Dal 10.02.2020 al 09.03.2020
In questi giorni è venuto a mancare Silvano Tintori, figura di grande rilievo della scena architettonica e urbanistica italiana, docente al Poli fino al 2004 e vicepresidente del Consiglio dell’Ordine. Lo ricordiamo con un pensiero dell'architetto Daniela Volpi
In questi giorni è venuto a mancare Silvano Tintori, figura di grande rilievo della scena architettonica e urbanistica italiana, iscritto all'Ordine dal 1957, docente al Poli dal 1965 al 2004 e vicepresidente del Consiglio dell’Ordine dalla fine del 2005 alla fine del 2009. L'Ordine degli Architetti di Milano lo ha omaggiato lo scorso 19 giugno 2019 con una serata in cui colleghi e amici hanno ripercorso la sua brillante carriera attraverso video e discorsi.
Oggi lo ricordiamo con un pensiero dell'architetto Daniela Volpi.
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Silvano fu vicepresidente del Consiglio dell’Ordine dalla fine del 2005 alla fine del 2009, quindi lui e io eravamo seduti vicini almeno una volta alla settimana. Contate per difetto, sono almeno centocinquanta settimane, e moltiplicate, sempre per difetto, per quattro ore a settimana, fanno seicento ore.
Durante queste ore si cercava di fare il meglio che potevamo per la nostra professione e per trovare soluzione ai mille problemi che affliggevano noi, la città e, più in generale, l’architettura.
Silvano sembrava disinteressato e distratto: disegnava con una penna sottile su fogli qualunque una straordinaria tipologia di architetture che si componevano a formare paesaggi suggestivi e commoventi, come i sogni di un bambino.
Invece aveva sempre qualche geniale intuizione, esprimeva concetti alti e interessanti come solo una persona intellettualmente e culturalmente eccellente può esprimere. La sua conversazione era sorprendente e ricca dell’entusiasmo di un vero studioso, di un intellettuale di prima qualità, che aveva fatto della professione un valore da trasmettere e della sua evoluzione il vero impegno della sua vita.
Avevamo una piccola cosa in comune: tutti e due a quattro anni volevamo fare l’architetto.
Lui era più sicuro di me e ha disegnato una “casa espressionista”. Io, che volevo fare anche il corridore automobilista, me la cavavo pensando che le case esistessero già sotto terra e che spuntassero come funghi all’occorrenza.
Ci siamo incontrati da grandi, e io per lui ho sempre avuto una grande ammirazione.
Grazie Silvano