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Housing Sociale & collaborativo: Abitare la città

Dal 27.06.2012 al 27.07.2012

Resoconto del secondo incontro del ciclo, Giovedì 21 giugno con gli studi di Jo Coenen e Christian Lichtenwagner. La conferenza prevista per il 28 giugno rinviata a settembre

Proseguono gli incontri organizzati all’interno del Master dedicato alla Residenza sociale. ‘Abitare la città’ il tema della giornata, mentre la conferenza prevista per il 28 giugno dedicata ‘Spazio pubblico e spazio sociale’ è stata rinviata a settembre, causa semifinali degli europei di calcio.
Pubblichiamo il video della serata realizzato da blogd'O

Ospiti della serata sono stati Denise Houx, direttore dell’ufficio milanese di  Jo Coenen, tra le più importanti figure della progettazione olandese, impossibilitato all'ultimo ad intervenire personalmente, protagonista della stagione che ha portato il disegno urbano dei Paesi Bassi al centro del dibattito internazionale; e Christian Lichtenwagner, dello studio Froetscher Lichtenwagner di Vienna, autori del pluripremiato intervento Centrum Odorf di Innsbruck e raffinati progettisti di residenza e di città.
Brillante discussant della serata è stato Paolo Mazzoleni, Consigliere dell'Ordine e responsabile del comitato didattico del corso.

Paolo Mazzoleni ha introdotto la serata evocando il numero 417 di Abitare del 2002, in cui vari giovani autori italiani presentavano il magico mondo  dell’architettura olandese nel pieno del suo rinnovamento. Di quel numero in particolare ricorda i disegni di masterplan di Jo Coenen.

Qualcosa del genere gli è capitato anche con il numero 12 della rivista olandese A10, in cui veniva pubblicato per la prima volta il Centrum Odorf di Innsbruck di Christian Lichtenwagner, successivamente premiato in occasione della prima edizione del Premio Rivolta del 2007, promosso dal nostro Ordine, di cui curò il catalogo.

Propone 3 temi attorno cui sviluppare un possibile dibattito con gli autori invitati:

1- Cuore del disegno della residenza è il rapporto orientamento/giacitura. Un rapporto non facile, di cui è possibile trovare riscontro in alcuni esempi di entrambi, e che ha a che fare con il rapporto di convivenza tra macchina dell’abitare e  tessuto della città.

2- Omogeneità/ varietà delle nuove parti di città. Due esempi milanesi:se alla Bicocca vige una regola di coerenza spinta fin all’anonimato, in interventi più esasperamente estrosi come Citylife o Garibaldi-Repubbica definiscono più un collage autoriale che un masterplan.

3- Un Master multidisciplinare , che coinvolge studenti di formazione eterogenea, cui il mix funzionale appare ovvio, tranne che agli architetti. Alle strategie contemporanee di estetizzazione di questo mix, il Centrum Odorf risponde in modo contrario.

Denise Houx, scusandosi per l’assenza di Jo Coenen ne tratteggia la carriera. Dal ’75 ad oggi ha collezionato 406 progetti, 254 progetti urbani. Insegnante,  è stato architetto della regina dal 2000 al 2004.
Ne tratteggia un profilo professionale di grande interesse per la storia –in un paese in cui la storia dell’architettura dice, viene insegnata a partire da loos e Le Corbusier...
Presenta così una ricca carrellata di progetti, a partire da villa Oisterwijk e villa Lanacken, ancora legata ad alcuni stilemi della scuola di amsterdam, fino agli interventi di disegno urbano più noti:

  • Il KNSM di Amsterdam, in cui lo sviluppo territoriale è legato alla riqualificazione di alcune aree industriali del porto. Un sistema il cui bulevard centrale termina nel suo “venetiehof”, circus affacciato sul mare.

  • La riqualificazione Vaillantlaan a the Hague, di un asse di Maastricht con un ricco abaco di facciate prefabbricate, in cui il semplice ridisegno urbano di raccordo tra quartieri tra loro ostili ha risolto anche il prblema sociale

  • Maastricht Sphinx Ceramique, 23 ettari di industrie, propone l’inserimento del verde lungo il fiume e il collegamento pedonale al centro cittadino attraverso un nuovo ponte. E coinvolge un nutrito gruppo di architetti, tra cui Botta e Aldo Rossi.

  • Driehoek Strijp S a Eindhoven, in un area ex Philips, nella cosidetta città proibita degli anni ’20, con il recupero di buona parte della volumetria esistente

  • Ginevra, Praille Acacias Vernets, accanto ad uno scalo ferroviario, su 230 ettari di ex industria, si propone un impianto urbano che se anche non disegnato in termini architettonici appare chiaro nel diagramma presentato, in cui porta all’interno dell’area quanto già disponibile nel tessuto attorno.

Per Jo Coenen il metodo, ci dice Denise, è disegnare.

  • Di nuovo Eindhoven, Smalle Haven, con il coinvolgimento di altri 6 architetti nel disegno dei singoli edifici, in cui il disegno urbano è connotato dalla conservazione di alcuni alberi storici e da una torre.

  • Mantes la Jolie, nel 2010 a 17 chilometri da Parigi, in un morbido paesaggio lungo la Senna, situato tra la banlieue incazzata e il villaggio semirurale. Si introducono assi, infrastrutture e anche un nuovo porto. un disegno di relazione ma anche di contrasto tra queste realtà schizofreniche.

Anche qui emerge come gli schizzi iniziali sono essenziali anche negli anni successivi di sviluppo del progetto

  • Infine Parma, in una ex area industriale ottocentesca, dove la residenza low density proposta,  di cui il primo schizzo cerca attinenze con il tipico borgo italiano pedonale, per questioni normative va via via a densificarsi, fino a essere sviluppata su 4 livelli. Mostra quindi il primo comparto la cui architettura realizzata è di Cino Zucchi

Christian Lichtenwagner propone invece 3 casi studio che a suo parere rappresentano tipici esempi di social housing in contesti urbani molto diversi tra loro.

  1. Centrum Odorf di Innsbruck, del 2006, all'interno dell'ex villaggio olimpico

  2. il Waterfront Erdberger Lande geladener Wettbewerb, del 2009, Una conversione da commerciale a residenziale lungo il Danubio a Vienna

  3. Interkulturelles Wohnen, Nordbahnhof a Vienna, su uno scalo ferroviario, concorso vinto nel 2010

Questi esempi sono rappresentativi perchè coprono sia diverse dimensioni di intervento a scala urbana che tipologia edilizia.

Il primo è un unico edificio polifunzionale con un importante spazio pubblico antistante, che si insedia nell’ex villaggio olimpico, in una zona monofunzionale, in cui gli edifici sono di larga scala ma lo spazio verde ‘in between’ è limitato, anonimo, poco gentile e i percorsi stradali piuttosto obbligati. il disegno della piazza pubblica procede insieme agli spazi attrezzati e sportivi del verde limitrofo. L’edificio si configura come una L che cinge la piazza, il cui piano terra è occupato da funzioni pubbliche di grande mix funzionale: dal supermarket alle scuole di diverso grado, uffici, parcheggi, un centro giovanile. Nella torre che si sviluppa sul braccio corto sono inseriti invece appartamenti sia assistiti che di residenza libera.
Grande attenzione nel disegno della piazza, a partire dai flussi di percorrenza, fin al disegno delle diverse aperture dei volumi.

Il secondo studia la possibilità di accedere al fiume, con cui la volumetria commerciale esistente impedisce ogni relazione, e dove il rapporto con il tessuto edilizio adiacente può essere in qualche modo ricostruito. Sono infatti ripresi i tracciati stradali che verranno realizzati in tempi diversi. Grande attenzione quindi nel disegno del nuovo lungo fiume, 5 chilometri di nuovo costruito in cui i blocchi sono in parte aperti e in parte chiusi, e caratterizzati dal densificarsi lungo il fronte del fiume. Particolare attenzione al rapporto degli edifici con la strada, in cui 5 metri di rispetto permettono di creare un uso pubblico dei piani terra, con un articolato disegno della sistemazione a verde e dei percorsi ciclo pedonali digradanti verso il fiume.

Infine il terzo esempio si inserisce in un contesto urbano in cui prevale la necessità di uso pubblico dei piani terra e in generale un utilizzo interculturale. Presenta un blocco aperto il cui uso del piano terra è molto permeabile, in cui lo spazio pubblico esterno è in continua relazione con l’interno dell’edificio.
In elevato sono prrevisti atelier  le cui le altezze sono molto variabili, fino a 4 metri. Un lavoro di sezione molto interessante, dove sullo sviluppo di 7 livelli distributivi sono inseriti 6 piani abitati, scarto legato appunto all’articolazione in sezione degli atelier, leggibile in qualche modo anche dall’alternarsi delle bucature di facciata sui diversi lati del volume.

Paolo Mazzoleni riprende il filo a partire da alcune suggestioni colte dai diversi racconti. Fondamentale l’affermazione per cui il metodo è disegnare. Un modo di cercare le soluzioni nel proprio lavoro, pur essendo immersi in una visione multidisciplinare. Lo ha poi colpito la capacità di lavorare sul tradizionale blocco viennese che viene forzato per gli affacci verso sud trovando una soluzione per molti versi aperta. Un modo olandese di interpretare la città mediterranea.

Stefano Guidarini riprende lo stesso passaggio, di riconciliazione con il disegno, citando anche il pensare con le mani di Saramago. Le forme della città apparentemente superate o obsolete attraverso questi progetti sono rese materiale vivo. Da una parte l’impianto urbano, per esempio di Coenen nel KNSM di Amsterdam costruito sul riferimento del grande viale alberato, dall’altra l’isolato urbano, che nella cultura italiana, afferma, sembra andato perso. Infine il senso della piazza, delle proporzioni di relazione con i volumi che vi si specchiano. Tutte tracce che raccontano come la continuità urbana emerge sull’architettura.

Aggiornamento a settembre.

Francesco de Agostini

 

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