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Una vita disciplinata

Dal 22.01.2009 al 22.01.2010

Recensione della presentazione alla Triennale ad un pubblico di amici, colleghi e studenti, dell'ultimo libro di Giorgio Grassi

 

Presentato martedì 20 gennaio alla Triennale il volume edito da Franco Angeli

UNA VITA DA ARCHITETTO

di Giorgio Grassi


presenti, con l'Autore:

Luca Ortelli
ordinario di progettazione all'Ecole Politecnique Federale di Lausanne

Luciano Patetta
ordinario di storia dell'architettura al Politecnico di Milano

Franco Purini
ordinario di composizione architettonica alla Sapienza di Roma

 

Approdato per la prima volta alla Triennale di Milano, Giorgio Grassi, affiancato dagli amici Luciano Patetta, Franco Purini e Luca Ortelli, ha presentato ad un pubblico di altrettanti amici, colleghi e studenti il suo ultimo libro, Una vita da architetto, edito da Franco Angeli.

La discussione, dato il carattere marcatamente autobiografico del testo che veniva presentato, ha riguardato il rapporto di Giorgio Grassi con l’architettura, con la sua costruzione, con il suo significato e con il suo insegnamento. Il tema dell’architettura in relazione al tempo ed al luogo della sua costruzione è stato uno dei più dibattuti.

Luciano Patetta ha sottolineato subito come la ricerca dell’architettura com’era sia sempre stata una costante del lavoro di Grassi, nel suo accostarsi a dei modelli di riferimento precisi in ogni suo progetto e a dei maestri, di volta in volta individuati soprattutto nelle figure di Loos, Tessenow, Hilberseimer, Alberti e Piero della Francesca.

Il tema del tempo dunque è stato individuato da Franco Purini come il punto di riferimento primo del lavoro di Giorgio Grassi, considerandolo uno dei punti di contatto, anche se con accezioni diverse e talvolta contrastanti, nell’operato dei due colleghi.

Il riferimento al luogo e non tanto al tempo, ad un Ort ohne Zeit insomma, ribaltando quanto sostenuto da Purini, è stato invece sottolineato da Luca Ortelli come il momento di vero confronto: il luogo insomma, la città, come condizione imprescindibile e come primo termine di paragone del mestiere dell’architetto.

Larga parte della discussione ha inoltre avuto come temi centrali quelli del rapporto di Giorgio Grassi con la scuola, con l’insegnamento dell’architettura e dunque con lo studio di essa, ma anche della condizione in cui versano oggigiorno l’architettura e le nostre città.

Nelle ultime pagine del suo testo, come sottolinea Luca Ortelli, Giorgio Grassi si riferisce alle condizioni disastrose dell’architettura e della città di oggi, sottolineando come gli stessi architetti, impegnati in una sperimentazione tout court,  ne siano i primi responsabili, sentendosi, come affermato da Franco Purini, legittimati da un iper-realismo che forse non esiste.

E la scuola, quella stessa con la quale Giorgio Grassi intrattiene da sempre dei rapporti difficili e travagliati, in questo contesto, ha giocato, e continua a giocare, un ruolo predominante, non riuscendo a porsi come un centro di studio e di ricerca sui temi fondativi dell’architettura.
La scuola, quella in cui sostiene di essere capitato per caso, è dunque per Grassi quella che riesce a fare insieme ai suoi pochi studenti, con i quali condivide lo stesso modo di intendere l’architettura e gli stessi problemi che essa pone quotidianamente, nella speranza che ci sia, come gli augura Luciano Patetta, almeno uno tra i suoi allievi che abbia capito, condiviso e fatto proprio il suo insegnamento, ma che non faccia gli stessi progetti che fa il maestro.

Cecilia Fumagalli

 

 

 

 

 

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