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Settimana del 26 maggio 2008

Dal 03.06.2008 al 03.06.2009

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia. Primo piano: Il museo di Arte contemporanea a Citylife.

La Repubblica
26-05-08, pagina 2 sezione MILANO
Navigli, residenti in rivolta
LUIGI BOLOGNINI


Isola o non isola, regole o non regole, i problemi dei Navigli restano sempre gli stessi: gente che gira, beve e fa chiasso fino a notte fonda, strade bloccate da macchine parcheggiate in divieto, ubriachi che si trasformano in vandali, spaccio di droga, locali aperti fino a tardi. «E da quando è partita l' isola pedonale non è cambiato niente, anche se avevano promesso un giro di vite - dice Gabriella Valassina, dei Comitati dei Navigli - Sabato sera abbiamo fatto un giro assieme a una commissione del consiglio di zona. Volevamo controllare il rispetto delle regole. L' orario non era di quelli di punta, saranno state le 21, e c' era pure la partita dell' Inter a levare gente dalle strade. Eppure abbiamo subito trovato il tram della linea 29/30 bloccato in viale Gorizia da un' auto sui binari, ambulanze che non riuscivano a passare, gente che usava i corrimano delle sponde come tavolini. Insomma, tutto come sempre». Per questo i cittadini della zona hanno convocato un' assemblea pubblica domani alle 20 all' oratorio di via Corsico 6. E l' ordine del giorno - scritto su volantini affissi dappertutto sui Navigli - è quasi un annuncio di guerra: "Movida selvaggia: già per tutta l' estate... anche per tutto l' anno? Contro l' invivibilità e il degrado invitiamo tutti a intervenire su questi temi: inquinamento acustico e ambientale, accesso ai mezzi di soccorso, mobilità e parcheggi per i residenti, criminalità, vandalismo e spaccio di droga. Proposte per la riqualificazione del quartiere". Hanno promesso la propria presenza anche i presidenti dei due consigli di zona, Giovanni Ferrari (5) e Massimo Girtanner (6), «Ma abbiamo chiesto di partecipare anche al vicesindaco Riccardo De Corato, aspettiamo una risposta», dice Ana Brala del Comitato Ripa Ticinese. E oggi alle 13 i rappresentanti degli abitanti avranno un incontro con l' assessore al Commercio Tiziana Maiolo. «D' altronde - prosegue Ana Brala - i politici dovrebbero conoscere più che bene i nostri problemi, perché sono sempre gli stessi. La situazione si trascina così da tempo, senza che nessuno faccia niente. E la nostra esasperazione cresce: ci sentiamo ospiti mal sopportati in casa nostra, non riusciamo neppure a muoverci in macchina, ostaggi della movida. E quando chiude un negozio si sa già che al suo posto aprirà un pub o qualcosa di simile. Questo posto sta morendo». E aggiunge Gabriella Valassina: «Noi è come se non esistessimo neppure, quando il Comune deve intervenire sui Navigli consulta solo le associazioni di categoria e non certo noi. Ora, per esempio, stanno elaborando una delibera per le licenze commerciali, con cui detterà regole rigide, che però varranno per il futuro, non certo per il preesistente. Non so cosa potrà accadere all' assemblea di domani, ma è chiaro che ormai siamo pronti a tutto. Anche ad azioni legali, se non ci saranno altre vie».


Corriere della Sera
Elzeviro Architettura, moda e urbanistica
CITTÀ SOSTENIBILI SENZA GRATTACIELI


Michael Mehaffy è un pianificatore attento ai metodi dell' urbanistica sostenibile. Collabora con centri di ricerca e riviste. Ha scritto saggi con Nikos Salingaros e lavorato per la Fondazione del principe Carlo d' Inghilterra. Interviene nel dibattito sui rapporti tra moda, comunicazione e architettura *** O ltre a comprensibili preoccupazioni sulla difesa dell' identità locale e del patrimonio nazionale, vorrei commentare la pretesa dell' Expo 2015 di definire i nuovi progetti che si stanno predisponendo a Milano come «sostenibili». E proporrei ai cittadini di assumere un atteggiamento molto scettico su quest' affermazione. Per dirla molto francamente, la pretesa che esistano edifici alti sostenibili è una frode crudele. Tra i loro molti peccati, i grattacieli favoriscono la perdita e il guadagno di calore in inverno e in estate a causa delle loro grandi esposizioni e a causa degli ampi vetri non riparati dal sole. Tendono a causare effetti di «isola di calore» che, di fatto, aggiungono calore al riscaldamento globale del pianeta. Inoltre, i grattacieli sono costruiti con materiali che hanno un' elevata dispersione di energia, le loro superfici calpestabili non sono convenienti a causa degli eccessivi requisiti di spazio che richiedono ascensori, scale e uscite d' emergenza, infine la loro manutenzione e riparazione richiede spesso stravaganti sistemi. E si potrebbe continuare Per altro non aggiungono realmente qualcosa alla vita di una città, se non, forse, un' icona aziendale che potrebbe essere interessante da guardare per un paio d' anni e nulla più. Ma il prezzo che per loro la città deve pagare è molto elevato: i grattacieli bloccano il sole e la vista, creano strani effetti del vento a livello del suolo ed isolano in modo estremo gli occupanti dall' attività urbana che si svolge a livello terreno. Invece di distribuire le persone lungo una strada e favorirne il contatto con la realtà urbana, con i grattacieli si finisce con il concentrare le persone in piccoli nodi, spesso lasciando grandi vuoti urbani nei quali non si può passeggiare. E questa non è di certo una formula giusta per costruire una città sostenibile. Sono consapevole delle osservazioni di chi sostiene che la densità fornita da edifici alti è benefica; ma l' evidenza mostra che ciò non è vero. Alcune ricerche, ad esempio, dimostrano che i problemi legati al carbonio tendono a scendere ad un livello stabile nelle aree dove abitano circa un centinaio di persone per ettaro. Una densità ben distribuita di cento persone per ettaro è perfettamente realizzabile in un tessuto edilizio con case a quattro o sei piani, come dimostrato da molte città europee. Per contro, città come Houston e Atlanta, che hanno edifici molto alti, dimostrano di avere anche emissioni per persona molto elevate, oltre ad altri problemi ecologici. Inoltre, la costruzione di un nuovo edificio alto - non importa quanto «verde» sia la sua tecnologia - consuma alti livelli d' energia e di risorse. Per capirlo, basta confrontare il consumo netto di energia e di materiali di un nuovo edificio con quello degli edifici esistenti. Spesso è molto più «ecologica» una riqualificazione di un edificio esistente piuttosto che costruire un nuovo edificio con funzioni di risparmio energetico, che spesso non funzionano nel tempo specie perché non si è tenuto conto degli alti costi di manutenzione. È molto importante, infine, comprendere che un approccio sostenibile è basato sui «sistemi interi». Quando adottiamo questo approccio, scopriamo che la maggior parte delle strutture sostenibili sono quelle già esistenti. In definitiva, la strategia più sostenibile appare quella di proteggere il nostro patrimonio e la nostra identità locale, difendendole con forza contro chi vorrebbe cambiarla in favore di luccicanti novità. Questo sarebbe un pessimo affare.

Mehaffy Michael

Pagina 39
(27 maggio 2008) - Corriere della Sera

La Repubblica
27-05-08, pagina 9 sezione MILANO
Fiera, ok al supercentro congressi
ANDREA MONTANARI


Ora è ufficiale. Il più grande centro congressi d' Europa nascerà al Portello. Il consiglio generale della fondazione Fiera ha approvato ieri il progetto di ampliamento della vecchia struttura di Fieramilanocity, che le costerà investimenti per 40 milioni di euro. Dovrebbe essere pronto entro l' autunno 2010. Sarà composto da una sala plenaria, 61 sale modulabili, un auditorium, cinque saloni espositivi, per una capacità complessiva di 16mila persone. Il progetto prevede l' integrazione degli attuali padiglioni 5 e 6 del Portello, opportunamente riqualificati, con il Milano Convention Centre (Mic) di via Gattamelata, che già oggi è il più importante polo congressuale italiano. Il nuovo complesso sarà in grado di ospitare oltre 140 eventi l' anno e sarà collegato con il nuovo quartiere CityLife. Un impianto grande il doppio di quello previsto da una convenzione sottoscritta nel 2004 dall' allora sindaco Gabriele Albertini e l' immobiliarista Luigi Zunino, che prevedeva la costruzione di un centro congressi di 8mila posti su un' area di 32mila metri quadrati nel nuovo quartiere residenziale Santa Giulia. Costo previsto, 62 milioni di euro. In questo caso interamente carico di Risanamento spa, la società del gruppo Zunino, che sta realizzando il nuovo quartiere nell' ex area Rogoredo Montecity «come contributo oltre gli oneri di urbanizzazione». Una buona notizia per il Comune in vista dell' organizzazione dell' Expo del 2015, ma anche un bel dilemma. Dato che ora dovrà prendere una decisione definitiva. Lo ammette senza esitazioni anche l' assessore comunale all' Urbanistica Carlo Masseroli, che annuncia che nei prossimi giorni incontrerà i rappresentanti di Zunino e conferma di essere pronto a portare in giunta la nuova delibera sulla variante al progetto CityLife, che discuterà domani con i capigruppo a Palazzo Marino. «L' attore principale di questa vicenda ha finalmente fatto chiarezza sulla sua posizione - commenta a caldo - . Si tratta oltretutto di un attore capace di mettere a disposizione del nostro territorio investimenti ingenti. Inoltre, abbiamo la dimostrazione che c' è la possibilità di realizzare al Portello un centro congressi di grandezza molto superiore rispetto a quello previsto dal progetto a Santa Giulia. Senza contare la volontà di Fondazione Fiera di realizzarlo in tempi brevi. Ora dobbiamo fare i conti con gli impegni presi con Zunino. Non credo che abbia senso costruire due centri congressi, ma ovviamente sono disponibile a fare di tutto perché il grande progetto del nuovo quartiere Santa Giulia trovi il percorso giusto per giocare quella partita internazionale che merita». Parole concilianti che però non trovano alcun riscontro da parte del gruppo Zunino. Che ufficialmente non commenta la notizia, ma si limita a ricordare gli impegni previsti dalla convenzione. Di tutt' altro tenore i commenti dei vertici della Fiera. «Con questo progetto - sottolinea il presidente della fondazione Luigi Roth - offriamo un ulteriore contributo all' attività del territorio e allo sviluppo del suo tessuto economico e sociale. La struttura di cui vogliamo dotare Milano e la Lombardia sarà la più grande e la più moderna d' Europa. Un valore che incrementerà la nostra competitività internazionale, anche in funzione delle opportunità dell' Expo 2015». Euforico anche l' amministratore delegato di Fiera spa Claudio Artusi: «Siamo molto soddisfatti. è un' operazione che rafforza una delle nostre più promettenti aree di business e ci consente di realizzare una delle azioni di sviluppo previste nel Piano industriale». A gestire il nuovo Centro sarà Fiera Milano Congressi, che gestisce l' attività congressuale del gruppo sia nel polo fieristico di Rho-Pero che al Portello. Il vecchio centro è stato progettato nel 2002 e poi ampliato nel 2005. Vanta una capienza di 5500 posti distribuiti in 36 sale, con una superficie espositiva di 11500 metri quadrati.

Il progetto La Fondazione dà il via libera al progetto. Masseroli: a Santa Giulia spazi inadeguati e tempi lunghi
La Fiera «prenota» il centro congressi
La sede al Portello. Rischia di saltare l' accordo Comune-Zunino su Rogoredo


Dove sorgerà il centro congressi internazionale che Milano aspetta da anni? Al Portello, nell' area della Fiera, o a Milano Santa Giulia, il quartiere che la Risanamento spa di Luigi Zunino vuole costruire a Rogoredo? In teoria la periferia Sud è avvantaggiata: Zunino e il Comune hanno firmato una convenzione in cui il centro congressi è citato nero su bianco. Nei fatti, però, l' ipotesi Fiera è in pole position. Ieri il consiglio generale della fondazione Fiera ha dato il via libera al progetto. Prossimo passo: bussare alla porta di palazzo Marino per chiederne l' approvazione. Visto che due centri congressi sarebbero troppi anche per Milano, il Comune dovrà scegliere. L' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, non nasconde le proprie preferenze. «Quella della Fondazione Fiera è una proposta seria e affidabile per la città. Va tenuta in seria considerazione. Perché un centro congressi da 16 mila posti è adeguato a Milano (quello previsto a Rogoredo può ospitare 8.000 persone, ndr.). E poi perché sarebbe realizzato in fretta. Per di più non è necessario cambiare la destinazione d' uso dell' area. Il centro congressi pensato a Santa Giulia oggi sarebbe troppo piccolo. E poi i tempi di realizzazione sono più lunghi». Tirando le somme? «Vogliamo sederci al tavolo con Zunino per discutere la questione e trovare un accordo». Oltre al Comune anche la Camera di Commercio ha reso esplicite le sue preferenze. La settimana scorsa il presidente, Carlo Sangalli, nella sua introduzione al forum sull' Expo 2015 ha detto che le imprese milanesi hanno bisogno di un centro congressi. E che la giusta collocazione è al Portello. Dal quartier generale di Zunino, in via Bagutta, non trapelano commenti. Si fa notare soltanto che il centro congressi era «un regalo» fatto alla città di Milano in aggiunta agli oneri di urbanizzazione. Maggiori volumetrie potrebbero compensare lo smacco? Inutile insistere, la risposta è sempre «No comment». Certo è che, dopo essersi visto sfilare il museo di arte contemporanea dal progetto di riqualificazione delle aree Falck, ora Zunino deve rinunciare al centro congressi. «Due episodi per nulla comparabili - contesta Masseroli -. Il museo d' arte contemporanea è un' idea recente dell' architetto Renzo Piano. Il museo era già previsto nell' area Citylife». Nelle ambizioni della Fondazione Fiera, il centro congressi al Portello sarà «il più grande d' Europa». Con una sala plenaria da 6.000 posti, 61 sale modulabili da 50 a 2.000 posti, un auditorium da 1.500 posti e 5 saloni espositivi. Totale: 16 mila posti a pieno regime. Nel suo insieme l' operazione vale 40 milioni di euro, tutti a carico della stessa Fondazione Fiera. Di fatto parte del potenziale centro congressi esiste già. Si tratta del MIC - Milano Convention Centre di via Gattamelata, già oggi il più importante polo congressuale italiano, che nei piani della Fondazione andrebbe integrato con i padiglioni 5 e 6 del Portello, opportunamente riqualificati. Il via all' operazione sarebbe però subordinato a un accordo di programma con la Regione. In sostanza, la Fondazione chiede che il centro congressi di Milano non abbia concorrenti su piazza. Tanto più a Rogoredo. rquerze@corriere.it * * * Il Comune è disponibile a rivedere la scelta della sede del centro congressi: a Milano serve una struttura da 16 mila posti *** Carlo Masseroli Troveremo l' accordo per una soluzione favorevole alla città|| *** Luigi Roth Sarà il più grande d' Europa. Con sale per sedicimila posti ||

Querze' Rita - Pagina 4 (27 maggio 2008) - Corriere della Sera

Il personaggio. La sfida di Marco Casamonti con la cantina Antinori e un progetto per Lampedusa
«Dobbiamo farci inghiottire dal paesaggio Così torneremo a costruire con armonia»


Prima di tutto c' è il rispetto della «preesistenza ambientale», espressione tecnicamente assai dotta per definire un' architettura in armonia con il paesaggio, soprattutto con quello italiano, «un patrimonio unico, di fatto il nostro vero petrolio, la nostra più grande ricchezza». E poi ci sono i modelli: modelli «passati» come quelli proposti da Ernesto Nathan Rogers, Franco Albini e Ignazio Gardella; modelli «più attuali» come l' insediamento di Cino Zucchi alla Giudecca o la recentissima Torre Albero di Stefano Boeri all' Isola di Milano. Per Marco Casamonti (1965), fondatore con Giovanni Polazzi e Laura Andreini dello Studio Archea di Firenze (nonché direttore della rivista Area), il presente «ecosostenibile» è però, in particolare, quello della cantina da lui progettata per gli Antinori nel Chianti, 52mila metri quadrati realizzati appunto secondo una logica sfacciatamente ecosostenibile. E non certo perché il committente sia un filantropo, ma piuttosto perché «ha capito, sicuramente più di quelli che vogliono solo capannoni informi e bruttissimi, che investire in architetture armoniose può essere davvero redditizio». Anche se non immediatamente. Non a caso, dunque, Casamonti (in questo momento impegnato anche nella costruzione di due grandi edifici a torre, uno nel centro di Milano e uno nel centro di Tirana in Albania) è tra i protagonisti di quel «Festarch» di Cagliari, che vede tra i temi più scottanti anche la «preesistenza ambientale». «Per buona parte del dopoguerra - dice - abbiamo costruito in modo irrazionale, consumando il territorio come se fosse un bene riproducibile, come se fossimo capaci di ricrearlo a nostro piacimento». Non è così, è chiaro: «Ma ce ne siamo resi conto soltanto quando abbiamo cercato di riconvertire tutti gli spazi industriali dismessi in "realtà abitative" o in spazi nuovamente vivibili». Solo di fronte a questa sorta di rottamazione di aree come l' Innocenti di Lambrate «abbiamo capito quali e quante occasioni avessimo sprecato in precedenza». Così ha finalmente preso corpo la consapevolezza della necessità di uno sviluppo ambientale «responsabile» e «responsabilizzato». Anche se spesso si tratta di progetti molto più costosi, «per i quali è necessario superare l' ottica ottusa del semplice profitto per giungere a quel profitto, enorme in Italia, che ci può arrivare dal recupero e dal rispetto non invasivo del paesaggio». Così è nata la Cantina Antinori: «Un luogo importante, ma invisibile; un punto privilegiato per vedere la campagna senza essere visti; qualcosa che facesse incontrare contemporaneità e tradizione, lasciando intatta la bellezza della collina sulla quale sorge; una cantina che fosse un edificio importante, ma non monumentale e che si nascondesse nel paesaggio». Dice ancora Casamonti: «La scommessa di questo progetto era far convivere tradizione e innovazione, una scommessa che è poi quella di tutta l' architettura italiana, dal momento che la gran parte delle bellezze architettoniche del mondo sono appunto concentrate in Italia». Ed è su questa stessa lunghezza d' onda che è nata anche l' idea di far diventare Lampedusa, per molti solo l' isola del turismo «vip» o in alterativa quella degli «sbarchi clandestini», qualcosa di diverso: nel primo luogo d' Europa «oil free», scommettendo (sulla spinta dell' amministrazione locale) sull' energia alternativa, sui pannelli fotovoltaici come sulle pale eoliche, su un porto esclusivamente turistico, su trasporti pubblici e privati affidati solo ad auto e mezzi elettrici. Insomma, su un' immagine totalmente differente. «Un impegno importante, un lavoro lungo e difficile», spiega Casamonti coinvolto nell' ambito di questo progetto in una serie di workshop con un gruppo di quaranta studenti della facoltà di Architettura dell' Università di Genova. Le parole d' ordine? Ancora una volta «rispetto» e «ambiente». L' obbiettivo: «capire finalmente il ruolo chiave che anche un semplice porto turistico può avere nel sistema paesaggistico». Di fatto, «realizzare nuove architetture in perfetto equilibrio tra terra e mare». Più ecosostenibile di così!

Bucci Stefano

Il caso Il progetto per un convento di clausura a Ronchamp e una doppia raccolta di firme (pro e contro)
Renzo Piano divide gli «eredi» di Le Corbusier


Per lui è soltanto «un sussulto di accademia» o, peggio ancora, «l' espressione di un inutile integralismo». Perché l' architettura è anche «l' arte di ascoltare opinioni diverse per poi migliorarsi». A questo proposito cita due casi personali che, proprio in virtù delle polemiche suscitate, lui stesso ha adeguato in meglio: la London Bridge Tower e il grattacielo di Torino. Certo che persino per Renzo Piano il confronto è stavolta davvero impegnativo: il progetto per una serie di insediamenti a fianco della cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp (sull' ultimo contrafforte dei Vosgi che domina la pianura della Saóne, nella Francia nord-orientale), uno dei capolavori di Le Corbusier che colleziona 100mila visitatori all' anno. In qualche modo Piano aveva già messo in conto le polemiche (furono sette le cause intentate contro il progetto per il Beaubourg) ma forse non si aspettava che una petizione anonima potesse dividere quella Fondation Le Corbusier che si batte «per la salvaguardia dell' eredità» dell' architetto, urbanista, pittore e scultore francese (1887-1965) che «ha contrassegnato il movimento moderno» (tra le iniziative più recenti il prossimo restauro della Maison La Roche e uno studio su Ronchamp curato da Gilles Ragot che conclude: Corbu sarebbe stato contrario). La Francia festeggia il ritorno dei grattacieli nel cielo di Parigi con la vittoria di Jean Nouvel nel concorso per la nuova torre della Défense e, allo stesso tempo, si spacca sul destino di uno dei suoi luoghi-simbolo (realizzato tra il 1950 e il 1955): «La mia idea è quella di una nave d' intimo raccoglimento e meditazione» scriveva il laico Le Corbusier. I lavori a Ronchamp sono iniziati da una decina di giorni nel fitto bosco ventoso davanti alla cappella dove troveranno posto 26 «piccoli frammenti di architettura» in massima parte semi-interrati, con facciate a vetro aperte sulla valle: un convento per dodici suore Clarisse guidate dalla combattiva suor Brigitte; un oratorio; un centro di accoglienza «multifunzionale e multiconfessionale»; un area di parcheggio. Costo previsto 9 milioni di euro (un terzo per alberi e paesaggio). Durata dei lavori: due anni. La Fondation Le Corbusier ufficialmente non si è schierata ma al suo interno si è materializzata una petizione anonima che fino a ieri aveva raccolto quasi 1.300 firme contrarie al progetto di Piano («è solo una speculazione», «tradisce la sacralità del luogo») in qualche modo ispirate alle posizioni di membri eminenti della Fondazione come gli architetti Michel Kagan e Bruno Reichlin o a quelle di Stanislaus von Moos. Tra i critici anche Jean-Louis Cohen, storico dell' architettura: «Il progetto di Piano è senz' altro rispettoso, ma è troppo vicino alla Chapelle». Cohen, membro del consiglio della Fondazione, cita come modello di sistemazione l' area che circonda la Casa sulla Cascata di Frank Lloyd Wright, a Bear Run in Pennsylvania, sottolineando al tempo stesso la lentezza con cui la Fondazione ha deliberato («potevamo avere più spazio a disposizione, se avessimo deciso di comprare il terreno vicino prima che i prezzi si alzassero»). Ma le sue sono «le posizioni di un uomo intelligente, aperto al dialogo» spiega Piano. D' altra parte il progetto di Piano aveva già avuto nello scorso giugno l' approvazione (all' unanimità) del ministero della cultura francese presieduto da Christine Albarel («la decisione è stata presa troppo frettolosamente» dice ora Cohen) e nei due mesi in cui potevano essere presentati ricorsi nessuno si è fatto vivo. Niente, dunque, potrebbe in teoria bloccare la realizzazione degli insediamenti collocati ad una distanza che varia tra i 50 e i 100 metri dalla Cappella (in attesa della tutela dell' Unesco). Eppure: «C' era chi li giudicava sempre troppo vicini alla Chapelle; poi hanno detto che le suore non si vedevano ma si sentivano e che avevo voluto nasconderle sottoterra. Se queste non sono posizioni da integralisti...». Proprio di fronte a questi «eccessi» la Fondazione Le Corbusier sembra essersi definitivamente spaccata: con la contropetizione a favore di Piano promossa da l' Oueuvre Notre-Dame du Haut, da les Amis de Le Corbusier e dagli eredi di Charlotte Perriand che in pochi giorni ha raccolto quasi duemila firme. Il resto non conta, sembra voler dire Piano, soprattutto quando è anonimo.

Bucci Stefano
Pagina 45
(29 maggio 2008) - Corriere della Sera

La Repubblica
29-05-08, pagina 9 sezione MILANO
CityLife, il Consiglio tagliato fuori
STEFANO ROSSI


La delibera del progetto CityLife, con le varianti apportate qualche mese fa, sarà approvata domani in giunta. In giunta, e non in consiglio comunale, perché così consente la legge regionale e così vuole l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli. Ieri Masseroli lo ha ribadito alla riunione dei capigruppo e dell' ufficio di presidenza di Palazzo Marino, per la delusione dell' opposizione che voleva un dibattito pubblico sul discusso progetto. Con la speranza di far passare qualche emendamento per ridurre le cubature, complici le assenze nella maggioranza. Dalla delibera potrebbe però essere stralciato il Museo d' arte contemporanea dell' architetto polacco-americano Daniel Libeskind. L' opera sostituisce il preesistente progetto di Museo del design, sempre di Libeskind. Stesso edificio ma spostato, ora, in un' area di proprietà della Fiera adiacente al perimetro di CityLife. Il centrosinistra ha obiettato: così è un' altra cosa, si deve rifare il concorso internazionale. Avvocatura e segreteria comunali sono al lavoro. Le ipotesi sono tre. Prima: il concorso non è da rifare e domani si approva tutto, Museo dell' arte contemporanea compreso. Per evitare una figuraccia al sindaco, che ha presentato in pompa magna a marzo la nuova versione del Museo, si pensa a una forma mista fra oneri di urbanizzazione e donazione al Comune. Seconda opzione: il nodo non è sciolto e il Museo è stralciato, ma intanto passa la delibera CityLife. Terza ipotesi, la più spinosa: è subito chiaro che il concorso va rifatto e, mentre la delibera CityLife viene approvata, si pensa a come procedere. Ad esempio, Libeskind potrebbe regalare al Comune il progetto, che verrebbe assunto come parametro del concorso. Che si sia giunti alla vigilia dell' approvazione della delibera senza aver fatto luce sul punto è abbastanza strano. «Il tema è complesso», riassumono all' Urbanistica. Ma all' opposizione preme anche il mancato esame in aula. «Alla faccia del federalismo, il consiglio comunale non potrà decidere su CityLife», dice Andrea Fanzago, vicecapogruppo del Pd. Un' insoddisfazione confermata dai capigruppo del Pdci Francesco Rizzati («Masseroli come sempre non dà ascolto a nessuno») e del Prc Vladimiro Merlin. Subito dopo l' approvazione la delibera andrà in commissione urbanistica: «Atto tecnicamente non necessario ma istituzionalmente doveroso», commenta il presidente del consiglio Manfredi Palmeri. Più che un passaggio, in commissione sarà una passerella. La variante sarà blindata, con la nuova fermata della metropolitana 5 (finanziata per 6 milioni su 657) e più verde grazie all' inclusione nell' area di 65mila metri quadrati ceduti dalla Fiera. Ma non meno volumetrie: «I cambiamenti sono stati decisi nell' interesse pubblico - dice Masseroli - e non c' è un interesse pubblico che riguardi la modifica delle architetture». Per il comitato dei cittadini parla Rolando Mastrodonato: «Puntiamo sui nostri due ricorsi al Tar e sul ricorso alla Corte dei conti. I grandi nomi dell' urbanistica sono con noi. Solo il Comune pensa che un insediamento da 50mila utenze al giorno, compresi Centro congressi e Vigorelli, sia possibile senza uno studio serio del traffico».

È made in Italy uno degli innovativi progetti architettonici per l' Expo 2010 di Shanghai *** Dai sassi al futuro: breve storia dei materiali da costruzione
E il cemento diventò trasparente
Resistente, luminoso, ecologico: ecco l' edificio «bioclimatico»


Cemento trasparente per diffondere luce ambientale. Pannelli fotovoltaici, inseriti nelle vetrate autopulenti, in grado di produrre elettricità. E poi una struttura bioclimatica, a forma di grande cortile interno, per il contenimento energetico, grazie all' integrazione di sistemi passivi e attivi delle strategie bioclimatiche. Benvenuti a Shanghai, nell' innovativo padiglione italiano di Expo 2010 (che si svolgerà dal 1° maggio al 31 ottobre). Il progetto, risultato vincitore tra 65 proposte, aspetta il via per la posa della prima pietra. Nei prossimi mesi. «È un concentrato di novità in fatto di materiali e soluzioni architettoniche» spiega Giampaolo Imbrighi, professore di tecnologia dell' architettura alla Sapienza di Roma, nonché responsabile del gruppo di architetti italiani firmatari dell' opera. E continua: «Dal punto di vista costruttivo il cemento trasparente si ottiene aggiungendo impasti vetrosi e compound a base di fibre di vetro. Il tutto amalgamato alla tradizionale miscela di calcestruzzo». Il prodotto finale, compatto e resistente nella lavorazione, presenta un duplice vantaggio architettonico. Di notte, l' edificio visto dall' esterno fa trasparire le luci interne. Invece, durante il giorno, i visitatori all' interno percepiscono le variazioni di luminosità esterne, diffuse in modo uniforme nell' ambiente. Il chiaro-scuro è accentuato dalla presenza di pareti trasparenti come le vetrate, in contrasto con le zone diafane del calcestruzzo. Il risultato finale di queste innovazioni tecnologiche nei materiali da costruzione? Una sequenza di luci e ombre in continua evoluzione nel corso della giornata. Dipendenti anche dalle condizioni meteorologiche. Ma il progetto rivela al suo interno altre novità. Un' evoluzione della specie che in 50 mila anni di storia ha portato l' uomo ha sperimentare prima e utilizzare poi nuovi materiali da costruzione. Dal legno e argilla delle capanne, fino al vetro e cemento dei grattacieli newyorkesi. «Le strategie progettuali per Expo 2010 rendono il padiglione una "macchina bioclimatica" ideale. Per realizzarlo ci siamo posti l' obiettivo primario del risparmio energetico e dell' ecocompatibilità dei materiali - spiega ancora il professor Imbrighi - ad esempio il controllo della radiazioni termiche è regolato da vetri contenenti elementi fotovoltaici. Così oltre all' effetto schermante viene prodotta elettricità. Inoltre la copertura, particolarmente curata per ottenere protezione dal surriscaldamento estivo e un recupero di acqua piovana». Un giusto equilibrio tra aspetti architettonici, ambientali e tecnico costruttivi. Il sistema di condizionamento sfrutta la convezione di correnti d' aria, rinfrescata da un flusso continuo di acqua. L' aria calda viene convogliata verso l' alto ed estratta naturalmente, sfruttando il principio dell' effetto camino. Non solo. Il condizionamento naturale non è limitato all' atrio, ma interessa l' intero edificio, grazie ad aperture nella struttura che funzionano da gallerie del vento. Un principio simile a quello messo in pratica dai cavalieri durante le Crociate. Per mantenere fresche le mura interne della Valletta a Malta. «L' intero progetto - spiega Beniamino Quintieri, commissario generale per l' Italia all' Expo di Shanghai - è stato sviluppato seguendo le linee guida proposte dai responsabili cinesi "better city, better life". Un concetto che lega la qualità della vita all' ambiente urbano». Inutile nascondere che oltre al ritorno di immagine del made in Italy, la buona riuscita del padiglione italiano rappresenterà il biglietto da visita per l' appuntamento milanese di Expo 2015. 18 *** I METRI d' altezza del padiglione italiano all' Expo 2010 di Shanghai: la costruzione occuperà un' area di 3600 metri quadri * * * Il padiglione Strategie di risparmio Il padiglione italiano di Shanghai, che si avvarrà di nuovi materiali di costruzione come il cemento trasparente (nella foto sopra), costerà 10-12 milioni di euro. Expo 2010 si sviluppa su una superficie di 3600 metri quadri. Per costruirlo le maestranze cinesi impiegheranno un solo anno di lavoro. Gli accordi prevedono che l' intero edificio, finita la manifestazione, non sia demolito. Due le ipotesi. Lasciarlo nella stessa posizione, oppure spostarlo in una seconda sede. *** Ecco perché in fase progettuale gli architetti italiani hanno previsto una struttura portante con travi in acciaio, da montare e smontare in tempi brevi, con una diversa composizione dei singoli moduli. Nei 6 mesi di apertura di Expo 2010 è prevista la presenza di 70 milioni di visitatori. Nella foto sopra, un' immagine di come sarà il padiglione.

Torelli Umberto, Torelli Umberto
Pagina 26
(31 maggio 2008) - Corriere della Sera

La proposta Lo psicoterapeuta che ha lanciato l' idea: un' occasione da non sprecare
Scaparro: il parco per l' Expo Diamo un segnale ai bambini
«Non un giardinetto, ma un grande spazio verde destinato a restare» L' iniziativa è sostenuta da istituzioni, imprenditori, uomini di cultura. «Un simbolo orizzontale per l' Esposizione»


(Aulì Ulè è un' idea di Fulvio Scaparro fulvioscaparro@alice.it : I stesura 2001, III stesura maggio 2008 Serve uno sforzo d' immaginazione. Primo: dalla parte dei bambini. Immedesimarsi nella la libertà infantile di correre, saltare, rotolarsi. In sicurezza, senza limiti e recinti, ordini o costrizioni. Secondo: l' immaginazione adulta che si richiede alla politica. Essere in grado di pensare a un grande progetto e poi metterlo in pratica, sfruttare l' occasione dell' Expo per lasciare a Milano un' eredità per il futuro. È questo Aulì Ulè, il parco dei bambini di Milano proposto dallo psicoterapeuta Fulvio Scaparro: «Un regalo da lasciare ai piccoli di tutto il mondo». L' idea è stata già presentata, ha preso forma, ha ricevuto l' approvazione del sindaco Moratti, di molte personalità milanesi, di alcuni sponsor. Ora il suo promotore fissa le linee guida del progetto. A partire da una rivoluzione del pensiero urbanistico della città: «Dalla torre Eiffel in poi - spiega Scaparro - l' Expo passa dalla ricerca di spettacolarità attraverso l' architettura. Ma non è detto che la spettacolarità debba essere un concetto verticale, può essere anche orizzontale». La meraviglia del parco sarebbe per i bambini che dovrebbero frequentarlo, ma anche per chi, dall' alto, arrivando a Milano in aereo si troverebbe a vedere dal cielo un nuovo simbolo della città. Perché diventi il luogo della libertà totale dei bambini, avrà bisogno di regole ferree per gli adulti. Uno spazio dedicato esclusivamente ai piccoli fino a 10-12 anni, «altrimenti diventerebbe un parco pubblico qualsiasi - continua Scaparro - mentre invece Aulì Ulè dovrà essere uno spazio alternativo e originale rispetto a ciò che già esiste, non una città dei ragazzi o una specie di Gardaland, non un giardinetto di quartiere con le altalene». Condizioni essenziali: gli adulti entrano solo come accompagnatori, il parco deve essere facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici e con le piste ciclabili, una conformazione all' apparenza semplice, con un grande prato circondato da filari di alberi. Uno spazio che per dimensioni potrebbe essere simile a quello del parco Sempione, per necessità collocato ai limiti della città. La vita dell' Aulì Ulè dovrà essere governata da un rispetto radicale per lo spazio riservato ai bambini: niente cani, niente biciclette da adulti, niente pic-nic, nessuna manifestazione pubblica e privata. E soprattutto: gratuità totale («nessuno dovrà mai dire non posso andare perché costa troppo», spiega Scaparro) e divieto assoluto di promozione commerciale all' interno (gli spazi per gli sponsor saranno regolamentati nel settore dell' accoglienza fuori dall' ingresso). Nel parco dei bambini di Milano nessuno dovrà avere intenti didattici, educativi o informativi. Dovrà essere contatto puro con la natura e spazio sacro di libertà. Con qualche stimolo: animatori con antichi giochi, aquiloni perché i piccoli guardino il cielo, una rosa dei venti creata con i fiori, che indichi la direzione verso le città del mondo. * * * La scheda Il prato Dovrà estendersi su un' area pari a quella del Parco Sempione a Milano e sarà delimitato da un filare di alberi sempreverdi La fauna Dovrà essere curata la sopravvivenza degli insetti tipici del luogo, degli uccelli (stanziali o migratori) e delle altre forme di vita (scoiattoli)

Santucci Gianni
Pagina 4 (1 giugno 2008) - Corriere della Sera

Cultura Da Foot a Bonomi, dibattito alla fondazione Catella. «Manca una pianificazione del verde»
«Declino o rilancio. Milano è a un bivio»


Se solo Milano si guardasse indietro. Smemorata. Imparerebbe dal passato, successi ed errori su immigrazione, eventi internazionali, politiche ambientali. «Io sono uno storico, uso questa prospettiva», sorride John Foot, autore londinese di Milano dopo il miracolo (Feltrinelli). E cosa vede? «Milano può sperimentare una nuova accoglienza, evitare le colate di cemento dell' Expo - anche se non sono fiducioso - e inventarsi una mobilità ecologica». Aldo Bonomi è un sociologo, ha scritto Milano ai tempi delle moltitudini (Mondadori) e pensa che debba ritrovare «l' identità di città-spugna», affidarsi a un «capitalismo coalizionale» e investire energie e quattrini nel «fare società». Per dire: «Questa visione che viene avanti, la politica del dagli al rom, ecco, è il massimo della mediocrità». Il titolo è un invito: Pensare Milano. E sottintende un bivio: sviluppo o declino? La Fondazione Riccardo Catella e la rivista Vita organizzano il convegno martedì 3 giugno alle 18, in via De Castillia 28. I temi: Expo, modelli di qualità urbana, presupposti e prospettive, pensiero per l' azione. Ne parleranno lo storico Foot, il sociologo Bonomi e lo scrittore Luca Doninelli, firma del libro Il crollo delle aspettative (Garzanti). C' è un inglese, Foot, che conosce Milano più di Londra. Sostiene che il 2008 va maluccio e se pensa al 2015, ecco, torna al 1990, ai Mondiali: «È stato l' ultimo grande evento, ha portato una pioggia di soldi, ha lasciato ecomostri da abbattere e il terzo anello di San Siro». Poca roba, eh? «Per l' Expo non vedo né grandi progetti né capacità d' amministrarli». Una priorità? «Lotta allo smog e verde». Sul primo punto, «non mi pare che Rho-Pero, uno dei luoghi più trafficati d' Italia, sia una grande scelta». Sul secondo, Foot ha paura degli appetiti immobiliari e, da storico, ricorda che «negli ultimi quarant' anni non c' è stata alcuna pianificazione del verde, se si esclude il Parco Nord». Che fine ha fatto la città di «Miracolo a Milano», di «Rocco e i suoi fratelli»? Quella metropoli che dava e prendeva, moderna e generosa? La riflessione di Bonomi inizia qui: «Si è smarrita». Nelle sue ansie e nei suoi 5 cerchi socio-produttivi senza identità comune, dal centro dei neoborghesi alle periferie degl' immigrati, quante «risorse frammentare». Crede al rilancio? «L' Expo è un' opportunità...». Ma? «Bisogna iniziare a ragionare sui grandi temi». Casa e accoglienza. «Ma la coalizione per il sociale non può essere solo il tavolo per l' ordine pubblico in prefettura».

Stella Armando

Pagina 4 (1 giugno 2008) - Corriere della Sera

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