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Edificio per abitazioni in viale Gorizia

Anno: 1950 - 1952

Località: Milano, Navigli

Indirizzo: viale Gorizia 14-16

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Marco Zanuso

La realizzazione di questo edificio costituisce la messa in pratica di un pensiero del quale l’architetto Marco Zanuso aveva dichiarato con forza di sentire l’esigenza: cioè di vedere architetti e pittori a incontrarsi non solo a un tavolo per discutere di teoria, ma in un cantiere per mettere insieme le proprie esperienze, cioè a progettare un lavoro concreto e vivibile, che facesse uscire la pittura dalla dimensione del quadro da cavalletto e la rendesse parte viva dello spazio umano. Qui infatti l’edificio, proprio attraverso la propria spiccata personalità, offre uno spazio non solo esteso, (una facciata a cinque piani) ma anche significativo per posizione e per articolazione, all’attività del pittore. Anzi è evidente che si tratta di una realtà concertata e organizzata, verrebbe da dire discussa assieme a chi ha progettato l’edificio, allo scopo di creare un organismo dialogante e organico, appunto un luogo di sintesi delle arti.

 

Il palazzo sorge in parte allineato sul filo stradale e in parte arretrato e costituisce una corte aperta verso la darsena; è una composizione spaziale a schema simmetrico, organizzata all’interno di una modulazione impostata sul quadrato. La facciata è articolata in un sistema di terrazzi alternati ai corpi chiusi dei fianchi che ricorda la casa a ballatoio tipica dell’architettura lombarda e alquanto diffusa nella zona dei navigli. Proprio sulla facciata si sviluppa una composizione pittorica che, dal grande pannello centrale, dilaga su tutto il fronte e, per la sua tesi cromatica e dimensionale, risulta prevalente e dinamica. L’intervento pittorico, in cui appaiono elementi verdi, gialli e marroni è autonomo e sembra liberarsi nello spazio quasi superando i vincoli architettonici poiché si espande oltre il piano della facciata ed entra nello spessore dei corpi sporgenti. La realizzazione avviene attraverso l’impiego del rivestimento in Fulget la cui crosta esterna è di ghiaietto di grana diversa tenuto assieme e fissato da uno strato di cemento. Si tratta di un materiale moderno, dalle caratteristiche innovative, in grado di poter coprire grandi superfici, di poter assumere colori diversi in quanto al ghiaietto possono essere aggiunti polveri di granito, travertino, onice e marmi colorati e infine di essere inalterabile. Di quest’opera Zanuso si dichiara particolarmente soddisfatto poiché, riferendosi ad essa afferma: “quando su una struttura architettonica si sviluppa una struttura pittorica autonoma, avente cioè una sua vitalità dalla sintesi degli elementi formali che la compongono, essa vivrà nell’architettura con un particolare accento di consanguineità che permette all’opera di raggiungere un risultato totale che si esprime nello spazio con valori di linee, superfici, volumi, colori, luci” (da Marco Zanuso, Architettura e pittura, in “Edilizia moderna”, n. 47, Dicembre 1951, p.43).

 

Gio Ponti così si esprimeva su “Domus”: “Beato Zanuso che ha dedicato la sua facciata ad un pittore, Giovanni Dova ed a quelle figurazioni che si dicono astratte e con linguaggio più esatte si direbbero concrete… Questa di Zanuso non è una architettura che si estroflette dall’interno all’esterno, dove il fatto della pianta sia annulla, direi, nel suo determinare l’apparenza visuale esterna totale, cioè anche in penetrazione, dell’edificio: questa è invece una architettura chiusa, che porge al paesaggio urbano una figurazione lirica: questa figurazione è ancora timida «nonostante che Zanuso sia arditissimo e finora il solo da noi nel volerla e nell’attuarla», ma il fatto è importantissimo e va seguito… Zanuso ci mostra che se l’architettura va ritrovando le sue pure forme, le sue forme vere, cerca anche i modi di immergerci nel fantastico, nelle leggende, nelle figurazioni gigantesche al vero: in ambiente nella realtà figurativa e non nelle ipotesi ridotte di realtà che sono ancora i quadri. Forse qui, in queste pareti in fulget e non nel fare qualche parete “a fresco” è la soluzione di questa cooperazione fra pittura ed architetti della quale tanto si discute: Zanuso ha mostrato la via” (da Gio Ponti, Astrattismo in facciata in “Domus”, n. 267, Febbraio 1952, p.61).

 

Claudio Camponogara
Elisabetta Dulbecco