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L’itinerario di architettura che viene qui illustrato attraversa un arco temporale di poco più di venti anni (1974-1995) e, nonostante sia trascorso poco tempo dalla sua conclusione, contiene al suo interno temi ormai definibili storici per la storia dell’architettura italiana e milanese in particolare. A Bollate, in quel ventennio, si è cercato con forza e convinzione di dare una risposta al tema dell’abitare e della costruzione della città. E questo è stato fatto in primo luogo attraverso la pianificazione urbanistica e successivamente attraverso interventi di professionisti di primo piano dell’architettura milanese. I due Piani urbanistici che hanno regolato questo periodo avevano il chiaro obiettivo di trasformare cinque borghi rurali alla periferia di Milano in una città, rispondendo in maniera decisa al problema abitativo e costruendo l’impianto urbano intorno ai fondamentali elementi della città pubblica. In particolare modo il Piano di Ferrante, con il successivo contributo di De Carli, darà il via ad una consistente operazione di costruzione della città, fatta di grandi volumi edilizi ma anche di parchi, verde, piazze e spazi pubblici, che testimoniano le idee e la cultura di un intero periodo storico.
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L’itinerario di architettura che viene qui illustrato attraversa un arco temporale di poco più di venti anni (1974-1995) e nonostante sia trascorso poco tempo dalla sua conclusione, contiene al suo interno temi ormai definibili storici per la storia dell’architettura italiana e milanese in particolare. A Bollate, in quel ventennio, si è cercato con forza e convinzione di dare una risposta al tema dell’abitare e della costruzione della città. E questo è stato fatto in primo luogo attraverso la pianificazione urbanistica e successivamente attraverso interventi di professionisti di primo piano dell’architettura milanese. I due Piani urbanistici che hanno regolato questo periodo (prima con il PRG di Achilli e Canella, successivamente con quello di Ferrante) avevano il chiaro obiettivo di trasformare cinque borghi rurali alla periferia di Milano in una città, rispondendo in maniera decisa al problema abitativo e costruendo l’impianto urbano intorno ai fondamentali elementi della città pubblica.
E soprattutto, attraverso l’idea del riscatto dell’edilizia sociale, fino a quel momento relegata ad avere un ruolo marginale e nascosto nell’immagine urbana, di porre fine al fenomeno dell’autocostruzione (le “coree” di Bollate sono ancora testimonianza di quanto stava accadendo) che stava producendo danni urbanistici irreparabili. In particolare modo il Piano di Ferrante, con il successivo contributo di De Carli, introducendo il tema dei grandi comparti urbanistici e il recupero attraverso di essi del pregresso fabbisogno di standard, con il lungimirante e innovativo meccanismo perequativo, darà il via ad una consistente operazione di costruzione della città, fatta di grandi volumi edilizi ma anche di parchi, verde, piazze e spazi pubblici, che testimoniano le idee e la cultura di un intero periodo storico.
Gli interventi scelti (che avrebbero potuto essere di più) hanno come tema la residenza collettiva, il palazzo municipale, la chiesa e il parco pubblico centrale. Ossia quegli elementi fondamentali della struttura urbana, per come veniva pensata e vissuta in quel particolare momento.
Dall’epicità del complesso residenziale di Canella in via Turati fino agli interventi cooperativistici più recenti, passando attraverso la profonda riflessione di Vercelloni sul tema del Municipio, il sogno poetico di De Carli nel parco centrale e la lucida espressività di Mangiarotti nella chiesa di Baranzate, si dipana tutta la capacità e la volontà progettuale di una generazione che nel capoluogo milanese non ha trovato facilmente le occasioni di esprimersi in maniera così vivace.
Soprattutto gli interventi residenziali manifestano chiaramente quella idea di portare l’edilizia sociale non solo ad un livello di dignità urbana elevata ma anche di renderla l’elemento fondante della costruzione della città. Dando così modo a Bollate di inserirsi in un contesto di esperienze urbanistiche e architettoniche che a livello europeo, ma soprattutto italiano, conta pochi casi così completi per qualità e quantità degli interventi.
Sono temi ancora vivi e problemi in gran parte ancora da esplorare e risolvere e proprio per questo si è scelto nelle schede che seguono, di far sentire la voce degli autori di queste opere, lasciando a loro l’onore di compilare i successivi brevi testi descrittivi. Queste voci ci testimoniano quanta consapevolezza ci fosse allora nelle proprie opere e come ancora ci sia orgoglio per quanto progettato e realizzato, sempre superando grandi difficoltà. Infatti nessuna delle opere proposte è stata di facile realizzazione. Gli aspetti economici, tecnici, tipologici e la ricerca di soluzioni a problemi, anche sociali, complessi hanno reso la realizzazione di questi edifici ardua e faticosa e talvolta anche incompleta.
Per guardare queste opere oggi, è necessario capire il contesto in cui furono progettate e realizzate, e saper leggere quanto esse sono lo specchio di un pensiero disciplinare saldo e impegnato del quale oggi forse si sente la mancanza.
E non è possibile comprendere il loro significato senza uno sguardo a come si sono poste in relazione al contesto. Questa attenzione per l’immagine dell’architettura quale elemento urbano fondamentale nel disegno della città, talvolta è rimasta sulla carta e talvolta è stata travolta dalla storia. Il materiale lapideo di rivestimento del Municipio che si doveva estendere alla pavimentazione di tutto lo spazio pubblico circostante come pure l’isolamento nei prati marcitori dell’edificio di Canella sono forse i due più eclatanti elementi la cui assenza pesa nella lettura delle opere. In particolare l’intervento di Canella, che oggi viene visto e vissuto come una barriera fisica tra due parti di città, all’epoca costituiva uno straordinario margine carico di simbolismi e significati che nel contesto attuale si fa fatica a cogliere.
Va anche detto che oggi, molte di queste, non sono opere amate dai cittadini. La manutenzione e la gestione di queste opere si è rivelata spesso complessa e particolarmente onerosa e le risposte che le istituzioni hanno saputo e potuto dare è stata sovente insufficiente. Ma anche questo controverso rapporto con l’utenza testimonia di quanto le questioni affrontate in quel periodo siano ancora rimaste aperte e si stiano riproponendo oggi, gravate anche dalle problematiche ambientali e dalla crisi economica, nonché di una dissoluzione dell’idea di città che lascia comunque tutti sempre più insoddisfatti.
Tanto è vero che nonostante tutte le critiche che si possono muovere a quel periodo e a quella risposta, di cui queste opere sono testimonianza, resta il fatto che quanto fatto all’epoca rimane ad oggi l’unici tentativo, realizzato e costruito, di risolvere il problema abitativo e la perdita di identità della città metropolitana.
LUIGI FREGONI