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Teatro Sant'Erasmo

Anno: 1953 - 1954

Località: Milano, Brera

Indirizzo: piazza Sant'Erasmo

Destinazione d'uso: Teatri

Progettista: C. De Carli, A. Carminati

 

Il teatro Sant’Erasmo, demolito nel 1969, era stato realizzato nell’interrato della casa di via dei Giardini 7 con un ardito intervento strutturale che toglieva l’ingombro del corpo ascensori. Si trattava di una piccola sala a scena centrale che poneva gli attori nello “spazio primario” di un diretto contatto con il pubblico.   

 

Carlo De Carli, presentando il progetto su Domus, scriveva che “la soluzione del teatro vorrebbe dimostrare come sia possibile risolvere un problema di architettura anche in un seminterrato (dove le strutture già esistenti non sono state composte in rapporti architettonici per esigenze del luogo), quando la soluzione del problema, che all’inizio è impostato per intuizione, sia poi condotta dalla rete di una geometria precisa che leghi fermamente gli elementi di composizione, tali da rompere il volume chiuso di una scatola, che avrebbe fatto pesare le limitate misure della sua forma impura, e da originare così una composizione  che si disancori dalle dimensioni costrette ed entri in rapporto libero con lo spazio”.

 

L’ottagono  della pista-palcoscenico diviene il centro dello spazio “la cui forma è una proiezione del moto stesso che anima gli attori” e va a generare tutto l’intorno: le gradonate  con le sedute in metallo e velluto blu sono piegate lungo i raggi, determinando da ciascun posto una diversa visuale della sala. La modulazione sfaccettata delle pareti, rivestite in legno e panno rosso, si lega al disegno del soffitto, in pannelli di gesso che includono i proiettori, “diretto dall’ottagono di pista, dove l’apotema e il raggio originano spicchi al centro, la cui caratteristica saliente è di essere su piani diversi, per giungere a quella soluzione poliedrica che sottolinei le infinite direzioni del moto dello spazio”. L’ottagono si rivela una soluzione felice, in quanto assai più duttile rispetto al cerchio, ed offre la possibilità di rendere lo spazio composto di piccole parti, di frammenti di spazio articolato, che dialogano tra di loro. C’è un uso rigoroso della geometria intesa non tanto come elemento generatore della pianta, ma come strumento di controllo e di verifica dell’intera composizione spaziale.        

 

L’architettura diviene parte integrante e indivisibile dell’azione teatrale  e non più semplice quinta all’interno della quale si agisce la rappresentazione. In seguito De Carli scriverà: “nei tempi felici, ho trovato una cantina, ho progettato un piccolo teatro: avevo messo in un cortile (si chiamava tecnologicamente pista) uomini a recitare i racconti del vivere ad altri che ascoltavano tutti insieme”.

 

Claudio Camponogara