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Centro Svizzero

Anno: 1947 - 1952

Località: Milano, Brera

Indirizzo: Piazza Cavour 4 angolo via Palestro 2

Destinazione d'uso: Edifici per uffici

Progettista: Armin Meili

Situato in un’area prospiciente i giardini pubblici di via Palestro, il centro rimpiazza la sede della Società Svizzera di via dei Disciplini, distrutta durante la guerra, e ospita il consolato, l’ufficio del turismo e ampi spazi per la comunità svizzera milanese, oltre che numerosi uffici concessi in locazione.

Opera di Armin Meili, fu costruito dall’impresa Gadola sotto la direzione di Giovanni Romano utilizzando fondi stanziati direttamente dalla Confederazione Elvetica. Entrambi gli architetti erano stati invitati nel 1947 ad un concorso ristretto bandito dalla Società Svizzera, per la quale redassero più varianti di progetto. Accanto ad una prima proposta, che rispettava le prescrizioni altimetriche e volumetriche del piano regolatore vigente, l’architetto presentò alla commissione urbanistica presieduta da Mario Venanzi una soluzione articolata in un corpo basso continuo, dislocato lungo piazza Cavour e via Palestro e in un blocco a torre a pianta rettangolare di ventuno piani, separato dal precedente e affacciato su una corte privata aperta su via del Politecnico, secondo uno schema confrontabile con quello utilizzato negli stessi anni da Piero Bottoni in corso Buenos Aires.

Approvato dal comune e salutato come il segnale di una innovativa strategia di sviluppo urbanistico della città, svincolata dalle consuetudini e dalle regole di stampo ottocentesco, il grattacielo del centro svizzero si affiancava alle case albergo promosse dal comune e a una serie di edifici alti per abitazioni ed uffici che gli investitori privati si apprestavano a costruire in deroga alle vigenti norme edilizie e urbanistiche.

Il piano interrato dell’edificio basso ospitava un caffé con annessa sala da bowling, gli archivi, i locali per gli impianti di riscaldamento e una serie di magazzini. Sotto la corte centrale fu scavata una autorimessa per trenta vetture, mentre nel piano sotterraneo del grattacielo furono ricavati i magazzini, le celle frigorifere e i locali per il personale del ristorante, oltre alle cantine degli uffici, a due serbatoi idrici alimentati con acqua di falda e ai vani per i macchinari che garantivano autonomia elettrica all’edificio.

L’ingresso principale del corpo basso affaccia su via Palestro e immette nella hall attraverso la quale si accede agli uffici, distribuiti da un corridoio centrale. Nell’ala rivolta su piazza Cavour era allogata una banca, mentre due vani scala, l’uno all’intersezione delle due ali, l’altro al fondo del corridoio degli uffici, servono l’intero blocco. Al terzo piano erano collocati diversi ambienti ad uso collettivo, ora ristrutturati, e un salone delle feste a doppia altezza su cui affacciava la terrazza del bar.

L’edificio alto concentra i servizi di risalita e i canali tecnici lungo i lati minori, privi di aperture, mentre il piano terra è occupato da un’ampia hall e da un bar-ristorante aperti sulla corte interna, pavimentata con un mosaico di Alberto Salvioni, che firma anche il mosaico della terrazza panoramica. I piani dal secondo al diciottesimo si ripetevano identici, occupati da sei uffici ciascuno e distribuiti da un corridoio centrale secondo una soluzione efficiente e consueta. Il diciannovesimo e il ventesimo piano, illuminati da ampie vetrate continue, ospitavano invece un ristorante collegato con il tetto terrazza affacciato a 360 gradi sul panorama della città.
L’intero edificio è rivestito con tessere rettangolari di marmo di Carrara, mentre i serramenti sono in alluminio anodizzato. La struttura portante in c.a. della torre si avvale di due blocchi scatolari lungo i lati minori, dove corrono le scale e gli ascensori, e di tre file di sei pilastri disposte a determinare due campate longitudinali di differente luce.

STEFANO POLI