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Carlo Scarpa e l’origine delle cose. Padiglione Venezia, Giardini della Biennale di Venezia 2008

Dal 15.09.2008 al 15.09.2009

Nella ricca ma ridondante proposta di questa Biennale emerge, forse per la quiete che lo contraddistingue, il Padiglione Venezia

Nella ricca quanto ridondante proposta di questa biennale emerge, forse per la quiete che lo contraddistingue, il Padiglione Venezia, in cui l’allestimento dal nostro iscritto Alessandro Scandurra cerca di approfondire il rapporto di senso tra Carlo Scarpa e la scultura, occasione per scavare  più in generale attorno alla ricerca del senso nel progetto.

Ho avuto modo di intervistarlo insieme a Maria vittoria Capitanucci, sempre in prima fila in queste occasioni, come già abbiamo potuto documentare durante il Congresso Mondiale di Torino.

La mostra indaga atorno alla rappresentazione di un possibile paesaggio mentale, ci racconta Scandurra, in cui si vuole mettere in collegamento tra loro documenti autografi originali di Scarpa -forniti dal Centro Palladio in coordinamento con la struttura del Ministero beni culturali PARC- e altri elementi definiti ‘incerti’.  

I documenti scorrono su un grande binario, assieme a sculture di Scarpa e altre immagini.

Gli elementi ‘incerti’ invece sono di tre diverse fatture.

Alle pareti vi sono una serie di pannelli con riprodotti dettagli di alcuni brani in scala reale di pitture venete del ‘500, con cui Scarpa si è intensamente relazionato sia in occasione di allestimenti museali, che per il restauro delle sedi in cui queste hanno trovato alloggio. Questo trattamento per frammenti, su pannelli di diverso formato, crea uno straneamento dal soggetto e, nello stesso tempo, concentra l’attenzione su minuziosi dettagli che rimandano non solo al repertorio figurativo cui siamo portati a legare la sua opera.

Un esercizio cui il curatore si deve essere divertito un mondo a fare, cancellando parti per sottolinearne altre, sotto lo strato di vernice nera in qualche modo invece intravisti.

Vi è poi la proposta di un ‘paesaggio mentale’ approfondito attraverso 3 interviste ad architetti contemporanei contraddistinti anch’essi da un profondo rapporto con l’arte -Diller + Scofidio, Baldeweg e Riva-,  attorno al rapporto mentale con il progetto di architettura come veicolo, ovvero uno sguardo come da pre-architetto –non cioè agli elementi formali ma alle premesse del progetto, le origini, la partenza. In questo caso le interviste condotte dal curatore medesimo appaiono ricche di suggestioni proprio perchè hanno come oggetto il centro dell’interesse di entrambi gli interlocutori, che scavano nel corso delle interviste alla ricerca di quel sottile e per molti versi incomunicabile verbalmente origine delle cose del progetto. Cosa naturalmente che se condotta da un critico non sarebbe stata possibile.

Nella stessa prospettiva infine sono state montate una serie di immagini in rapporto con 4 elementi fisici – il fuoco delle vetrerie, l’acqua della laguna, l’oro fuso in lavorazione e la pietra delle cave delle colline vicentine.

Elementi costantemente emergenti nell’opera di Scarpa e smontati in frammenti che l’osservatore può rimontare in modo autonomo costruendo il proprio percororso in questo affascinante allestimento.

 

Francesco de Agostini

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