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Edificio per abitazioni

Anno: 1984 - 1987

Località: Milano, Brera

Indirizzo: Corso Garibaldi 108

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Luca Scacchetti

 

Di formazione rossiana, Luca Scacchetti deve inizialmente la sua fama all’abilità di disegnatore e di progettista di mobili. La sua opera, al di là delle numerose realizzazioni (fra le altre l’edificio residenziale in viale L. Majno n. 12 del 1986-1988), ben testimonia di quella tendenza all’ “architettura rappresentata” che negli anni ottanta accomuna diversi progettisti, da Paolo Portoghesi, con cui Scacchetti svolge diverse collaborazioni, allo stesso Aldo Rossi, le cui tavole policrome dense di rimandi e citazioni hanno ormai assunto vita autonoma rispetto alle opere realizzate.

 

Il progetto per l’edificio di corso Garibaldi rappresenta uno dei primi lavori milanesi dell’architetto: nel 1984 la proprietà dell’immobile gli conferisce l’incarico di ridisegnare il prospetto di un edificio già in fase di costruzione. Il fronte si configura come una colta rielaborazione di alcuni temi cari all’architettura milanese, soprattutto neoclassica: l’assialità, la tripartizione orizzontale, l’ordine gigante, il piano mansardato. Il lotto si colloca in uno dei numerosi tratti di corso Garibaldi riedificati dopo la seconda guerra mondiale. Come di consueto la sezione stradale è in questi punti maggiore, grazie al Regolamento Edilizio che a fronte di un arretramento consentiva di aumentare la superficie utile innalzando la linea di gronda. Stretto dunque fra un’edilizia piuttosto anonima, il progetto di Scacchetti tenta di riscattarsi affermando la propria specificità. Ciò avviene innanzitutto attraverso il linguaggio, per stessa ammissione del progettista non alieno da certe suggestioni loosiane.

 

Fa la sua ricomparsa il segno monumentale delle colonne, che in numero di tre scandiscono una sorta di loggia alta due piani, posta centralmente al di sopra dello zoccolo a due piani, trattato interamente a cemento decorativo a fingere un bugnato. L’insistita partizione orizzontale, sottolineata dai marcapiani in beola, individua un livello principale, corrispondente agli appartamenti, alto quattro piani. Le aperture si dispongono anche in questo caso secondo una studiata simmetria centrale, potenziata dalle porte finestre su tre livelli disposte analogamente in asse. A coronamento dell’edificio si trova una fascia ininterrotta di piccole finestre quadrate, desunte dall’edilizia borghese ottocentesca, sopra le quali insiste un cornicione in cemento a vista dal complesso profilo modanato. Conclude la composizione il piano mansardato, la cui falda è rivestita in rame. Le diverse tipologie di aperture, tutte con davanzali in beola, declinano il tema della figura geometrica del quadrato in dimensioni e forme differenti.

 

L’inconsueta genesi del progetto, che sin dall’inizio si è configurato esso stesso come “pelle” applicata ad una struttura preesistente, ha fatto sì che la facciata si caratterizzasse come vera e propria quinta scenica. Ne sono prova lampante le finestrature poste nelle fasce laterali dei primi tre piani: a causa di vincoli normativi immodificabili, che imponevano una serie di arretramenti volumetrici della cortina muraria, la regolarità della facciata è stata garantita proseguendo i tamponamenti murari e affiancando alle finestre “effettive” semplici bucature, analoghe per dimensioni ma prive di serramenti.

 

Federico Ferrari