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GALLERIA LIA RUMMA

Anno:  2008 - 2010

Località: Area metropolitana di Milano, Cenisio

Indirizzo: Via Stilicone 19

Destinazione d'uso: Galleria

Progettista: CLS Architetti (Giovanna Cornelio, Massimiliano Locatelli, Annamaria Scevola, Davide Agrati)

GALLERIA LIA RUMMA

Lia Rumma, “gallerista napoletana di origine lombarde”, ha iniziato a collezionare opere d’arte assieme al marito Marcello, promotore d’arte, collezionista e editore, morto nel 1970 ad appena ventisette anni. Come lei stessa ricorda, «Marcello fu il prezioso sponsor e organizzatore di Amalfi ‘68 (allora avevamo davvero pochi soldi) ma furono invitati tutti quegli artisti quali Merz, Paolini, Zorio, Pistoletto ecc. che, nelle tre giornate di Amalfi, dettero vita a una delle più belle storie italiane della nostra contemporaneità».

“Arte Povera + Azioni Povere” è stato solo un passo nella carriera della futura gallerista, nel 1971 Lia Rumma ha infatti aperto la sua prima galleria a Napoli, nelle cui sale si sono avvicendate mostre di Arte Povera, Minimal Art, Land Art, Arte Concettuale. L’approdo a Milano avviene nel 1999, ma è nel 2008 che il suo centro acquista una visibilità indiscussa, quando affida al gruppo di architetti CLS il progetto della nuova sede in un’area a ridosso dello scalo ferroviario Farini e della Fonderia Artistica Battaglia, decentrata rispetto ai principali poli espositivi per l’arte. Da allora in questa galleria si sono succedute mostre, eventi e performance dei più grandi artisti contemporanei, da Vanessa Beecroft a Marina Abramović e Anselm Kiefer.

Ispirati all’idea del tempio classico, gli architetti hanno costruito l’intero progetto basandosi sulla sezione aurea, lavorando sulla sovrapposizione e sull’incastro di volumi puri.

L’edificio si presenta così come un volume rigoroso, arretrato rispetto all’asse stradale, composto da parallelepipedi sovrapposti le cui diverse dimensioni danno origine a un gioco di pieni e vuoti, ambienti chiusi e terrazze, che si ripete per cinque livelli: un monolite bianco severo, statuario e algido come un blocco di marmo. Rispetto al tessuto circostante, composto per lo più da fabbricati industriali e palazzine di recente costruzione, la galleria costituisce un elemento anomalo, quasi si trattasse di un corpo estraneo rimasto incastrato nel caos di una trama urbana cresciuta disordinatamente. 

Superata la corte d’ingresso, quattro gradini conducono a un basamento sul quale si affaccia una parete vetrata, in cui il ritmo cadenzato dei serramenti ricorda un’infilata di colonne. I due piani superiori sono arretrati per lasciare spazio a una terrazza allestibile e accessibile al pubblico, che mitiga l’impatto dell’edificio rendendolo meno incombente. L’alternanza di superfici opache e trasparenti raggiunge un equilibrio nella sommità della galleria, dove il profilo si smaterializza nel prospetto frontale per lasciare spazio a una nuova terrazza riservata alla gallerista e ai suoi ospiti.

Il dialogo tra esterno e interno, tra spazi aperti e chiusi si intensifica nelle sale espositive, costituite da grandi volumi attrezzati per ospitare anche opere di dimensioni considerevoli. Se i materiali e le forme sono quelle tipiche del white cube (pareti bianche e pavimentazioni neutre), un’eccezione viene fatta per le aperture, che permettono una relazione visuale con il mondo esterno ogni volta differente: fatta di sole ombre e luci schermate dai vetri opalini al piano terra, frontale al primo piano, zenitale nella sala superiore.

Con i suoi 2.000 mq la galleria Lia Rumma costituisce una delle più grandi istituzioni private per la vendita e la promozione dell’arte contemporanea, non solo nel panorama milanese ma in quelli italiano e internazionale.

Marcella Camponogara