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Settimana del 26 Gennaio 2009

Dal 26.01.2009 al 04.02.2009

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld.it


Cinque archistar per l' Expo Una ha già vinto a Pechino
L' inventore dello stadio delle Olimpiadi di Pechino, quel "Nido d' uccello" che ha meravigliato in mondovisione. Ma anche il superconsulente dei prossimi Giochi di Londra 2012. Lo svizzero Jacques Herzog e l' inglese (ma con origini anche italiane) Richard Burdett sono due dei cinque archistar che Letizia Moratti arruolerà per inventare l' Expo a Rho-Pero. Insieme al milanesissimo Stefano Boeri. I cantieri per il 2015 sono lontani ma è già drammaticamente tardi per preparare il terreno. è adesso che si devono trovare le menti dell' Esposizione universale. Servirà proprio a questo la "Consulta degli architetti", un supercomitato di saggi che dovrà aiutare i manager della società speciale Expo 2015 a tradurre le oltre mille pagine del dossier di candidatura in un progetto che sappia camminare sulle proprie gambe. Questo raccontano le indiscrezioni raccolte dopo gli incontri del consiglio d' amministrazione della spa guidata da Diana Bracco e Paolo Glisenti. I contatti tra i membri del cda sono continuati anche ieri, alla vigilia della prima seduta formale che, oggi, dovrà invece tenersi per mettere almeno un punto fermo alle divisioni che continuano a esserci tra gli azionisti: nominare Paolo Glisenti amministratore delegato, e affidargli i poteri collegati. Il supercomitato di architetti l' ha proposto proprio Glisenti. Dovrà essere composto da cinque membri con un respiro decisamente internazionale: un architetto svizzero, un inglese, un italiano, uno spagnolo e un americano. Loro, gli archistar, non firmeranno l' Expo. Ma dovranno prepararlo: aiutando i tecnici a stendere le richieste del concorso internazionale che dovrà scegliere l' ideatore del masterplan di Rho-Pero, in pratica il padre della nuova area espositiva, colui che progetterà davvero quel milione di metri quadrati di padiglioni immersi nel verde promessi dal dossier di candidatura. Di ufficiale non c' è nulla, il sindaco Moratti e il suo braccio destro Paolo Glisenti vogliono fare il botto presentando davanti alle tv gli architetti il 5 febbraio quando per la prima volta la Consulta verrà a Milano. E visiterà Rho-Pero. Le voci raccolte nel consiglio d' amministrazione però dicono che la cinquina è già pronta. E si apre con lo svizzero Jacques Herzog, che in tandem con il collega Pierre De Meuron ha firmato l' invidiato stadio olimpico di Pechino, l' opera architettonica sicuramente più vista del 2008. Non solo: i due architetti svizzeri hanno vinto il Pritzker prize nel 2001, hanno firmato una lista notevole di progetti famosi compresa l' Allianz Arena di Monaco. L' architetto e urbanista inglese Richard Burdett, pronipote del sindaco di Roma Ernesto Nathan, è invece oggi uno degli advisor per le Olimpiadi di Londra, oltre ad aver diretto la decima Biennale di Venezia dedicata all'
architettura. Chiaro il senso del doppio arruolamento: chiamare a Milano chi ha già lavorato, o sta lavorando, ai due avvenimenti internazionali che precederanno l' Expo, le Olimpiadi di Pechino e quelle di Londra. Aggiungendoci anche chi conosce il territorio, come il milanese Stefano Boeri.
GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
26-01-09, pagina 2 sezione MILANO

PROGETTI «LE COPERTURE FINANZIARIE CI SONO». DOMANI L' INCONTRO CON GLI ABITANTI
Santa Giulia, riaprono i cantieri Il Comune: asili, strade e parcheggi
Masseroli promette: tutto pronto entro il 2009. Metrotranvia in forse Entro dicembre dovrebbero essere pronti anche il parco pubblico e la promessa «promenade commerciale»
«Si riparte». Il Comune va a tranquillizzare gli abitanti della nuova zona residenziale di Montecity-Rogoredo, dopo aver a sua volta preteso e ricevuto assicurazioni dai proprietari dell' area. E sono stati proprio i vertici di Risanamento a garantire che nel 2009 si tornerà a lavorare nei cantieri, molti dei quali oggi sono ancora fermi, e si potranno garantire alcuni servizi fondamentali alle famiglie che già vivono nelle case realizzate dalle cooperative. Domani l' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli farà un sopralluogo sul posto e incontrerà i comitati dei cittadini per fare il punto della situazione. Il cronoprogramma «presentato da Risanamento e che abbiamo verificato ha le necessarie coperture bancarie» prevede anzitutto la sistemazione della «maglia infrastrutturale» entro il settembre 2009: si tratta, insomma, delle vie che percorrono internamente il quartiere mettendo in collegamento i nuovi palazzi fra di loro e l' intera zona con il resto della città. Un necessità imprescindibile, visto che ancora oggi e chissà per quanto si cammina su strade che non ci sono e che, con due gocce di pioggia, diventano percorsi fangosi. Nell' ambito di questo tema, va fatto discorso a parte per la strada che collega all' asilo di via Bonfadini, cioè quello che i bambini di Santa Giulia sono e saranno costretti a frequentare, non essendo mai stato realizzato quello previsto nel progetto: «Nel giro di pochissimo tempo» verrà aperta via Pestagalli, che oggi non è percorribile e costringe i genitori a fare un lungo giro tornando sulla tangenziale Est. E l' asilo? Risanamento si impegna a consegnare la nuova struttura nel marzo 2010, cosa che, comunque, implicherebbe un altro anno scolastico di peregrinazione fra gli asili della zona, per altro già pieni. Altro problema per la zona è quello dei parcheggi: la struttura interrata verrà concluso nel dicembre 2009 e con altri pochi mesi di lavori, nel maggio 2010, sarà conclusa anche la sistemazione a verde della copertura del parcheggio. Sempre entro il dicembre 2009 si dovrebbero tagliare i nastri inaugurali della «promenade commerciale», cioè della via dei negozi fin dall' origine prevista nella parte più a Sud (verso la Paullese, insomma) di Santa Giulia, e del parco pubblico che dovrebbe alleggerire la zona dei palazzi delle cooperative. Nessuna certezza ancora sulla metrotranvia: nel senso, che «sono in corso di definizione le verifiche per il tracciato». Ma c' è chi dice, esasperato, che sarebbe già un passo in avanti avere le strade
Soglio Elisabetta
Pagina 5

(26 gennaio 2009) - Corriere della Sera

'Malpensa, ok alla terza pista'
«La Terza pista di Malpensa si farà». Parola dell' assessore regionale all' Urbanistica leghista Davide Boni, che alla vigilia dell' audizione in commissione Territorio del presidente di Sea Giuseppe Bonomi conferma: «Sto lavorando alle modifiche del secondo piano d' area, che terrà della valutazione di impatto ambientale. Malpensa come aeroporto è destinato comunque a crescere, hub o non hub. L' ampliamento ci sarà». Durissima la reazione dei Verdi. «Alla crisi determinata dalla pessima gestione del governo, di Formigoni e della Moratti della vicenda Cai-Alitalia - ribatte il consigliere regionale Carlo Monguzzi - non si può rispondere sacrificando altro prezioso territorio del Parco del Ticino, che alimenta peraltro un redditizio settore turistico. La terza pista non rappresenta neanche la soluzione al problema, non è cioè in grado al momento di sconfiggere Cai e di far tornare le compagnie straniere. Serve invece la rapida revisione degli accordi bilaterali per la liberalizzazione degli slot e un piano che sfrutti meglio le potenzialità del sistema aeroportuale lombardo». Proprio di questo si parlerà domani in Commissione. «Vogliamo capire innanzitutto come si sta muovendo Sea sugli slot e quale sarà lo scenario futuro di Malpensa - precisa il presidente Giovanni Bordoni di Forza Italia - Dal tema della terza pista al collegamento con gli altri aereoporti.
La Repubblica
27-01-09, pagina 9 sezione MILANO

PROGETTO E INTERROGATIVI APERTI
Addio interventi-spot Ma ora i restauri rispettino la storia
Ridotto a rudere nel Settecento, il Castello Sforzesco venne ricostruito «in stile» nel 1900 dall' architetto Luca Beltrami, che edificò anche la cosiddetta Torre del Filarete, mai esistita prima. Dopo diversi microinterventi, il Comune appare intenzionato ora a ridefinire in maniera più completa l' eterno work-in-progress del Castello (un secondo Duomo), che potrebbe/dovrebbe essere il fulcro delle collezioni milanesi e un polo attrattivo per turisti e cittadini; ma dipende da come lo si fa... Questa volta c' è stato un concorso d' architettura e Chipperfield è al secondo progetto per Milano. Ma il primo, il Museo delle culture all' Ansaldo, è solo agli inizi. L' assessore Simini afferma che restituirà alla città «un Castello completamente rinnovato nel 2011»: errore, bisogna adeguare all' uso una testimonianza storica, non rinnovarla completamente. Tre le linee di intervento: aprire più spazi al pubblico (bene), svecchiare gli allestimenti (punto controverso) e aprire nuovi servizi di accoglienza (vediamo come). Gli attuali allestimenti sono disomogenei e disorganici anche nei percorsi. Ma veniamo subito al punto: si ha il coraggio di sostituire lo storico e raffinato allestimento BBPR o no? Si rifarà la Sala degli Scarlioni dove, tra un sovraccarico di reperti in stile horror vacui, è collocata la Pietà Rondanini (non «Rondinini» come letto in una nota di presentazione)? Anni fa ci provò Alvaro Siza su proposta di Tadini a spostarla. Anche la Sala delle Asse di Leonardo non può stare vuota e senza spiegazioni, così come è ora. Finalmente si aprirà un ristorante, ma di «alta cucina»: vuol dire che si entrerà solo con la carta di credito gold? E gli altri cittadini? Credo che il Castello dovrebbe restare aperto con un bar-ristorante accessibile a tutti ogni sera, e anche con le sue collezioni il venerdì e il sabato (i sindacati capiscano il momento). Quanto a una nuova torre esterna, di per sé è ammissibile: il nuovo non deve assolutamente essere esiliato dalla città storica. Ma dipende da come sarà fatta. Per ora non si capisce. Pierluigi Panza
Panza Pierluigi
Pagina 5

(27 gennaio 2009) - Corriere della Sera

Sant’Ambrogio, si parte a Giugno. Simini: anche l’isola pedonale
Comincerà in ritardo, ma comincerà. A nulla sono valsi gli appelli dei residenti illustri del quartiere, gli stop della Sovrintendenza, le richieste di accertamenti. Entro giugno il cantiere per il parcheggio sotterraneo in piazza Sant´Ambrogio partirà. La notizia è arrivata ieri mattina, durante un sopralluogo dei consiglieri comunali delle commissioni Infrastrutture e Mobilità. A comunicarlo è stato Renzo Valtorta, della Direzione specialistica Parcheggi e responsabile del procedimento. L´assessore ai Lavori pubblici Bruno Simini conferma: «È tutto pronto. Il progetto, che ho ereditato e sul quale non mi metto a sindacare, è finalmente libero da ostacoli. I residenti che si oppongono si rassegnino. Ma sono pronto a discutere la pedonalizzazione dell´intera piazza, con accesso riservato ai residenti e ai clienti dell´autosilo». Una proposta, questa dell´isola pedonale, che non placa le proteste. Cini Boeri, architetto, del comitato contro il parcheggio, è indignata: «Non c´è niente che possa convincerci sull´utilità di questo progetto, uno scempio in un luogo storico che andrebbe tutelato e valorizzato, invece che trattato come un´area qualsiasi solo per fini speculativi». Il cantiere durerà due anni. Il nuovo progetto prevede un piano interrato in più, rispetto ai quattro precedentemente in programma, con la realizzazione di circa 200 posti auto a rotazione e 320 box per residenti. Il progetto sarà presentato al consiglio di Zona 1, nella seduta in programma stasera. L´assessore Simini aggiunge: «Questo quartiere ha bisogno di posti auto, abbiamo già una lista enorme di prenotazioni. Chi non lo chiede e manifesta contro è probabilmente perché ha il box condominiale. E quella lettera spedita al cardinale e al sindaco, molti l´hanno firmata senza nemmeno essere informati». Accuse che il comitato respinge con stizza: «Che atteggiamento arrogante», commenta la Boeri, che si chiede come mai l´abate di Sant´Ambrogio non abbia speso nemmeno una parola contro il progetto. Simini ha la sua interpretazione: «Monsignor De Scalzi è d´accordo con me. Meglio fare i lavori, piuttosto che lasciare ancora la piazza in quelle condizioni». La consigliere Pd di Zona 1, Francesca Castelbarco accusa: «Per noi resta un parcheggio inutile e un pericolo per le strutture della basilica. I prezzi dei box sono arrivati a 100mila euro». Su proposta del capogruppo dei Verdi, Maurizio Baruffi, tutti i consiglieri comunali della commissione (compreso il presidente Vincenzo Giudice, Pdl) chiedono un organismo di controllo sulla trasparenza i lavori che partiranno a giugno «data l´unicità di questo parcheggio, accanto a monumenti così importanti». Ma Simini replica: «Non ce n´è bisogno, abbiamo vinto il premio Onu per la trasparenza. È una richiesta fuori luogo». Giornata romana di incontri a Palazzo Chigi per il sindaco Letizia Moratti e il governatore Roberto Formigoni sul tema Expo 2015. Dopo l´ennesima fumata nera sulla nomina di Paolo Glisenti ad amministratore delegato di Expo 2015 spa. In programma, un vertice con il premier Silvio Berlusconi, che però ieri è rimasto bloccato a Milano da un raffreddore, e i ministri economici. Di sicuro sarà presente il sottosegretario Gianni Letta. «Le questioni vanno risolte rapidamente. Ne parleremo con Berlusconi» - ha assicurato ieri Formigoni. Il sindaco, invece ha assicurato che «gli annunciati finanziamenti privati non sostituiranno comunque quelli pubblici dello Stato». Nel pomeriggio, la Moratti e il ministro allo Sviluppo Economico Claudio Scajola firmeranno un accordo un accordo tra la società che organizzerà l´esposizione, il governo e l´istituto per il commercio estero.
Zita Dazzi
La Repubblica
28-01-09, pagina 4 sezione MILANO


DISPUTE L' URBANISTA ISRAELIANO CONTRO LE COSTRUZIONI CON FINI POLITICI. STEFANO BOERI: È SEMPRE POSSIBILE RISPETTARE IL TERRITORIO
Architettura, un' arte di guerra
Eyal Weizman denuncia «gli insediamenti come occupazione» L' incontro Domani a Bologna un confronto fra tesi diverse durante la prima giornata del festival «Urbania»
La teoria è semplice: dovunque ci siano insediamenti controllati, che siano resort turistici oppure campi profughi, lì l' architettura diventa in qualche modo un' architettura militare, un' architettura di occupazione. E dunque Sharm El-Sheikh e le «gated communities» lungo i confini tra gli Stati Uniti e il Messico, i «fortini» del G8 e i campi di permanenza per clandestini. Anche se tutto sembra trovare la migliore esemplificazione «nei territori occupati della Palestina, dove le opere d' architettura interpretano la stessa politica di espansione dello Stato israeliano, tanto che ai soldati vengono insegnati i primi rudimenti di edilizia e urbanistica per poter seguire al meglio queste indicazioni». Qualche esempio: l' insediamento di Migron, cinque chilometri a Nord di Gerusalemme, o i villaggi di Ein Yabrud e Burka. Questa, almeno, è l' opinione dell' architetto israeliano (nato ad Haifa nel 1970 ma da tempo trapiantato a Londra) Eyal Weizman, saggista e direttore del Centre for Research Architecture del Goldsmith College, un «personaggio contro», che ha più volte dichiarato «di aver scelto lo studio dell' urbanistica come mezzo per raccontare la tragedia politica della popolazione palestinese». Per lui, oltretutto, «si parla di occupazione, in ogni situazione in cui si operi una riorganizzazione dello spazio, sia che si tratti di costruzione o di distruzione». E dunque dalle case dei coloni alle strade «create nei territori occupati a beneficio soltanto degli occupanti, fino al continuo riposizionamento del muro che divide Israele dai territori palestinesi». Nel suo nuovo libro (Hollow Land, che uscirà a marzo in Italia da Bruno Mondadori con il titolo Terra vacua, pp. 288, 25) ha raccontato tutto questo: «per far capire - dice Weizman - come gli intonaci, le tegole, le cave di pietra, i sistemi di illuminazione stradale urbani ed extra-urbani, l' ambigua architettura degli alloggi, la forma degli insediamenti e la loro organizzazione, le fortificazioni e le recinzioni non siano altro che strumenti di una stessa subdola strategia di controllo, un modo per escludere il più possibile i palestinesi dal territorio». Weizman è categorico quando parla del Muro: «È la rappresentazione di un idea politica - spiega -, che cerca disperatamente di separare l' inseparabile. In qualche modo è la rappresentazione di un incubo degno di Edgard Allan Poe o di Jules Verne». Ci sono soluzioni? «Certo, la decolonizzazione di certe aree, per farle diventare veri e propri laboratori di ricerca e di convivenza». A questo proposito Weizman cita il lavoro di un gruppo definito «Decolonizing Architecture»: «Lavora sullo smantellamento di tutte le strutture di dominazione, siano esse finanziarie o militari». Ma quale è il pericolo maggiore dell' architettura oggi, anche di quella di pace? «Escludere, disgregare, rimuovere». Creando enclave, spazi chiusi e controllati, destinati ad accogliere i clandestini oppure i grandi ricchi. Niente di nuovo, dice Weizman: «L' avevano fatto a suo tempo gli antichi romani». Di tutto questo Eyal Weizman parlerà domani (alle 12) a Bologna, nell' ambito della prima giornata di «Urbania», il quarto festival internazionale di urbanistica in programma a Bologna dedicato quest' anno a «L' inferno e il paradiso delle città». Con lui ci saranno (oltre a Gianluigi Ricuperati di «Abitare» e a Fabrizio Gallanti) Alessandro Petti autore di Arcipelaghi e enclave. Architettura dell' ordinamento spaziale contemporaneo (Bruno Mondadori) e Ferruccio Sansa che ha firmato con Marco Preve il pamphlet Il partito del cemento (Chiarelettere, 12mila copie vendute) dedicato allo scempio edilizio in Liguria: «Weizman parla di un paese in guerra. Ma le analogie con l' Italia rimangono. Anche da noi il potere, in tutte le sue forme, si serve dell' architettura per occupare fisicamente lo spazio, per appropriarsene e per imporre la propria volontà. E per farlo si serve talvolta di grandi architetti. La scelta di Fuksas per il grattacielo di Savona è la classica foglia di fico: chi mai vorrebbe mettersi contro al progetto di una simile star? Meno male che stavolta i cittadini si sono ribellati». Anche Stefano Boeri, uno dei progettisti degli spazi del prossimo G8 alla Maddalena (dovrebbe essere tutto pronto alla fine di maggio) concorda con questo rischio di «occupazione forzata»? «È sempre possibile rispettare il territorio. L' importante è non creare strutture avulse, che rimangano estranee e spesso inutilizzate. A La Maddalena, il giorno dopo la fine del G8, tutto potrà tornare come prima». Personaggi Eyal Weizman (foto) è uno dei protagonisti di «Urbania» (da domani a sabato 31) in programma a Bologna (www. urbaniafestival.it).Tra gli altri appuntamenti, la lectio magistralis di Jeremy Rifkin (sabato 31, ore 21, Auditorium Enzo Biagi)
Bucci Stefano
Pagina 33
(28 gennaio 2009) - Corriere della Sera


Regione, parchi a rischio cemento
Nuovo allarme sul destino dei parchi e delle aree verdi delle città lombarde. Dopo lo stop del consiglio regionale che ha rispedito circa un anno fa in commissione Ambiente la proposta di legge sui parchi sostenuta dal centrodestra, sembra che un nuovo pericolo si stia per abbattere su aree finora protette. Quello dell' arrivo di una nuova colata di cemento. Ieri il relatore del progetto di legge sulla riforma delle aree protette, il consigliere regionale di Forza Italia Giuseppe Giammario, ha illustrato il nuovo testo. Spicca all' articolo 8, tra l' altro, che se è vero che «la giunta regionale nella fase istruttoria del coordinamento del parco o delle sue varianti garantirà il confronto tra l' ente gestore e il Comune, in caso di conflitto tra un parco e un ente locale, l' ultima parola spetterà al Pirellone». Senza contare che in futuro spetterà sempre alla giunta anche la nomina dei nuovi presidenti dei parchi. Il provvedimento sarà discusso in aula nelle prossime settimane, ma i Verdi e le associazioni ambientaliste stanno già affilando le armi. Oggi il 20 per cento del territorio regionale è incluso in aree protette, il doppio della media nazionale. Si tratta di 550mila ettari di suolo lombardo, suddivisi in 22 parchi regionali, 63 riserve naturali, 29 monumenti naturali, 81 parchi locali di interesse sovracomunale. Aree che, almeno sulla carta, finora sono state sottratte alla speculazione edilizia. E che attualmente sono destinate alla conservazione della natura, all' agricoltura e al turismo. «Una deregulation urbanistica sarebbe la capitolazione totale rispetto agli interessi legati al cemento», denuncia il presidente di Legambiente Damiano Di Simine. Mentre il verde Carlo Monguzzi e Pippo Civati del Pd invitano «a una nuova grande mobilitazione come fu quella contro l' emendamento ammazza-parchi». Non saranno risparmiate nemmeno le cosiddette aree standard delle città. Ovvero le aree che in base al vecchio Piano regolatore dovevano essere destinate al verde o alla costruzione di servizi sociali come asili o uffici comunali. Scaduto il termine di cinque anni senza che quelle funzioni siano realizzate, i Comuni potranno farne ciò che vogliono. A patto di utilizzarle per nuova edilizia popolare. Housing sociale, come l' ha definito ieri l' assessore comunale al Territorio Carlo Masseroli che ha annunciato il via libera del Comune a giorni. Il suo collega al Pirellone, il leghista Davide Boni, non è contrario, ma pone dei paletti: «I Comuni avranno a disposizione un altro anno per completare i Piani di governo del territorio. Per quelli che hanno un bisogno abitativo elevato come Milano si potranno utilizzare anche aree attualmente destinate a verde e parcheggi. Ma solo nella fase transitoria. In quella di applicazione dovranno assicurare un supporto effettivo di spazi adeguati al verde e ai giochi per l' infanzia». «La Lombardia - ricorda l' assessore regionale alla Casa Mario Scotti - deve rispettare i limiti nazionali di 18 metri quadri per abitante». Ma i tecnici del Pirellone fanno notare che vista l' enorme dotazione di aree standard non utilizzate da Milano, la colata di cemento ci sarà.
ANDREA MONTANARI
La Repubblica
29-01-09, pagina 7 sezione MILANO

Isola, sotto sequestro la torre di Ligresti
Un centro benessere da 900 metri quadri spacciato per «area di pertinenza» e costruito senza il necessario via libera. Parcheggi che sostituiscono l' area destinata al quartiere. Autorizzazioni e varianti che non rispettano le norme urbanistiche vigenti. La sezione di polizia giudiziaria della procura e i militari del nucleo di polizia tributaria hanno sequestrato lo stabile in costruzione in via De Castilla 23, nel quartiere Isola. Con un decreto di sequestro di quattro pagine, il gip Anna Maria Zamagni ha accolto le conclusione dell' inchiesta aperta nei mesi scorsi dai pm Frank Di Maio e Paola Pirrotta. Contestualmente sono stati consegnati 5 avvisi di garanzia ai due responsabili della società che ha commissionato i lavori, la «Immobiliare costruzioni spa» (la "Im. co" riconducibile al gruppo dell' imprenditore Salvatore Ligresti), al responsabile della ditta costruttrice, al direttore dei lavori e al progettista. Tutti sono indagati «per avere realizzato l' immobile in assenza di valido titolo». Secondo la tesi della procura, contro gli indagati è configurabile «il dolo quanto meno con riferimento al mancato conteggio nella superficie lorda di pavimento del piano adibito a centro fitness al fine di ottenere un edificio dalla reale consistenza decisamente superiore rispetto alla capacità edificatoria consentita». L' area interessata è da anni al centro di mire speculative, come lo stesso gip ricorda nel decreto. Una vicenda che risale addirittura al 1989, quando l' allora amministrazione di Palazzo Marino diede l' autorizzazione a costruire: ma solo anni dopo una prima inchiesta della magistratura annullò l' iter, scoprendo che il progetto era stato avallato solo grazie al pagamento di mazzette. Nel 2001 le pratiche ripartirono, ma questa volta a ribellarsi ai cantieri nel quartiere Isola furono i cittadini, riuniti nel comitato I Mille, che protestavano per la mancanza del rispetto delle zone verdi del quartiere. Il Tar, in prima istanza, aveva riconosciuto la validità del ricorso, ma il Consiglio di Stato, pochi mesi dopo, fece franare le speranze degli abitanti. Nel 2006 il progetto si è rimesso in marcia. Fino a ieri, quando è arrivato il sequestro. L' indagine dovrà stabilire esattamente cosa possa sorgere sull' area di via De Castilla 23. Critiche aspre, dopo il provvedimento della magistratura, arrivano dall' assessore comunale all' Urbanistica, Carlo Masseroli: «Mi auguro - dice - che in questo momento di grande sviluppo per la città non ci sia un continuo "stop and go" alimentato non certo dalla magistratura ma da qualche comitato che preferisce una Milano ferma rispetto a una metropoli in movimento. Questa io la chiamo dittatura dei comitati, che va a discapito della democrazia». Ribatte Augusta Signorini, rappresentante del comitato I Mille: «I processi di trasformazione della città sono inevitabili, ma non altrettanto la realizzazione di migliaia di metri cubi con edifici, anche se "eco-compatibili", l' eliminazione di spazi verdi già presenti, la trasformazione di un quartiere storico così particolare di riconosciuta vivibilità. Sono otto anni che ci battiamo per vedere rispettato un nostro diritto - continua la Signorini - Abbiamo avviato incontri con le istituzioni e con il costruttore nel 2001. Da allora il nostro quartiere si trova al centro di tre diversi progetti e noi siamo "cantierizzati" con tutti i disagi del caso. La nostra richiesta è solo vedere riconosciuto il diritto al rispetto delle zone verdi. Ora aspettiamo l' esito del lavoro della procura». La «Imco», dal canto suo, con una nota rivendica la bontà dell' intervento: «Confidiamo che le autorità competenti possano accertare in tempi rapidi la correttezza del nostro operato e quindi procedere al dissequestro dell' immobile». Un centro benessere da 900 metri quadri spacciato per «area di pertinenza» e costruito senza il necessario via libera. Parcheggi che sostituiscono l' area destinata al quartiere. Autorizzazioni e varianti che non rispettano le norme urbanistiche vigenti. La sezione di polizia giudiziaria della procura e i militari del nucleo di polizia tributaria hanno sequestrato lo stabile in costruzione in via De Castilla 23, nel quartiere Isola. Con un decreto di sequestro di quattro pagine, il gip Anna Maria Zamagni ha accolto le conclusione dell' inchiesta aperta nei mesi scorsi dai pm Frank Di Maio e Paola Pirrotta. Contestualmente sono stati consegnati 5 avvisi di garanzia ai due responsabili della società che ha commissionato i lavori, la «Immobiliare costruzioni spa» (la "Im. co" riconducibile al gruppo dell' imprenditore Salvatore Ligresti), al responsabile della ditta costruttrice, al direttore dei lavori e al progettista. Tutti sono indagati «per avere realizzato l' immobile in assenza di valido titolo». Secondo la tesi della procura, contro gli indagati è configurabile «il dolo quanto meno con riferimento al mancato conteggio nella superficie lorda di pavimento del piano adibito a centro fitness al fine di ottenere un edificio dalla reale consistenza decisamente superiore rispetto alla capacità edificatoria consentita». L' area interessata è da anni al centro di mire speculative, come lo stesso gip ricorda nel decreto. Una vicenda che risale addirittura al 1989, quando l' allora amministrazione di Palazzo Marino diede l' autorizzazione a costruire: ma solo anni dopo una prima inchiesta della magistratura annullò l' iter, scoprendo che il progetto era stato avallato solo grazie al pagamento di mazzette. Nel 2001 le pratiche ripartirono, ma questa volta a ribellarsi ai cantieri nel quartiere Isola furono i cittadini, riuniti nel comitato I Mille, che protestavano per la mancanza del rispetto delle zone verdi del quartiere. Il Tar, in prima istanza, aveva riconosciuto la validità del ricorso, ma il Consiglio di Stato, pochi mesi dopo, fece franare le speranze degli abitanti. Nel 2006 il progetto si è rimesso in marcia. Fino a ieri, quando è arrivato il sequestro. L' indagine dovrà stabilire esattamente cosa possa sorgere sull' area di via De Castilla 23. Critiche aspre, dopo il provvedimento della magistratura, arrivano dall' assessore comunale all' Urbanistica, Carlo Masseroli: «Mi auguro - dice - che in questo momento di grande sviluppo per la città non ci sia un continuo "stop and go" alimentato non certo dalla magistratura ma da qualche comitato che preferisce una Milano ferma rispetto a una metropoli in movimento. Questa io la chiamo dittatura dei comitati, che va a discapito della democrazia». Ribatte Augusta Signorini, rappresentante del comitato I Mille: «I processi di trasformazione della città sono inevitabili, ma non altrettanto la realizzazione di migliaia di metri cubi con edifici, anche se "eco-compatibili", l' eliminazione di spazi verdi già presenti, la trasformazione di un quartiere storico così particolare di riconosciuta vivibilità. Sono otto anni che ci battiamo per vedere rispettato un nostro diritto - continua la Signorini - Abbiamo avviato incontri con le istituzioni e con il costruttore nel 2001. Da allora il nostro quartiere si trova al centro di tre diversi progetti e noi siamo "cantierizzati" con tutti i disagi del caso. La nostra richiesta è solo vedere riconosciuto il diritto al rispetto delle zone verdi. Ora aspettiamo l' esito del lavoro della procura». La «Imco», dal canto suo, con una nota rivendica la bontà dell' intervento: «Confidiamo che le autorità competenti possano accertare in tempi rapidi la correttezza del nostro operato e quindi procedere al dissequestro dell' immobile». Un centro benessere da 900 metri quadri spacciato per «area di pertinenza» e costruito senza il necessario via libera.
Parcheggi che sostituiscono l' area destinata al quartiere. Autorizzazioni e varianti che non rispettano le norme urbanistiche vigenti. La sezione di polizia giudiziaria della procura e i militari del nucleo di polizia tributaria hanno sequestrato lo stabile in costruzione in via De Castilla 23, nel quartiere Isola. Con un decreto di sequestro di quattro pagine, il gip Anna Maria Zamagni ha accolto le conclusione dell' inchiesta aperta nei mesi scorsi dai pm Frank Di Maio e Paola Pirrotta. Contestualmente sono stati consegnati 5 avvisi di garanzia ai due responsabili della società che ha commissionato i lavori, la «Immobiliare costruzioni spa» (la "Im. co" riconducibile al gruppo dell' imprenditore Salvatore Ligresti), al responsabile della ditta costruttrice, al direttore dei lavori e al progettista. Tutti sono indagati «per avere realizzato l' immobile in assenza di valido titolo». Secondo la tesi della procura, contro gli indagati è configurabile «il dolo quanto meno con riferimento al mancato conteggio nella superficie lorda di pavimento del piano adibito a centro fitness al fine di ottenere un edificio dalla reale consistenza decisamente superiore rispetto alla capacità edificatoria consentita». L' area interessata è da anni al centro di mire speculative, come lo stesso gip ricorda nel decreto. Una vicenda che risale addirittura al 1989, quando l' allora amministrazione di Palazzo Marino diede l' autorizzazione a costruire: ma solo anni dopo una prima inchiesta della magistratura annullò l' iter, scoprendo che il progetto era stato avallato solo grazie al pagamento di mazzette. Nel 2001 le pratiche ripartirono, ma questa volta a ribellarsi ai cantieri nel quartiere Isola furono i cittadini, riuniti nel comitato I Mille, che protestavano per la mancanza del rispetto delle zone verdi del quartiere. Il Tar, in prima istanza, aveva riconosciuto la validità del ricorso, ma il Consiglio di Stato, pochi mesi dopo, fece franare le speranze degli abitanti. Nel 2006 il progetto si è rimesso in marcia. Fino a ieri, quando è arrivato il sequestro. L' indagine dovrà stabilire esattamente cosa possa sorgere sull' area di via De Castilla 23. Critiche aspre, dopo il provvedimento della magistratura, arrivano dall' assessore comunale all' Urbanistica, Carlo Masseroli: «Mi auguro - dice - che in questo momento di grande sviluppo per la città non ci sia un continuo "stop and go" alimentato non certo dalla magistratura ma da qualche comitato che preferisce una Milano ferma rispetto a una metropoli in movimento. Questa io la chiamo dittatura dei comitati, che va a discapito della democrazia». Ribatte Augusta Signorini, rappresentante del comitato I Mille: «I processi di trasformazione della città sono inevitabili, ma non altrettanto la realizzazione di migliaia di metri cubi con edifici, anche se "eco-compatibili", l' eliminazione di spazi verdi già presenti, la trasformazione di un quartiere storico così particolare di riconosciuta vivibilità. Sono otto anni che ci battiamo per vedere rispettato un nostro diritto - continua la Signorini - Abbiamo avviato incontri con le istituzioni e con il costruttore nel 2001. Da allora il nostro quartiere si trova al centro di tre diversi progetti e noi siamo "cantierizzati" con tutti i disagi del caso. La nostra richiesta è solo vedere riconosciuto il diritto al rispetto delle zone verdi. Ora aspettiamo l' esito del lavoro della procura». La «Imco», dal canto suo, con una nota rivendica la bontà dell' intervento: «Confidiamo che le autorità competenti possano accertare in tempi rapidi la correttezza del nostro operato e quindi procedere al dissequestro dell' immobile».
EMILIO RANDACIO

La Repubblica
30-01-09, pagina 4 sezione MILANO


Perché nel mondo è un capolavoro
Ha da poco compiuto 50 anni ma ne dimostra il doppio e mentre il MoMA di New York ne espone con successo la versione virtuale del suo modello in scala, la periferia di Milano ne ospita con insofferenza l' originale, invecchiato e corroso dal tempo come un Colosseo dei poveri. Era il 1957 quando l' Istituto Marchiondi aprì spazi invasi di luci e di colori squillanti ai "ragazzi difficili" della celebre istituzione fondata nel XIX secolo nell' omonimo edificio dietro piazza Cardinal Ferrari. SEGUE DALLA PRIMA DI MILANO L' edificio fu bombardato durante la Seconda guerra mondiale e l' area fu riedificata e destinata ad altri scopi, mentre l' istituto veniva espulso dal centro storico e trasferito in periferia a Baggio, con la denominazione Marchiondi Spagliardi. L' edificio fu pensato e realizzato sotto la cura dell' architetto Vittoriano Viganò (1919-1996), vincitore del concorso con un progetto di grande respiro sociale, che non prevedeva la mole segregata di un riformatorio, ma una "scuola di vita". In un momento come il nostro, in cui il controllo sociale sembra passare solo per la segregazione e il controllo poliziesco, si comprende la difficoltà ad amare un edificio che aboliva per la prima volta le sbarre del riformatorio e offriva agli allievi lo scenario di un intorno civile e di spazi interni che esaltavano, senza vergognarsene, l' idea di comunità e di collettività democratica. Ai traumi sociali e personali dei ragazzi, Viganò contrapponeva l' espressione di una forte energia, quasi che i toni spavaldi della struttura a vista in cemento armato (con la collaborazione dell' ingegner Zorzi) e delle scale in ferro dipinte di rosso acceso, fossero un grido gioioso di vitalità e di fede nel futuro più che un urlo contro le ingiustizie e le sofferenze di ciascuno. «Chi ha veramente compreso il Marchiondi - disse in seguito Viganò - non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l' entusiasmo con cui presero immediato possesso delle attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti». E aveva ragione, almeno in parte. Trascurato in patria (in Italia elogi solo da Zevi e Ponti, nell' assordante silenzio di "Casabella"), il capolavoro del giovane architetto milanese fece subito il giro del mondo: "L' architecture d' aujourd' hui", tra il 1956 e il 1958, lo pubblicò quattro volte, ma presto lo resero noto a un pubblico internazionale le più blasonate riviste inglesi e americane, mentre già il suo mito tracimava nei Dizionari e nelle Storie dell' architettura moderna. Fino a quando nel 1966 il critico inglese Reyner Banham lo indicò come l' unico esempio italiano della corrente architettonica del Brutalismo, il movimento sviluppatosi dall' estetica del "beton brut", calcestruzzo grezzo, negli anni 50 in risposta "all' informale" e all' art brut di Debuffet. Contro il manierismo razionalista ridotto ormai a professione, il brutalismo rivendicava la "rozza poesia" della nuova società democratica di massa: una libertà di violenta espressione in cui condensare la forza etica di architetti che volevano tornare ad essere anzitutto cittadini.
FULVIO IRACE
La Repubblica
31-01-09, pagina 9 sezione MILANO


 




 



 




 

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