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Settimana del 23 Febbraio 2009

Dal 26.02.2009 al 04.03.2009

Pubblichiamo la consueta rassegna stampa settimanale dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld.it


Il dibattito «Valorizzare l' iniziativa dei privati. La politica deve aiutare la creatività. Troppe contraddizioni intorno all'Expo»
Pomodoro: patto anticrisi tra cultura, moda, design
Lo scultore: fare squadra per rilanciare Milano. Pac insufficiente, subito il Museo d' arte contemporanea «La cultura dev'essere vitale, aperta alle novità, alle contaminazioni. Va evitata la museificazione e vanno sostenuti i giovani» Sediamoci intorno a un tavolo: la cultura nasce dalle persone I privati svolgono il ruolo più delicato per scultura e pittura Milano avrebbe di più se avesse luoghi giusti e giusto dialogo

«A Milano si parla tanto di cultura, non sempre a proposito, ma da tempo si conclude poco e si realizza meno...». È un giudizio piuttosto duro, maestro. «Vivo e lavoro qui dal 1954 e sa una cosa: sento parlare di un Museo dell' arte contemporanea da allora. Non è bastato mezzo secolo a colmare questa voragine. Io un contributo l' ho dato, con la mia Fondazione: ho iniziato il progetto da solo e oggi è un luogo vivo, la dimostrazione che la "cultura del fare" può ancora produrre contenuti». Lo scultore Arnaldo Pomodoro, 82 anni, interviene nel dibattito sul Manifesto prendendosi una pausa dal lavoro nel suo studio (ascolta musica lirica, deve disegnare scenografie per la Fenice di Venezia). È tempo di un nuovo Manifesto della cultura? «Qui non si tratta di partorire il Futurismo o il Costruttivismo, ma di dare un' anima a un modo d' intendere e fare cultura. Io dico: ci sto. Sediamoci attorno a un tavolo, fissiamo i punti: la cultura nasce dalle persone». Che ruolo può avere la politica? «La politica vive troppo spesso la cultura come un fastidio, oggi sono i privati a svolgere il ruolo più delicato nelle arti figurative, nella scultura e nella pittura - e sono visti quasi come una tribù -. Io raccolgo la riflessione del professor Abruzzese: "Servono avventurieri delle idee, persone che creino lo spazio per la circolazione dei pensieri". Idee e nuovi spazi». Si diceva dell'importanza di realizzare un Museo d' arte contemporanea: il progetto c' è, sarà realizzato a CityLife... «Sarà. Intanto, vediamo cosa c' è. Il Pac è troppo piccolo, non è un vero museo, senza luce, sacrifica artisti come Marino Marini... Eppure il pubblico c' è. E ha voglia di cultura». E l' offerta non riesce a star dietro alla domanda? «Ha visto quante gente ha partecipato alle conferenze in via Palestro con Germano Celant e Angela Vettese? Tanta, davvero. Un successo. Poi c' è Rampello, ha ridato vita alla Triennale: finalmente ha aperto un dialogo, interroga le persone. Ecco, ci vuole il coraggio di continuare così. Milano avrebbe molto di più se avesse luoghi adeguati e giusto dialogo». In che senso «avrebbe di più», maestro Pomodoro? «Gli artisti sarebbero più generosi... La Galleria d' arte di Roma è nata così, spontaneamente. Persino Rovereto ha il Mart. Noi non possiamo perdere altro tempo, no: serve freschezza, una stagione di apertura». Le sembra che la città si sia chiusa sui suoi difetti? «Non vede? Si calunniano gli stilisti, loro che sono sempre stati così attenti agli artisti. Oggi questo rapporto s' è sfrangiato, ma tocca alle istituzioni trovare un collante, tenere insieme i sogni, organizzare e favorire gli scambi tra artisti, letterati, poeti, musicisti, stilisti e designers. Noi, alla Fondazione, facciamo questo: uniamo sfilate e libri, le canzoni di Ornella Vanoni e le letture di Aldo Nove». Il Comune non lo fa? «L' assessore Finazzer Flory ci sta provando, è un compito difficilissimo: gli auguro buon lavoro e buona fortuna». La crisi è un ostacolo o un' occasione di rilancio? «È in queste circostanze che gli artisti hanno più motivazioni e vanno incoraggiati, pensi cosa sono stati i movimenti nel Dopoguerra... Speriamo che non crollino del tutto i finanziamenti pubblici, la cultura è già abbastanza maltrattata». C' è la prospettiva Expo. «Mah, per ora vedo contraddizioni incredibili. Io ne sento il richiamo, vorrei io lasciare un segno... Non per altro: ho donato una Sfera grande all' Expo di Montreal, ho inviato opere all' Esposizione di Brisbane. Qui non mi ha chiamato nessuno, eppure qualche idea ce l' ho...». Può spiegarle ora, se vuole. «Un grande portale di dieci metri per dodici in periferia, in un punto d' ingresso alla città. Vede, Milano non ha unità urbanistica oltre le Mura spagnole, servirebbero nuovi Archi. Io sono pronto a regalare il mio». È fiducioso o pessimista sul futuro della cultura milanese? «Fiducioso. Perché dipende solo da noi, dal nostro coraggio. Giulio Carlo Argan mi diede un consiglio, vent'anni fa: "Fai girare le opere d' arte». È un pensiero ancora attuale: la cultura dev'essere vitale, aperta alle novità, alle contaminazioni. Va evitata la museificazione e vanno sostenuti i giovani».
Stella Armando
Pagina 5
(23 febbraio 2009) - Corriere della Sera

 


Scavo bis in Sant' Ambrogio il cantiere apre sull' altro lato
Qualche residente l' aveva interpretata come la prima manovra in retromarcia. E invece la copertura degli scavi davanti alla Basilica di Sant' Ambrogio in realtà è provvisoria: Comune e costruttori non hanno avuto alcun ripensamento sul parcheggio sotterraneo, circa 200 posti a rotazione e 320 box, che partirà entro l' estate per essere pronto nel 2011. L' area riempita, terminati gli studi archeologici della soprintendenza, sarà adesso anche asfaltata e diventerà il nuovo passaggio delle auto. Sotto la strada tra il cantiere e le case verranno realizzati due nuovi condotti fognari, che oggi si trovano proprio nella zona degli scavi. Quando l' operazione sarà terminata, l' area riempita verrà riscavata per realizzare i cinque piani sotterranei. Niente dietrofront, dunque, il progetto va avanti. E il trasloco provvisorio del cantiere «sarà proprio il primo tassello dell' intera operazione», dice il costruttore, Claudio De Albertis, che conferma la futura pedonalizzazione della piazza, come da progetto. La vendita dei garage, costo 50mila euro, garantisce De Albertis, va a gonfie vele: «Entro fine febbraio avremo venduto tutti i box, ma le richieste sono almeno il triplo». L' incasso previsto per i costruttori è di 16 milioni di euro. Nonostante il progetto sia giunto alla fase esecutiva, il comitato di residenti, che da sempre s' è opposto ai cinque piani sottoterra in prossimità di campanili e porticato bramantesco, non demorde. Nemmeno gli inquilini più illustri. «Quando ho visto la copertura mi ero illusa per un attimo e invece niente - si rammarica l' architetto Cini Boeri - è un progetto assurdo. Non è così che si tolgono le auto dal centro». Un' idea su dove mettere le auto i residenti, in realtà, ce l' avrebbero. «Piuttosto di scavare cinque piani davanti alla basilica romanica più bella d' Europa - propone Cini Boeri - non si possono mettere le auto nei due cortili della caserma che sono praticamente inutilizzati?». Ma non è la sola. «Andremo avanti con qualunque mezzo pur di non svendere uno dei luoghi storici di Milano - attacca Francesca Castelbarco, consigliere di zona 1 - è un' ingiustizia che grida vendetta, tutto per far guadagnare le imprese costruttrici». Al gruppo di residenti furiosi arriva la replica del Comune: «La soprintendenza si è espressa favorevolmente e non accettarlo vuol dire non avere rispetto per le istituzioni», è il commento dell' assessore ai Lavori pubblici, Bruno Simini. Che aggiunge: «Il concetto che i
parcheggi aumentino il traffico non ha senso: è l' unico modo, invece, per togliere le 60mila auto ogni giorno in doppia fila e in divieto di sosta sui marciapiedi».
Ilaria Carra
La Repubblica
23-02-09, pagina 7 sezione MILANO

Il progetto Torna l' ipotesi di un sottopasso di 15 chilometri contro il traffico. Entro il 2015 pronto il primo tratto fino a Garibaldi
«Un tunnel dalla Fiera al centro di Milano»
La riunione Il 10 marzo la riunione decisiva per avviare le procedure del sottopasso che prevede 11 uscite sui punti nevralgici della città
Torna l' ipotesi del tunnel. Un' autostrada che attraversi Milano sottoterra, tagliandola dalla zona della nuova Fiera fino a Linate. Un tunnel di quasi 15 chilometri, con undici uscite su alcuni punti nevralgici della città. L' ipotesi risale al 2006, ai tempi del sindaco Gabriele Albertini commissario al Traffico. Più volte infilato nel cassetto e poi rispolverato per problemi economici, il provvedimento torna alla ribalta e la novità è che la Regione vuole inserirlo fra le priorità infrastrutturali per l' Expo. Se ne è parlato anche durante l' incontro di ieri mattina, dopo che già il Comune ha indicato nell' ingegnere Antonio Acerbo il Responsabile unico del procedimento e che, la scorsa settimana, i tecnici avevano riesaminato tutte le ipotesi in campo. La riunione considerata decisiva è il prossimo 10 marzo: quando si cercherà di valutare come procedere anche al punto di vista amministrativo. Finora c' è in campo la proposta della Torno, come capofila di un raggruppamento di imprese, che già dal 2006 aveva presentato un project financing per il tunnel. La Torno è però promotore solo di un tratto, che va da piazza Kennedy a Garibaldi-Repubblica. In realtà, l' intero tragitto comprende altre due tratte: quella che va da Kennedy all' area che ospiterà l' Expo e quella che da Repubblica collega a Linate, inserita da questa giunta per dare maggiore completamento all' infrastruttura. «Abbiamo raddoppiato le dimensioni del tunnel - conferma l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli - perché solo in questo modo sarebbe una reale alternativa: potremmo perfino pensare di abbattere il ponte della Ghisolfa e costruire al suo posto un parco lineare, passando sottoterra i percorsi automobilistici e disegnando un nuovo tessuto urbano». La Torno ha chiesto alle istituzioni che venga loro affidato, in trattativa diretta, anche il tratto che parte dall' area Expo, mentre il percorso fino a Linate verrà messo a gara. I costi? Altissimi, ovviamente. Si parla di 1 milione e 250 mila euro per la sola tratta Repubblica-Kennedy. «Ma anche l' Avvocatura - contesta l' ambientalista Enrico Fedrighini - ci ha risposto che non esiste una garanzia economica a sostegno del progetto. Dovrebbe fare da garante la Regione: e siccome denaro per tutto non c' è, il tunnel rappresenterebbe una brusca manovra di arresto per le opere pubbliche». Ribatte Masseroli: «La Corte dei Conti ha precisato che il finanziamento deve essere pubblico: o interverrà il Governo o studieremo un percorso finanziario simile a quello che si sta attuando per la Brebemi».
Soglio Elisabetta
Pagina 3
(24 febbraio 2009) - Corriere della Sera

Parte il restauro del Marchiondi
Di storie, i muri dell' istituto Marchiondi di via Noale, sono destinati a racchiuderne molte. Quelle dei ragazzi «cattivi» che, un tempo, venivano mandati al «correzionale» di Baggio per essere rieducati. Quelle delle decine di famiglie rom che, negli ultimi anni, si sono contese gli spazi diroccati del capolavoro disegnato da Vittoriano Viganò. E, in un domani ormai prossimo, quelle degli studenti e «soggetti deboli» ai quali l' edificio è destinato. Entro un anno, infatti, nei lunghi corridoi devastati da 12 anni di incuria e occupazioni, torneranno gli operai, incaricati di restaurare l' edificio del 1953. Parte un piano di recupero da 16 milioni di euro, che vede coinvolti Comune, Politecnico, Fondazione Cariplo e una cordata di cooperative consorziate. Fine del degrado, fine dell' abbandono colpevole di un edificio definito universalmente un capolavoro
dell' architettura Brutalista, rinascita della struttura sotto forma di pensionato per 218 studenti universitari e sede di servizi pubblici destinati al quartiere, all' aggregazione giovanile, all' housing sociale. A giorni verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale l' annuncio dell' arrivo dei fondi assegnati al Comune dal ministero dell' Università per questo piano di recupero e riuso. Un finanziamento milionario ottenuto grazie al coordinamento della Cariplo, che è riuscita a mettere assieme Comune, terzo settore e Politecnico. Il progetto è stato steso da una folta squadra di architetti, ingegneri, strutturisti ed esperti di energia e materiali, coordinato dal professore Massimo Fortis del Dipartimento di progettazione dell' architettura del Politecnico. L' assessore alla Casa Gianni Verga è soddisfatto: «Spero che si possano iniziare i lavori al più presto. Riuscire a mettere insieme tutte le forze per immaginare un futuro per quella struttura è un gran risultato ed è anche la fine di un tormentone». A che cosa si riferisce l' assessore lo dicono chiaramente i molti che nella Fondazione Cariplo hanno creduto nella possibilità di restituire alla città il Marchiondi, con un impegno economico di quasi quattro milioni: «è un intervento di edilizia sociale che mira a rispondere al grave e variegato bisogno di casa a Milano. C' è grande necessità di strutture per gli studenti, una delle principali risorse per lo sviluppo del capitale umano della città. Ma non sarà solo un pensionato, piuttosto un centro polifunzionale», spiega il presidente Giuseppe Guzzetti. Conscio delle centinaia di zingari che occupano le sette palazzine, oltre 10mila metri quadrati, aggiunge: «Bisogna che i lavori partano al più presto. Per farlo si devono liberare gli edifici dagli occupanti, essi stessi in grave stato di bisogno. Il Comune dovrà provvedere agli sgomberi con lo stesso stile, di rispetto e di accoglienza, che caratterizzerà la realizzazione dell' intero progetto». Tempi e modalità del cantiere, secondo il professor Fortis, sono chiari: «Già in primavera dovremo entrare nell' istituto per terminare i rilievi necessari per il progetto esecutivo. L' inizio dei lavori veri e propri sarà tra un anno. Non modificheremo l' involucro edilizio esterno e anche all' interno, in particolare nell' ex convitto, rispetteremo l' impianto delle "cellule" voluto da Viganò». Una volta finiti i lavori, secondo l' accordo di programma, il Comune concederà gratuitamente per 35 anni il Marchiondi al Politecnico. Pensionato e servizi sociali collegati saranno gestiti in forma unitaria con gli enti del nonprofit.
Zita Dazzi
La Repubblica
24-02-09, pagina 9 sezione MILANO

Rinasce il Belvedere di Gio Ponti «Bolla» di vetro sopra il Pirellone
Oggi l' inaugurazione ufficiale. Da sabato le visite guidate Domenica mattina la corsa a piedi (710 gradini) per la terza edizione della Vertical World Circuit
Il Belvedere voluto da Gio Ponti, in cima a Palazzo Pirelli, la torre simbolo dell' età moderna, è una grande piazza piena di luce, sospesa a 127 metri dal suolo. Come ricorda il disegno del pavimento, a bande bianche e nere: lo stesso della piazza d' ingresso al grattacielo. Al centro, in una bolla di vetro, apparentemente fragile come una crisalide, stanno racchiuse una piccola sala riunioni che sembra la sala comando dell' Ammiraglia di Star Trek, con tanto di poltroncina rivestita in cavallino pezzato (design rigorosamente di Gio Ponti), il bar, il guardaroba, gli ascensori. E, poi, lungo il perimetro, immense vetrate e piloni portanti di cemento armato, leggerezza e muscolarità che insieme esaltano quella forma perfetta di un cristallo, allungata e schiacciata, che caratterizza l' opera di Gio Ponti. Stasera l' inaugurazione ufficiale con le autorità, domani una serata di presentazione del restauro (il primo di tipo conservativo di un' opera moderna) riservata a personalità del mondo della creatività, dall' architettura alla moda, dal design all' editoria. Domenica mattina, infine, la corsa a piedi (710 gradini) per la terza edizione della Vertical World Circuit, con skyrunner professionisti ma anche sfida aperta a tutti. Quindi, dal 28 febbraio al 9 marzo, visite guidate per la cittadinanza e le scuole. Otto mesi ci sono voluti per riportare alla città il Belvedere che per Gio Ponti era «la metafora dell' apertura sull' orizzonte urbano». Il restauro è costato 3,75 milioni. A Nord, tra i piccoli loghi sulle vetrate che indicano dove guardare (il Resegone e la Grigna, il circuito di Monza a 15 chilometri, il lago di Como a 45), in primo piano ecco il Pirellone bis, tutto acciaio e specchi, che cresce con prepotenza. «Il restauro del 31° piano e la realizzazione dei nuovi uffici nell' Altra Sede sono parte di un unico grande disegno», spiega il presidente Formigoni. E il Belvedere lombardo si ripresenta così in una versione più moderna ma già presente quando venne pensato. Cioè: «Svolge quel servizio alla collettività, come spazio istituzionale di alta rappresentanza e di spazio pubblico che si compenetrano e che attraverso le grandi vetrate comunicano con il territorio».
D'Amico Paola
Pagina 6
(25 febbraio 2009) - Corriere della Sera

Addio a Fehn, architetto della natura
Sverre Fehn, uno dei più famosi architetti norvegesi è morto a Oslo a 85 anni. Tra i suoi progetti i musei dei Ghiacciai a Fjaerland del 1991 e l'Aukrust ad Alvdal del 1996. Agli anni Sessanta risalgono altri capolavori: il Padiglione Nordico alla Biennale e il Museo dell'Hedmark di Hamar, in Norvegia. I suoi segreti furono l'utilizzare mattone e pietra con semplicità e il legame architettura-natura. Vinse il premio Pritzker nel '97.
Corriere della Sera
25-02-2009

Luci, marciapiedi e parcheggi piano antidegrado in Buenos Aires
La più lunga via dello shopping d' Italia, quarta in Europa dopo Oxford Street, la Diagonal e gli Champs Elysées, si rifà il look. Dopo anni di richieste e diversi progetti arenati per problemi di budget, finalmente i commercianti di corso Buenos Aires avranno una via tutta nuova. Con marciapiedi più larghi, in pietra invece che in asfalto, parcheggi su strada per le moto e una nuova illuminazione. Ma questo è solo il primo passo verso la riqualificazione del corso che, in un secondo tempo, prevede anche un intervento di arredo urbano e la sostituzione dei dehors di bar e ristoranti con un modello uguale per tutti come già avvenuto in corso Sempione e sui Navigli. Dopo una serie di incontri iniziati prima di Natale, giovedì le due associazioni dei commercianti di Buenos Aires e l' assessore ai Lavori pubblici Bruno Simini hanno trovato un accordo su un progetto di massima e già all' inizio del 2010 i lavori potranno iniziare. Costo dell' operazione: due milioni di euro. «Siamo partiti fotografando la situazione esistente - racconta Simini - e costruendo una serie di planimetrie metro per metro di tutto il corso che ora è molto disordinato: ci sono pali inutili, marciapiedi che si restringono e allargano continuamente, parcheggi in linea e a lisca, tavolini dei bar che intralciano il passaggio e asfalto dei marciapiedi molto rovinato. L' idea è quella di uniformare tutto il corso per favorire il passaggio dei pedoni ma anche delle auto». Prima di partire con il progetto definitivo l' assessore ha incontrato i rappresentati dei commercianti e dei residenti per raccogliere i loro suggerimenti. E ora, dopo mesi di confronti, si è arrivati a una sintesi. «Verranno rifatti tutti i marciapiedi sostituendo l' asfalto con la beola - continua Simini - . Toglieremo i parcheggi delle auto a lisca di pesce e inseriremo posti dedicati alle moto in modo da liberare i marciapiedi. Finiti i lavori delle infrastrutture partiranno quelli per la nuova illuminazione, come è già stato fatto per viale Monza». Luce bianca in sospensione anche sui marciapiedi ed eliminazione dei pali in eccesso. «Il progetto - aggiunge l' assessore alla Mobilità Edoardo Croci - renderà il traffico più fluido e sicuro. Allargheremo la carreggiata all' inizio del corso su piazza Oberdan dove ora c' è un imbuto che rallenta le auto e riporteremo tutti i parcheggi in linea. In questo modo i posti auto nelle strisce blu scenderanno da 130 a 100». Il progetto è stato accolto con soddisfazione dai commercianti. «Finalmente dopo anni di richieste il Comune ha deciso di intervenire - spiega Luigi Ferrario, presidente di Buenos Aires Futura, associazione che raccoglie anche professionisti che lavorano sul corso - . L' assessore ha raccolto tutti i nostri suggerimenti su come migliorare la via. È la prima volta che succede e mi sembra un ottimo risultato». «È un progetto che aspettiamo da tempo - gli fa eco Gabriel Meghnagi presidente di AscoBaires - . I marciapiedi di Buenos Aires sono disastrosi, pieni di pali doppi e tripli del tutto inutili e in alcuni punti troppo stretti per accogliere il flusso dei pedoni. Ora finalmente i bar potranno avere dei dehors decenti senza intralciare il passaggio». Per Carlo Montalbetti, consigliere comunale e storica voce dei comitati milanesi, però questa potrebbe essere l' occasione per rivedere anche la viabilità della zona «con scelte strategiche come la pedonalizzazione di alcune vie laterali al corso sul modello di via Spallanzani, che ha dato ottimi risultati. Ma è anche l' opportunità per piantare gli alberi chiesti da sempre da commercianti e residenti».
Teresa Montestiroli
La Repubblica
01-03-09, pagina 2 sezione MILANO




 

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