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Settimana del 30 Marzo 2009

Dal 06.04.2009 al 08.04.2009

Questa settimana, in primo piano sulla nostra rassegna stampa, le decisioni del governo sul piano casa

L' evento «Con la precedente intesa troppo favoriti i proprietari dei terreni». Masseroli: più vicini alle esigenze della città
«Expo, rifaremo gli accordi con i privati»
Il Comune: sull' area dell' esposizione anche un grande progetto pubblico L' assessore: la ricchezza generata da Expo deve essere una ricchezza che resta alla città Peggio di così non si poteva andare. Macchina organizzativa bloccata da scontri di potere Perso del tempo, ma ora è tutto risolto: partiremo in via definitiva con l' assemblea del 9

È l' Expo delle sorprese. A un anno dalla vittoria di Milano su Smirne, cambia tutto. Almeno per quanto riguarda l' area del sito dove sorgeranno i padiglioni del 2015. Palazzo Marino è intenzionato a rimodulare l' accordo sottoscritto a luglio del 2007 con la Fondazione Fiera e la Belgioiosa Srl controllata dal gruppo Raggio di Luna appartenente alla famiglia Cabassi, proprietari di gran parte dei terreni agricoli dove si svolgerà l' evento del 2015 (circa 900 mila metri quadrati su un totale di 1 milione e 700 mila). Un accordo, secondo il Comune, che avrebbe favorito troppo il privato e la Fiera ma soprattutto non avrebbe lasciato nulla in mano al pubblico dopo la conclusione dell' Expo. Lo dice, senza mezzi termini, l' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli: «L' area Expo sta per essere fortemente infrastrutturata con investimenti e finanziamenti pubblici. Tutto questo valore deve restare patrimonio della città. Per cui stiamo lavorando a una grande funzione pubblica che resti a Milano e ai suoi cittadini». Conclusione: «La ricchezza generata da Expo deve essere una ricchezza che resta alla città». Non sarebbe così se l' accordo restasse immodificato. L' intesa, infatti, prevede che entro 18 mesi dalla conclusione dell' Expo, i privati e la Fiera riavranno indietro una fetta consistente dei metri quadrati «prestati» a Expo e dopo la demolizione dei padiglioni potranno costruire con un indice di edificabilità dello 0,6 per cento. Con una decuplicazione del valore dei terreni. Al «pubblico» resterebbero in mano solo le infrastrutture e gli svincoli. Un costo, non un' entrata. Da qui la decisione di rivedere l' accordo. Con due strade possibili. O andare allo scontro rivedendo e trattando sugli indici volumetrici. O trovare la collaborazione dei privati, individuando nell' area Expo una grande funzione pubblica. Palazzo Marino ha optato per la seconda ipotesi, con la collaborazione dei privati. «Non verremo meno all' accordo sottoscritto - continua Masseroli - ma con grande flessibilità e trasparenza genereremo le condizioni perché possa essere rispettato coinvolgendo anche altri luoghi della città». Detto in parole semplici, significa che i privati non perderanno i loro diritti volumetrici ma potranno costruire residenziale in altre zone della città. Ma non nel sito Expo. Tecnicamente si chiama «perequazione». Resta da capire quale sarà la «grande funzione pubblica» che sorgerà per il dopo-Expo. Masseroli non si sbilancia, rivela solo che sul tavolo ci sono già tre-quattro ipotesi. Al lavoro c' è anche la Consulta architettonica dell' Expo voluta dalla Moratti. Stanno lavorando al nuovo masterplan che dovrà indicare le linee guida sia per l' evento vero e proprio sia per il dopo-Expo. «Ma è molto importante - conclude Masseroli - che si decida insieme alla città, perché, lo ripeto, l' Expo appartiene a Milano». Il presidente della Provincia Filippo Penati una sua idea ce l' ha: perché non pensare a un grande «Museo dei musei», da dove con un clic poter visitare virtualmente tutte le grandi collezioni d' arte del mondo?
Maurizio Giannattasio
Pagina 5
(31 marzo 2009) - Corriere della Sera


Il provvedimento Il Cavaliere: idea geniale, spero sia applicata
Intesa sul piano casa: arriva il decreto ma sarà «leggero»
Accordo governo-Regioni. Errani: ora sui binari giusti La norma approvata entro 10 giorni. Prevista una seconda fase: gli enti locali potranno intervenire sulle cubature

ROMA - Accordo nella notte sul piano casa tra governo e Regioni, ma slitta il decreto che in un primo momento sembrava previsto per oggi. Al termine di una lunghissima giornata di consultazioni (e polemiche), ieri sera Silvio Berlusconi ha dato il via libera all' intesa con i governatori. L' accordo prevede che il decreto sarà approvato entro dieci giorni ma sarà limitato esclusivamente alla semplificazione amministrativa dell' edilizia e all' incremento delle risorse pubbliche per l' incentivazione degli affitti agevolati. In una seconda fase, le Regioni saranno autorizzate a intervenire con provvedimenti locali che prevedono l' ampliamento delle cubature fino al 20% ma solo per l' edilizia residenziale e in particolare per gli edifici mono e bifamiliari. In ogni caso, gli ampliamenti familiare» e non potranno essere venduti. Inoltre sono previsti abbattimenti e ricostruzioni di edifici di basso valore. Nessun intervento, comunque, potrà essere fatto nei centri storici o in deroga alle leggi e i regolamenti comunali. Ieri mattina i governatori - sia di centrodestra, sia di centrosinistra - avevano raggiunto una prima intesa su un testo che è stato poi proposto a Raffaele Fitto, ministro per le Politiche regionali. Ma è stata anche sfiorata la rottura. Colpa di una battuta di Berlusconi: «Il centrosinistra con quattro voti di maggioranza ha modificato la Costituzione e ha fatto diventare questa materia concorrente con le Regioni», ha detto il premier a margine di un incontro politico. Parole che hanno sollevato la protesta dei governatori dell' opposizione guidati da Vasco Errani, ma anche il malumore dei leghisti. Poi però il Cavaliere stesso ha mandato attraverso Fitto segnali di pace. Nel tardo pomeriggio è ripreso il confronto. E in serata il ministro ha varcato il portone di Palazzo Grazioli per fare il punto con il capo del governo. Proprio ieri, comunque, Berlusconi in mattinata aveva spiegato che «si tratta di un' idea geniale, non posso obbligare le Regioni ad applicare il piano, ma spero che lo facciano». E sono arrivate timide aperture dal Pd: «Il testo delle Regioni è una buona base di discussione», ha commentato Ermete Realacci, responsabile ambiente dei democratici. Soddisfatto Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «Abbiamo messo sui binari giusti la programmazione urbanistica. Importante è la coesione e l' unità di tutte le Regioni». Paolo Foschi Mario Sensini * Le norme accettate dagli enti locali Semplificazione Nella proposta presentata dalle Regioni al governo in vista del piano casa, il primo punto è la richiesta di un decreto per la semplificazione delle procedure edilizie Volumetrie Le Regioni dicono sì agli ampliamenti volumetrici del 20% sugli edifici residenziali e del 35% in caso di demolizione e ricostruzione con progetti di bioedilizia Edilizia popolare Chiesto un tavolo con il governo per definire un piano casa per le fasce svantaggiate, destinando a Regioni e Comuni i maggiori gettiti Iva provenienti dall' edilizia
Foschi Paolo, Sensini Mario
Pagina 9
(1 aprile 2009) - Corriere della Sera


Formigoni: Subito il piano-casa Ecco le regole per la Lombardia
LA LOMBARDIA è già pronta a partire con il suo piano casa. Parola del presidente della Lombardia, Roberto Formigoni che, a poche ore dall' accordo raggiunto tra le regioni e il governo, mediato dall' assessore lombardo alle Finanze Romano Colozzi, ha gettato il cuore oltre l' ostacolo e spiegato come si comporterà il Pirellone. «Ci saranno più incentivi per la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica - spiega il governatore - sia con un bonus sia attraverso la semplificazione amministrativa; maggiori detrazioni ai progetti che aumentano il risparmio energetico; ma, soprattutto, valorizzazione degli edifici residenziali esistenti più che la costruzione di nuovi. Il tutto nel rigoroso rispetto dei piani di governo del territorio e garantendo la massima vigilanza per evitare speculazioni o abusi». Formigoni aggiunge: «Vogliamo che i due piani, quella casa e quello dell' edilizia, procedano di pari passo: per le famiglie che cercano casa e per quelle che desiderano ampliarla e renderla più bella e funzionale. Così lavora un governo federale». Anche in Lombardia il Pirellone promette che saranno esclusi dal piano i centri storici e gli edifici di valore artistico. L' assessore Colozzi si spinge anche oltre. Proponendo al ministro dell' Economia Giulio Tremonti di «lasciare in Lombardia una parte del gettito dell' Iva derivante delle ristrutturazioni per finanziare i nuovi progetti e di utilizzare i fondi della Cassa depositi e prestiti per aiutare le giovani coppie e le famiglie a reddito basso che non possono permettersi una casa ai costi di mercato». Di più: «Questo è un anticipo di come funzionerà il Senato federale. Governo e regioni hanno dato prova di una grande collaborazione professionale e di saper risolvere un problema. È stata la scelta migliore». Anche l' assessore regionale al Territorio, il leghista Davide Boni, è soddisfatto: «Siamo pronti perché da un anno stiamo lavorando a fondo su risparmio del territorio, materiali innovativi, edifici ecologici, ottimizzazione energetica, all' insegna dello slogan: "Costruire solo il bello"». Di tutt' altro avviso i commenti dall' opposizione di centrosinistra. «Il piano per l' edilizia - denuncia Franco Mirabelli del Pd - è tutto meno che un piano casa. È una misura per sostenere le aziende edili di fronte alla crisi: un provvedimento che consente ai proprietari di un' abitazione, se hanno risorse a disposizione, di ampliarla. Ma un piano casa deve servire ad affrontare il problema delle tante famiglie che la casa non l' hanno, che faticano a pagare l' affitto e non possono pagare il mutuo. Su tutto ciò non c' è assolutamente nulla». Dello stesso parere il verde Carlo Monguzzi: «Il piano proposto da Berlusconi e sostenuto da Formigoni in Lombardia c' è già e in questi anni ha già fatto un bel po' di disastri, dai sottotetti di piazza Cordusio a Milano, solo per citare un esempio, alla possibilità di costruire sulle aree verdi destinate a standard. Tutti interventi resi possibili dalle modifiche alla legge regionale urbanistica 12, approvate dal centrodestra in Regione negli anni passati, ma anche recentemente. Gli effetti di questa deregulation lombarda si sono già fatti sentire. A fronte di un aumento di seicentomila abitanti, dal 1995 al 2006 sono stati costruiti in Lombardia due milioni di vani nuovi. C' è bisogno di incrementare ancora questa cifra?».
ANDREA MONTANARI
La Repubblica
02-04-09, pagina 2 sezione MILANO


Loft «fuorilegge»: indagine della Procura
Via Savona, famiglie in rivolta. «Non c' è l' agibilità». Fascicolo aperto e l' Agenzia delle entrate chiede oneri arretrati Le accuse: «Venduti come laboratori e trasformati in case di lusso». Palazzo Marino: ora controlli a tappeto
In via Savona, dei capannoni industriali dell' ex fabbrica di lampadine (la gloriosa Osram) rimangono solo immensi pali Innocenti color rosso fuoco. Attorno i loft, a centinaia, cresciuti in verticale, uno sull' altro per quattro piani. Laboratori di nome, alloggi di fatto, impreziositi da lillipuziani giardinetti e da un sistema di fontane a vasca. Oggi le 180 famiglie che hanno messo su casa al 123 di via Savona (coppie giovani con bimbi piccoli) vivono nell' incubo di multe da capogiro. C' è chi - non si sa come, perché in un loft accatastato come laboratorio non si potrebbe vivere -, ha ottenuto la residenza. Chiesta per mandare i figli al nido. E oggi si ritrova con l' Agenzia delle Entrate alle calcagna, che chiede conto di un' Ici da residenza (ben diversa da quella di un laboratorio) e vuole la differenza degli oneri di urbanizzazione, quadruplicati per effetto della sanzione: 1.623 euro per ognuno di quei metri quadrati pagati all' atto dell' acquisto dai 2.200 ai 2.500 euro. Intanto la febbre del loft continua e sul fronte dell' area ex-Osram che si affaccia su via Savona si continua a costruire. Un altro condominio di loft. Edilizia selvaggia - 70 mila i loft a Milano, sorti su piccole aree industriali dismesse - oggi all' attenzione della Procura, che ha aperto un fascicolo conoscitivo. «Sono andato agli uffici di via Pirelli - racconta un abitante di via Savona -. Mi hanno detto che andranno giù pesantissimi. E chiedono a noi conto della bonifica del terreno. Non spetta alla Asl o all' Arpa? Chi ci ha venduto il loft dice di averla fatta. Non stava al Comune controllare?». Perché, si domandano, tanto accanimento tutto d' un colpo? E mostrano la circolare della Direzione centrale Pianificazione urbana, datata 24 marzo 2009, che disciplina «le modifiche di destinazioni d' uso con riferimento agli interventi in zona industriale». Uguale loft. L' unica destinazione residenziale ammissibile in zona I (industriale) è «quello di custodia, una unità per complesso industriale», mentre «allo stato attuale non sono previste destinazioni equivoche (loft)». Cioè edifici «detti laboratori ma suddivisi in casette con balconi, giardini, multipiano». E sarà un caso, tra gli esempi citati c' è proprio via Savona. Al civico 97, altre unità. E i cartelli vendesi-affittasi tappezzano la via. Con gli inquilini vecchi intrappolati nei loft: «Acquistati, perché ci dissero che sarebbe arrivata una variante o il Pgt... E, poi, altro che risparmio il nostro. Non abbiamo goduto dei benefici per la prima casa. E ora chi vuol vendere non può». C' è chi ha fatto ricorso contro l' Agenzia delle Entrate. C' è chi ha deciso di pagare, perché «mi hanno accatastato come A3, residenziale», spiega un altro inquilino. Piccolo dettaglio: «Dovremmo dimostrare che è stata fatta la bonifica». E la vicenda loft riapre lo scontro a Palazzo Marino. «Sono due anni e mezzo che poniamo il problema in commissione Urbanistica - dice il presidente Mirko Pennisi -, sollecitando controlli agli uffici, senza avere ricevuto risposta. Ci sono decine di migliaia di famiglie in case senza agibilità e, viene da pensare, nate su aree solo parzialmente bonificate».
D' Amico Paola
Pagina 2
(3 aprile 2009) - Corriere della Sera


La delibera
Comune: case convenzionate in vendita a prezzo di mercato

Diciottomila famiglie che potranno vendere la casa, comprata venti o trent' anni fa, quasi a prezzo di mercato. La vicenda è questa. Si parla di edilizia convenzionata e di una legge che per anni ha bloccato la rivalutazione degli immobili, ancorandola ai parametri Istat. In pratica quelle abitazioni comprate a canone agevolato (poco meno dei prezzi di mercato d' allora) ora valgono trenta volte di meno rispetto ai borsini immobiliari. Ieri è arrivata la delibera che sblocca la situazione. I proprietari potranno vendere a un prezzo, fatte le dovute rivalutazioni, in linea con quello d' acquisto. «Abbiamo sanato una situazione inaccettabile», dice l' assessore all' Urbanistica del Comune, Carlo Masseroli che batte soprattutto su un tasto: «Dare la possibilità a queste famiglie di vendere casa a un prezzo accettabile consente di contrastare anche il nero e il sommerso». Ieri la giunta ha dato il via libera a un altro provvedimento: il progetto di riqualificazione del tratto compreso tra corso Vittorio Emanuele e largo Corsia dei Servi. Per sette milioni di euro il Comune concederà l' area a un privato per realizzare negozi e ristoranti intorno alla doppia scala realizzata dallo studio BBPR. E a regolare il passaggio tra il corso e la piazza sarà un' enorme porta a vetri.
Pagina 5
(4 aprile 2009) - Corriere della Sera


Via al piano casa anche in centro
RECUPERO di volumetrie, ora inutilizzate, anche nei centri storici. E ampliamento fino al 20 per cento non solo degli edifici residenziali, ma anche di quelli a destinazione produttiva. È tutto nero su bianco, lo riporta la bozza del progetto di legge regionale che la giunta del Pirellone potrebbe adottare già da mercoledì prossimo, dopo il vertice tra le forze di maggioranza in programma lunedì. La legge declina «alla lombarda» il piano casa di Berlusconi, così come è stato modificato - e in modo sensibile - dalla conferenza Stato Regioni di mercoledì scorso. Ma se la bozza venisse confermata, la legge lombarda introdurrebbe due novità di rilievo rispetto al decreto del governo. Insomma: in Lombardia la griglia del piano casa non sembra essere così stretta, come invece aveva annunciato il governatore. Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi al Pirellone, la dice così: «Con buona pace delle rassicurazioni di Berlusconi e dello stesso Formigoni, la nostra Regione rivela come al solito una forte vocazione cementificatrice». La prima novità riguarda i centri storici. Rientrano nella zona A della classificazione urbanistica, e secondo l' articolo 2 della bozza potranno essere interessati a operazioni di recupero che riguardano gli edifici già costruiti, nella parti attualmente non utilizzabili perché i piani regolatori non lo consentono. Per esempio i seminterrati, «per destinazioni complementari alla residenza o alle attività economiche», come si legge nel documento. Dunque anche in centro le volumetrie sono destinate a crescere, sulla falsariga di quello che è già avvenuto con la normativa regionale sui sottotetti (non a caso citata nella bozza). Una spruzzata di deregulation anche fuori dai centri storici, dove si possono ampliare del 20 per cento gli edifici a destinazione sia residenziale che produttiva. Viene anche consentito «il recupero delle parti inutilizzate di edifici rurali di tipo agricolo» (qui siamo nella zona E). Il tutto per 18 mesi, come stabilisce il decreto, e ovviamente «in deroga alle disposizioni legislative, alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigentio adottati e ai regolamenti edilizi». L' assessore regionale al Territorio, Davide Boni, qualcosa ammette. «Nei centri storici il principio è che non possiamo toccare niente, neppure sul già costruito; ma un conto è recuperare seminterrati in Galleria, altro farlo in uno stabile non di pregio dell' Aler in una zona centrale». Sul secondo punto, che riguarda gli ampliamenti volumetrici fuori dal centro, Boni è invece categorico: «Gli interventi sono previsti solo sul residenziale, escludo che possano interessare edifici destinati a commercio, artigianiato, industria». Però la bozza dice il contrario.
RODOLFO SALA
La Repubblica
04-04-09, pagina 6 sezione MILANO

 

Il caso
di
Giangiacomo Schiavi PADIGLIONI EXPO COME MACERIE LA VERA OCCASIONE E’ IL CIBO
Caro Schiavi, vorrei aggiungere qualcosa alla sua risposta alla lettera del signor Marcello Ricossi sull'accennato «fantasmagorico tunnel autostradale da Rho a Linate» con una piccolissima considerazione: «...ma se Linate dovesse servire, come qualcuno vorrebbe, solo per i collegamenti con Roma, a cosa servirebbe una tale opera (il tunnel)?».
Questo troverebbe ragione di essere se Linate potesse essere collegato, permanentemente, con l'Europa: con Madrid, con Parigi, Francoforte, Vienna e così via, altrimenti... Poi, se la vera sfida dell'Expo è «Nutrire il pianeta, energia per la vita», sarà doveroso prendere giuste misure per dare una nuova «linfa vitale» alla nostra agricoltura. Non mi risulta che si possano fabbricare bistecche, o frumento, dal petrolio (anch'esso, poi, verso l'esaurimento).

Elio Signorini

Caro Signorini,


approfitto del rimando di palla per aggiungere, alle tante considerazioni già fatte sul’Expo (lottizzazioni ritardi pasticci manfrine appalti) alcune notazioni di merito sulle altre città che hanno ospitato l’evento, raccolte durante un’audizione di esperti all’Ordine degli architetti.

1) Siviglia, Hannover, Saragozza hanno impiegato sei anni per realizzare le infrastrutture viabilistiche (noi, per le strade e le metropolitane previste nel 2015 stiamo già andando fuori tempo massimo).

2) Siviglia, Hannover e Saragozza hanno destinato aree pubbliche per i padiglioni espositivi (noi abbiamo scelto di valorizzare alcune aree private, un fatto insolito per questo tipo di manifestazioni pubbliche, rileva l’urbanista Augusto Cagnardi).

3) Siviglia, Hannover e Saragozza si trovano con l’inutilità dei quartieri espositivi da gestire e Milano rischia di ripetere in peggio questo
precedente (i padiglioni sono come le macerie di Gaza, dice l’architetto Gae Aulenti: dopo non servono più a niente).

La partenza, come si vede, non è buona: è peggio.

Ma in corsa qualcosa si può correggere. Basterebbe non sprecare risorse per progetti inutili, recuperare per l’Expo quel che di buono c’è già a Milano, qualificare la città senza aggiungere orrori e completare in tempo la viabilità, i collegamenti. Il nostro asso nella manica, lo ripeto, è il tema.

«Nutrire il pianeta, energia per la vita» è un’occasione irripetibile per ripensare gli stili di vita, riqualificare la nostra agricoltura, studiare una corretta alimentazione, puntare sulla prevenzione per la salute. È su questo che Milano deve lavorare, se vuole sorprendere il mondo.

Migliorando se stessa, e con un’idea forte per il futuro. Ci possiamo credere?

 




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