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Con Monica Manfredi a Intra

Dal 23.01.2012 al 23.02.2012

Il rifacimento della pavimentazione del centro storico di Intra a Verbania, sul lago Maggiore, come sensibile espressione e riscoperta dell’identità dei luoghi urbani

Vi sono fenomeni la cui comprensione richiede necessariamente una esperienza diretta e un tempo dilatato per essere assimilati. Fenomeni poi che per loro natura, si prestano con difficoltà ad una descrizione verbale.
Sono luoghi, oppure monumenti, la cui identità va vissuta e non può essere spiegata, persino il disegno spesso non è in grado di trasmetterla.
Sono occasioni per cui il livello analitico descrittivo con cui si esprime inesorabile questa rubrica risulta essere inadeguato a spiegare lo spessore del lavoro, più che per il tema, per il modo in cui il progettista lo ha affrontato, rischiando di limitarne radicalmente la comprensione.
Malgrado tutto ciò io ci provo.Una fatica di pudore, direbbe Savinio.

Parliamo di manutenzione straordinaria. Una pratica che si riduce per lo più ad un esercizio di mimesi generalmente compiuto dagli uffici tecnici comunali nei confronti di quanto già c’è, con una sensibilità che al meglio è frutto di consuetudine dei modi consolidati del costruire, al peggio vira al tipico.
Mi riferisco al rifacimento della pavimentazione di un centro storico, uno dei principali strumenti di definizione dell’identità dei luoghi urbani.
Una pratica in cui raramente viene coinvolto l’Architetto. Un mestiere quello dello stradino che, al pari del muratore capace di ordire muri a secco o coperture in ardesia, è fatto di pratica artigianale che, per il tipo di materia utilizzato e per la sapienza necessaria nel metterla in opera, va via via sparendo dai luoghi del quotidiano.
A questi infatti prende il posto la logica diffusa del tanto al chilo che, per stupida inerzia e irresponsabile pigrizia, privilegia materiali di produzione industriale, presunti più resistenti, sicuramente più economici e apparentemente più facili da manutenere, nel senso del sostituire.
Un risparmio immediato forse, ma non certo del lungo periodo con cui dovrebbero invece confrontarsi le opere straordinarie, soprattutto se al costo del sacrificio dell’identità collettiva, del tramandarsi dei valori locali.
In questo senso voglio parlare del rifacimento della pavimentazione dell’area pedonale del centro storico di Intra, a Verbania, lato nord del Lago Maggiore.

Un lavoro, mi racconta Monica Manfredi, affrontato proprio interpretando caratteri e qualità tanto del luogo quanto delle sue maestranze, con una pratica quotidiana durata 24 mesi di cantiere, rilevando e tracciando allineamenti, piani, giunti e dislivelli, insieme con gli operai, cercando soluzioni di progetto che potessero esprimersi sino al limite sia delle potenzialità dei materiali che della competenza dei suoi esecutori.
Una pratica quotidiana che il progettista con onestà riconosce necessaria, forse “perché le cose si capiscono mentre si fanno… Perché quella era l’unica condizione possibile per costruire il progetto contro la pratica diffusa che butta via il progetto per risolvere i problemi piuttosto che risolvere i problemi per realizzare il progetto”.
L’architetto ha tramutato la realizzazione in un esercizio zen: di cura, di ostinazione e di passione, condivisa con gli artigiani che l’hanno seguita. E tutto ciò si vede nei dettagli realizzati di cui ha prodotto un esecutivo ineccepibile.

Questa esperienza è stata esposta in una mostra intitolata “Il mio bel San Vittore” , con un allestimento della stessa autrice che da solo meriterebbe un Giornale di Cantiere.
Foto, disegni e video che documentano il concorso, le fasi di cantiere, la lavorazione della pietra, il confronto tra lo stato dei luoghi prima e dopo gli interventi, le proposte di possibili evoluzioni e completamenti, il gioco dei bambini nella fontana di Via dei Ceretti, insieme ad una serie di foto storiche e ad alcuni altri progetti attigui di riqualificazione della Piazza San Vittore, realizzati o in corso d’opera.
La mostra, vista l’affluenza di pubblico, è stata prorogata e gli abitanti di Intra si sono auto organizzati per gestirne gli orari di apertura: perché quando il progetto corrisponde al luogo muove la sensibilità di chi lo vive.
E forse per questa stessa ragione il progetto, esito di un concorso in Italia dove raramente i concorsi diventano incarichi, è stato invece realizzato, mentre avrebbe potuto facilmente essere tolto di mano al progettista.
Cosa che però è puntualmente accaduta non appena cambiata l’Amministrazione sia per il secondo lotto del progetto, sia purtroppo per le sue proposte di completamento, come i Giardini di Santa Marta.
Dice l’autrice: “Quello che sono riuscita a fare lo devo alla fiducia che l’Amministrazione di allora ha avuto nei miei confronti. C’è stato qualcuno che ci ha creduto e mi ha lascita fare. Una condizione rara.”

Il progetto è fatto di regole semplici e abachi elementari, perché la sua prerogativa sta nell’eccezione. E non è poco.
Come una sonata, più che una sinfonia -mi viene da dire riferendomi al bellissimo testo di Roberto Collovà che accompagna la mostra- dato il carattere pastorale e insieme cameristico e non eroico del luogo. Una sonata che prende spunto da un motivo semplice, orecchiabile, di origini popolari, e che via via si va sviluppando attraverso diverse forme di variazione, allegri, scherzi, ma anche improvvisi, riconducendosi infine e sempre alla radice della idea melodica iniziale, del suo inno.

Lo stesso “si sente” attraversando lo spazio composto di episodi che volta per volta, in funzione delle eccezioni del luogo, vanno a costruire con rigore compositivo il prospetto orizzontale dello spazio pubblico.
L’autrice registra, reinterpreta e restituisce alla percezione una quantità di minute eccezioni: allineamenti, pendenze , dislivelli, gradini, rampe, ingressi e cordoli, ma anche presenze vegetali, vedute  paesistiche, edifici monumetali, articolazioni del tessuto storico e antiche memorie di cose, di nomi e di luoghi.
Un lavoro certosino in cui le variazioni e le eccezioni sono tenute insieme dalla continuità del materiale utilizzato, il granito bianco Montorfano, e dal costante riferimento alle preesistenze e alle necessità tecniche.

Il disegno di due fontane; diversi tipi di tombinatura; cordolature con sagome e scarti di volta in volta differenti; filari di alberi che definiscono spazi ed escludono alla vista gli episodi edilizi più incongrui; Giardini improvvisi che si nascondono dietro agli angoli dei vicoli, semplici buchi nella pavimentazione che attendono ancora il loro evento botanico che colga di sorpresa il passante; scritte incise per terra, nella pietra, ad indicare, come in una mappa, i nomi dei luoghi e delle emergenze urbane.
Le regole, all’interno degli abachi descritti, quelle più adeguate. Materiali e riferimenti antichi uniti in un disegno contemporaneo, espressione di una sensibilità che è tramite di identità, in cui le minime variazioni stabiliscono tra loro un alto grado di necessità.  

Ma, come in qualunque opera compiuta, la parzialità della sua realizzazione rischia di tramutare in nota stonata alcuni degli episodi più significativi, come ad esempio le fontane, che nel progetto originale appartenevano ad un sistema che avrebbe dovuto attraversare il centro storico sino al lago, evocazione alla scala urbana delle vecchie rogge.

Un progetto sensibile di cui si sente nostalgia, per lo stupimento e la grazia che accompagna il pellegrino che lo attraversa.

Francesco de Agostini


Concorso Nazionale di idee per la riqualificazione della Piazza San Vittore e dei percorsi del centro storico di Intra.
(1° premio)  2006
Gruppo di Progettazione: Arch. Monica Manfredi - capogruppo, Arch. Carlo Masera, Arch. Vincenzo Strambio
Collaboratori: Deng Yi, Silvia Galli
Rappresentazione grafica: Arch. Ines Angelillo 
Rendering: Arch. Silvia Di Vita e Arch. Filippo Facchinetto
Mobilità e traffico: Systematica Srl
Committente: Comune di Verbania

Riqualificazione di Piazza San Vittore e aree limitrofe.
Progetto preliminare, definitivo, esecutivo. 2007
Gruppo di Progettazione: Monica Manfredi, Carlo Masera, Vincenzo Strambio architetti.
Consulenti – Studio di ingegneria Guenzani

Progetto di variante esecutiva e direzione artistica. 2007-2009
Progettista: Arch. Monica Manfredi
Impresa: CS Costruzioni s.r.l. - Asti

Riqualificazione di via San Vittore e vicoli adiacenti. 2007-2009
Progetto architettonico preliminare, definitivo, esecutivo e direzione artistica: Arch. Monica Manfredi
Progettazione generale: Ing. Roberto Polo – Dipartimento Lavori Pubblici – Comune di Verbania
Impresa:  Tecneco s.r.l.– Torino

Riapertura della porta laterale nord della Basilica di San Vittore. 2010
Progettista: Arch. Monica Manfredi
Impresa:  Vesciaveo, Verbania
Costruzione e restauro parti lignee: C.B.M. s.n.c., Asolo, Treviso
Committente: Parrocchia San Vittore, Intra, Verbania


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