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Settimana del 23 Giugno 2008

Dal 30.06.2008 al 02.07.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia. Primo piano: Leone d'oro alla carriera per O'Gehry.

Verso il 2015 Il sindaco: la Rotating Tower, dove ogni piano gira su se stesso, icona dell' Esposizione
«Il grattacielo-cobra simbolo dell' Expo»
Il sindaco: la collaborazione tra pubblico e privato ha un grande valore, così la città può crescere

A volte sembra una donna sensuale. A volte un cobra. Cambia di continuo forma e colore. Provate a immaginare: un grattacielo non più statico dove ogni piano (possono essere fino a 80) può essere fatto girare su se stesso, posizionato a est se si vuole vedere il sorgere del sole o a ovest per sognare su un tramonto mozzafiato. E in più è ecologico, parola molto importante in questi tempi: produce energia per se stesso e per l' intero quartiere circostante. Letizia Moratti, sindaco di Milano, dopo averne visto un' animazione al computer, se ne è innamorata a tal punto da esclamare: «Lo vorrei come icona per l' Expo». Così Milano avrà (probabilmente) quello che è considerato il più innovativo grattacielo al mondo. Una pietra miliare dell' architettura, frutto del genio italiano. Per la precisione, una creatura dell' architetto David Fisher, 58 anni, israeliano di nascita, ma fiorentino d' adozione. «Ho già avuto degli incontri con il sindaco e si è parlato di un paio di aree dove potrebbe sorgere. Per il momento, però, meglio non sbilanciarsi. Dovrei incontrare anche il presidente Formigoni il quale, a sua volta, avrebbe un' area da suggerire». La Rotating Tower è un progetto talmente innovativo che anche l' ex presidente del consiglio Romano Prodi ha voluto incontrare per due volte l' architetto fiorentino. «L' ultimo incontro - racconta l' inventore della dynamic architecture - è durato un' ora e mezza. Il presidente era molto interessato e ha voluto conoscere soprattutto gli aspetti industriali». Un punto, questo, fondamentale: il consorzio di finanziatori alla base del progetto ha già aperto una fabbrica in Italia, che darà lavoro, grazie all' indotto, a migliaia e migliaia di persone. Milano (dove è nata l' idea) potrebbe essere la terza città a veder sorgere il grattacielo «ambientalista». Il primo - lo annuncerà oggi lo stesso architetto Fisher in una conferenza stampa a New York - nascerà a Dubai (80 piani, 420 metri d' altezza), il secondo a Mosca. Poi, se tutto andrà per il verso giusto, sarà il turno di Milano. E, a seguire, altre otto metropoli, tra cui New York, Tokyo e Sidney: insomma, un altro trionfo del «made in Italy» nel mondo. Per Milano i tempi potrebbero essere questi. Dopo la firma del contratto, 6 mesi di tempo per i permessi e, da quel momento, altri 18 mesi per la costruzione di un grattacielo che potrebbe essere di una cinquantina di piani. Per i curiosi (tecnici e no) le novità introdotte nel progetto sono centinaia, brevetti inclusi. «Il cuore dell' invenzione sta nell' introduzione della «quarta dimensione», ovvero il tempo, a fianco dei classici lunghezza, larghezza, altezza», spiega Fischer. Un altro segreto? Tra un piano e l' altro saranno montate 48 turbine, supersilenziose, alimentate con pale eoliche che lavorano in orizzontale. Ogni turbina può coprire il fabbisogno energetico di 50 famiglie (la torre rotante ospiterà 200 famiglie), il resto dell' energia può alimentare un quartiere. Il cantiere della Rotating Tower? Il più piccolo immaginabile: ci lavoreranno 90 persone contro le 2.000 che sarebbero necessarie per un progetto tradizionale. Merito dei moduli prefabbricati. Nella fabbrica italiana si farà tutto (impianti, componentistica, arredamenti, eccetera). Tutto arriverà in cantiere già pronto per essere installato: bagni e cucine di lusso incluse, scelte dai clienti. Una riduzione stimata dei costi del 23%. La torre rotante potrà essere suddivisa in questo modo: uffici nei piani più bassi, una zona intermedia per hotel e ristoranti, la parte alta per gli appartamenti. Gli ultimissimi piani per quelle che impropriamente a Dubai chiamano villas: appartamenti unici da 1000 metri quadrati con possibilità di parcheggiare la Ferrari in casa e di atterrare con l' elicottero personale su una piattaforma retrattile. I costi? Ventimila euro al metro quadrato a Dubai (dove si può comprare casa anche a 2.000 euro al metro), 30mila a Mosca, dove il cantiere partirà entro fine anno.
Berticelli Alberto
Corriere della Sera
Pagina 5 (24 giugno 2008)

 

L' accordo
Una torre a Dubai per Ferrè

MILANO - Il marchio dell' architetto per antonomasia farà architettura e arredo. Si realizza il sogno di Gianfranco Ferrè, architetto-stilista che ha lasciato materiale, disegni, insegnamenti che saranno prezioso materiale per un nuovo business nell' arredo e nel real estate. È stato infatti firmato un accordo tra la Gianfranco Ferrè spa e la Gio (Galadari Investment Office) di Dubai. La joint venture si chiama «Architectural Couture» e si dedicherà a grandi realizzazioni immobiliari in luoghi prestigiosi del mondo. Gio si occuperà di costruzione e gestione, Ferrè di design, stile e arredo. Un primo progetto è definito: un grattacielo di almeno 60 piani che sorgerà a Dubai e si chiamerà Gianfranco Ferrè Stresa, in omaggio alla località lacustre dove l' architetto aveva un' amata residenza estiva. Non un albergo ma grandi appartamenti, uffici, spazi commerciali, che la Gio metterà in vendita da subito, su progetto, a privati e a società immobiliari. La Ferrè spa incassa un minimo garantito di 23 milioni di dollari. Avrà lussuosi servizi: spa, bar, smoking room, ma anche uno spazio-museo per i più bei vestiti dell' archivio Ferrè.
Corriere della Sera
Pagina 25
(26 giugno 2008)


La città riparte dal reale
Torino. Si aprono domenica i lavori del congresso mondiale degli architetti.

Riconciliare l'architettura e la città, la tradizione e l'attualità, riprendere la logica dell'armonia che ha caratterizzato praticamente tutta la storia degli insediamenti umani in Italia, fino quest'ultimo cinquantennio...». Raffaele Sirica, Presidente del Cnappc (Consiglio nazionale architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori) ha esplicitato questo impegno sin dall'incontro nazionale degli architetti che si è svolto nel '98 ad Assisi, luogo simbolo dell'indissolubile intreccio tra arte e architettura. Il fatto che l'incontro Uia, che riunisce i progettisti di tutto il mondo, si svolga a Torino, segna un passo significativo in questa lunga marcia. «Siamo partiti dal constatare come l'espansione urbana negli ultimi decenni sia caratterizzata da edilizia disordinata, in termini quantitativi maggiore a tutto quanto avvenuto prima nei secoli, sul piano qualitativo incomparabilmente peggiore. Ci siamo prefissi di cambiare tutto questo sollecitando interventi che cambino il volto delle periferie - e non caso abbiamo convocato due Premi nazionali di idee di architettura con la Chiesa italiana con la Di Baio Editore e, l'ultimo, anche col Coni: per i sagrati e per gli spazi per lo sport e la cultura negli oratori. A Torino il motto è "perché l'Italia torni al futuro è necessario trasformare le nostre periferie in brani di ecocittà"»
Avvenire
26-06-2008
Leonardo Servadio

 

'Entro il 2015 pronta la cittadella modello'
Assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli, un anno fa il sindaco Moratti e il presidente Formigoni confermarono la volontà di costruire una cittadella della Giustizia a Porto di Mare: 1,2 milioni di metri quadrati per ospitare il Tribunale, il nuovo carcere di San Vittore, la Corte dei Conti, verde e servizi. E una spesa iniziale di 700 milioni di euro. Che fine ha fatto il progetto? «Non abbiamo mai smesso di lavorare. Sono state fatte tutte le verifiche tecniche sull' area e su cosa deve prevedere il progetto. Stiamo ragionando anche con la Soprintendenza per capire i vincoli e la possibilità di valorizzare l' attuale area del Tribunale e quella del carcere. Direi che siamo in una fase avanzata e in un momento cruciale». Perché? «Perché ci sono tutte le condizioni per partire quanto prima con un concorso internazionale per il progetto, che sarà gestito dal Comune. Ci sono già stati incontri tecnici, ma adesso aspettiamo che il nuovo ministro ci confermi ufficialmente la volontà di procedere in questa direzione e la capacità economica per sostenere l' operazione». L' ennesimo incidente dimostra in che pessime condizioni è il palazzo. I lavori dovevano partire nel 2009: oggi quali sono i tempi? «Sono cambiati il governo e il ministero. I tempi dipendono dalla volontà politica di ripartire a velocità serrata. Se ci sarà il via libera come sono sicuro accadrà ritengo che possano essere brevi. L' obiettivo, come tutti i grandi progetti che riguardano la città, è di concludere i cantieri nel 2014». San Vittore e il Tribunale: sono due aree centrali e appetibili anche dal punto di vista economico. Ci sono già ipotesi concrete per la trasformazione di queste zone? «La necessità di realizzare la cittadella è arrivata da chi lavora negli uffici giudiziari e in carcere per migliorare la qualità della vita di operatori, detenuti e cittadini. Ripeto: c' è un ragionamento in corso con la Soprintendenza, ma per ora niente di concreto. Prima dobbiamo individuare bene quali sono i vincoli per poter valorizzare le aree anche perché questo permetterà di finanziare le nuove opere».
ALESSIA GALLIONE
La Repubblica
27-06-08, pagina 5 sezione MILANO

 

La costruzione europea riparte dagli architetti
L' Europa è fatta: ora bisogna fare gli europei. Dopo i recenti insuccessi di Dublino, Massimo D' Azeglio potrebbe aggiornare così la famosa frase pronunciata all' indomani dell' unità d' Italia. Essendo la manifestazione più diretta della cultura dell' ambiente, niente di meglio che l' architettura può costituire l' osservatorio privilegiato per capire dove va l' Europa, e in che misura le grandi trasformazioni delle nostre città riescano a esprimere una identità diversa dal dominio apparentemente irresistibile della globalizzazione. Per Milano poi, diventata sempre più arena di un match in cui i campioni dell' architettura internazionale hanno messo nell' angolo del ring gli architetti italiani, l' occasione di una mostra come quella che si inaugura oggi alla Triennale può essere particolarmente importante. L' European Union Prize for Contemporary Architecture, promosso dalla Fondazione Mies van der Rohe di Barcellona, arrivato infatti alla sua decima edizione (biennale), inizia da Milano il suo tour per le capitali europee. In mostra, 32 dei 272 progetti, realizzati nei paesi dell' Unione Europea negli ultimi due anni, selezionati da una giuria presieduta da Richard Burdett. Per il sindaco Moratti e i responsabili della futura Expo un aiuto importante per capire dove va l' architettura europea, quali sono i suoi protagonisti e quali le sue originali linee di ricerca. Coniugare la modernizzazione con l' eredità di un paesaggio millenario è il tema specifico con cui si confronta la città europea, e da questo punto di vista proprio Milano si è rivelata in Italia il nervo scoperto di un rapporto male impostato e spesso mal risolto. Il confronto tra gli architetti dei diversi paesi dell' Unione, dalla Spagna alla Slovenia, dalla Germania all' Inghilterra, dall' Italia alla Francia, mette in chiaro la qualità dell' architettura europea in termini sia di ideazione che di esecuzione, sgombrando il campo di ogni facile mitologia sull' immaginario digitale. Il nuovo monastero per i cistercensi a Tautra, in Norvegia, o il restauro delle mura vicino Granada, sono una bella dimostrazione di come i materiali della città antica tornino a rivivere attraverso un uso consapevole e creativo. Lo stabilimento balneare di Kastrup a Copenhagen, quello di Caldano in Italia o l' asilo GlaxoSmithKline di Antonio Citterio a Verona sono una bella testimonianza del "piccolo e bello" e, insieme al lungomare di Zadar, in Croazia, sono una dimostrazione di come l' interpretazione del luogo naturale non è un retaggio obsoleto del passato ma l' unica strada percorribile per una modernizzazione consapevole dei nostri paesaggi. Il vincitore di questa decima edizione - il MUSAC, Museo d' Arte Contemporanea di Pastiglia y Leon, è una bella dimostrazione di come l' architettura di un museo può essere affascinante senza essere stravagante. Basato sull' interpretazione del museo come una trama disarticolata di elementi semplici, il MUSAC è un pezzo di città che scorre in piano tra volumi solidi e cortili, inserendosi nel contesto cittadino con grande intelligenza ma anche con vistosa eleganza. Triennale viale Alemagna 6, inaugurazione oggi alle 18.30, mar-dom 10.30-20.30, ingresso 5-4 euro, fino al 10 agosto
FULVIO IRACE
La Repubblica
27-06-08, pagina 15 sezione MILANO

 

Biennale d' architettura
Leone alla carriera a Frank O. Gehry

Sarà assegnato a Frank O. Gehry, l' architetto americano (ma di origini canadesi) del Guggenheim di Bilbao e della Disney Hall di Los Angeles, il «Leone d' oro alla carriera» dell' 11esima Biennale di architettura di Venezia. L' ha annunciato il direttore della stessa Biennale, Aaron Betsky: «Frank Gehry ha trasformato l' architettura moderna - spiega la motivazione -, liberandola dai suoi confini e dai suoi limiti, il suo è il vero moderno modello per un' architettura oltre il costruire». Gehry (1929) sarà tra l' altro alla Biennale di Venezia con il suo «Venice Gateway», una porta d' acqua che collegherà la laguna all' aeroporto. Un altro «Leone speciale alla carriera» è andato poi a uno storico dell' architettura (nella ricorrenza del 500esimo anniversario della nascita di Andrea Palladio): il prescelto è l' americano James S. Ackermann, decano degli storici dell' architettura del Rinascimento.
Pagina 38
(28 giugno 2008) - Corriere della Sera


La scommessa Ancora in fase di completamento, il Burj Dubai ha travolto tutti i record di altezza e progettazione
Dubai, una stalattite che sfida il cielo
Oltre ottocento metri di cemento e acciaio. Sarà una città autosufficiente

In principio il mondo doveva essere piatto. Una distesa uniforme di edifici omologhi senza aspirazione. Per «principio» s' intende la mattina del 12 settembre 2001, fu quello il giorno in cui l' umanità pensò: mai più un grattacielo su questo pianeta. Ma siccome l' ambizione è più potente di ogni psicosi, quel pensiero oggi è solo un brutto ricordo. Così, in un luogo torrido e colmo di energia ci si prepara a un evento formidabile: l' inaugurazione del più alto edificio mai pensato (e costruito): il Burj Dubai, un albero di cemento che una volta terminato, toccherà gli 807 metri. Almeno questa è l' altezza più probabile. I progettisti tengono segreta la misura finale e c' è chi dice che l' edificio raggiungerà gli 848 metri. Una vetta mostruosa. Ancora in costruzione, a quota 636 metri, il Burj è a pochi passai dall' annullare il record assoluto di altezza (non solo di edifici commerciali) battendo il primato dell' antenna radio di Varsavia (646 metri) crollata però nel ' 91. Il Burj Dubai apre dunque una nuova era anticipata a Oriente, specialmente in Cina e a Taipei, da un ritorno alla sfida dei cieli. Una sfida che l' Occidente sembra invece avere abbandonato. Il Burj Dubai è una stalattite nel deserto che deserto non è più, perché l' esplosione immobiliare degli Emirati Arabi è abbagliante: il Paese con il più alto tasso di crescita al mondo. E d' investimenti. Il grattacielo primatista costerà 4.1 miliardi di dollari, avrà 162 piani abitabili a funzione mista, uffici e residenza. Il design vuol compiacere la tradizione islamica, pur mantenendo un carattere di avanguardia. Logicamente il Burj non è pensato per un uso popolare, basta sapere che gli interni saranno decorati da Giorgio Armani che al piano 37 creerà un boutique hotel, il primo col suo nome. Solo la fontana davanti all' entrata costerà 250mila euro. Più che un grattacielo, sembra un atto di prepotenza edilizia. Il progetto è affidato alla storica Skidmore, Owing & Merrill, lo studio di architetti di Chicago che ha creato la Sears Tower (vecchia detentrice del primato, 442 metri, oggi solo quinta), oltre ad avere in mano i disegni della Freedom Tower che sorgerà a Ground Zero. Il supervisor del progetto Burj Dubai si chiama George Efstathiou e ci spiega come la paura è stata vinta: «Se leggiamo la storia, l' aspirazione per le grandi altezze nell' architettura, ci rimanda indietro nel tempo. Basta guardare alle vostre chiese nei piccoli paesi, a Pisa con la sua torre, a Roma con i suoi campanili. Fa parte dell' animo umano. A Dubai esistono le condizioni economiche per sviluppare un progetto così complesso. Alla grande disponibilità di denaro, bisogna aggiungere una dose di intraprendenza tipica di un luogo in espansione. La paura c' è stata, in molti casi è ancora un fattore bloccante, ma soprattutto a livello politico e decisionale, non tanto in sede progettuale. La paura è servita a progettare strutture prendendo molte precauzioni». Il Burj Dubai conferma un altro trend tipico di questi ultimi anni: edifici esclusivi, pensati per creare un sistema autosufficiente, in cui nessuno ha bisogno di uscire dalle propria mura, perché tutto è disponibile. Una sorta di gated community di alto livello per difendersi dalle incertezze e le inside del fuori. «La tendenza mondiale vede le grandi metropoli popolarsi sempre di più. Molta più gente si avvicina alle nostre città. Il Burj sorge in una delle aree che tra poco sarà tra le più congestionate del mondo. Si pretendono comfort, si vuole facilitare la vita delle persone con una struttura autosufficiente. Vivo e lavoro a Chicago in un grattacielo, ma nessuno potrà mai togliermi il piacere di una passeggiata o una cena lontano dal mio appartamento». A oltre 400 metri di altezza un soffio di vento viene percepito come un terremoto. Quali sono le sfide che deve vincere chi progetta una struttura del genere? «Il vento è sicuramente un fattore importante, ma a Chicago come in Estremo Oriente ci siamo già fatti una solida cultura sul tema. Nel caso del Burj credo che il nodo principale consista nel trasportare le persone il più velocemente possibile. La struttura degli ascensori è il punto chiave». Ce ne saranno 56, ciascuno capace di trasportare 42 persone: saranno i più veloci al mondo (18 metri al secondo). Sconsigliato ai deboli di cuore. «Dubai - conclude Efstathiou - è una sorta di laboratorio della società moderna. In tempi brevissimi siamo chiamati a risolvere problemi urbanistici, di trasporti e di rispetto dell' ambiente sui con i quali presto tutto il resto del mondo dovrà misurarsi».
Romani Riccardo
Pagina 41
(28 giugno 2008) - Corriere della Sera

 

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