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Un antidoto alla amnesia

il 25.05.2009

Presentato giovedì 21 maggio in Triennale "Amore e speranza. Corrispondenza tra Julia e Giangio Banfi". una Milano diversa che ci ostiniamo a considerare espressione della sua vera identità.

Amore e speranza
Corrispondenza tra Julia e Giangio Banfi dal campo di Fossoli
aprile/luglio 1944

Giovedì 21 maggio in Triennale si è vista una Milano diversa dal solito, quella che in fondo ci ostiniamo a considerare, malgrado un po’ sperduta, espressione della sua vera identità.
Alla presentazione del libro edito da Archinto Editore, oltre a curatori e studiosi, erano presenti un folto gruppo di amici, o meglio una ‘famiglia spirituale’ che in queste occasioni sa manifestarsi nella sua ricchezza inclusiva e trasversale, sia di mestiere che generazionale.
Una ‘famiglia spirituale’ che attraverso la sua semplice presenza trasmette  valori di cui spesso ci domandiamo cosa ne sia stato. Non intendo gli 'spiriti' delle grandi narrazioni perdute, quanto i valori del quotidiano, che fanno lo spessore degli uomini e la loro capacità di esprimere, con l’intenstà del mestiere, qualità: l’orgoglio del buono, vorrei dire.

Giuliano Banfi, motore dell’iniziativa editoriale, è lucido nel raccontare il perché di questa immane fatica di pudore, orientata a costruire, nel centenario della nascita degli amici BBPR e di molti della loro generazione, una visione unitaria di quella storia. Ovvero non costruita sul culto di alcune personalità, come storiograficamente è stato facile fare.
Per questo è altrettanto emozionato a evocare le figure che hanno costellato, come tanti padri che ha avuto la fortuna di avere, oltre la sua infanzia, la storia della nostra città e dell’architettura migliore del periodo eroico della ricostruzione e del moderno.

con questi presupposti, ha voluto che la prefazione del libro fosse di Vittorio Gregotti, attento ascoltatore e poi protagonista delle vicende milanesi, che ha vissuto in prima persona la vita dello studio BBPR nel primo dopoguerra.
Allo stesso scopo, ha voluto che la postfazione fosse invece di una giovane studiosa, Maria Vittoria Capitanucci, non legata alla generazione degli allievi di Rogers, ma dotata della sensibilità necessaria a restituire la continuità di tali figure nella storia contemporanea milanese. Il tutto sotto la curatela attenta di Susanna Sala Massari.

Sono intervenuti quindi Luca Molinari, che per alcuni anni della sua formazione ha studiato l’archivio personale di Ernesto Rogers –lavoro che ci auguriamo sia edito finalmente entro l’anno-  da cui trae spunti per sottolineare come il senso del ruolo civico e culturale di questi maestri emerga forte nelle lettere, in cui si continua, malgrado le condizioni proibitive in cui versano, a interloquire sul lavoro in corso dello studio, e soprattutto a voler comunicare col mondo libero e alimentare così il filo della speranza.

Sottolinea il bisogno di memoria, opposto al culto della personalità o al cinismo editorialmente diffuso per cui non vi sarebbero distinguo tra le parti (e sottolinea il passaggio in cui Banfi chiede di non mostrare il lavoro in corso sul piano A-R  a Ponti, Portaluppi etc) .
Conclude il suo intervento con un testo di Rogers del ’44 rivolto al futuro necessario, ma soprattutto con la emozionante registrazione audio di una inedita testimonianza di Julia Banfi sui fatti di quei giorni.

Infine Stefano Boeri evidenzia come questo libro non sia tanto una memoria individuale, quanto uno strumento efficace contro l’amnesia generale di quella storia tragica.

3 sono gli aspetti di risalto del libro:
- le radici lasciate: un modo di intendere le relazioni personali in cui anche il rapporto amoroso ha una forte dimensione politica
- la geografia dei corpi e degli affetti: il primo stupore quando Banfi è rinchiuso a S.Vittore; l’internamento a Fossoli, l’avvicinamento al campo di Julia e la speranza racchusa in tale azione; infine la distanza della deportazione, testimoniata dal diario di Julia senza più freni nei confronti della tragicità degli eventi
- la forma dell’epistolario: Boeri è grato a Rosellina Archinto per la collana che cura da anni, come strumento efficace a restituire il clima di un epoca, soprattutto in ciò che non è detto.

la forte tensione politica del rapporto amoroso testimoniata da questo libro, così come dalla presenza silenziosa dei numerosi presenti a questa serata, ci deve servire dunque da monito a non permettere che ci venga sottratta mai questa forma di agire sociale, inclusivo e quotidiano, necessario a non dimenticare la qualità in ciò che facciamo.

Francesco de Agostini

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