Caricamento...

Settimana del 29 Settembre

Dal 06.10.2008 al 08.10.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia

Roma vs Milano, confronto sull'architettura
La differenza è nel mercato: pubblico nella capitale, privato a Milano

Negli ultimi cinque-dieci anni, sia Milano che Roma si sono sforzate di produrre architetture di qualità, dopo anni di fiacca. Anche se lo sforzo non ha dato gli immediati risultati auspicati, non si può certo dire che sia stato vano. I due volumi che ho scritto e curato su queste città (Milano nel 2005, Roma nel 2008) documentano ciò che di qualità questo sforzo ha prodotto, in quanto a realizzazioni e a progetti in corso. I volumi documentano una stagione di architettura italiana post teorica e post muro di Berlino, una stagione che ha visto da un lato l'emergere di una giovane generazione iperattiva e affascinata dai rendering al computer e dall'altro una crescente apertura all'architettura straniera (con un po' di nostra invidia). I due volumi, uno rosso e uno oro, sono simili a guide e non si occupano, se non implicitamente, di urbanistica e di interni. Le differenze tra l'architettura odierna di Milano e Roma sono meno scontate di quanto si possa pensare. Non sono più le differenze degli anni Cinquanta e Sessanta, quando gli attori non erano gli stessi; esistevano scuole regionali in quegli anni, e queste erano abbastanza impermeabili alle contaminazioni. A Milano, in quegli anni, si consumava il dibattito sulle preesistenze e sul contesto come generatori di una nuova attenzione, e gli architetti di riferimento erano Rogers, Gardella, Albini. A Roma invece si consumava l'onda lunga dell'architettura monumentale del Fascismo, con Moretti, Libera e Piacentini.
Sebastiano Brandolini
Il Sole 24Ore Progetti e Concorsi
30-09-2008

No alle archistar, sono nichiliste
Stile e progetti non rispettano la geometria naturale. L'uso dei media

È entrata nel vivo l'aspra battaglia contro il predominio delle forme e delle dimensioni inumane nei progetti architettonici dell'avanguardia. Oggi è finalmente chiara la tattica usata nel mondo delle archistar: non si parla più di architettura e neppure di urbanistica. Semplicemente, il dibattito si articola, ormai, su scelte di fondo che riguardano tutti: il localismo sostenibile contro la globalizzazione, un concetto di vita umana fondata su un rapporto armonico con l'ambiente contro l'incubo industrializzato basato su un folle consumo di energia.
In questo momento è necessario opporsi contro la "religione del nichilismo" o, per essere precisi, ci dobbiamo sforzare di proteggere la nostra società e l'eredità della cultura umana dall'invasione del "nichilismo architettonico". Non è affatto facile.
Nikos A. Salingaros
Il Sole 24Ore
02-10-2008


Mario Botta «Così uso materiali duraturi ed ecologici»
«La rivincita della pietra sull' architettura virtuale»

MILANO - A Venezia la Biennale di Architettura propone una mostra intitolata «Beyond architecture» tutta pixel e immagini virtuali. A pochi chilometri, a Verona, una rassegna sull' uso contemporaneo del marmo, uno dei materiali lapidei più antico e durevole. C' è qualche contraddizione? «La Biennale di Aaron Betsky ha spostato i termini di discussione, andando oltre l' architettura, in uno spazio immateriale. La fiera sulla pietra e sul marmo rappresenta la rivincita su un' architettura virtuale e globalizzata», risponde Mario Botta, uno dei progettisti viventi che meglio ha saputo coniugare l' uso di materiali lapidei e argillosi a un segno contemporaneo. «Decontestualizzando l' architettura, come ha fatto la Biennale, incontri altre discipline, ma la disciplina perde la sua natura, cioè il senso del costruito: il pensiero non diventa pietra. La pietra è espressione di un costruire che si radica nell' ambiente locale, perché la pietra è un pezzo di terra». Ma costruire in pietra non è un guardare indietro? «È una diversa risposta alla contemporaneità. La pietra assicura un equilibrio ecologico alla costruzione e una diversa idea di durata, che si oppone all' effimero dell' architettura globalizzata. I materiali "antichi" sono concorrenziali anche economicamente, perché diventano belli con il tempo e si conservano. Vetro e alluminio, invece, invecchiano male». Ma non è una rinuncia all' adozione di un linguaggio contemporaneo? «Bisogna saper declinare i materiali lapidei in un linguaggio figurativo contemporaneo. Dico no a nostalgie. Ma faccio notare che, fino agli anni ' 70 e ' 80, i grandi grattacieli di Chicago erano tutti rivestiti in pietra». In tutto il Veneto si stanno celebrando i 500 anni dalla nascita di Palladio: che cosa ci può insegnare il grande architetto veneto a proposito del rapporto tra materiali e modernità? «Palladio insegna che nella grande architettura c' è tensione tra costruzione e paesaggio; non si può costruire in ogni parte del mondo come se fossimo sempre a Dubai! E invece oggi si tende a farlo». Ma Palladio è stato proprio il primo architetto «globale»; la sua architettura in pietra è stata riproposta dovunque nel mondo... «Ma quando viene esportato mostra che la sua grandezza non è determinata dalle forme pure, ma nella relazione tra forma, materia e paesaggio. La Rotonda ha quattro facce che rispondono a quattro diversi paesaggi. La nostra tradizione fa del contesto un elemento fondamentale: i nuovi materiali no». Lei usa spesso la pietra. Qual è il suo rapporto con questi materiali? «La pietra non è un materiale facilmente malleabile, esige rigore. È un materiale esigente, più del calcestruzzo e del cotto. La pietra richiede autodisciplina perché l' essenzialità diventa fondamentale per dare vita al materiale stesso». Ma ha senso proporre oggi la «durevolezza» di un' architettura come un valore? «Si vive in città costruite e vissute da estinti. Ma più c' è memoria più ci troviamo meglio in queste città. Ci piace vivere nei centri storici, che non sono stati pensati per noi, ma sono durati fino a noi. Le pietre e il marmo delle costruzioni dei centri storici dimostrano di essersi caricati di valore nel tempo. E di questo valore storico abbiamo bisogno per vivere. La città europea non è una semplice funzione, ma uno scrigno di valori. Per questo non deve far paura la durevolezza della pietra».
Panza Pierluigi
Pagina 33
(2 ottobre 2008) - Corriere della Sera


Alleanza pubblico-privato per abitare a costi più bassi
Si chiamava casa popolare, ora si parla di housing sociale. Dal tramonto dei grandi agglomerati di vita comunitaria, al rilancio dello Stato che risponde all' emergenza abitativa. In mezzo un lungo declino, come racconta Fulvio Irace, storico dell' architettura, fra i promotori di Forum Architettura, convegno organizzato dal Sole 24Ore domani in Triennale: «Dimensioni epiche, cortili grandiosi, lavanderie in comune. L' eclisse di tutto ciò che è pubblico e collettivo dagli anni '90 in poi ha dato una connotazione negativa alla vita nella casa popolare, un tempo motivo di orgoglio e di appartenenza». Non è detto però che i tempi non stiano per cambiare di nuovo. Housing sociale è questo, appartamenti in vendita a prezzo convenzionato, in affitto a canone sociale e moderato, con un' adeguata presenza di servizi. E dunque librerie, negozi, botteghe artigiane, spazi comuni. «è essenziale creare un contesto favorevole a relazioni umane ricche e significative», chiarisce Sergio Urbani, direttore della Fondazione Housing sociale, emanazione di Fondazione Cariplo. Conferma l' Aler: «Nell' housing sociale l' obiettivo è molto più di una casa». Il principale esperimento in corso è condotto dal Comune con Fondazione Cariplo. Si chiuderanno l' ultimo giorno di ottobre (per tre aree) e il 15 dicembre (per altre undici) i bandi per 11 interventi di edilizia residenziale a canone, appunto, moderato. In totale 3.380 nuovi alloggi di 70 metri quadrati pronti fra un paio d' anni. Chi affitterà (almeno un quarto degli alloggi) lo farà con contratti trentennali a 500 euro al mese, ma ci sarà anche una quota per la vendita, a 1.800 euro al metro quadrato. Tutto ciò grazie a un fondo immobiliare etico, "Abitare Sociale 1", con 85 milioni di capitale conferiti da Fondazione Cariplo, Cassa Depositi e prestiti, Regione Lombardia, Intesa San Paolo, Banca popolare di Milano, Generali, Cassa italiana geometri, Pirelli e Telecom. Carlo Masseroli, assessore all' Urbanistica, guarda già oltre: «In un mercato in flessione, gli operatori accetteranno remunerazioni più basse, si aprono spazi per affitti convenienti. Abbiamo dato 11 aree pubbliche, le prossime saranno dei privati». Gianni Verga, assessore alla Casa, spiega come invogliare i privati: «Agendo sulle imposte, dagli oneri di costruzione all' Iva, e con sgravi fiscali nel caso del patrimonio esistente, per chi dà e prende in affitto». Per il Pd, Carmela Rozza ha una proposta: «Normativa unica sugli affitti al posto delle otto attuali. Incentivi come azzeramento degli oneri di urbanizzazione e dell' Ici e premi in volumetria, in cambio di affitti bassi: così si costruisce un mercato calmierato».
La Repubblica
02-10-08, pagina 2 sezione MILANO     

 

Gregotti: si torni all' edilizia sociale purché non sia un nuovo business
Il problema c' è, ed è esplosivo: «Se anche fossero solo 40mila, metà dei calcoli più pessimisti, le case a basso costo di cui c' è bisogno sono un' enormità, anche cominciando a costruire subito, per farle ci vorrebbero dai cinque anni in su». Ma che, dopo tanti anni di oblìo, di edilizia sociale a Milano si torni di colpo a parlare con l' occhio ai cantieri da far partire, a un architetto di lunghissima carriera come Vittorio Gregotti fa anche venire un sospetto: «Sarò malizioso, ma si potrebbe pensare che dopo la sbornia dei grandi progetti, in tempi di vacche più magre i costruttori forse stanno cominciando a pensare che con qualche sovvenzione anche fare le case per i più poveri può diventare un business sostenibile». Oggi, alla tavola rotonda in Triennale sul social housing, l' intervento di Gregotti, che della stagione d' oro dell' edilizia popolare italiana ha fatto in tempo a essere protagonista, firmando tra l' altro il controverso quartiere Zen di Palermo, avrà un taglio storico («Ricorderò che il tema è centrale dagli anni 20 ai 50 e poi viene perché lo Stato ritiene di dover abdicare al ruolo di progettare le città»), ma la sua riflessione arriva dritta al cuore del presente e del futuro di Milano: «Si stanno costruendo fin troppi uffici e centri direzionali, mentre a mio parere dalla dismissione delle aree industriali e infrastrutturali doveva nascere una miscela di servizi, lavoro e case accessibili a fasce differenti di reddito. Compresi gli immigrati, ai quali bisogna dare lavoro, educazione e case, se non si vuole finire come a Parigi con le banlieue». Scusi, ma non ha progettato lei un grande ricupero come Bicocca? «Certo, ed è tra i pochi che nel piano particolareggiato prevedessero un' alta percentuale di edilizia convenzionata e sovvenzionata e una casa degli studenti, a cui si aggiungerà presto un una seconda. In molti altri casi, per esempio a Citylife, la scelta è stata molto differente, e neppure molto lungimirante. Guardi quel che succede alla parte "nobile" di Santa Giulia...». A cosa allude? Per la verità sembra tutto un po' fermo «Appunto, la novità e che non succede niente. E temo che di rallentamenti dei progetti ne vedremo anche altri». I progetti approvati non le piacciono, quelli annunciati le sembrano un po' sospetti. E allora? «Se parliamo della fame di alloggi di oggi a Milano, non basta l' edilizia cooperativa. Le cooperative possono essere, diciamo, di professori universitari, e in quel caso è difficile pensare che aiutino a trovar casa la popolazione a basso reddito...». Quindi? «Quindi cominciamo dagli affitti del patrimonio esistente, visto che la casa in proprietà è in netta contraddizione con le esigenze di flessibilità e mobilità, soprattutto in una città come Milano. Invece il patrimonio pubblico di case da affittare, già ridotto, si preferisce venderlo...». Gli enti che gestiscono l' edilizia non hanno i soldi per mantenerla... «Solo perché i loro bilanci sono stati tagliati. Ma vendendo innescano speculazioni che finiscono proprio per sottrarre gli alloggi a chi ne ha bisogno». Con la vendita del patrimonio, si liberano almeno delle occupazioni abusive «Non sta in piedi: sarebbe logico risolvere quel problema assegnandole, le case vuote. Invece la burocrazia anche in questo appare bloccata. E poi si dovrebbe agire sugli affitti privati, che non scendono anche se l' offerta è debole, perché coi tempi che corrono la casa è sempre più un bene rifugio». Nostalgia dell' equo canone? «Non è il demonio, anche se naturalmente senza controlli produce solo una marea di pagamenti in nero. Ma certo, nuove case popolari da affittare bisognerà comunque costruirle...». Qualche consiglio? Non è anche colpa degli architetti e dei loro progetti , se il tema case popolari è finito nell' oblio? «Guardi, il progetto dello Zen io lo rifarei uguale. Sono colpevole di non aver capito come sarebbe finita: prima sei anni di liti tra Gava e Lima spartirsi i vantaggi, poi l' eliminazione di due scuole e un asilo, poi via il centro di servizi, alla fine sono rimaste solo le case, e tutte subito occupate da abusivi. Ma cosa vuole, ero giovane e venivo dal Piemonte. Oggi so che prima di costruire va risolta l' urbanistica». E le colpe degli architetti in generale? «Aver smesso di occuparsi di edilizia pubblica perché costruire stravaganze di lusso garantisce più successo».
MAURIZIO BONO
La Repubblica
03-10-08, pagina 6 sezione MILANO     


Obelischi e sfere alla Fondazione
Centodieci tonnellate di bronzo: tante ne pesano le quindici "Grandi Opere 1972-2008" di Arnaldo Pomodoro con cui la sua Fondazione riapre la stagione. Tutte monumentali e impegnate in un confronto alla pari con l' architettura dell' enorme spazio postindustriale ristrutturato da Pierluigi Cerri, che firma l' allestimento. S' inizia fuori, con l' "Obelisco" in acciaio corten che torreggia davanti all' ingresso, proseguendo con "Una battaglia: per i partigiani", il "Giroscopio", i solidi giganti delle "Forme del Mito", fino al sotterraneo "Ingresso nel Labirinto", ancora in progress. Per misurare la scala titanica della mostra, curata da Bruno Corà, basta sbirciare sul retro del "Grande Portale" (realizzato come scenografia per l' Oedipus Rex di Cocteau e Stravinskij allestito a Siena nell' 88, e fuso in bronzo quest' anno), scoprendo le enormi colonne portanti. Il percorso prosegue idealmente anche in giro per Milano, visto che le opere realizzate in città dall' ottantaduenne scultore sono ben 15, documentate in catalogo, edito dalla Fondazione. Ai piani superiori, a raccontare vita e opere di Pomodoro ci sono anche le foto eleganti di Ugo Mulas, che rendono alle sculture una dimensione sia intima, indugiando su dettagli e superfici, sia pubblica, in dialogo col tessuto urbano. Sono il frutto di "un' amicizia solida e tenera" (come l' ha definita la curatrice di questa sezione, Angela Vettese) tra fotografo e artista, iniziata al Bar Giamaica negli anni Cinquanta e interrottasi con la prematura scomparsa di Mulas nel '73. Si va dal primo, ironico ritratto del '59, con Pomodoro in posa davanti a un fondale per un servizio di moda non ancora smontato, agli scatti che lo immortalano al lavoro nel suo atelier di via Orti, alla Fonderia Battaglia, in compagnia del fratello Giò, nel cortile di via Vigevano accanto al grande "Sole" (ora traslocato da piazza Meda a largo Greppi, davanti al Teatro Strehler), con i balconi delle case di ringhiera a fare da quinta. Più avanti, i "Rotanti" atterrano come Ufo sulle rive del Ticino e la "Sfera Grande" si misura con la cupola di Backminster Fuller all' Expo di Montreal del '67. A tre anni dall' apertura dello spazio, questa mostra - la prima interamente dedicata all' artista, anche se una nutrita selezione di sue opere era già stata esposta nel 2006 e nel 2007, insieme al resto della collezione permanente - è anche l' occasione per tracciare un bilancio. «Direi che finora è andata bene - dichiara - Abbiamo aperto con la panoramica sulla scultura italiana del XX secolo, presentato Novelli e Kounellis e due edizioni del Premio per i giovani scultori. Speriamo che la situazione internazionale, così scabrosa, non incida troppo sul versante dei finanziamenti, perché senza sponsor non possiamo andare avanti. Insomma, sono preoccupato ma non dispero, e quest' incertezza mi fa sentire un po' più giovane». Alla mostra contribuiscono l' Assessorato alla Cultura della Regione e il gruppo Unicredit che, nonostante le bufere finanziarie, continuerà a sostenere la Fondazione Pomodoro - insieme alla Filarmonica della Scala, la sua principale beneficiaria a Milano. Fino a marzo, insomma, tutto bene: il Maestro gioca in casa. Fondazione Arnaldo Pomodoro Via Andrea Solari 35. Fino al 22 marzo. Tel. 02.89075394
BARBARA CASAVECCHIA
La Repubblica
04-10-08, pagina 17 sezione MILANO     



Potrebbe interessarti

18.07.2024 Ordine

Chiusura estiva uffici 2024

Durante il periodo estivo gli uffici dell'Ordine e della Fondazione saranno chiusi da lunedì 5 a venerdì 23 agosto compresi.

Scopri di più
18.07.2024 Dibattito Aperto

Stop al "Salva Milano": l'Ordine esprime sconcerto e chiede conferma sui tempi di discussione

In seguito alla battuta d’arresto del cosiddetto “Salva Milano”, che la città di Milano attendeva da mesi, protestano gli architetti milanesi che chiedevano chiarezza sulle vicende legate all'urbanistica dopo le inchieste della Procura. Dopo lo stop in Commissione Ambiente alla Camera e il ritiro degli emendamenti, il sottosegretario Alessandro Morelli ha garantito che il “Salva Milano” rientrerà nel decreto legge infrastrutture. E’ seguita una nota da parte dell’Ordine di Milano sul tema.

Scopri di più
15.07.2024 Dibattito Aperto

Dal confronto sul Salva Casa, una nuova richiesta di chiarezza delle procedure e delle norme: l’Ordine di Milano scrive al CNAPPC

Semplificazione, responsabilità della pubblica amministrazione, ruolo dei professionisti nella rigenerazione urbana, queste le parole chiave dell’incontro organizzato l’11 luglio 2024 dall’Ordine degli Architetti di Milano riguardo il nuovo provvedimento del Governo sulle questioni della semplificazione edilizia e urbanistica, il cosiddetto “Salva casa”. Sul tavolo la questione legata ai cambiamenti mirati ad alleggerire i processi di riqualificazione e quella volta alla valorizzazione economica degli immobili e delle unità immobiliari. Tanti gli ospiti della politica e delle professioni che hanno approfondito il testo e gli emendamenti in discussione, con un accento specifico sulla situazione milanese.

Scopri di più