Dal 01.01.2008 al 31.12.2008
Corriere della Sera, 02-01-2008 , Gillo Dorfles racconta la vita e la carriera di Ettore Sottsass
L'avventura in Olivetti, i viaggi, la creatività dell'epoca di Memphis.
Ero appena rientrato a Milano da Trieste, dove, approfittando della sosta natalizia, mi ero recato, anche per visitare la grande mostra antologica di Ettore Sottsass; quando mi è stata comunicata la triste notizia della sua scomparsa. Ho detto «scomparsa», perché con lui scompare non solo un grande artista-architetto, ma una personalità del tutto a sé stante, che ha segnato un modo di concepire l'arte, e soprattutto la vita, secondo una «regola stilistica » inconfondibile.
La strana coincidenza tra la mia visita alla mostra e la scomparsa mi ha turbato in maniera inconsueta: anche se la nostra era un'antica amicizia, gli incontri erano molto rari, come accade spesso nelle grandi città. È, quindi, con molta esitazione che scrivo queste righe, che vorrei dedicare al ricordo dell'uomo più che dell'artista, di cui è ben nota la vasta attività creativa.
In effetti, Ettore è stato, più che un architetto, un designer, un ceramista, un «artista totale». Ebbi occasione di tracciare - nel 2004 - un suo profilo su queste colonne per la pubblicazione d'una raccolta dei suoi scritti, e già allora avevo sottolineato la qualità inventiva - stilistica e letteraria - di questi suoi appunti; spesso icastici ma sapientemente articolati (forse anche per un «contagio» con la grande dottrina d'una Nanda Pivano). Scrivevo allora: «Si tratta di alcuni articoli "tecnici", di altri scritti "d'occasione" per convegni, viaggi, conferenze, decisamente spontanei, ironici, battaglieri, e tracciati con una precisa modalità letteraria a metà strada tra il tono colloquiale e quello panflettistico». Ecco: l'icasticità credo sia stata la dominante di tutta l'«opera omnia» di Ettore: la volontà di usare un linguaggio dirompente negli scritti, come nelle architetture e nel design. Basterebbe riflettere sull'impatto spesso «eccessivo» di certi suoi mobili (e mi riferisco soprattutto all'epoca di Memphis, una delle sue più contrastate ma anche vitali), o quello di tante sue ceramiche giganteggianti e non artigianalmente compiaciute; oppure ai suoi gioielli: pure questi «eccessivi» per la dimensione e l'incontro di materiali insoliti, certamente indossabili soltanto da donne di straordinario coraggio (e bellezza).