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Guido Canella: opere e progetti

Dal 21.12.2009 al 21.12.2010

A pochi mesi dalla sua scomparsa, la biblioteca dell'Ordine riscopre il volume monografico dedicato a Guido Canella

A pochi mesi dalla scomparsa di Guido Canella, la Biblioteca dell'Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano riscopre il volume monografico a lui dedicato edito da Electa nel 2001, per la collana “documenti di architettura”. Concepito come completamento del libro uscito nel 1987, di cui viene riportato integralmente il saggio introduttivo di Enrico Bordogna, si tratta attualmente dell'opera più completa per comprendere il lavoro di uno degli intellettuali più rilevanti della cultura architettonica milanese del secondo dopoguerra.

A partire da un'analisi critica dell’eredità del Movimento Moderno, Canella ha sviluppato la sua personale ricerca architettonica studiando tradizione e tipo, intesi come elementi persistenti che determinano le invarianti formali ed evidenziano il legame dell’architettura con le attività umane. Ricondurre le scelte di gusto e funzionali a più complesse questioni conoscitive, sostanziate dalla storia, significa superare l’occasionalità e la specificità di una commessa, per affrontare i problemi più generali della contemporaneità e del rapporto tra architettura e società.

Non è un caso che molte delle sue opere, illustrate in questo e nel precedente volume, siano pubbliche: il Municipio di Segrate, il Centro Servizi a Pieve Emanuele, il Centro Civico di Pioltello rappresentano le occasioni in cui meglio si è espressa la duplice esigenza di una progettazione complessiva proiettata sul lungo periodo e la consapevolezza dei superiori interessi collettivi della città, risarcendo gli insediamenti dell'hinterland milanese di quel “passivo” sociale di cui sono stati oggetto nella pianificazione del dopoguerra. Anche quando si occupa di residenza, Canella cerca di superare la “marginalità” di tale funzione attraverso la complessità dell’articolazione tipologica e il ricorso ad una committenza di carattere sociale, come nei complessi IACP di Bollate e di Peschiera Borromeo.

Il libro ha il merito di isolare il corpus progettuale relativo agli ultimi lavori dell'architetto milanese, per avanzare un’analisi critica della sua fase matura, in cui linguaggio si contamina con elementi più chiaramente derivati dalla tradizione classica e si rafforzano i connotati affabulatori e di memoria. E’ un’espressività più misurata, non priva di problematicità, per la quale categorie critiche come l'”antigrazioso” di Manfredo Tafuri, che pure ha descritto efficacemente la prima stagione canelliana, risultano non più sufficienti. In questo senso il libro è importante proprio perchè colma un vuoto critico, cercando di restituire quella tensione, comune anche ad Aldo Rossi, verso una sostanza teorica a supporto della prassi professionale, per la quale ben si adatta la metafora di Carlos Martì Aris riguardo alla centina e l'arco.

Proprio alla luce di questa osservazione, nel caso specifico, risulta essenziale colmare un ulteriore vuoto editoriale pubblicando una raccolta completa (qui presente come semplice apparato bibliografico) dell'intero corpus saggistico, quasi come fu l'“Esperienza dell'architettura” di Ernesto Nathan Rogers, del quale non casualmente Canella fu allievo.

Alessandro Sartori

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