Dal 01.01.2008 al 31.12.2008
Sono andato con Giacomo Borella a visitare l'intervento che studio Albori ha recentemente completato a Cinisello. Anche se forse "completato" non è la parola giusta, come poi vedremo.
Si tratta di due blocchi di case a schiera localizzate, sottoforma di sopralzo, a coronamento di due edifici di abitazioni popolari costruiti nei primi anni '80 e di proprietà comunale.
Un intervento, mi racconta Giacomo, legato ad un bando regionale del 2004 (Programma straordinario per l'emergenza abitativa) che finanziava a fondo perduto l'80% di opere considerate di particolare emergenza sociale, a fronte del quale l'amministrazione comunale, data le scarsa disponibilità di aree edificabili e i tempi stretti di corrispondenza del bando, stabiliva di operare su edifici di proprietà, ovvero mediante una pratica di recupero sottotetti.
Arriviamo sull'area e già di scorcio, in lontananza, avvicinandoci in macchina, è facilmente riconoscibile. Si vedono infatti, sul tetto di due edifici piuttosto anonimi e contigui, una serie di oggetti di lamiera e legno sparpagliati alla rinfusa sulla copertura, apparentemente autonomi dal resto dell'edificio.
I due nuovi edifici sono collocati al 9° piano di edifici esistenti, costituendo così una condizione singolare quanto favorevole per delle unità monofamiliari a schiera, normalmente costrette ad un orizzonte urbano soffocato alla quota stradale. In questo modo invece essi godono di esposizione ideale oltre che di una impareggiabile vista su tutto l'arco alpino e sulla città.
Anche per questo durante il nostro sopralluogo appare estremamente qualificante la scelta di attrezzare giardini pensili a copertura di ogni unità. Tuttavia, mi dice Giacomo, la ragione principale di tale scelta è legata proprio alla esperienza dello Studio Albori in materia di recupero sottotetti e alla consapevolezza maturata riguardo la necessità di isolamento che non risulta mai sufficiente con soluzioni di coibentazione tradizionale, che alla fine comunque impone impianti di climatizzazione estremamente dissipativi. È invece ottimale l'utilizzo della copertura verde, che in termini di microsistema -spessore e alta capacità coibente, grado di umidità permanente, scarsa dissipazione- costituisce la miglior risorsa passiva disponibile, sia per il caldo che per il freddo.
Mi sembra questo un buon esempio dell'approccio caratterizzato dallo "spirito libero, problematico ed empirico, con attenzione alle questioni energetiche e ambientali" che lo studio esercita nel suo mestiere da ormai più di 15 anni.
D'altro canto l'ubicazione ha pesato economicamente sia sull'impianto che la gestione di cantiere, quindi sul bilancio complessivo dei costi di realizzazione rispetto ad un intervento "a raso"e forse anche per questo, in sede di gara di appalto, ha vinto una impresa che si è poi dimostrata haimè di incerte capacità.
Ciò ha significato nella sostanza gravi ritardi di consegna oltre che scarsa qualità di realizzazione, compromessa ulteriormente anche dal fatto che la Direzione dei Lavori è stata aggiudicata attraverso una gara al ribasso ad altri professionisti.
Passeggiando lungo il ballatoio di distribuzione parliamo della realizzazione, descritta da Giacomo con estrema semplicità. La struttura del nuovo solaio di copertura è in ferro a supporto della lamiera grecata su cui sono gettati i "catini" che contengono la terra e costituiscono la copertura delle singole unità. Il tutto appoggiato a pilastri in legno lamellare, a garanzia del taglio termico fra i due sistemi, corrispondenti la struttura montante dell'edificio preesistente.
Parlando traspare tutta la passione e al tempo stesso l'irritazione nei riguardi della costruzione. Un'occasione in buona parte compromessa dalla approssimazione dell'impresa brucia parecchio. Mi dice Giacomo: i contenziosi con l'impresa hanno prolungato il cantiere da un anno a tre e alla fine l'intervento non è stato terminato, non sono stati fatti i prati, le finiture sono impresentabili, ci sono infiltrazioni d'acqua, ecc... insomma , la cosa va a catafascio.
Chiacchieriamo con una inquilina. Ci racconta mostrandocelo nel suo giardino come l'impresa che si occupa del completamento, mandata dal Comune, abbia pensato di risolvere alcune infiltrazioni attraverso l'impacchettamento con fogli di cellophan di alcune parti emergenti in copertura. C'è una sorta di rassegnazione nelle sue parole, che rende ancor più sgradevole il tutto se si pensa al carattere sociale dell'operazione.
Chiedo a Giacomo se la tecnica costruttiva non propriamente ordinaria non possa aver influito su questa approssimazione. Mi spiega che alla fine si tratta di una costruzione tradizionale -igloo per il getto del vespaio, tamponamenti in gas beton, con serramenti in alluminio sul fronte freddo, così come il rivestimento in lamiera ondulata di alluminio; in legno sul fronte caldo, così come il rivestimento in doghe di abete trattato da esterni. Che l'unico aspetto innovativo erano i pannelli solari termici e il gruppo di accumulo per ogni cellula che alla fine non sono stati nemmeno realizzati.
Non si tratta quindi di una costruzione a secco, come potrebbe apparire, cui potrebbero essere legate questioni di applicazione di qualche tecnologia complessa, o perlomeno non convenzionale rispetto alla cultura del costruire ad arte delle imprese di costruzione correnti. Si tratta piuttosto di materiali, il legno in particolare, che se non trattati subiscono processi di deterioramento estremamente rapidi. E che l'impresa esecutrice sembra aver ignorato.
Facciamo qualche foto, anche se la luce "autunno Milano" non aiuta. In copertura legno ed alluminio si coniugano unendosi nelle piccole costruzioni di servizio che avevamo scorto arrivando -capanni attrezzi e vani scala coperti di accesso ai singoli giardini- creando un ambiente domestico, pur trovandoci sulla copertura dell'edificio, al 10° piano di un edificio intensivo della periferia di Cinisello Balsamo. Anche i "tavoli", in cemento sotto cui sono inseriti i lucernari per bagno e cucina.
Andandocene, verso l'una, incontriamo un altro inquilino, che forse già conosceva Giacomo. Ci parla con entusiasmo dell'utilizzo assiduo fatto del giardino durante l'estate, della richiesta da parte di altri vicini della sua perizia di giardiniere. Ma soprattutto della volontà di rimboccarsi le maniche per organizzare "gli uomini del ballatoio" e dare una mano di protettivo al legno, seminare prati, costruire la pergola della casa comune e ripristinare i rivestimenti di legno lasciati, chissà perché, incompiuti dall'impresa.
Mi sembra che queste parole esprimano, più di tante chiacchiere, quanto un semplice edificio, attraverso la sua cordialità, pur compromesso nella sua fattura, possa coinvolgere a vivere meglio chi vi abita. Insomma, una delle migliori definizioni di Architettura che io conosca.
Edilizia a canone sociale, Programma straordinario per l'emergenza abitativa, Regione Lombardia 2004
Sopralzo di un complesso residenziale comunale
via Martiri Palestinesi, Cinisello Balsamo (MI)
Progetto architettonico: studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Francesca Riva)
Collaboratori: Michele Alberti, Simona Bodria
Progetto strutture: Filippo Valaperta, Giacomo Sordi / FVprogetti, Milano
Progetto impianti: Carlo Barrese, StudioBarrese, Varese
Committente: Comune di Cinisello Balsamo
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