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Sei anni fa, alla Triennale, L’Ordine degli architetti di Milano allestì la mostra fotografica Expo-Dopo-Expo. Milano aveva da poco vinto l’assegnazione dell’EXPO 2015 e dopo l’euforia iniziale si cominciava a lavorare, non senza contrasti, alla organizzazione del progetto. Per spirito di collaborazione, in quanto architetti, pensammo di puntare da subito l’attenzione sul problema del dopo-Expo specialmente dal punto di vista fisico, architettonico e funzionale. Mostrare attraverso cinque campagne fotografiche lo stato reale dei luoghi di 5 passate expo europee ci sembrò l’elementare punto di partenza per stimolare una discussione ed una presa di coscienza verso una amministrazione pubblica che si accingeva ad attrezzare,
In una situazione urbana densa e complessa come quella milanese, una infrastruttura estesa su 1 milione di metri quadrati.
Ovvio suggerimento: Imparare dalle esperienze altrui.
Organizzammo cinque incontri pubblici dove i responsabili di quelle esposizioni passate illustrarono obiettivi, strumenti e problemi affrontati. Segnalarono errori e problemi del prima, del durante e del dopo. Affiancate alle 5 campagne fotografiche, questi contributi segnalavano con utile anticipo la vera questione dell’intera operazione EXPO: la necessità di un progetto urbanistico, economico ed architettonico che permettesse un transito governato dalla festosa congestione della fiera planetaria ad un utile infrastruttura per l’intera comunità nazionale.
L’ascolto della amministrazione Moratti e di quella Formigoni verso l’intera operazione fu pari a zero. Nessuno intervenne mai a questi incontri pubblici, nemmeno per ascoltare, malgrado i molti inviti. La storia dei primi due anni persi in sgambetti contrasti e giochi di potere per gestire la gigantesca torta racconta di una classe politica e amministrativa miope e rissosa che pilotò consapevolmente l’Expo verso la classica condizione dell’emergenza, condizione nella quale le garanzie di trasparenza di equità e di efficienza pubblica svaniscono nella nebbia delle lobby politiche ed imprenditoriali.
Ad Expo 2015 quasi finita e dopo un innegabile successo di pubblico e di immagine, la logica dell’emergenza si rinnova. Il futuro funzionale e fisico dell’area non è stato preparato da un percorso d’indagine di politica economica ed urbanistica. Percorso che sarebbe dovuto iniziare almeno due anni fa per approdare a scelte ponderate, non dettate dalla situazione di emergenza e capaci di innescare meccanismi virtuosi e trasparenti nei processi decisionali nella messa apunto di progetti e negli affidamenti di incarichi. Oggi, in questa situazione aperta e fluida sollecitiamo nei limiti di tempo rimasti una discussione fondata e attenta al destino funzionale e architettonico di un pezzo di città. In questa mostra alle cinque campagne fotografiche del 2009 aggiungiamo il reportage sull’Expo di Shanghai conclusasi nel 2010 e di Milano appena conclusa e sul cui futuro la discussione è aperta.
Sei anni fa, alla Triennale, L’Ordine degli architetti di Milano allestì la mostra fotografica Expo-Dopo-Expo. Milano aveva da poco vinto l’assegnazione dell’EXPO 2015 e dopo l’euforia iniziale si cominciava a lavorare, non senza contrasti, alla organizzazione del progetto. Per spirito di collaborazione, in quanto architetti, pensammo di puntare da subito l’attenzione sul problema del dopo-Expo specialmente dal punto di vista fisico, architettonico e funzionale. Mostrare attraverso cinque campagne fotografiche lo stato reale dei luoghi di 5 passate expo europee ci sembrò l’elementare punto di partenza per stimolare una discussione ed una presa di coscienza verso una amministrazione pubblica che si accingeva ad attrezzare,
In una situazione urbana densa e complessa come quella milanese, una infrastruttura estesa su 1 milione di metri quadrati.
Ovvio suggerimento: Imparare dalle esperienze altrui.
Organizzammo cinque incontri pubblici dove i responsabili di quelle esposizioni passate illustrarono obiettivi, strumenti e problemi affrontati. Segnalarono errori e problemi del prima, del durante e del dopo. Affiancate alle 5 campagne fotografiche, questi contributi segnalavano con utile anticipo la vera questione dell’intera operazione EXPO: la necessità di un progetto urbanistico, economico ed architettonico che permettesse un transito governato dalla festosa congestione della fiera planetaria ad un utile infrastruttura per l’intera comunità nazionale.
L’ascolto della amministrazione Moratti e di quella Formigoni verso l’intera operazione fu pari a zero. Nessuno intervenne mai a questi incontri pubblici, nemmeno per ascoltare, malgrado i molti inviti. La storia dei primi due anni persi in sgambetti contrasti e giochi di potere per gestire la gigantesca torta racconta di una classe politica e amministrativa miope e rissosa che pilotò consapevolmente l’Expo verso la classica condizione dell’emergenza, condizione nella quale le garanzie di trasparenza di equità e di efficienza pubblica svaniscono nella nebbia delle lobby politiche ed imprenditoriali.
Ad Expo 2015 quasi finita e dopo un innegabile successo di pubblico e di immagine, la logica dell’emergenza si rinnova. Il futuro funzionale e fisico dell’area non è stato preparato da un percorso d’indagine di politica economica ed urbanistica. Percorso che sarebbe dovuto iniziare almeno due anni fa per approdare a scelte ponderate, non dettate dalla situazione di emergenza e capaci di innescare meccanismi virtuosi e trasparenti nei processi decisionali nella messa apunto di progetti e negli affidamenti di incarichi. Oggi, in questa situazione aperta e fluida sollecitiamo nei limiti di tempo rimasti una discussione fondata e attenta al destino funzionale e architettonico di un pezzo di città. In questa mostra alle cinque campagne fotografiche del 2009 aggiungiamo il reportage sull’Expo di Shanghai conclusasi nel 2010 e di Milano appena conclusa e sul cui futuro la discussione è aperta.
A Cura Di
Franco Raggi
Editore
Solferino Edizioni
Anno
2015
Pagine
92
Altezza
17 Cm
Larghezza
24 Cm
ISBN
978-88-98274-11-6
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