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Settimana del 15 settembre 2008

Dal 23.09.2008 al 25.09.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia

La polemica Sui lavori per la costruzione dei box sotterranei, gli addetti ai lavori si dividono
Bondi: Sant' Ambrogio e Darsena sotto esame
Favorevoli e contrari Marco Romano, urbanista: «Via le auto, sì all' isola pedonale». Carlo Bertelli, storico dell' arte: «Un insulto alla storia di Milano»

Sono insieme «sfregi» e «grandi opere». «Terribili squarci» e «lavori certosini». Punti di vista. C' è un fronte del no a Milano, guidato da Italia Nostra, che s' appella al ministro Sandro Bondi per «bloccare lo scempio» dei box a Sant' Ambrogio e in Darsena. E c' è un cartello del sì che esclude l' ipotesi di danni al patrimonio storico e bolla le proteste come «irrazionali». Di qui e di là stanno architetti, intellettuali, comitati. Bondi, fan sapere da Roma, si sta comunque «interessando al caso». Se sarà un' altra battaglia del Pincio, si vedrà. Per ora, il ministero ai Beni culturali s' è già espresso e positivamente. Via libera. Osserva l' assessore ai Lavori pubblici, Bruno Simini: «Chi protesta getta discredito sul lavoro del governo, è inaccettabile». O forse no. Così lo storico Carlo Bertelli: «Sant' Ambrogio è uno dei grandi monumenti del romanico europeo. La sua bellezza è fragile, non meritava quest' insulto». Autorimesse nella Darsena che fu leonardesca e nello stradone intitolato al santo patrono. Tra i favorevoli ci sono, tra gli altri, l' architetto Alberto Ferruzzi e l' urbanista Marco Romano, entrambi nel comitato dei saggi sui parcheggi. Dunque, Romano? «Ovunque in Europa si realizzano autosilos sotterranei, da Notre-Dame de Paris a piazza San Carlo, a Torino». Dunque? «Il centro storico delle città si migliora pedonalizzandolo, e per farlo bisogna togliere dalle strade le auto dei residenti». Il cantiere in Sant' Ambrogio è fermo dalla fine degli scavi archeologi e dovrebbe ripartire a breve. Il progetto Darsena, piantato da due anni, aspetta ancora l' ok dal Comune. Qui e là, oggi, ci sono «due orrendi buchi che indignano i milanesi», dice l' architetto Francesca Caccia Dominioni. Con lei, contro i box e per il «rispetto dei simboli di Milano» stanno anche Cini Boeri, Rosellina Archinto, Eva Cantarella, Jacopo Gardella, Vittorio Gregotti, Gae Aulenti, Maria Teresa Fiorio e Flavio Caroli.
Stella Armando
Pagina 7
(17 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

NUOVI QUARTIERI A NORD DI MILANO
URBANISTICA SGRAMMATICATA

Da dieci secoli e fino a cinquant' anni fa i cittadini erano molto appassionati alla bellezza delle loro città e questa bellezza consisteva poi nel disporre in sequenze i temi collettivi e le strade e le piazze tematizzate, proprio con la medesima accurata coerenza con la quale scegliamo la mattina i nostri vestiti. Così chi giunga oggi a Milano da Monza percorre un viale alberato largo trenta metri, incrocia in piazza Loreto i boulevard della seconda cerchia, larghi quaranta metri, prosegue nel corso Buenos Aires, una ricca strada principale con i suoi negozi e con lo sfondo trionfale della torre Velasca, oltrepassa la porta dov' era passato Renzo e ora sottolineata dai caselli daziari, percorre corso Venezia, una strada monumentale senza negozi ma con i magnifici palazzi dei maggiorenti, costeggia il giardino pubblico con il museo e il planetario, coglie la volontà estetica nel Novecento in piazza San Babila, risale la strada principale della città, corso Vittorio Emanuele, fino alla piazza del Duomo, una piazza monumentale circondata da edifici della medesima architettura i cui portici denunciano la volontà di farne una piazza di mercato e dove il monumento al re celebra la nazione, una piazza sulla quale è aperta la galleria, la più bella del mondo. E appena oltre, la sequenza prosegue nella piazza dei mercanti con l' antico broletto, in via Dante - voluta monumentale, con le migliori facciate di fine Ottocento, ma anche costeggiata di negozi e resa trionfale dalla prospettiva del castello, oltre il quale poi la sequenza prosegue diritta verso il parco, l' arco della pace, l' ampia passeggiata di corso Sempione - larga novanta metri come gli Champs Elysées - per finire poi, lontano, nel porticato dorico del Cimitero maggiore. Temi e sequenze che tutti conoscono, gli stessi che riconosciamo risalendo a Parigi dal Louvre all' arco di Trionfo ma anche in qualsiasi piccola cittadina, in una dimensione più modesta ma proprio i medesimi. Così vengono costruite in Europa le città e i loro quartieri, l' ambiente ecologico appropriato per i loro cittadini, sedimentato con sagacia da secoli che soltanto una cieca presunzione può proporsi di «superare». All' Urban Center sono esposti due progetti di un quartiere situato a nord della Bicocca, che di tutto questo non sanno nulla, gruppi di case alte che potrebbero venire collocati dovunque, forse nel lontano Kazakistan. Cinquant' anni fa Antonio Cederna, scrivendo di Milano, parlava di «urbanistica senza testa», e forse questa è l' unica tradizione qui rispettata. Nel 2015 i visitatori provenienti da altre città, che conoscono per esempio i nuovi quartieri di Madrid o di Lione, o magari arrivano dalla sofisticata Curitiba, si domanderanno se sia valsa la pena di un lungo viaggio per precipitare in questa landa sgrammaticata.
Romano Marco
Pagina 1
(18 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

L' intervento La sua lezione: rigore e dialogo con l' ambiente circostante
Le nozze felici tra edificio e paesaggio

Nei giorni scorsi ho avuto modo di partecipare a due eventi che, nella loro diversità, s' inseriscono nella discussione attorno all' architettura: l' undicesima Biennale di architettura di Venezia e il dibattito sull' attualità di Andrea Palladio tenuto a Vittorio Veneto. La scelta di porsi «oltre» il fatto architettonico ha costretto la Biennale a cavalcare spazi di indagine confinati ai margini della realtà disciplinare, spazi che possono intrigare per la confusione degli approcci ideologici e dei linguaggi ma che risuonano come una fuga dalle responsabilità per la mancanza di un' analisi critica di fronte alle nuove sfide progettuali imposte dalla condizione presente. Risulta infatti impossibile, di fronte ad una tale babele di enunciati, entrare nel merito per una credibile valutazione. La mostra sembra d' altra parte appagarsi unicamente attraverso una fruizione disattenta e superficiale in sintonia con i tempi attuali dove gli slogan, le mode, le trovatine che ammiccano al visitatore prevalgono rispetto al confronto con la più scomoda realtà disciplinare. Porsi «oltre» i problemi dell' architettura è un modo di offrirsi impunemente all' arbitrio più assoluto: sempre saranno «altri» i registri di interpretazione e tutto risulterà possibile e nel contempo impossibile, legittimo ed illegittimo, giusto e sbagliato, serio e ridicolo. Certo. Gli sconfinamenti in tutte le forme espressive sono sempre esistiti e a volte hanno determinato le ragioni per nuove intuizioni, per scatti creativi, per inattese tensioni etiche. Ma la loro valutazione deve essere misurata per quanto le spinte riescono ad incidere nella realtà e non come forme espressive a sé stanti. Con una geniale intuizione Louis Kahn affermava che l' architettura non esiste; ciò che esiste è l' opera di architettura. La lezione di Palladio si presenta, al contrario, di grandissima attualità. La magia della composizione geometrica, la purezza e la sapienza nell' aggregazione di forme primarie e l' essenzialità del linguaggio architettonico hanno resistito, attraverso il tempo, all' assalto di schiere di appassionati seguaci e di anonimi imitatori. Sull' arco di parecchi secoli non vi è espressione artistica «neoclassica» che non faccia esplicito riferimento al maestro vicentino. Ma proprio dal confronto con questi suoi discepoli emerge la grandezza assoluta del Palladio che continua ancor oggi ad essere punto di riferimento per molti operatori. Il suo lavoro è graziato da una particolare connotazione che assicura una qualità eccelsa dell' opera realizzata attraverso la capacità di far interagire il manufatto costruito con il contesto del paesaggio. La bellezza architettonica nasce dal confronto continuo fra le geometrie delle architetture e la configurazione ondulata dell' intorno. La luce che alimenta la purezza delle forme costruite e l' andamento organico della natura contrastano il rigore dell' opera e creano relazioni spaziali dalle quali scaturisce una nuova armonia. È l' architettura allora che aiuta il territorio a modellarsi quale parte dell' abitare in cui è possibile immaginare una co-appartenenza. Nonostante il trascorrere del tempo possiamo ancor oggi identificarci in quei luoghi dove l' opera d' architettura e il paesaggio diventano un' unica entità. Questa, forse, è la più importante ed attuale lezione di Palladio ed anche quanto è stato totalmente ignorato dall' undicesima Biennale di Venezia.
Botta Mario
Pagina 55
(20 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

La mostra Maniaco della funzionalità ma anche ideatore di opere spregiudicate. Il grande omaggio di Vicenza intende mettere in luce la personalità poliedrica dell' artista
E l' architetto della ricca borghesia progettò anche casette a schiera
Tra i misteri di Andrea Palladio spunta un disegno inedito

Palladio architetto per ricchi? Non proprio, progetta pure villette a schiera. A dar retta al disegno inedito esposto nella mostra vicentina «Palladio - 500 anni» allestita a Palazzo Barbaran da Porto e aperta fino al 6 gennaio 2009, Palladio ha disegnato «quattro unità abitative di tipo seriale» per Venezia. Come dire modeste casette che con tutta probabilità esistono ancora, mimetizzate nel tessuto urbano della città ma di cui non conosciamo l' esatta ubicazione. Che l' architetto progettasse «casette» unitées d' habitation», per dirla con Le Corbusier, oltre che ville nella campagna veneta, non dovrebbe stupire visto che si tratta soltanto di una dimostrazione in più di quanto ci sia ancora da scoprire sull' uomo e sul progettista. E in mostra, infatti, c' è un Palladio sconosciuto che risorge da un puzzle di novità spesso travolgenti. Anche figurativamente. Come nel ritratto dell' architetto, immortalato con libro e lapis in mano, firmato da El Greco. È la prima volta che Andrea Palladio ha un volto. Ma è anche la prima volta che Palladio diventa a colori, come nella. Dopo il bianco e nero dei marmi a cui ci ha abituati una tradizione cristallizzata sul côté monumentale e sulla stilizzazione di un neoclassicismo ante litteram, ecco spuntare la chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, giusto in faccia al bacino di San Marco, Universalmente nota come opera compiuta di Palladio, la chiesa che avrebbe dovuto avere tutt' altra facciata nelle intenzioni dell' architetto. Lo dimostrano i disegni esposti, il pronao era stato concepito sporgente per giocare con le luci dell' acqua. E, soprattutto, gli interni erano scanditi dal candore dell' intonaco accostato a sottolineature rosse per ogni arcata, ogni architrave. Un azzardo sperimentale che non piacque troppo ai monaci dell' isola di San Giorgio, tanto che fecero coprire le parti rosse da un intonaco bianco. Andò meglio poco oltre, con la chiesa del Redentore, sull' isola della Giudecca, a questo punto unica opera compiuta di Palladio in laguna. I monaci committenti non si accorsero dell' incredibile assonanza dei due campanili affiancati all' abside con gli slanciati minareti progettati dal musulmano Sinan a Istanbul. Campanili-minareti che svettano ancora intatti su Venezia, testimoni della fluidità di influenze fra la Serenissima e la capitale turca nel periodo in cui il committente principale di Palladio, Marcantonio Barbaro, era ambasciatore veneziano sul Bosforo. «Palladio e Venezia» è la tappa più anomala del percorso allestito dalla mostra di Vicenza. Dopo essere stato «testato» dalla nobiltà veneziana con le ville in campagna, Palladio viene finalmente chiamato in laguna dove lascia un segno indelebile pur costruendo poco. Restano i sogni mai tradotti in pietra per mirabilia che avrebbero cambiato radicalmente il volto della città. Come il ponte di Rialto a più campate: troppo costoso e ardito per la Serenissima, prevedeva una grande piazza sospesa sul Canal Grande e altre due ai piedi del ponte concepite per la Venezia-metropoli che Palladio aveva in mente, con tanto di sale pensate per gli scambi finanziari, piccole Wall Street. L' architetto avrebbe voluto progettare anche il nuovo Palazzo Ducale post incendio, ma neppure quest' idea fu accolta. In compenso il legame con la città si stringe per altre vie, come una sconosciuta, fino ad oggi, proposta di Palladio di riorganizzazione dell' esercito lagunare sulla scorta di Cesare, Scipione e Annibale. «Palladio faceva opportunisticamente shopping nell' antica Roma, in ogni settore, - spiega il professor Burns - sceglieva un dettaglio, magari un capitello e lo riversava nei suoi progetti con la raffinatezza del teorico di razza e la sapienza di chi sapeva indicare la sabbia più adatta per ottenere un intonaco perfettamente candido. Attinge all' antichità ma quasi per simboli. Come per la Rotonda che ha voluto dedicare alla sua arte ispirandosi al Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico completata dagli architetti anche dopo la morte del committente proprio come monumento alla loro architettura». Palladio consapevole, affabile conversatore, appassionato nello spiegare ai suoi committenti le ragioni delle proprie scelte progettuali. Palladio spiritoso quando scrive che un «teatro effimero» ultimato a Venezia gli è costato tanta fatica da equivalere a un' assoluzione per i suoi peccati. Passati e futuri. Palladio, avvolto da un mistero lungo cinque secoli che Guido Beltramini, curatore della mostra insieme con lo storico dell' architettura Howard Burns, prova a diradare con un appassionante volumetto «Palladio privato» edito da Marsilio come il ponderoso catalogo della mostra. Palladio da ascoltare tutto d' un fiato seguendo le guide audio con le voci in italiano e in inglese di Burns e Beltramini che riescono, sulle note composte per l' occasione da Nicola Campogrande, a penetrare la trama fitta di enigmi di un architetto radicale nelle scelte, razionale all' inverosimile, maniaco della funzionalità, eppure capace di concludere con spregiudicatezza, in un capitolo dei suoi Quattri Libri dell' Architettura: «Infine, se scelgo un certo capitello è perché mi piace». Il bello come categoria assoluta, bellezza, quella dei paesaggi palladiani, assediata da capannoni industriali e nuove strade. Italia Nostra lancia proprio oggi una campagna in favore dei «Paesaggi sensibili» in tutta Italia, inclusi quelli in cui sorgono opere palladiane. «La battaglia fino ad ora era stata di salvare l' oggetto - spiega Beltramini - e quella è stata vinta; ora la nuova frontiera è passare alla tutela del contesto. Un lavoro innovativo è stato impostato dal piano della Provincia che ha definito i coni ottici da salvaguardare per le 200 ville di eccellenza nel vicentino». Palladio di grande attualità e con un viaggio quasi simbolico in vista nel paese che più di ogni altro l' ha amato e pure copiato. Prima di approdare, a maggio 2009, negli Stati Uniti, la mostra a febbraio sarà alla Royal Academy of Arts di Londra che l' ha coprodotta. «La mostra - spiega Amalia Sartori, presidente del Centro Internazionale di Studi sull' Architettura Palladio - racconta come la società veneta seppe scommettere sull' architettura per uscire dalla crisi geopolitica seguita alla scoperta dell' America, trasformando il proprio territorio, con le ville, e le proprie città. Palladio 500 anni è un inno alla capacità dell' architettura di migliorare la vita degli uomini. Allora come oggi».
Zambon Martina
Pagina 056/057
(20 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

Il piano Novanta alloggi pubblici dai 28 metri in su
Case per gli under 30 In comune la lavatrice e la sala per gli hobby
Bolzano, mini-locali e affitti scontatiPrende forma l' idea della «cheap house» per aiutare i giovani che non riescono a lasciare la casa dei genitori

BOLZANO - Da Bolzano, città da primato per i servizi ai cittadini, amministrata dal centrosinistra-Svp, è partito il nuovo progetto di social housing, case sociali destinate ai giovani sino a 30 anni: alloggi fatti costruire dal Comune su un proprio terreno e che resteranno di proprietà comunale. Gli enti che li costruiscono rientreranno dal loro investimento gestendo gli alloggi e grazie agli affitti. «Sarà un affitto po' più di quello sociale Ipes, ma comunque meno di quello del mercato privato», dice Stefano Pagani, assessore ai Lavori pubblici che conta di vedere realizzati entro il 2012 una novantina di appartamenti in due palazzine gemelle. Saranno appartamenti mini, tagliati su misura di giovani, single o in coppia, sposati e no. Il tutto nel nuovo quartiere Casanova, alla periferia della città: 37 monolocali da 28 metri quadrati, 37 da 38 metri quadri e 17 trilocali da 48 metri quadrati. Dieci dei trilocali saranno a modulo, e cioè con possibilità di collegarli ad altrettanti monolocali. Il progetto è firmato dall' architetto bolzanino Bruno De Rivo. «Gli alloggi saranno in affitto con contratti di tre anni rinnovabili per altri due. L' idea - spiega Pagani - è di far ruotare questi appartamenti a diversi affittuari. Intendiamoci, non case per studenti ma per giovani che lavorano». I costi per le due palazzine sono di 7,3 milioni di euro. Per il finanziamento, grazie anche alle possibilità offerte dall' ultima legge provinciale sull' edilizia - aggiunge Pagani - si pensa a un sistema misto, con il privato che si affianca al pubblico. Protagonista dell' operazione, la Lega CoopBund si è già detta disponibile: fu l' organizzazione a lanciare per prima l' idea della cheap house, le case in affitto calmierato. Un altro ente interessato, dice ancora l' assessore Pagani, è PenspLan, il fondo regionale pensioni. I due edifici avranno anche un centinaio di parcheggi sotterranei e spazi per un servizio di lavanderia oltre a una sala per gli hobby e una sala di proiezione. Sui costi dell' affitto l' assessore non si sbilancia: «Qualcosa in più del canone sociale degli alloggi dell' istituto provinciale di edilizia abitativa Ipes», un ente che ha 14 mila appartamenti la cui assegnazione - ripartita sulla base del bisogno ma anche tenendo conto della composizione linguistica della popolazione italiana, tedesca e ladina - sta inevitabilmente sentendo anche la forte pressione della presenza di extracomunitari che occupano il 5% degli alloggi. Comunque per gli alloggi sociali Ipes si può arrivare a pagare un massimo di affitto di 5,8 euro al metro quadrato. Per i «bamboccioni» (come Tommaso Padoa-Schioppa definì i giovani che non lasciano la casa dei genitori) l' affitto sarà qualcosa in più ma inferiore a quelli di mercato. La destra di Unitalia ha protestato: «Siamo contrari ad un progetto che agevola i bamboccioni anziché le famiglie». «Si è conosciuto un problema esistente da tempo: quello di una fascia di giovani troppo ricca per entrare nelle graduatoria sociale degli alloggi provinciali Ipes, ma troppo povera per fare un mutuo o per affrontare il libero mercato», risponde Alberto Stenico, presidente della LegacoopBund dell' Alto Adige.
Visentini Toni
Pagina 23
(21 settembre 2008) - Corriere della Sera

 

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