sia in pianta, per lo scarto della soluzione angolare, sia in alzato, mediante un ritmo più fitto e uniforme delle aperture.

 

Maria Vittoria Capitanucci