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Settimana del 9 Febbraio

Dal 16.02.2009 al 18.02.2009

Come ogni lunedì si rinnova l'appuntamento con la nostra rassegna stampa

La crisi colpisce le archistar: Foster lascia Berlino
Il caso: Dopo quello di Milano, il progettista chiude un altro studio. E Mosca «taglia» la sua Torre

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO - Nemmeno la grande architettura sfugge alla recessione. Anzi, i megaprogetti e gli studi più famosi si avviano a essere tra i più colpiti dalla crisi finanziaria. Ieri, si è saputo che Sir Norman Foster, l'architetto britannico apprezzatissimo in Germania, ha deciso di chiudere l'atelier di Berlino. Allo stesso tempo, da Mosca è arrivata la notizia che dovrà anche rifare radicalmente il progetto per la torre «Rossia», che secondo i piani di quando petrolio e gas portavano un fiume di dollari nelle casse russe, avrebbe dovuto essere il grattacielo più alto d'Europa: ora pare debba «tagliare» l'altezza di quasi 400 metri rispetto ai 612 pensati. Foster, uno dei nomi più venerati dell'architettura contemporanea, sembra particolarmente colpito dalla crisi, probabilmente perché partecipa ad alcune delle imprese più impegnative e costose progettate negli scorsi anni e che ora non riescono a trovare le risorse finanziarie per essere realizzate. Il ritiro dalla capitale tedesca - non confermato ufficialmente ma ormai noto, tanto che lo studio legale Hammonds se ne sta occupando - è particolarmente doloroso per l' architetto britannico. A Berlino, infatti, ha tra le altre cose realizzato la cupola in vetro del Reichstag, una delle opere più affascinati della ricostruzione seguita alla caduta del Muro, oggi uno dei luoghi più visitati dai turisti in Europa. Proprio sulla base dei piani di ristrutturazione della metropoli tedesca, Foster aveva deciso di mettere radici nella capitale. Ora, l' inaridirsi del numero di ordini lo ha spinto a chiudere: secondo il quotidiano «Welt», i primi 66 dipendenti della «F+P Architekten Gmbh» se ne andranno a fine marzo. I restanti dieci in maggio. A Mosca, la situazione è ancora peggiore. L' economia russa è in una crisi drammatica e trovare finanziamenti ai grandi progetti urbanistici è quasi impossibile anche per le autorità pubbliche. Il progetto per un grandioso distretto finanziario, chiamato «Moscow City», è stato congelato. Ora, la decisione di rimpicciolire la torre di Foster: significa, ovviamente, ridurre drasticamente le ambizioni moscovite e, per l' architetto, probabilmente rifare tutto. Sempre per problemi legati alla finanziabilità dei progetti, pochi mesi fa Foster aveva anche riportato a Londra i suoi collaboratori in missione in Italia per il progetto Santa Giulia, quartiere alle porte di Milano. Anche nella crisi, Foster è un' avanguardia: molti altri dovranno seguirlo.
Danilo Taino
Pagina 41
(11 febbraio 2009) - Corriere della Sera


'Via i Suv anche in area Ecopass e miglioriamo le piste ciclabili'
Patrizia Malgieri insegna Pianificazione ed economia dei Trasporti al Politecnico, e chissà se è solo per questo che a Milano lei gira solamente con i mezzi pubblici. Così nel descrivere i mali (e anche qualche briciola di bene) di una città sempre alle prese con il problema della mobilità, la professoressa unisce competenza e passione. Fornendo anche qualche ricetta. Questa, per esempio: «Via i Suv dall' area Ecopass, anche quelli Euro 4». Quali sono gli aspetti davvero critici per il trasporto pubblico? «Prima di tutto lo spazio. è vero che a Milano abbiamo tassi di motorizzazione un po' più bassi rispetto al resto della regione. Ma anche in questa condizione migliore, il trasporto pubblico è prevalentemente di superficie e si deve dividere con quello privato un' area che proprio per questo appare molto limitata». Anche nella zona Ecopass? «Dentro la cerchia dei Bastioni la velocità commerciale è di 9,3 chilometri all' ora; qualcosina in più, ma non moltissimo, degli 8,7 della media cittadina. Le dimensioni delle strade sono quelle che sono, c' è poco da fare. E se c' è una forte domanda di trasporto privato, neppure la quota consistente di trasporto pubblico a disposizione dei milanesi - siamo al 40 per cento del totale, e non è male - riesce a risolvere il problema». Quindi? «C' è qualcosa che non funziona nella qualità del servizio offerto, e questo non può che dipendere dall' Atm. Parlo delle frequenze delle corse: non è affatto sufficiente». Il presidente dell' Atm Catania dice che tram e autobus spesso non sono affollatissimi perché a Milano la distanza tra una fermata e l' altra è molto bassa... «Io parlo di frequenze, e la situazione è sotto gli occhi di tutti. Aggiungo che negli ultimi anni la rete del metrò ha avuto un visibilissimo incremento della domanda, al di là della sperimentazione dell' Ecopass. Ad esempio ora la linea 2 si assesta a piazzale Abbiategrasso, poi c' è l' interscambio per Porta Genova: ma a quella fermata è praticamente impossibile salire, affollata com' è». Torniamo ai mezzi di superficie: i salti di corsa, dice l' Atm, dipendono dal traffico privato. «Questi salti si verificano spesso anche di sera, quando il traffico diminuisce. E anche sulle cosiddette linee di forza. Bisogna investire di più, anche in termini di innovazione». Che significa? «L' unico strumento innovativo è il biglietto elettronico, di integrazione tariffaria si continua a non parlare. Ma c' è anche l' esigenza di rinnovare la flotta, di tenerla in buone condizioni, altrimenti è inevitabile che accadano incidenti». Ci fossero più corsie preferenziali... «Sono il 15 per cento sul totale della rete, siamo tra le città messe meglio, se il paragone non fosse con situazioni disastrose. Dovrebbero farne di nuove per 16 chilometri. Il guaio è che in questa città si parla ormai da quarant' anni di chiudere l' anello della circonvallazione 90-91. Insomma, dobbiamo metterci in testa che il trasporto pubblico va messo in protezione, solo così può diventare "competitivo"». Oltre alle corsie preferenziali? «I semafori intelligenti al servizio dei mezzi di superficie (anche di questo si parla da troppo tempo), e le piste ciclabili: non basta fare i bike-parcheggi, bisogna mettere in protezione i percorsi. Sono tutti pezzi della stessa politica: per rendere la città più vivibile, occorre ridurre l' eccesso di auto in circolazione». Qualcosa con l' Ecopass si è fatto. «Sì, e infatti qualche risultato si vede. Ma l' area è troppo limitata. Ecco, qui ritorna il discorso dello spazio». Cioè? «Non ha alcun senso far circolare in centro i Suv, anche se sono Euro 4. Ci vogliono misure più forti, senza avere paura di penalizzare qualcuno».
RODOLFO SALA
La Repubblica
11-02-09, pagina 2 sezione MILANO


Tra quelle cascine diroccate c'è il futuro della metropoli

PARLARE dei circa 4.000 ettari di Parco Agricolo Sud, equivale a parlare del futuro di Milano; oltre il 20% del territorio comunale ricade nel Parco Sud. Certo, ci sono altre questioni cruciali: gli indici di edificabilità, le torri, i trasporti, l' Expo, le piste ciclabili, il traffico, la popolazione. Ma il Parco Sud è l' unica cosa fisica che già c'è e che per dimensioni è in grado di mettere in gioco una nuova identità per tutta la città.
In questo stanno il suo straordinario valore e la sua unicità. Probabilmente, in Europa nessun' altra area metropolitana possiede così vicino al centro una distesa verde così compatta e ampia. Ma il Parco Sud non è soltanto un' area verde, perché in nuce contiene il codice genetico per pensare una Milano diversa, cioè come un reticolo diffuso e non più come una serie di cerchi concentrici. Eppure, a tutt' oggi, gran parte dei cittadini milanesi non sanno neppure dove si trovi. In realtà il Parco Sud non è neppure un Parco, ma solo una zona di salvaguardia agricola, un retino il cui destino futuro va ancora immaginato, progettato, realizzato. Purtroppo, tra i suoi meriti il Parco Sud ha quello di essere invisibile. Chi lo conosce non lo considera parte della città, ma qualcosa di esterno; tanti di noi non sanno neppure arrivarci, non lo usano, e non sanno quanto è vicino; non ci sono strade che portano il suo nome, non ci sono fermate dei mezzi pubblici, non ci sono parcheggi, manca una segnaletica appropriata; non è neanche rappresentato nella cartografia cittadina (vedi "Tuttocittà"). Nella percezione comune, il Parco Sud è off-limits, triste e nudo durante i mesi invernali e infestato da zanzare nei mesi estivi; ma questa percezione è vaga, il più delle volte per sentito dire. Nei prossimi anni, che lo si voglia o no, il Parco Sud cambierà e diventerà sempre meno un retino virtuale, per diventare una funzione reale; e in questa sua metamorfosi andrà accompagnato, perché non va assolutamente abbandonato a se stesso. Nel dire questo, penso a quelle parti del Parco Sud oggetto dei Piani di cintura in via di elaborazione; questi suoi spicchi settentrionali hanno la forma di cunei che si inseriscono tra le strade radiali in uscita dal centro; sono aree delimitate a Sud dal grande anello della tangenziale Ovest, che andrebbero a pieno diritto considerate in piuttosto che vicino a Milano. Nello specifico, ho in mente due aree distinte, separate dalle due direttrici a Sud di via dei Missaglia e dall' autostrada verso Genova; una confina a Est con via Ripamonti, l' altra a Ovest con il Naviglio Grande; sono due aree immani, ciascuna grande circa 9 kmq (20 volte il Parco Sempione), che si aprono all' orizzonte quasi a perdita d' occhio; quando ci si trova al loro interno, verso Sud si intravede il via vai di traffico sulla tangenziale, mentre a Nord si scorge il profilo nebbioso del centro urbano. Le strade al loro interno hanno ancora le curve a gomito dei tracciati rurali, e molte fanno da dighe, perché in primavera il terreno viene inondato diventando risaia; le cascine versano in cattive condizione; ci sono piccole cappelle e in distanza si scorgono alcune megastrutture metropolitane, come il Carcere di Opera, i Centri Commerciali di Rozzano, i nuovi edifici e il Forum di Assago, l' Ospedale San Paolo, le torri bianche di Gratosoglio. Qualche fine settimana fa, e con non poca difficoltà, ho percorso a piedi questa distesa di campagna dal sapore antico e pre-industriale, i cui punti più a Nord distano meno di 4 chilometri da piazza del Duomo; non è facile orientarsi, e la sensazione è che per queste aree serva un vero progetto di paesaggio, un' idea forte di trasformazione mirata al suo uso concreto; con un po' di romanticismo, mi sono chiesto perché fossero così poche le persone che incontravo. Perché i cittadini milanesi non lo frequentano, a piedi o in bicicletta, allo stesso modo come affollano l' Idroscalo, il Parco Nord, il Parco delle Cave, il Parco Lambro? Perché i cittadini non se ne appropriano, osando curiosare oltre le cortine edilizie delle strade radiali che al Parco rivolgono i loro retro? Perché non si organizzano passeggiate urbane alla scoperta dell'agricoltura in città?
SEBASTIANO BRANDOLINI
La Repubblica
12-02-09, pagina 1 sezione MILANO


Aulenti: "Al sindaco le critiche fanno paura"
Il guaio è che i progetti vanno varati nei prossimi due anni, quando la recessione toccherà l'apice

«Ah, ma allora lei vuole farmi trattar male dal sindaco! Ha sentito cosa ha detto la Moratti a Gregotti e Fuksas, che hanno voluto contribuire al dibattito sull'Expo? Praticamente che la loro è tutta invidia, pensi un po', "perché sono rimasti fuori dalla commissione degli architetti". Un po' volgare, no?». E Gae Aulenti ci aggiunge a commento la sua risata roca, prima di tirare dritto: «Per carità, quelli del comitato degli esperti sono tutti gente stimabilissima, vediamo se finalmente grazie a loro si capirà che cosa vogliamo fare davvero, per questa benedetta Esposizione, perché finora si è sentito solo di improbabili navigli fino a Rho-Pero e altre amenità. Ma mi lasci aggiungere, dall'alto di una certa esperienza - e proprio di nessuna invidia - che è un po' provinciale rivolgersi a professionisti serissimi che perlopiù non vivono a Milano e non la conoscono bene».
Lo trova così insolito?
«È la prima volta che capita, credo: a Saragozza, dove ho partecipato ai progetti pur non vincendo, erano tutti spagnoli. A Siviglia, a cui ho partecipato al padiglione italiano, pure. E a Torino, per le Olimpiadi dove ho fatto il Palavela, erano ovviamente torinesi. Dà un po' l'impressione che qui si siano chiamati consulenti da fuori temendo critiche troppo pertinenti. Vorrà dire che il bravo Stefano Boeri dovrà imporsi, quando è il caso, visto che è l'unico che conosce la situazione da vicino».
Maurizio Bono
La Repubblica
12-02-2009


«Noi proponiamo case low cost, i Comuni neppure rispondono»
Varese: L' Associazione costruttori edili lancia il «social housing»: abitazioni a prezzi ridotti per giovani coppie realizzate su terreni pubblici
I contrari «Costruire ex novo occupa il territorio, meglio usare aree dismesse»

VARESE - Se vi dicessero che qualcuno è disposto a vendervi la casa a mille euro al metro quadro, ma i Comuni non trovano aree disponibili, come la prendereste? È un po' quello che sta accadendo in provincia Varese, dove l' associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha proposto a tutti i Comuni di realizzare case a basso costo per giovani coppie: in cambio, il sindaco dovrebbe inserire, nel piano di governo del territorio, un' area per l' edilizia sociale. Un po' come si fa per le case popolari, ma riservandole a progetti convenzionati di fascia superiore. «Proponiamo un patto con i Comuni, che magari beneficiano delle donazioni di terreni privati. Li mettano a disposizione - spiega il direttore generale dei costruttori edili varesini Gianpietro Ghiringhelli - e le imprese costruiranno, vendendo le case a prezzo calmierato. In questo modo aiuteremo tante coppie giovani a reddito medio basso, che sono i classici clienti di questo tipo di mercato. Ma anche le nostre imprese, che avrebbero nuova linfa in un momento di crisi». Sembrerebbe la quadratura del cerchio. Risposte? Zero. «Abbiamo proposto due volte un piano di social housing alle amministrazioni locali - sottolineano da Ance - nel 2005 e nel 2008, e non abbiamo ricevuto né interesse, né ostilità, ma solo silenzio». Possibile che nessuno se ne sia accorto? I sindaci del Varesotto, non sanno che rispondere. Qualcuno non ha visto le lettere, qualcuno dice che non ha aree a disposizione, qualcuno è contrario. A Varese, il capoluogo, c' è dibattito: l' assessore ai servizi sociali, il cattolico Gregorio Navarro, è molto favorevole, quello all' urbanistica, il leghista Fabio Binelli, è scettico: «In passato, formule di questo tipo, non hanno dato buoni risultati - commenta - ho due perplessità; costruire ex novo occupa il territorio, è meglio recuperare aree. Inoltre, temo che non si producano case di qualità». A Cardano al campo, il sindaco Mario Aspesi, è favorevole. «Avevamo proposto ad Aler un progetto del genere- spiega - ora riconsidereremo la proposta di Ance». A Samarate, Vittorio Solanti, allarga le braccia: «Non abbiamo aree disponibili». Nei piccoli Comuni, la cose si complicano: molti dicono che non hanno terreni grandi abbastanza, e che non hanno avuto donazioni, oppure che sarebbe troppo oneroso per il Comune rinunciare alla vendita di un bel terreno. Entro il 2010 tutti i consigli comunali devono aggiornare il Pgt, la versione aggiornata dei vecchi piani regolatori. Sarebbe l' occasione giusta. I costruttori edili non nascondono che i potenziali clienti del «social housing» sono spesso stranieri. «Gli extracomunitari costituiscono ormai almeno il 5 per cento del mercato» conferma Ghiringhelli. Presto l'Ance manderà un'altra lettera ai sindaci, e questa volta ci sarà allegato anche il progetto con i disegno della casa che i costruttori hanno già finanziato.
Roberto Rotondo
Pagina 13
(11 febbraio 2009) - Corriere della Sera


Dalla città ideale al giro del mondo
Altro che torri e grattacieli. Come simbolo dell' Expo 2015 ci vorrebbe un immenso edificio sferico, del diametro di 240 metri. Come un' astronave atterrata alla periferia di Milano, dalle parti di Rho, capace di ospitare 25 mila abitanti. Un falansterio. Con orti e giardini verdi. Nessuna scala, ma rampe pedonali in leggera pendenza. Un progetto fiabesco, ecologico, rivoluzionario. Un edificio autonomo, capace di girare su sé stesso in cerca del sole. Un' utopia concreta, dal costo molto inferiore a quello di un grattacielo. A rilanciare il sogno della "Città Ideale", esposta tre anni fa nelle sale del Castello Sforzesco di Milano, disegnata da Guglielmo Mozzoni, architetto di 94 anni, dalla vita carica di passioni e avventure, questa volta è un gruppo di intellettuali, architetti e critici d' arte di primo piano, come Mario Botta, Philippe Daverio, Carlo Bertelli, Giorgio Galli, Antonio Migliacci e Giorgio Borré. L' occasione è l' inaugurazione, lunedì prossimo, alle 18, della mostra d' arte "Il giro del mondo in 80 acquarelli", di Guglielmo Mozzoni, presso l' Anticuum Oratorium Passionis, a sinistra dell' ingresso principale della basilica di Sant'Ambrogio. Lì l' associazione "Amici della Città Ideale" in una discussione pubblica sul futuro di Milano lancerà ufficialmente la sua sfida al sindaco Letizia Moratti. «L' edificio di Mozzoni ha una carica utopica straordinaria - si appassiona Botta. - È il simbolo intelligente di cui l' Expo avrebbe bisogno per decollare. Anziché realizzare un' urbanizzazione diffusa, piena di anonimi capannoni, si potrebbe dare vita questo grande contenitore sferico, all' interno del quale i diversi Paesi espositori avranno spazio. Finita l' Expo la struttura liberata verrebbe restituita alla città e ai suoi abitanti». «Se una cosa che si conosce non ha un segno non esiste - insegna Philippe Daverio, ex assessore alla Cultura del Comune nella giunta Formentini, da pochi giorni capolista della lista del Presidente Penati alle prossime elezioni provinciali. - La "Città Ideale" è il vero segno di cui Milano e l' Expo hanno bisogno. Non possono certo esserlo degli improbabili grattacieli. Non lo possono essere degli anonimi metri cubi di cemento. Mentre può diventarlo questa immensa sfera, capace di farci guardare verso il futuro. E' straordinario che a farci guardare avanti sia un uomo quasi centenario. Ma è normale che sia così. L' architettura si differenzia dal semplice costruire. Perché ragiona con tempi lunghi. E' capace di guardare al futuro. Ne ho appena discusso con grande architetto brasiliano, Oscar Niemeyer, che ad appena 102 anni ha una capacità di visione che molti giovani non immaginano». Della sua un' utopia, capace di far tornare a sognare Milano, parla con l' allegria di un ragazzino lo stesso Mozzoni: «Milano ha vinto la candidatura all' Expo con il tema "la fame nel mondo". A me sembra che la prima cosa da fare per la fame nel mondo sia coltivare la terra. Per questo ho pensato a una città ideale verde, immersa nel paesaggio agricolo». L' utopia di Mozzoni verrà presentata all' interno di una mostra (catalogo Casagrande) che racconta la sua vita attraverso i suoi acquarelli dipinti in giro per il mondo. Dipinti "di getto", sul campo, all' aria aperta, senza disegni preliminari, per fermare un' immagine e un' impressione più profondamente che con una macchina fotografica. E aiutare la fantasia a viaggiare e a sognare una vita ideale.
CARLO BRAMBILLA
La Repubblica
13-02-09, pagina 15 sezione MILANO     


Un quarto d'ora da Linate alla Fiera nel dossier 2015 entra il maxitunnel
Un tunnel lungo quasi quindici chilometri che dall' area Expo porta all' aeroporto di Linate passando sotto il centro città. Un' opera mastodontica, il cui costo è stato stimato intorno a due miliardi di euro, che il Comune ora cerca di far rientrare fra le infrastrutture previste per la grande esposizione del 2015. SEGUE A PAGINA III In realtà nel dossier di candidatura con cui il sindaco Moratti conquistò la fiducia del Bie non se ne parla. Ma prima di Natale la rivisitazione del vecchio progetto di tunnel Certosa-Garibaldi, licenziato nel 2006 dall' allora sindaco Gabriele Albertini, è entrato nell' elenco delle opere complementari all' Expo, che annovera una serie di lavori secondari che dovrebbero aggiungersi ai già precari interventi principali, quelli legati al sito vero e proprio e tutte le infrastrutture in carico alla Regione come Brebemi, Pedemontana e nuovi collegamenti ferroviari. In pieno caos Expo, con la società impantanata nel braccio di ferro tra sindaco e governo e nessuna certezza sui finanziamenti promessi, al lungo elenco dei lavori che la città dovrà sostenere da qui al 2015 se ne aggiunge un altro. I tecnici ci stanno lavorando da settimane, con simulazioni, studi di fattibilità e analisi economiche. La prossima settimana si riuniranno intorno a un tavolo gli uomini dell' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli e quelli del collega ai Lavori Pubblici Bruno Simini - entrambi sostenitori del progetto - per iniziare a mettere a punto una proposta definitiva. Ma già un' idea di massima c' è, come si legge in una valutazione fatta da Infrastrutture Lombarde (società della Regione) a cui è stata passata la pratica dopo un parere non del tutto favorevole dell' Ama (società del Comune). Il tracciato del tunnel, si legge nel rapporto, dovrebbe collegare l' area Expo con la tangenziale Est all' altezza dello svincolo di viale Forlanini, per un totale di 14,5 chilometri. Rispetto al primo progetto, quello che Albertini in un' ordinanza aveva definito «di interesse pubblico», si sono aggiunti cinque chilometri e nove uscite: Console Marcello, Nuova Strada interquartiere, l' autostrada A4, la Fiera, Cascina Merlata, Bovisa, Monteceneri, Zara, piazza della Repubblica, Garibaldi, piazzale Susa e viale Juvara. Non solo. Il tunnel che collegava l' autostrada dei Laghi a Garibaldi doveva essere tutto in project financing, ripagato con il pedaggio in 60 anni (concessione già di per sé più lunga del previsto). Ora sempre lo stesso gruppo di imprenditori - capeggiati dalla Torno - propone un' opera che la stessa Infrastrutture Lombarde sostiene necessitare «di un contributo pubblico in conto investimenti, a fondo perduto, di circa 750-800 milioni di euro». Una cifra enorme, in un periodo di magra come questo, per un intervento su cui oggi, alla luce del futuro poco roseo che si prospetta per l' aeroporto di Linate, potrebbero essere sollevata più di una perplessità. La prima: dove trovare i soldi? Il Comune non nasconde la speranza che nella partita rientri anche la Regione. «è un' opera che ha una portata molto più che cittadina - spiega l' assessore Bruno Simini - , di importanza strategica per Milano. Fosse per me sarebbe una priorità assoluta al di là dell' Expo. Permetterebbe finalmente di alleggerire le tangenziali, oggi completamente intasate, e di far scomparire sotto terra milioni di auto l' anno. Questo gioverebbe non solo dal punto di vista della mobilità, ma diminuirebbe anche l' inquinamento». Il progetto, che con Albertini si era arenato perché gli imprenditori non avevano trovato un garante finanziario come previsto dagli accordi, è tornato alla ribalta con la nuova giunta Moratti. Il Comune ha chiesto delle modifiche, come l' allungamento del percorso, e nuove simulazioni. L' idea originale aveva sollevato qualche perplessità soprattutto dal punto di vista finanziario. Così i privati, tornati alla carica e appoggiati dai due assessori di Forza Italia Simini e Masseroli, hanno presentato un nuovo progetto che ora si prepara a essere varato. Sempre che il Comune trovi i soldi per realizzarlo. Ma pare che una delle intenzioni di Palazzo Marino sia iniziare comunque con una prima tranche (Certosa-Garibaldi) che costerebbe 700mila euro. «Realizzare quest' opera significa creare un indebitamento di fronte al quale quello dei derivati è niente - commenta critico il consigliere dei Verdi Enrico Fedrighini - . Invece di procedere con una politica di potenziamento del trasporto pubblico per liberare la città dalle auto, col tunnel si va nel senso opposto. In periodo di crisi bisognerebbe dare assoluta priorità alle metropolitane». E ancora: «Ho presentato un' interrogazione per sapere se l' ordinanza di Albertini è ancora valida, visto che chiedeva la nomina di un garante finanziario entro 90 giorni e i privati non sono mai stati in grado di trovarlo».
TERESA MONESTIROLI
La Repubblica
15-02-09, pagina 2 sezione MILANO


L' auto costa? Boom di bici «Ma questa Milano non aiuta chi pedala»
Tendenze. Negozi, officine e associazioni: sempre più cittadini scelgono le due ruote
Mancano le piste. «Bonus per i lavoratori-ciclisti» Legambiente: la crisi modifica gli stili di vita Le aziende: nuovi aiuti dal governo. I giovani: impariamo dall' estero

Settanta nuovi abbonati ogni giorno al bike sharing. Cinque ciclofficine nei quartieri, più negozi dedicati, affari su eBay e poi festival, e associazioni. Ciclobby ha un migliaio d' iscritti. Il No Automobile Club Italia (Naci) ne ha fatto uno stile di vita: pedalare. «La crisi dell' economia basata sull' auto sta favorendo la riscoperta della mobilità dolce» dicono da Legambiente. È una riscoperta «sofferta e coraggiosa» per la mancanza di piste protette, parcheggi, segnali ed educazione stradale. Un elenco da denuncia a cui Eugenio Galli, presidente di Ciclobby, associa un appello: «Dagli Usa alla Francia s' incentiva la bici», le aziende danno bonus ai lavoratori-ciclisti, «solo da noi - tolto il bike sharing - la bicicletta viene trascurata». Le ultime statistiche del Comune parlano di 132 mila spostamenti in sella al giorno. Tanti e in crescita. L' ultima tendenza è la pedalata nella pausa pranzo. L' analisi è semplice: «La bici fa bene e conviene». Si risparmia su bollo, assicurazione, benzina, parcheggio, stress, code, tempo. «È un mezzo anticongiunturale» commenta Giovanni Pesce, di Legambiente. Vero. Anche se la congiuntura è dura, lunga e oggi «è ancora forte la paura di spendere», osserva Piero Nigrelli, responsabile Ancma (produttori): «Aspettiamo fiduciosi nuovi incentivi all' acquisto da parte del governo». In sostanza: il boom è all' inizio. Si farà. Una città che sgamba. Via Pellizza da Volpedo, zona Fiera. Qui, due mesi fa, Marcello Scarpa ha aperto Ciclistica, riparazioni e vendite, e sembrava un mestiere finito, no? «Il mercato si sta aprendo e i clienti dicono: "Nonostante tutto, siamo sempre di più"». Da via Gola partono i ciclocorrieri. Davide Marco Ferrari, architetto di 31 anni, condivide con gli amici la passione per telai e velodromi: compra, aggiusta, assembla e mette i ferri all' asta sul Web. Filippo Cauz, 30 anni, è socio fondatore del Naci: «Siamo felici non possessori di automobili». Quanti siete? «Ogni giorno di più. Chi lascia l' auto non torna indietro». Sono oltre 5.200 i milanesi iscritti al bike sharing. Ieri, col sole, sono state prelevate più di mille bici. ClearChannel sta installando sei nuove stazioni e fanno 74. La società ha appena scritto ad Atm: «Bisogna potenziare subito il servizio». Su Facebook c' è un gruppo: «Milano in bicicletta? Si può fare!». Ha 1.520 iscritti.
Armando Stella
Pagina 7 (15 febbraio 2009)
Corriere della Sera


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