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Settimana del 18 maggio 2009

Dal 25.05.2009 al 25.05.2010

Ecco la settimanale rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito archiworld.it

Arena, ultimo anno di concerti La apriremo solo allo sport
Un' Arena destinata solo ad atletica e sport. Alan Rizzi, assessore allo Sport, interviene alla presentazione della Notturna di Milano, il meeting di atletica che il 25 giugno riempirà di campioni dello sprint e del fondo l' impianto intitolato a Gianni Brera. E commenta così la notizia che Oscar Pistorius riceverà un premio: «È intitolato a Candido Cannavò, che 12 anni fa propose e sostenne il ritorno della grande atletica all' Arena. Questoè l' obiettivo che intendiamo raggiungere, privilegiando sempre più l' atletica sul resto. L' Arena deve essere la casa dello sport», dice, promettendo anche la fine dei lavori al campo XXV Aprile per fine settembre. Solo che l' Arena ospita anche concerti: il 17 giugno Claudio Baglioni, per esempio, senza contare il Milano Jazzin Festival, appuntamenti voluti dal precedente assessore allo Sport, Giovanni Terzi, che ha sempre considerato l' Arena uno degli impianti per musica di massa in città. Un cambio di direzione? Non per Rizzi: «Sono in continuità con l' operato di Giovanni, ma credo sia giusto privilegiare lo sport: l' impianto è nato per questo, ha ospitato momenti storici di sport e tuttora è teatro di moltissimi appuntamenti, di vertice come la Notturna, o di base come le finali dei giochi interscolastici e i trofei Aics. Senza contare che lì hanno sede la Fidal e l' Atletica Riccardi. Resteranno anche gli altri sport, visto che lì giocano Brera Calcio e Milan femminile. Ma non voglio più appuntamenti extra-sportivi, visto che in passato alcuni eventi hanno lasciato brutti ricordi, rovinando pista e prato». Pare comunque un' altra linea rispetto a Terzi, anche se l' interessato, ora responsabile dei Grandi Eventi, nega: «Quello è un impianto sportivo, ha ragione Rizzi. Ma si possono fare anche altre cose: quest' anno gli appuntamenti musicali sono confermati, nel 2010 vedremo, ma di certo io il Jazzin Festival lì ce lo riporterò». Meno sereno un addetto ai lavori come Claudio Trotta, promoter di Barley Arts: «Ammetto, non amo molto l' Arena per la musica: parcheggi impossibili, problemi di decibel coi residenti, acustica fredda. Ma trovo inquietante quel che accade in questa città: chiudono i locali e i teatri, gli spazi all' aperto, si riducono. Gli Arcimboldi sono senza gestione, il nuovo spazio alla Fiera è un parcheggio...
Se vogliamo far di Milano un dormitorio diciamolo». Rizzi promette anche che il Vigorelli diventerà il nuovo Palazzetto dello sport: potrebbe essere un nuovo luogo per la musica? Trotta non ci crede: «Non si presta né per acustica né per visuale. Sarebbe una soluzione posticcia, come tutto in una città che non ha una struttura dedicata alla musica popolare contemporanea».
LUIGI BOLOGNINI
La Repubblica
20-05-09, pagina 9 sezione MILANO

 

Il caso. La protesta del Sicet: il disagio esiste e cresce con la crisi. La verità è che non vogliono investire
Masseroli: basta costruire case popolari
L' assessore: «Sono ghetti costosi ed impossibili da gestire»

Il Comune dice basta alle case popolari. «Ghetti costosi e impossibili da gestire», ha liquidato la questione l' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, nei giorni scorsi durante un convegno organizzato dal consorzio cooperative lavoratori delle Acli e della Cisl di Milano. «Non ha senso ripetere sempre gli stessi errori - ha aggiunto ieri l' assessore -. Ormai è evidente che i quartieri popolari sono un modo sbagliato di investire risorse pubbliche». Oggi hanno diritto a una casa popolare le famiglie che guadagnano meno di 14 mila euro l' anno. A Milano hanno dimostrato di avere questo requisito oltre 20 mila nuclei. Gli appartamenti popolari in città sono poco più di 70 mila, di cui una metà del Comune (ma gestiti da tre privati, Edilnord, Romeo e Ge.Fi) e l' altra metà di Aler milano, società pubblica che si occupa anche della gestione. Ogni anno a chi è in graduatoria vengono assegnati in media 500 alloggi. L' amministrazione Albertini ha fatto partire a Milano due progetti (Abitare 1 e Abitare 2) per la costruzione in tutto di 1.060 alloggi di edilizia pubblica. Masseroli propone di cambiare subito le regole: «Non assegniamo queste case a chi è in graduatoria. Nel giro di breve ci troveremmo di fronte al solito ghetto. Meglio creare un mix sociale, fare entrare anche famiglie con livelli di reddito più elevati». E i 20 mila che, pazienti, aspettano l' assegnazione? «È necessario dare a tutti la possibilità di uscire dal disagio - osserva Masseroli -. Inoltre anche per questa fascia di popolazione i quartieri popolari sono spesso una prigione». I privati sono disponibili a fare la propria parte. In particolare le cooperative. «Tra i 50-100 euro mensili d' affitto per il bilocale popolare e i mille euro che deve pagare per la stessa metratura chi si adatta a una locazione di mercato, c' è una terza possibilità», assicura Alessandro Maggioni, presidente di Federabitazione Confcooperative a Milano. «Lo abbiamo dimostrato - continua Maggioni -: senza agevolazioni pubbliche siamo in grado di affittare lo stesso bilocale a 400 euro. Come cooperative la nostra prima missione non è il profitto. Certo, ci piacerebbe che il settore fosse aperto solo a privati accreditati». Tra i principali oppositori della «teoria Masseroli» c' è il Sicet, sindacato degli inquilini della Cisl. «Qui si vorrebbe che nelle case popolari entrassero solo le famiglie del Mulino Bianco. E invece il disagio esiste. E cresce con la crisi. La verità è che non si vogliono stanziare risorse», contesta il segretario milanese, Leo Spinelli. Molto diversa la posizione del centrosinistra in consiglio. «L' assessore Masseroli ci sta dando ragione, da tempo proponiamo che si alzi il tetto di reddito per l' accesso alle case popolari da 14 mila a 40 mila euro. Ma la Regione non interviene. Forse il centrodestra ha un problema al suo interno», attacca Carmela Rozza del Pd. E l' Aler? «In prospettiva potrebbe diventare una sorta di immobiliare non profit», auspica Masseroli. Il presidente, Loris Zaffra, non sembra aver voglia di tirare i remi in barca. L' azienda è in predicato per tornare gestire le case popolari del Comune. «Si possono rivedere i criteri di assegnazione, ma temo che delle case popolari ci sarà bisogno a lungo - conclude Zaffra -. Complice anche la crisi».
Rita Querzé
Pagina 5
(20 maggio 2009) - Corriere della Sera

 

Sentenza del Tar
Museo a Citylife, ricorso bocciato
La motivazioneL' Ordine degli Architetti avrebbe impugnato la delibera sbagliata e per di più in ritardoMuseo a Citylife
Bocciato il ricorso

Ricorso tardivo e per questo «inammissibile». Con questa motivazione il Tar ha bocciato il ricorso dell' Ordine degli Architetti contro il Comune per non aver predisposto una gara pubblica per la progettazione del Museo di Arte contemporanea nell' area di Citylife. Ma tra le righe della sentenza c' è un passaggio che potrebbe far giurisprudenza: il Comune «ha posto in essere una procedura di evidenza pubblica, finalizzata alla vendita di un' area... affermando che il vincitore avrebbe provveduto alla redazione degli ulteriori livelli progettuali». Insomma, basta la prima gara, non ne servono altre. Il Tar fa capire che l' Ordine degli Architetti si è mosso in ritardo e ha impugnato la delibera «sbagliata», quella che nell' ottobre del 2008 ha approvato definitivamente la variante al progetto Citylife. «Riferisce il ricorrente - scrivono i giudici del Tar - che con l' approvazione del Pii nel dicembre 2005, il Comune si sarebbe impegnato a seguire la procedura di evidenza pubblica, per l' affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva, discostandosi inopinatamente da tale determinazioni solo con il provvedimento gravato nel presente ricorso. L' affermazione è tuttavia smentita dagli atti di causa». Che significa? Che il Comune, ben prima della delibera dell' ottobre 2008, aveva scritto nero su bianco «che la progettazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione resterà a cura e a spese del soggetto attuatore» (2005). Stessa frase riportata nella convenzione urbanistica del dicembre 2006. «Con la delibera del 2005 - continuano i giudici - il Comune ha manifestato la volontà di procedere all'affidamento diretto dell' incarico di progettazione: tale determinazione era immediatamente lesiva, e come tale avrebbe dovuta essere tempestivamente impugnata nei termini di decadenza». E per i giudici non cambia la sostanza delle cose che nel corso degli anni sia stata modificata la destinazione del museo: da museo del Design a museo dell' Arte contemporanea. «Non ha rilevanza». E quindi non riapre i termini dell'impugnazione. «Eravamo certi delle nostre ragioni - attacca l' assessore all'Urbanistica, Carlo Masseroli -. Non posso che essere soddisfatto perché ci consente di andare avanti velocemente su un progetto di grande interesse per tutta la città».
Maurizio Giannattasio
Pagina 001/002
(21 maggio 2009) - Corriere della Sera

 

Edilizia Mercoledì il voto della giunta. Iter senza soprintendenze
La Lombardia anticipa il piano casa del governo
Edifici «rottamabili» anche nei centri storici

MILANO - «Basta ritardi». La Regione Lombardia prende posizione sul piano casa. Perché aspettare ancora «i rinvii del governo, dopo gli accordi del 30 marzo, significa destabilizzare un comparto, quello edile, già in crisi. Di più: in ginocchio». Così il Pirellone accelera. Anticipa l' esecutivo e presenta un progetto di legge anticrisi per la Lombardia. Che in parte ricalca le linee previste dall' intesa governo-Regioni («recupero degli spazi edilizi inutilizzati» e «ampliamento degli edifici residenziali del 20 per cento»). E in parte le integra con due novità. Primo: la sostituzione, con un possibile incremento volumetrico fino al 30 per cento, non solo di edifici residenziali ma anche industriali e rurali («con le opportune cautele»). Secondo: la possibilità per la Regione di «autorizzare la sostituzione di edifici anche nelle aree storiche o di rilievo naturalistico-ambientale, se non compatibili con il contesto». Che tradotto significa: scavalcare i vincoli delle soprintendenze. «Ed evitare così le lentezze burocratiche delle concessioni, previo comunque assenso di un' apposita commissione tecnica», evidenzia l' assessore al Territorio e all' Urbanistica della Regione Lombardia, Davide Boni, leghista della vecchia guardia. «Gli interventi comunque sono sugli edifici, non sulle aree». E l' obiettivo, aggiunge, è quello «di sfruttare il minor territorio possibile, puntando sulle massime volumetrie». Stesse superfici, più spazi abitativi e produttivi. E migliori sotto il profilo energetico. Il pdl sostegno edilizio, ovvero il piano casa lombardo, il secondo presentato in Italia («il primo è quello della Regione Toscana, ma è meno completo e articolato del nostro») passerà mercoledì alla discussione e all' approvazione di giunta. Poi diventerà operativo. Per un periodo di 18 mesi. In Lombardia il comparto edilizio rappresenta il 7,8 per cento degli impieghi del Pil regionale e conta il 7,5 per cento del totale degli occupati. Oggi è un settore in fortissima crisi, come evidenzia anche il rapporto dell' Ance, l'Associazione dei costruttori edili: «Nel 2009, a livello previsionale, il valore degli investimenti in costruzioni in Lombardia registrerà un calo del 4,8 per cento in termini reali». «Per questo - spiega Boni - era necessario dare un segnale forte. C' era, anzi c' è il rischio che le difficoltà del settore possano indebolire l' intero tessuto socio-economico della regione». Da qui «la necessità e l' urgenza» di un piano articolato su più punti: recupero degli spazi edilizi inutilizzati; ampliamento fino al 20 per cento degli edifici mono-bifamiliari con volumetria non superiori al mille metri cubi; interventi per la sostituzione di vecchi edifici non solo residenziali ma anche industriali o rurali; riqualificazione dei quartieri di edilizia abitativa pubblica anche in deroga alle previsioni quantitative dei piani urbanistici vigenti; demolizioni e ricostruzioni con materiali per il risparmio energetico. E i vantaggi economici? «Il provvedimento legislativo, secondo le nostre previsioni - precisa Boni -, avrà un impatto di circa 5,12 miliardi di euro. Non solo: porterà anche benefici sotto il profilo energetico nell' ambito residenziale con un risparmio complessivo di circa 14,9 milioni di euro all' anno». Un piano casa, dunque, anticrisi. «Senza più ritardi. Ma anche un'occasione per cambiare il volto delle città lombarde». Davide Gorni 5 Miliardi, l' impatto che secondo la giunta regionale avrà il provvedimento La scheda Il progetto di legge Il piano casa prevede il recupero di spazi edilizi inutilizzati; l' ampliamento degli edifici mono e bifamiliari di volumetria non superiore a mille metri cubi con un incremento del 20 per cento dell' esistente; la sostituzione di edifici obsoleti con possibile incremento volumetrico fino al 30 per cento per edifici residenziali e industriali; la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, anche in deroga alle previsioni quantitative previste dai piani urbanisti vigenti I criteri d' impostazione L' applicazione della legge avrà una durata di 18 mesi; è prevista l' esclusione delle aree storiche o di rilievo naturalistico-ambientale dalle disposizione di legge, salvo interventi autorizzati dalla Regione per la sostituzione di edifici incompatibili con tali contesti; gli interventi devono rispettare anche qualificati requisiti di risparmio energetico; c' è la possibilità di intervento anche per edifici industriali o rurali, con le opportune cautele
Gorni Davide
Pagina 28
(22 maggio 2009) - Corriere della Sera

 

Il progetto Catella, Hines: ricomposta una frattura nel centro. Masseroli: bando per gli uffici del Comune
Porta Nuova, tunnel e isola pedonale «Via ai lavori nell' area ex Varesine»
Da Garibaldi-Repubblica all' Isola: grattacieli e giardini per 1,2 miliardi. «Piano anticrisi»

Alla fine, nella Milano del 2013, si potrà passeggiare da corso Como all' Isola e da qui a piazza della Repubblica senza passare un incrocio o aspettare un semaforo. La rivoluzione urbanistica di Porta Nuova partorirà 160mila metri quadri di isola pedonale collinare tra le costruzioni di 20 archistar, da Cesar Pelli a Stefano Boeri: 70 mila metri quadri di parco, la metà dei giardini di via Palestro, e altri 90 mila senz' auto. «Ricuciamo una frattura nel centro, valorizzando un ex scalo ferroviario dismesso che soffriva problemi di sicurezza e degrado urbano», dice Manfredi Catella, amministratore di Hines, l' immobiliare capofila nel progetto. La fabbrica del futuro ha aperto ieri le porte dei cantieri: le torri di Garibaldi salgono un piano a settimana e il nuovo tunnel antitraffico verrà inaugurato entro l' anno; di là, le ruspe sbancano l' Isola. Oltre via Melchiorre Gioia si scende invece nella voragine delle Varesine, un secolo di treni e luna park, oggi vallata di terra e ferro profonda 15 metri destinata a case, negozi e uffici: «Gli appalti del primo lotto sono in fase d' assegnazione, i cantieri aprono entro l' estate». Due squadre si giocano la stessa partita, dietro le cesate e i cancelli: gialli e arancioni, responsabili e manodopera. I grattacieli vengono su per addizione, come strati di Lego, alzati da «casseri rampanti» che gettano un piano di cemento e salgono su ascensori di cilindri idraulici. Il calcestruzzo prodotto in casa alimenta i lavori. Getti d' acqua tengono giù le polveri. I rifiuti finiscono in container verdi e blu, raccolta differenziata su larga scala. Il progetto Porta Nuova è un mega-impianto che a due anni dall' avvio inizia a rimodellare la superficie di questi 290 mila metri quadri di città, dopo aver sbrogliato una matassa di 4 chilometri di fogne, cavi elettrici e tubi del gas. Porta Nuova è divisa in tre aree e ogni zona ha tempi diversi di sviluppo. Quest' anno viene completata e aperta la galleria di 285 metri, la via del Nord a quattro corsie che intuba il traffico di via Gioia e lo riscopre davanti alla stazione.
Nel 2011 saranno completate le torri sulla piazza circolare pedonale di Garibaldi e consegnati i primi edifici alle Varesine e all'Isola. Per il 2012 saranno pronti i grattacieli verdi e il giardino dei ciliegi disegnati da Boeri, il Bosco verticale. Nel 2013, con le passerelle pedonali e i nuovi sottopassi per le linee 4 e 5 del metrò («inscatolate» con tecniche di alta ingegneria), l' operazione potrà dirsi finita. Ma che partita, è in gioco. Si impasta e si spende nell' anno nero dell' edilizia: oltre 1,2 miliardi di euro investiti in appalti pubblici e privati proprio quando l' Ance stima un calo degl' investimenti in costruzioni del 4,8 per cento. I promotori - banche, assicurazioni, società immobiliari - lo definiscono un cantiere «anticongiunturale»: dà la paga a 100 imprese e fornitori, impiega oltre 2.000 addetti tra le maestranze e diecimila nell' indotto. «Porta Nuova rappresenta il 10 per cento del fatturato 2009 delle costruzioni civili in Lombardia», sottolinea Catella: «Dimostriamo come si può, in modo partecipato e trasparente, cambiare intere aree della città, contribuendo alla competitività di Milano e all' economia del Paese». Concorda l' assessore all'Urbanistica, Carlo Masseroli: «È un segno di fiducia in tempo di crisi». È la nuova trincea verde. Porta Nuova si produce l'energia in casa e s' inserisce «a basso impatto» nel tessuto della città: 26 pozzi di 35 metri prelevano acqua di falda (pompe di calore) e tremila metri quadrati di pannelli fotovoltaici producono elettricità pulita. Palazzo Marino, che proprio tra via Gioia e Pirelli dovrebbe costruirsi un grattacielo, ha invece scelto il basso profilo. Aprendo un bando per trovare spazio ai nuovi uffici del polo amministrativo: in sostanza, il Comune permuta le volumetrie della torre (che non c' è) con 130 mila metri in edifici privati già esistenti. Masseroli assicura: «Qui nascerà il nostro headquarter». Il bando chiude l' 8 giugno: se non si trasloca, si fa il grattacielo. Armando Stella Il programma degli interventi Le opere e gli investimenti Il programma di Milano Porta Nuova prevede l' assegnazione di appalti pubblici e privati per oltre 1,2 miliardi di euro nel biennio 2009-2010. I lavori interessano oltre 100 imprese e fornitori e impiegano circa diecimila addetti tra i cantieri di Garibaldi-Isola-Varesine e l' indotto in Lombardia La nuova viabilità nel quartiere È in fase di costruzione la nuova galleria per il traffico automobilistico da via Melchiorre Gioia alla Stazione Garibaldi: è lunga 285 metri, dispone di due corsie per senso di marcia e sarà aperta entro l' anno. In corso di realizzazione anche le opere propedeutiche alla nuova linea 5 del metrò
Stella Armando
Pagina 7
(22 maggio 2009) - Corriere della Sera

 

C' è anche il tunnel da 14 chilometri
Dodici milioni di metri quadrati da rigenerare. Trentuno nuovi quartieri. Palazzi al posto dei Mercati generali o dell'ippodromo di San Siro, dei vecchi binari delle Nord a Cadorna, delle caserme dell' esercito. Ma nuove case anche sui confini del Parco Sud, aprendo al mattone fino al 9% delle aree, per riqualificarle con la plusvalenza che ne arriverà. Eccola, la Milano del futuro. La città che sogna due milioni di abitanti inizia a intravedersi nel Piano di governo del territorio (Pgt), il nuovo libro-mastro della città che manderà in pensione dopo oltre cinquant' anni il vecchio Piano regolatore, che fu fatto nel 1954 e poi solo aggiornato nel 1980. La città densa. Il risultato dovrà essere una Milano diversa. Con più grattacieli e più abitanti. Con nuovo cemento e incentivi per case a basso prezzo (l' housing sociale, a Greco e Bicocca e Porta Romana dedicato a studenti). Con un' opera da brivido come il tunnel da 14 chilometri da Rho a Linate, il progetto privato su cui lo Stato dovrebbe investire qualcosa come un miliardo di euro: i soldi non ci sono, ma il mega-tunnel è comunque citato nel Pgt. Ma anche una Milano più ecosostenibile: i vincoli dicono che i nuovi quartieri dovranno prevedere un' autarchia di parcheggi sempre interrati, un terzo o la metà delle aree dovranno essere per parchi e verde. Prescrivono la «mobilità lenta», ovvero piste ciclabili, percorsi pedonali, nuove linee tranviare e mezzi pubblici abbastanza vicini da andarci a piedi. Questo assicurano i documenti del Comune che la giunta di Letizia Moratti sta discutendo con i partiti della sua maggioranza. E che entro l' estate dovrà approvare per iniziare il lunghissimo iter di «adozione» del Pgt.
I PARCHI Il Piano fa l' elenco delle grandi «aree di trasformazione urbanistica». E la trattativa tra giunta e partiti è partita proprio da qui, perché è questo il cuore del nuovo Pgt. Quello su cui il Comune deciderà il destino della città e delle sue funzioni. Ma anche quello dove si giocherà il business privato dei grandi progetti immobiliari. Trentuno nuovi quartieri, appunto. E nel documento confluiscono anche i cinque vecchi progetti chiamati «Piani di cintura urbana» che il Comune aveva trattato con la Provincia perché incrociano le sorti del Parco Sud: a Palazzo Isimbardi tutto si è bloccato e se ne riparlerà dopo le elezioni, a Palazzo Marino comunque per la parte dentro i confini cittadini si va avanti inserendoli nel Pgt. Cosa prevedono i piani? Che si possa aprire a nuove costruzioni e che il ricavato serva a riqualificare le aree verdi circostanti. Quanto costruire? La «superficie interessabile da azioni di trasformazioni per insediamenti non connessi con la fruizione pubblica» sarà al massimo del 7% per la zona intorno a Trenno, Parco delle Cave e San Siro; dell' 8% a sud dei Navigli; del 9% nella zona del Ticinello, nel piano a Est per Lambrate-Forlanini e del 10% per l' area intorno a Monluè. I QUARTIERI La lista delle aree di trasformazione si apre con il numero uno dei progetti: quello che vorrebbe portare la cementificazione a San Siro. Per superficie il più grande e dunque il più ricco, oltre due milioni di metri quadrati di territorio che verrebbero riqualificati e che per due terzi oggi sono destinati all' ippica. L' operazione-ippodromo nel Pgt in discussione c' è.
Nonè detto che ci resti: Moratti e i partiti decideranno solo dopo le elezioni se dare il via libera o no ai palazzi extralusso. Il secondo punto nevralgico del Pgtè legato all' Expo, con le aree di Rho-Pero dove ci sarà l'Esposizione e la contigua Cascina Merlata, che insieme valgono altri due milioni di metri quadrati. A Cascina Merlata il Pgt prevede, dopo il 2015, case e housing sociale. A Rho-Pero, invece, un enorme punto interrogativo: sarà trasferito lì l' Ortomercato, liberando quasi 700mila metri quadrati in via Lombroso subito
GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
22-05-09, pagina 1 sezione MILANO

 

Expo dimezzata, il piano del governo
Addio ai nuovi padiglioni dell' Expo per un 2015 quasi a costo zero. La exit strategy messa in pista dal governo, causa terremoto, lavora a un 2015 totalmente diverso da quello promesso al mondo: non più un preventivo di 4 miliardi di euro ma poco più di 1,5. Con 29 milioni di visitatori accolti non in una nuova area costruita per l'occasione. Ma in quella Fiera di Fuksas aperta nel 2004. Eccolo, il coniglio tirato fuori dal cilindro da Bossi e Tremonti. Con i leghisti al lavoro per approfittare di un effetto collaterale del «piano B»: smantellare l' Expo Spa guidata da Stanca. ADDIO dunque alla nuova Milano con la via d' acqua e i piroscafi sui Navigli, con una nuova linea metropolitana (la M6), con la zona di RhoPero rivoltata come un guanto. Addio ai padiglioni costruiti a fianco della Fiera che c' è già. Il risultato sarebbe un' Expo che non sarebbe più l' Expo. Quasi a costo zero perché circa un miliardo investito per la preparazione dell' evento dovrebbe rientrare, nel 2015, con gli affitti agli espositori e i biglietti venduti. Non è detto che il piano riesca. Ma l' ipotesi è più che seriamente allo studio. Due le controindicazioni: Letizia Moratti proprio non può accettare di veder azzerato in questo modo la sua Expo. E assicura: «Non è possibile, va contro il dossier presentato al Bie». Ieri, in un lungo colloquio a Roma a Palazzo Grazioli con il premier Silvio Berlusconi, deve aver rappresentato tutte le sue perplessità. Ma sa altrettanto bene, il sindaco, che se Tremonti non mette i soldi, dovrà piegarsi al "piano B". Secondo, e più rilevante, problema: il Bie, il Bureau internazionale che assegna le Esposizioni universali, potrebbe davvero non accettare di vedere stravolto il progetto vincitore, tanto più che la costruzione di un nuovo sito era stata una condizione espressamente posta per la candidatura. Sarà già dura fargli digerire l' azzeramento della nuova linea M6 (costo 870 milioni, opera che il dossier di candidatura assicurava essenziale per reggere l' afflusso di 29 milioni di visitatori a Rho-Pero). Le norme che regolano le Esposizioni dicono che il Bie potrebbe ritirare l' Expo a Milano, non accettando il nuovo progetto. E incassando pure una salata penale dallo Stato italiano. Ma Berlusconi e Tremonti hanno una carta pesante da far valere oltre alla crisi economica mondiale: il terremoto in Abruzzo. E forse, maligna qualcuno, sarebbe un modo indiretto per arrivare a far saltare il banco. Certo l' Expo del 2015 sarebbe travolto. Dei 4 miliardi preventivati come essenziali per costruire il nuovo sito, 1,2 servivano per costruire i padiglioni e il parco della nuova area espositiva; 1,8 per le nuove infrastrutture di accessibilità (di cui 870 milioni per la metrò 6 sono già stati cassati, 530 non potranno resistere per la Via d' Acqua e la Via di terra). Resterebbero da trovarei 374 milioni per potenziare quello che c' è già con nuovi svincoli e parcheggi. Il resto del budget, circa 900 milioni, servivano per pagare i sei anni di preparazione e i sei mesi di apertura: un investimento che dovrà comunque ripagarsi nel 2015. I tagli, del resto, sono assicurati anche sul pacchetto delle opere non direttamente collegate all' Expo ma comunque strategiche per il 2015, dalle nuove autostrade lombarde ai metrò 4 e 5 di Milano, alle ferrovie per Malpensa. E la Lega? Bossi vuole aumentare il peso in Lombardia nel complicato risiko di potere che aprirà con Berlusconi dopo le elezioni di giugno. In ballo c' è la presidenza al Pirellone l' anno prossimo. Ma in ballo c' è anche, guarda caso, la Fondazione Fiera. Di certo il Carroccio sta attaccando a muso duro Lucio Stanca con ogni pretesto. E con Leonardo Carioni, contemporaneamente presidente dell' immobiliare Sviluppo Sistema Fiera e membro del cda Expo, come testa d'ariete: prima su Palazzo Reale, quindi sugli organici. «Pensano di assumere 80 dipendenti, quando alla Pedemontana lavorano 20 persone», ha dichiarato giusto due giorni fa in un' intervista. E pazienza se al Toroc delle Olimpiadi di Torino lavoravano in 900. Una strategia che mira chiaramente a costringere Stanca, arrivato a capo dell' Expo con la carta bianca data da Berlusconi, a patteggiare tutto il potere. Con la Fiera dentro agli appalti e alla gestione di quel miliardo che sopravviverebbe. E con il grande business del dopo2015 sul tavolo di trattativa: resterebbe da definire cosa fare delle aree a Rho-Pero dove si dovevano fare i padiglioni. Si potrebbero lasciare non edificabili come non edificabili sono oggi? Difficile crederlo. Piuttosto, si dovrà decidere se svincolarle per un nuovo quartiere. O piuttosto assegnarle comunque al trasferimento dell' Ortomercato cedendo in cambio ai proprietari (Fiera e Cabassi) i 700mila metri quadrati lasciati liberi dai mercati in via Lombroso. In un caso o nell'altro, business del mattone.
GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
22-05-09, pagina 1 sezione MILANO

 

Che cosa resta dell'Expo cinque lezioni per Milano
Edifici bizzarri, come astronavi aliene abbandonate. Immense scatole di cemento vuote. Surreali periferie disabitate. Ardite cattedrali nel deserto urbano. Degrado. Solitudine. Silenzio. Inquietanti paesaggi da day-after. Lo sguardo di cinque grandi fotografi è andato a documentare cosa resta oggi di cinque Expo che si sono tenute negli anni recenti in Europa. Cinque reportage sulle condizioni attuali di Saragozza, Lisbona, Hannover, Siviglia e in Svizzera nei pressi del lago di Neuchatel, firmati da Gabriele Basilico, Marco Introini, Claudio Sabatino, Claudio Gobbi e Maurizio Montagna. La mostra, che verrà inaugurata oggi alle 18,30 alla Triennale, è una geniale provocazione culturale, promossa dall'Ordine degli Architetti di Milano per spingere la città alla riflessione. E porsi qualche domanda su cosa resterà a Milano dell'Expo dopo il 2015. Prima che sia troppo tardi. «Cosa lascerà a Milano l'Expo nel 2016? - si domanda Daniela Volpi, presidente dell'Ordine degli Architetti. - Per rispondere a questa domanda abbiamo organizzato una serie di incontri che si concluderanno con una discussione generale in Triennale mercoledì 3 giugno, alle 21,15». Le realtà delle cinque città in mostra sono diverse tra loro. Le esperienze di Hannover, del 2000, e di Saragozza, nel 2008, restano le peggiori.
Carlo Brambilla
La Repubblica
22-05-2009

Tecnici al lavoro per il piano B ma ora si teme lo stop dal Bie
Addio agli ambiziosi progetti delle vie d' acqua e di terra; padiglioni e servizi su un' area di circa 500mila metri quadrati al posto di 1 milione 500mila; rinvio, almeno per il momento, della realizzazione dei parcheggi nelle aree di Rho, Arese e Baranzate. Per tre anni ci si concentrerà solo sul finanziamento delle infrastrutture stradali e delle metropolitane, magari incrementando la quota dei privati. Compresa la realizzazione della nuova linea M6. Questo sembra lo scenario più probabile che emergerà domani al Tavolo Lombardia, convocato per fare il punto della situazione sui finanziamenti delle opere previste per l' Expo 2015 e al quale parteciperanno il governatore Roberto Formigoni, il sindaco Letizia Moratti, il presidente della Provincia Filippo Penati, il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli e il suo vice Roberto Castelli. Il piano d' emergenza consentirebbe di risparmiare subito quasi 1,3 miliardi di euro senza violare il regolamento del Bie che, come ha ricordato lo stesso Formigoni, «esclude tassativamente la possibilità di utilizzare solo i padiglioni fieristici già esistenti». Senza contare, che anche nell' anno dell' Expo, la Fiera non intende rinunciare alle sue tradizionali manifestazioni, che occupano tutto l' anno il polo di Rho-Pero.
Nel 2015, tra l' altro, è in programma l' Emo, la più importante fiera mondiale dei metalli e delle macchine utensili che ogni due anni si divide tra Hannover e Milano. Ma i conti non tornano ancora, dopo l' annuncio del viceministro Castelli secondo cui parte dei finanziamenti promessi dal governo dovranno essere dirottati per la ricostruzione dell' Abruzzo. In particolare, mancano all' appello gli 870,7 milioni che servono per la nuova M6. I tecnici del Pirellone e di Palazzo Marino hanno lavorato fino a notte fonda, venerdì, per preparare alcune simulazioni. La preoccupazione è fortissima. Per la prima volta c' è la percezione, anche se nessuno lo vuole ammettere ufficialmente, della gravità della situazione e del pericolo che dall' assemblea generale del Bie questa volta possa arrivare una bocciatura, quando il 2 giugno a Parigi dovrà fare il punto dei lavori. La parola d' ordine a Milano dunque è «no al ridimensionamento» - come ha riferito la Moratti - «ma semmai sì a una razionalizzazione» dei costi. Come chiesto con insistenza in particolare dalla Lega. Un equilibrio difficilissimo da realizzare per non irritare ulteriormente il Bie e non compromettere il successo dell' Expo. Con ogni probabilità, però, si riproporrà il braccio di ferro sulle priorità tra le opere con la regia della Regione, come la Brebemi e la Pedemontana, e le nuove linee metropolitane volute dal sindaco. Il piano dei tecnici prevederebbe anche che i risparmi si aggiungerebbero ai fondi delle prossime leggi finanziarie e a quelli dell'Unione europea per il sito e i contenuti, oltre a una società di gestione più snella nell' organico e un progetto culturale meno costoso curato direttamente dall' ufficio Relazioni internazionali della Regione.
ANDREA MONTANARI
La Repubblica
24-05-09, pagina 6 sezione MILANO

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