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Settimana del 7 Aprile 2008

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia.

Confessioni
Il Nobel racconta la prima passione e la decisione di abbandonare tutto: avevo idee moderniste, ma non potevo rinnegare il passato
Pamuk, l' architetto mancato «I palazzoni mi spaventavano»
Lasciò dopo tre anni di studi. «Andai a cercare i sogni dietro le facciate»

Ho studiato per più di tre anni architettura all' Università Tecnica di Istanbul, ma non ho concluso gli studi e non sono diventato architetto. Oggi ormai sento che questo è dipeso dalle mie fastose immaginazioni moderniste compiute davanti a lontani fogli bianchi. Ho capito che non volevo diventare architetto, né pittore, come avevo sognato per anni. Mi sono alzato e allontanato dai grandi fogli bianchi di architettura che mi provocavano i capogiri, mi agitavano e mi incutevano paura, e mi sono messo a sedere davanti ad altri fogli bianchi, che allo stesso modo mi provocavano i capogiri, mi agitavano e mi incutevano paura. E sto così da venticinque anni. Il vuoto del foglio bianco, la sensazione di trovarmi all' inizio di ogni cosa, il sogno che il mondo finirà per adattarsi al mio progetto, sono identici a quelli dei tempi in cui sognavo di diventare architetto. Senonché, con gli stessi sogni sono riuscito a scrivere per venticinque anni, e continuo a farlo. Allora riformuliamo la domanda che venticinque anni fa mi veniva rivolta tanto di frequente, come adesso: perché non sono diventato architetto? Risposta: perché pensavo che i fogli nei quali avrei riversato i miei sogni fossero bianchi. Invece, dopo venticinque anni di vita da scrittore ho capito ormai che i fogli non sono mai né bianchi né vuoti. So bene che, quando mi siedo alla scrivania, sono accompagnato dalla tradizione, dalle persone mai sottomesse alle regole e alla storia, da tutto ciò che è accidentale, disordinato, oscuro, terrificante e immondo, dal passato e dai suoi fantasmi, dai fatti realmente accaduti sui quali la società e la lingua ufficiali vorrebbero far scendere l' oblio, dalla paura e dagli spettri che alimentano la paura. Per trasferire tutto questo sui fogli ho dovuto scrivere romanzi che per una buona metà guardano alla storia, al passato, a ciò che la moderna Repubblica e l' occidentalizzazione vogliono dimenticare, e per l' altra metà rivolgono il proprio sguardo al futuro e ai sogni. Se a vent' anni avessi compreso che avrei potuto fare lo stesso con l' architettura, avrei cercato di diventare architetto. Ma allora ero un risoluto modernista che cercava di liberarsi dal peso e dalla oscenità della storia, dai lemuri e dalla penombra, un ottimista sostenitore dell' occidentalizzazione che credeva di essere ancora agli inizi di tutto. Le persone insofferenti delle regole, la storia e la complessa cultura della mia città si manifestavano a me non come una componente dei miei sogni, bensì come ostacoli al loro avverarsi. Capii subito che non mi avrebbero lasciato costruire gli edifici che avrei voluto realizzare. Ma non potevano impedirmi di chiudermi in casa e scrivere. Ho impiegato otto anni per pubblicare il mio primo libro. In quel periodo, specialmente nei momenti in cui non avevo speranza che qualcuno lo pubblicasse, facevo un sogno ricorrente: sono studente di architettura, disegno un palazzo per la lezione di progettazione e manca poco alla consegna. Sono seduto a un tavolo e mi applico con tutte le mie forze, dovunque intorno a me ci sono disegni rimasti a metà, rotoli di carta, macchie d' inchiostro che sbocciano come fiori velenosi. Più vado avanti con il lavoro, più mi vengono idee brillanti; ma a dispetto del mio fervore, i tempi di consegna incalzano angusti, quella terribile scadenza si avvicina; in realtà so bene che se non riuscirò a finire in tempo questo ampio e articolato progetto, la responsabilità e la colpa sono mie. Mentre lavoro fantasticando ancor più febbrilmente, il mio senso di colpa è così profondo che si trasforma in un dolore intollerabile e mi sveglio. Vorrei chiarire che il terrore dietro a questo sogno ovviamente non riguardava gli esami universitari: è la paura di diventare scrittore. Se fossi diventato architetto avrei avuto bene o male un mestiere e avrei guadagnato abbastanza da garantirmi uno stile di vita medio borghese. Quando iniziai a prospettare in modo vago la mia intenzione di diventare scrittore e scrivere «romanzi», i miei parenti e amici in coro mi dicevano che negli anni a venire avrei sofferto molto a causa della penuria di denaro. Il mio sogno soddisfaceva dunque un desiderio nascosto, a dispetto di tutti i sensi di colpa: se cercavo di diventare architetto non mi distaccavo da una vita «normale». Ritmi esagerati di lavoro e fantasticherie intense in scadenze strettissime, hanno spesso segnato la mia condizione di spirito anche quando in seguito avrei scritto senza limiti di tempo. Allora, quando mi domandavano perché non fossi diventato architetto, fornivo la stessa risposta adottando un altro linguaggio: «Perché non voglio costruire condomini!». Con «condomini», intendevo uno stile di vita, un concetto architettonico. Dopo gli anni Trenta la vecchia città fu quasi completamente abbandonata, le classi medie e alte avevano cominciato ad abbattere le case a due o tre piani con grandi giardini, e a costruire palazzi che in sessant' anni avrebbero portato la distruzione di tutto il vecchio tessuto e dell' aspetto storico di Istanbul. Alla fine degli anni Cinquanta, quando incominciai la scuola elementare, tutti gli alunni della classe abitavano in appartamenti. Questi palazzi dalle facciate semplici e moderne stile Bauhaus, ma con gli sbalzi dei balconi tipici delle case turche tradizionali, che avrebbero poi ricordato brutte imitazioni dello stile internazionale, presentavano interni molto simili tra loro per via di problemi legati alle divisioni ereditarie o all' esiguità dell' area costruita. Scale strette in mezzo e un buco di aerazione chiamato «cavedio», un soggiorno davanti e dietro due o tre stanze affidate al talento dell' architetto e allo spazio. Un lungo corridoio che collega il soggiorno alle stanze retrostanti, le finestre sul cavedio e quelle della tromba delle scale sono gli elementi che rendono gli alloggi terribilmente simili tra loro. Puzzavano sempre dello stesso odore di muffa, di stantio, di olio fritto e di escrementi di uccelli. Ciò che m' inibiva di più mentre studiavo architettura era l' idea di essere obbligato a tirar su palazzi del genere, seguendo il piano regolatore, il gusto semioccidentalizzato delle classi medie e, ancor peggio, il profitto. In quei tempi molti parenti e amici scontenti che si lamentavano degli architetti disonesti, mi dicevano che mi avrebbero affidato volentieri, una volta diventato architetto, i terreni ereditati dai loro padri perché ci costruissi quel genere di murature. Non sono diventato architetto e così mi sono liberato dal compito di costruire palazzi di questo tipo. Sono diventato scrittore e ho scritto molte cose su questi edifici. La scrittura mi ha insegnato che sono le fantasie degli inquilini a trasformare un palazzo in una casa. Esse si alimentano degli angoli vecchi, depressi, cupi e sporchi dei condomini. Così come vediamo vecchi palazzi diventare più belli col passare del tempo, allo stesso modo vediamo le facciate di palazzi che non avevano nessuna intenzione di diventare delle case trasformarsi in costruzioni intessute di sogni. Ecco ciò di cui l' architetto non potrà rinvenire le prove e le impronte tangibili: i sogni attraverso i quali i primi inquilini di un nuovo e ordinario palazzo - costruito con una foga animata da ideali modernisti e filo-occidentali - ne abbiano fatto una casa. Mentre camminavo tra le rovine del terremoto - frammenti di muri, vetri rotti, pantofole, sottolumi, tende infilate dovunque, tappeti e grumi di mattone e calcestruzzo -, quel terremoto costato la vita a trentamila persone, ho avvertito ancora una volta e con maggiore intensità l' esistenza dell' immaginazione dell' uomo che riesce a trasformare ogni edificio, ogni rifugio vecchio o nuovo in una casa. Come i protagonisti di Dostoevskij che si aggrappavano alla vita anche nelle condizioni più difficili grazie alla loro fantasia, così noi sappiamo nelle situazioni più dure trasformare gli edifici in case. E quando queste case crollano dopo un terremoto, capiamo con dolore che esse sono in realtà edifici. Mio padre mi raccontò di essere andato, subito dopo il sisma, a rifugiarsi in un altro palazzo duecento metri più lontano, nel buio della notte, visto che in tutta la città era mancata la corrente elettrica. Quando gliene chiesi la ragione mi rispose: «Quello è solido, l' ho costruito io». Era quel palazzo di famiglia dove avevo trascorso la mia infanzia con la nonna, gli zii e le zie, e dove ho ambientato molti miei racconti. E mio padre - io credo - era andato a rifugiarsi laggiù non perché fosse davvero più sicuro: ma perché era una casa. * * * In edicola Il design e la Cina Anticipiamo parte dell' intervento di Pamuk pubblicato sul numero di aprile di «Abitare», da domani in edicola. Il numero è doppio: uno sul design in Cina e il Salone del Mobile di Milano; l' altro è il primo «Abitare» pubblicato in Cina
Pamuk Orhan
Pagina 27
(7 aprile 2008) - Corriere della Sera

 


Il parere degli architetti
Le critiche di Berlusconi e Celentano ai nuovi grattacieli, approvati dal centrodestra ma non confacentisi con l' identità della città; l' accusa di Piano, che vede l' Expo come opportunità solo per immobiliaristi e affaristi. Due domande per tre progettisti.||MASSIMILIANO FUKSAS||

MARIO BOTTA *** «Non copiamo Dubai per sentirci moderni» *** Sui tre grattacieli avevo già detto: il progetto di Piano era migliore per la ricucitura urbana. In quel progetto c' è troppo contrasto tra il tessuto urbano consolidato di Milano e quello aperto che si propone, ma la colpa è della città che ha ammesso un concorso che chiedeva solo un vago rispetto del 50% di verde. Ma non vuol dire che vanno bene solo i vecchi Navigli! Non si deve fare il falso ' 800 ma essere autenticamente moderni; e ciò vuol dire non fare architetture di Dubai nel centro di Milano. L' Expo è un' opportunità che supera le contingenze. Il pericolo di un uso speculativo c' è, ma mi sembra che la Moratti la stia gestendo bene. Se è riflessione critica rispetto ai problemi del mondo, l' Expo resta interessante. *** ITALO ROTA *** «Cenacolo e grattacieli sinergia di libertà» *** L' identità di Milano è in continua evoluzione: un tempo cosmopolita, poi rifecondata dagli europei e oggi dagli immigrati. L' Italia ha bisogno di una città contemporanea per non diventare una Disneyland del passato, e Milano è la sola candidata. I tre grattacieli e il Cenacolo insieme sono una sinergia, un' idea di libertà. Una volta spezzato il veto del fare nulla, si potrà pensare anche un' architettura contemporanea specifica per Milano. Piano ha combattuto per valori, come l' attenzione per l' ambiente, ora accettati; penso che la Moratti possa combattere altre sfide, come quella di costruire con saggezza: non conosciamo né filosofie né regole dell' Expo, quindi vedremo. Il fatto che tutti i Paesi insieme contribuiranno sarà una garanzia. *** MASSIMILIANO FUKSAS *** «Quella di Renzo è guerra preventiva» *** Sono in atto due guerre di religione: quella dei Torrioni contro i Piattoni, quella del giustizialismo preventivo che pensa di non fare nulla perché forse qualcuno ruberà. Le torri si fanno se la città ne ha bisogno, servono per non consumare territorio: a Torino il mio grattacielo anziché 2000 mq prenderebbe 7 ettari «in orizzontale»! Ma non darei peso alle parole di Berlusconi: tra due giorni magari dirà il contrario. La valutazione dipende solo dalla qualità di architettura: il Pirellone è bellissimo perché rappresenta qualcosa. Quella di Piano è guerra preventiva, l' Expo è un successo di Milano e dell' Italia: a Torino, con le Olimpiadi, si è dimostrato l' importanza di questi eventi; Milano può conquistare aree estranee allo spazio urbano.

Botta Mario
Pagina 5
(7 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

Milano L' esposizione
Berlusconi e l' Expo: quelle torri non si fanno
«Inorridisco di fronte a quei progetti». La Moratti: nessuna colata di cementoIl Cavaliere ha confermato le critiche ai progetti dei grattacieli. Ma il sindaco garantisce: Milano sarà più bella e verde

MILANO - Inorridisce. Al pensiero di quei grattacieli sbilenchi e storti che sorgeranno a Milano con l' arrivo dell' Expo. Silvio Berlusconi, con puntualità meneghina, rilancia la polemica sulla città del futuro. Nel giorno in cui 200 mila milanesi (500 mila secondo gli organizzatori del Comitato Grazie Milano Expo 2015) festeggiano il sindaco Letizia Moratti, la «vincitrice» della battaglia contro Smirne, il Cavaliere-architetto tira un segno rosso sui progetti milanesi. Soprattutto uno, quello della vecchia Fiera con i tre grattacieli di Daniel Libeskind, Zaha Adid e Arata Isozaki. «Credo che questi progetti che circolano rientreranno perché io come altri milanesi sono inorridito, non hanno nulla a che fare con la tradizione, l' architettura, l' immagine e l' urbanistica milanese». Ce l' ha soprattutto con il grattacielo storto di Libeskind che non svetta come un razzo verso il cielo. Scherzando, ha chesto se era «possibile raddrizzarlo» perché comunicava un senso di impotenza. E promette di mettersi a capo della protesta . Nessuna riposta diretta della Moratti. Ma dal pullman scoperto della Victory Parade che l' ha trasportata in trionfo per corso Buenos Aires, il sindaco ripete un concetto. «L' Expo non sarà una colata di cemento. Servirà per rendere la città più bella e più verde». Ribadisce che non ci saranno torri, grattacieli, tortiglioni o cubi. Ma è un dialogo tra sordi. Perché il progetto di Citylife, firmato dai grandi architetti stranieri, non fa parte del pacchetto Expo. «È una polemica che non esiste - attacca Formigoni - perché la Fiera non fa parte dei progetti Expo. E inoltre, le opere realizzate a Milano sono molto belle: il restauro del Pirellone, la nuova sede della Regione, Garibaldi-Repubblica». E comunque la Fiera porta la firma dell' ex giunta di Gabriele Albertini. Lo ricorda maliziosamente il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati: «Sono progetti targati Albertini. Ma Silvio Berlusconi non era consigliere comunale a Milano sia durante il governo Albertini che adesso con la Moratti? Non doveva far altro che presentare una mozione per chiedere la modifica dei progetti quando sono stati approvati. Non credo che avrebbe fatto fatica a convincere la sua maggioranza».
Giannattasio Maurizio
Pagina 5
(7 aprile 2008) - Corriere della Sera


I colori di Novembre
Una Rotonda per Fabio nuovo divo del design

Pugliese di nascita, milanese di adozione, a 41 anni è famoso in tutto il mondo. Ora il Comune gli dedica una mostra, da giovedì alla Besana E pensare che nel disegno sono un disastro. Quando progetto scrivo una sceneggiatura e poi traduco il mio pensiero in 3D. L' Expo? Sarà una bella occasione per i giovani

La nudità e le donne sono la sua massima fonte di ispirazione. Ama farsi fotografare nudo o in versione Gesù Cristo, con tanto di corona di spine stilizzata. Anticonformista e vulcanico, veltroniano convinto, è uno dei giovani designer-architetti più noti al livello internazionale perché sa essere carismatico, imprevedibile e abile nel firmare progetti per negozi, alberghi e locali ma anche divani, tavoli e oggetti che spiazzano e aprono nuovi orizzonti. Lui è Fabio Novembre, 41 anni, leccese, figlio di una casalinga e di un commerciante di mobili. «Mio padre li vendeva, io li disegno, rompendo però schemi e convenzioni». Milanese d' adozione, dai tempi dell' università, il Comune gli dedica una retrospettiva sui suoi primi 15 anni di attività, che inaugura giovedì alla Rotonda della Besana (a cura di Beppe Finessi, allestimento di Peter Bottazzi, monografia Skira). «So che qualcuno penserà che questa operazione è un po' arrogante, capita a pochi di avere una retrospettiva a soli 41 anni. Vico Magistretti è morto senza che gliene fosse stata dedicata una. E allora dico ben venga tutto ciò che spazza via le cattive regole». Il suo "quartier generale" è a due passi da largo Marinai D' Italia. Ristrutturando un ex deposito di frutta, un capannone e una portineria ha messo in piedi lo studio-casa, specchio della sua filosofia e modo di essere. La doccia non offre un briciolo di privacy. Infatti è visibile da qualsiasi punto della casa e il living ha le boiserie bruciate ad arte, una sorta di manifesto contro "il salotto buono" di stampo borghese. In questo nido ipercreativo vive con la moglie Candela, incinta di Celeste (che nascerà a fine agosto) e la figlia Verde di tre anni e mezzo. Nel suo studio, Fabio Novenbre, "inabile al disegno" ("lo ammetto sono un vero disastro"), progetta ogni cosa partendo da una "sceneggiatura". «Scrivo e poi traduco il mio pensiero in 3D - racconta - e questo è, da sempre, il mio stile di lavoro». Un lavoro che viaggia sui binari del colore, del massimalismo-barocco opposto al minimalismo che appiattisce e svilisce tutto. Ha iniziato la sua carriera lasciando il segno nel mondo della moda. Ha disegnato gli interni del negozio di Hong Kong di Anna Molinari, e poi, bruciando le tappe, ha rifatto gli interni dell' Atlantique di Milano, ha lavorato per Bisazza rilanciando e rivoluzionando il concetto del mosaico. «Approfittavo di fiere e inaugurazioni di show room per fare operazioni spettacolari, con il mosaico si possono fare grandi cose e io l' ho dimostrato». Forte di questa esperienza e della sua innata curiosità che lo spinge a non dire mai di no ("se dici sì, ti si aprono porte inaspettate"), ha accettato di lavorare per Giulio Cappellini, firmando oggetti "anti-mercato, difficili da vendere". Eppure i suoi tavoli con tante gambe di corda, il suo divano a spirale "tipo Dna" e le sue sedute particolari hanno aperto un capitolo nuovo nella storia del design. «Io sono un architetto pubblico - spiega - nel senso che non amo arredare case private. Adoro gli spazi in cui si fa intrattenimento, dove la gente si incontra e magari si innamora». E per sottolineare questo concetto si è inventato come logo un Cupido armato di un fucile al laser, una evoluzione dell' arco con le frecce "per colpire al cuore delle persone con grande precisione". Fabio Novembre, che stravede per Expo 2015 e i nuovi grattacieli di Milano ("Finalmente anche giovani architetti come Stefano Boeri potranno cambiare il volto della città"), è impegnato con Driade nel progetto "cento piazze d' Italia", ovvero il meglio dell' architettura italiana che si affaccia sui bordi di speciali vassoi, con riproduzioni in scala dei palazzi che popolano le più famose piazze del "bel paese". «Con l' Expo - conclude - anche i giovani potranno misurarsi con Milano e dire: "adesso tocca a noi"». Fabio Novembre, "Insegna anche a me la libertà delle rondini", Rotonda di via Besana, vernice giovedì ore 18.30, fino al l' 8 giugno

Laura Asnaghi
La Repubblica
08-04-08, pagina 13, sezione MILANO


Il caso Chinatown/'Il Comune non rispetta i patti, rompiamo la trattativa'
Via dei Missaglia, il no dei cinesi
A provocare la rottura il sì alla Ztl e la disponibilità di un' altra area per il trasloco Masseroli: ma noi andiamo avanti I precedenti

C' è un nuovo inciampo nell' eterna trattativa per il trasferimento dei grossisti cinesi da via Sarpi. I negoziatori della comunità, Angelo Ou e Luigi Sun, promotori dell' iniziativa Asian Trade Milan Center al Gratosoglio, che in qualche anno avrebbe dovuto completare la delocalizzazione, si sono chiamati fuori. In una lettera indirizzata al Comune e al console Limin Zhang i due imprenditori sino-italiani scrivono che «non c' è l' indispensabile supporto delle istituzioni» e anzi «decisioni drastiche e sostanziali» di segno contrario. E dichiarano perciò di «rinunziare all' impegno». L' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, rilancia. In una nota dice di essere informato «da qualche settimana» dell' intenzione dei due di abbandonare, «ma il percorso va avanti, perché altri operatori della comunità cinese hanno manifestato interesse per l' area di via dei Missaglia». Il console sarebbe della stessa idea. Avanti dunque con il Gratosoglio e lo spostamento nell' area messa a disposizione da imprenditori italiani. Resta da vedere come sostituire i due interlocutori all' apparenza più accreditati, perfettamente integrati nelle due culture. Le stesse motivazioni della loro uscita di scena, ammesso che sia definitiva (Angelo Ou si era ritirato anche la scorsa estate), a giudicare dalla lettera sembrano inconsistenti. Ou e Sun parlano di un fatto nuovo, la proposta alternativa al Gratosoglio di un' area in via Ripamonti, che turberebbe la trattativa. Non è un fatto così nuovo e Masseroli aveva chiarito subito, ripetendolo ieri, che si tratta di una zona agricola nel parco Sud «sulla quale non edificheremo». Ancora, i due recriminano per l' approvazione in consiglio di una mozione del leghista Matteo Salvini e di Pierfrancesco Majorino del Pd, per istituire entro il 2008 la Zona a traffico limitato in via Sarpi. La giunta non si sarebbe certo dannata per applicarla prima del trasloco e anche questo si sapeva. Infine Ou e Sun dicono: «Non c' è più fiducia, visto che dovevamo essere convocati dopo Pasqua ma ciò non è avvenuto». Era casomai il Comune a stringere i tempi, non la comunità. Così ora si dice che i commercianti preferiscano i meno costosi terreni agricoli di Ligresti a Lacchiarella. «I cinesi non li seguono», osserva Pierfranco Lionetto dell' associazione di residenti ViviSarpi: «Ou e Sun sono poco affidabili, con loro non si è mai concluso niente. Meno male che è passata la Ztl». I cui promotori, peraltro, sono per diversi motivi abbastanza ottimisti. «Le aree del trasloco possono essere più d' una - dice Majorino - la giunta deve convocare tutti gli interessati. La Ztl non è contro i cinesi, salvaguarda la qualità della vita in Sarpi». E Salvini: «Entro il 2008 vogliamo la Ztl al posto dell' ingrosso, che sarà proibito dal Piano di governo del territorio. I cinesi se ne andranno, per scelta o per forza. I loro ricattucci non ci fanno né caldo né freddo».
Stefano Rossi
La Repubblica
08-04-08, pagina 5, sezione MILANO

 


L' intervista/L' architetto: 'La corsa verso l' alto è di un' altra epoca, ora è infantilismo'
Mozzoni: 'Ma quali grattacieli la sfera è la forma del futuro'
Penso a edifici elastici, che ruotano in cerca del sole, privi di scale, in cui ci si muove su rampe inclinate, città come giardini continui

«Trasformare i grattacieli in immense sfere». Non un' utopia, ma una provocazione culturale che nasce nello studio di Guglielmo Mozzoni, eccentrico e geniale architetto milanese di 93 anni, inventore del fiabesco progetto (sferico) della "Città Ideale", esposto due anni fa in una mostra al Castello Sforzesco di Milano, per fare poi il giro del mondo, a Pechino nel 2007, a Tokyo nel 2008. Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura, rilancia il progetto di Mozzoni in vista dell' Expo del 2015: «Se la Villa Reale di Monza, restaurata, dovrebbe diventare la nostra Tour Eiffel, l' idea della sfera, leonardesca, di Mozzoni, potrebbe prendere il posto degli inutili grattacieli». Mentre ad edifici come immense sfere si ispira anche Dante Benini, l' architetto milanese a cui è stato dato il compito di progettare un' intera città tra i ghiacci in Russia, nella regione di Novgorod. Architetto Mozzoni, dobbiamo dimenticare i grattacieli in una città come Milano? «Certo. Vanno completamente dimenticati. Io, laureato nel 1939, sono stato, come tutti gli architetti avveniristi di allora, un fautore del grattacielo. Ma allora in Italia c' erano 22mila automobili. Oggi ce ne sono 52 milioni. Il grattacielo attira come una calamita migliaia di nuove automobili in città già soffocate dai gas di scarico e dalle polveri sottili». In vista dell' Expo del 2015 la città dovrebbe pensare a svilupparsi in orizzontale piuttosto che in verticale? «Il grattacielo, splendida conquista dell' intelligenza e della tecnica, simbolo di un' epoca storica, un po' come le piramidi, oggi è completamente superato. L' ambizione deve essere un' altra: riuscire a realizzare un' architettura in cui l' uomo possa avere a portata di mano quello che gli serve per poter vivere meglio. Senza l' infantilismo di voler essere più alti degli altri». Anche lei vede con sospetto l' esplodere di iniziative e di progetti che accompagnano la vittoria dell' Expo? «L' elenco completo di tutte le iniziative pensate dal Comune di Milano è particolarmente attraente. Purtroppo il Comune con la stessa passione con cui legifera, così trasgredisce a quanto promette. Soltanto nel 2007 il Piano regolatore generale, uniformato a suo tempo in modo che la città potesse godere di un minimo di verde, ha subito 80 varianti. Tutte a favore dell' edilizia e a danno del verde. Se le promesse che vengono fatte dal sindaco Letizia Moratti avranno il valore dell' ultimo piano regolatore, credo ci sarà ben poco da sperare per l' Expo». Immaginiamo che la sua "Città Ideale" venga finalmente realizzata. Cosa troverebbero gli abitanti? «La sfera è la struttura che risponde meglio alle necessità abitative. Penso a edifici elastici, capaci di ruotare su sé stessi in cerca del sole. Privi di scale, in cui ci si muove lungo rampe leggermente inclinate. Città come giardini continui, con orti e aziende agricole. Un' utopia molto concreta».

Carlo Brambilla
La Repubblica
08-04-08, pagina 4, sezione MILANO

 


Tre progetti, nessun vincitore il trasloco divide Chinatown
Sempre più fantomatica la 'cordata' per Gratosoglio mentre c' è già chi ha firmato per spostarsi a Lacchiarella Hanno detto

La storia degli imprenditori disposti a trasferire i negozi all' ingrosso della Chinatown milanese in via dei Missaglia ricorda un po' la cordata evocata da Berlusconi per il salvataggio di Alitalia. C' è di sicuro, anzi forse no: potrebbe esserci. «Ce ne saranno altri disposti a investire», azzarda l' assessore all' urbanistica Carlo Masseroli dopo il ritiro annunciato dai due promotori della soluzione Gratosoglio, Angelo Ou e Luigi Sun. «In un incontro con il console ho visto persone disposte a investire con l' aiuto di capitali cinesi. Aspettiamo di vedere se è una balla o se è vero», continua Masseroli. La prima delle due, dicono tutti in Paolo Sarpi. «Gratosoglio? Noi non sappiamo nulla - dice una grossista, Elisa Han - ma noi seguiamo quello che dice il Comune e se non c' è niente di sicuro il problema non è dei cinesi». Per Marco Ji, commercialista, è stato addirittura «tutto uno scherzo: ma chi vuole che vada a investire tutti quei soldi lì? E non si capisce nemmeno chi, tra i commercianti, sarebbe disposto a trasferirsi». Ji sostiene l' ipotesi alternativa, il centro commerciale Girasole di Lacchiarella, che avrebbe diversi spazi da concedere in affitto. «Molti hanno già fatto questa scelta, silenziosa e intelligente - assicura - lasciando la caparra e firmando la proposta. Se qualcuno ancora nicchia è perché spera che il Comune conceda loro un' area gratuita. Ma i commercianti non aspettano i tempi della politica. E fra qualche mese a Lacchiarella sarà tutto pronto». Un "piano B" benedetto anche da Masseroli - «noi non siamo affezionati a via dei Missaglia» - e dal vicesindaco Riccardo De Corato: «Se raggiungono l' accordo su Lacchiarella, che in una prima fase era una proposta complementare a Gratosoglio, ben venga: ne parleremo a fine aprile quando riconvocheremo il tavolo». Tramontato definitivamente, perché impraticabile, l' investimento in via Ripamonti - l' area sorge su un terreno agricolo - l' opzione del Comune ai confini con la provincia di Pavia è stata indicata da un ristoratore molto influente nella comunità cinese. E gli stessi grossisti, piuttosto confusi, suggeriscono di parlare con lui (che però si nega). Sui giornali in lingua, del resto, il centro viene già ampiamente propagandato - «ma ogni settimana ne spunta uno nuovo», rivela un' operatrice immobiliare. E lo stesso Luigi Sun ammette: «è l' unico progetto concreto e non ha costi». Certo, aggiunge, «va bene per chi viene dalla provincia ma è molto lontano e scomodo per i cinesi che vivono a Milano, mentre il nostro è raggiungibile con i mezzi pubblici». Ma se il Comune e una parte della comunità cinese pensano che sia la soluzione migliore, facciano pure, aggiunge l' imprenditore. è risentito, si capisce: «L' amministrazione ci ha screditato all' interno della comunità decidendo per la Ztl proprio in questa fase delicata della trattativa». De Corato - che non considera tuttavia Sun e Ou degli interlocutori - rispedisce la palla a Pierfrancesco Majorino, del Pd, e Matteo Salvini, della Lega: «Sono loro gli autori di quella mozione. Poi, qualcuno, nella maggioranza, ha abboccato». Majorino replica che «quella mozione si occupa solo di tutelare la qualità della vita in un quartiere eccessivamente stressato». Il problema è che il Comune «continua a perdere tempo dando l' impressione di non avere una linea». L' associazione ViviSarpi, poi, attacca tutti: i due imprenditori che hanno dato forfait, il sindaco e il console. «Ai suoi residenti raccomanda pazienza. E intanto i suoi compatrioti continuano ad aprire esercizi all' ingrosso». Chi ci guadagna, però, sono gli italiani: il titolare di un negozio di scarpe per andar via e cedere il suo locale in affitto chiede una buonuscita da 300mila euro. E i prezzi continuano a salire.

DAVIDE CARLUCCI
La Repubblica
09-04-08, pagina 7, sezione MILANO

 

 

Botta e risposta Libeskind, architetto dell' Expo: «Berlusconi lasci a Milano il compito di decidere sul suo futuro» Il grattacielo «La curvatura dell' edificio non è un errore idiota. E a Piano dico: il protezionismo, in architettura, non esiste».
«Critiche alle torri? Come i fascisti»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - La minaccia di Silvio Berlusconi - «mi metto a capo del movimento per bloccare le torri che infamano Milano» - non lo spaventa. «Ci risiamo con il vecchio stile cinico e antidemocratico di interferire nel processo creativo - sbotta Daniel Libeskind -. Berlusconi è un politico, non un architetto e dovrebbe attenersi a ciò che sa. Lasciando a Milano e ai milanesi il compito di decidere il futuro della loro città». Al telefono dalla Lituania, dove insieme a Zaha Hadid e Massimiliano Fuksas ha presentato ieri il progetto per un nuovo museo a Vilnius, l' architetto del Museo Ebraico di Berlino e della ricostruzione dello spazio di Ground Zero replica a distanza a Berlusconi che si era detto «inorridito per il grattacielo sbilenco progettato in Fiera da Libeskind». «Anche nell' Italia fascista tutto ciò che non era "dritto" e "in linea" veniva considerato "arte perversa" - ribatte Libeskind -. Ma quell' era per fortuna è chiusa. Berlusconi avrebbe dovuto imparare la lezione dagli orrori del totalitarismo e del fascismo». Perché tira fuori il fascismo? «Perché come americano ed ebreo cresciuto in Polonia lo trovo esecrabile. Il suo concetto di nazionalismo, di chiudere le frontiere e rifiutare il diverso sono ripugnanti. L' idea berlusconiana del politico che detta legge agli architetti trasuda tutti i mali dei regimi totalitari del passato. Abbiamo visto cosa succede quando lo Stato vuole decidere l' architettura». L' ex premier se l' è presa con gli architetti stranieri che sfogano da noi le loro notti insonni disegnando obbrobri. «È uno xenofobo, un reazionario. Odia gli stranieri e non capisce che gli architetti italiani oggi lavorano in tutto il mondo perché viviamo in un' era in cui abbiamo l' obbligo di pensare al pianeta come a un insieme. Gli consiglio di svecchiarsi». E la proposta di raddrizzare il suo grattacielo in Fiera «perché comunica un senso di impotenza»? «L' unica cosa che comunica un senso di impotenza è Berlusconi stesso. La mia torre è imparentata ai lavori di Leonardo da Vinci e alla grande cultura italiana che il leader del Pdl non ha il tempo o l' intelletto di studiare. La curva della mia torre non è un errore idiota: si riallaccia alla tradizione, porta una prospettiva nuova». Cosa intende dire? «Che serve a ribadire come, nella sfera delle idee, Milano oggi compete nell' arena internazionale. Gli architetti con cui lavoro portano alla città meneghina nuova energia e vitalità da ogni parte del mondo». E se il movimento per fermare le torri prendesse piede? «Succederebbe ciò che è accaduto negli anni 30 in Germania e Italia quando agli architetti si mise la museruola. L' Expo è un affare internazionale per celebrare Milano e il Nord Italia, non per tornare al passato. A Vilnius ho avuto modo di parlare di Berlusconi col mio celebre collega italiano che condivide le mie idee su di lui». Quanto è forte in Italia il movimento architettonico cosiddetto «nostalgico»? «L' Italia oggi è quella dei Renzo Piano e Massimiliano Fuksas e di tanti altri architetti innovativi. Berlusconi riflette il pensiero reazionario di una minoranza». Anche Renzo Piano ha espresso riserve verso l' Expo, che pone il rischio di affaristiche «corse all' oro». «Piano è un architetto molto abile e sensibile e penso che abbia ragione a lanciare un appello in nome di qualità, sostenibilità ed ecologia. Ma nessuno di noi approverebbe mai un approccio crudo o grottesco all' Expo». E la tesi di Piano secondo cui all' estero chiamano i progettisti italiani mentre in Italia no? «Piano lavora in tutto il mondo, come io del resto. Avanzare la "questione nazionale" oggi è un approccio reazionario e protezionista. La forza di Milano è proprio quella di essere una città pluralistica, multietnica e culturalmente diversa. Il nostro obbiettivo è unificare tutte queste anime in un unico luogo condivisibile». Cosa pensa della «paura del cemento» di Celentano? «Mi ricorda il famoso musical di Broadway degli anni 60: "Ferma il mondo perché voglio scendere": è comica. L' Italia del Nord ha bisogno di creare nuovi posti di lavoro, scuole, parchi, teatri, luoghi pubblici. In questo la lezione di Malpensa insegna: Milano è una destinazione internazionale e per restare tale ha bisogno di competere». Ce la farà? «Solo se mantiene la forza di volontà e continua a credere in se stessa. È una chance unica e deve stare attenta a non farsela scappare. Ma prima deve buttare alle ortiche la politica, di destra e di sinistra, che da decenni paralizza il Paese. E deve smetterla di ascoltare i demagoghi che vogliono interferire in campi non di loro competenza».

Farkas Alessandra
Pagina 24
(9 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

Crollo in piazza Cardinal Ferrari indagati i costruttori del parcheggio
Accuse di disastro colposo al titolare della ditta, al progettista e al direttore dei lavori Il palazzo dove un mese fa cedettero cinque rampe di scale è ancora inagibile

Il palazzo è ancora inagibile, e chissà per quanto lo sarà. Scale crollate, ascensore inutilizzabile, famiglie temporaneamente - ma non tanto - accampate da parenti e amici. Ma nella vicenda del condominio di piazza Cardinal Ferrari 4 qualcosa si muove, almeno sul fronte giudiziario. La procura, infatti, ha iscritto nel registro degli indagati con l' accusa di disastro colposo tre persone: il direttore tecnico, il titolare di una delle imprese interessate e il progettista del parcheggio in costruzione nella piazza, a pochi passi dallo stabile dove più di un mese fa, poco prima delle otto e mezza del mattino, vennero giù cinque rampe di scale di marmo. Una tragedia scampata non si sa come, visto che a quell' ora diversi inquilini, normalmente, escono di casa per andare a lavorare o a scuola. Per stabilire le cause di quel crollo il procuratore aggiunto Nicola Cerrato e il suo sostituto Giulio Benedetti hanno aperto un fascicolo con l' ipotesi di disastro colposo: ora, con quella stessa accusa, sono indagati tre responsabili - in senso lato - del cantiere di cui è della società Borio-Mangiarotti, che prevede la costruzione di 502 box sotterranei entro l' anno prossimo. Non solo. Per la fine di questo mese la procura ha anche fissato il conferimento di una perizia che dovrà stabilire le cause del crollo e l' eventuale relazione con la costruzione del parcheggio, sulla base dei documenti fin qui acquisiti dalla procura: la planimetria e le carte catastali dello stabile al civico 4, i verbali dei vigili del fuoco e i rilievi fatti dai tecnici del Comune intervenuti dopo il crollo. Sin dal 7 marzo, però, gli inquilini del palazzo avevano attaccato proprio quel gigantesco scavo, voluto dall' allora sindaco Albertini, messo in opera dalla Borio Mangiarotti (società esecutrice) del presidente di Assimpredil Claudio De Albertis e dalla Cooperativa Archi (che è la concessionaria dei lavori). «è colpa di quei lavori, a maggio hanno scavato a ridosso del palazzo per piantare dei pali, il nostro palazzo tremava tanto che sembrava dovesse venire giù», è stato il coro degli inquilini, spaventati per il pericolo scampato e per il futuro incerto che li attende. Quella mattina, alcuni gradini del quinto piano, l' ultimo, vennero giù, provocando il crollo a catena di tutti gli altri fino al piano rialzato. A restare non toccati dal crollo, solo gli inquilini accanto al portone, ovvero uno studio legale, una scuola di lingue e la portineria. Per il resto, tutti ancora fuori casa, ad aspettare che sia almeno costruita una scala provvisoria di legno. Ma le prime ricognizioni fatte anche dall' amministratore del condominio Dario Guazzoni parlano di quattro, cinque mesi di attesa. A lottare con loro ci sono anche gli abitanti di un altro stabile che si affaccia sui quindici metri di scavi: i condomini di un palazzo di via San Calimero, infatti, hanno fatto fare una perizia sulle crepe comparse nei loro appartamenti e sul progetto del parcheggio. I loro esperti dicono che la causa di quelle crepe è nei tiranti utilizzati per sostenere le paratie del parcheggio che si "infilano" nelle proprietà circostanti. Proprio quei tiranti che ora sono al centro del giro di vite deciso dal Comune per le norme che regolano la costruzione dei parcheggi in città.
ORIANA LISO
La Repubblica
10-04-08, pagina 10, sezione MILANO

 

 

L' Expo e il partito degli affari allarme corruzione per gli appalti
L'Expo a Milano/Bilancio di un anno del difensore civico: 'Serve trasparenza'/per saperne di più www.comune.milano.it/difensorecivico it.wikipedia.org/wiki/Mani_Pulite l' expo a milano

Il timore ha iniziato a prendere forma quando i festeggiamenti di Parigi non erano ancora conclusi. Anzi, il sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi aveva avvertito già prima della vittoria: «Alcuni grandi gruppi non pensino di tornare agli anni '60 e alla Milano delle grandi famiglie voraci». Perché gli investimenti che arriveranno in città per l' Expo del 2015 saranno tanti: 4 miliardi di euro solo quelli diretti, altri 10 per le infrastrutture promesse e progettate. E perché dietro «la grande opportunità» c' è anche un rischio. Quello che vede anche Achille Serra, ex questore di Milano ed ex commissario per la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, ora candidato del Pd, che lancia l' allarme: «In Italia c' è ancora tanta corruzione e il rischio che ritorni l' affarismo esiste, soprattutto ora che il nostro Paese si è aggiudicato l' Expo del 2015». Paolo Glisenti, segretario generale del comitato promotore e collaboratore stretto del sindaco, assicura: «Le preoccupazioni sono legittime, ma nella sua storia recente, ad esempio con la costruzione della Fiera di Rho-Pero, Milano ha dimostrato di sapere gestire con trasparenza investimenti importanti». La macchina è già partita: entro giugno si sceglieranno i vertici della società che gestirà l' Esposizione universale, in attesa di leggi speciali. Ed è proprio sulle scelte che il difensore civico del Comune Alessandro Barbetta, che ha presentato un anno di attività e le 2.900 richieste arrivate dai cittadini, chiede «trasparenza». «Un' operazione così complessa richiederà una semplificazione dei processi decisionali, ma non potrà tramutarsi in un' alzata di veli impenetrabili», avverte. Ed è pronto a presentare alla giunta una serie di proposte: «Un database sul sito dell' Expo per dare notizia di tutti gli interventi e la possibilità che il diritto di accesso agli atti richiesto alla pubblica amministrazione possa essere esteso anche ai privati. è necessaria un' informazione su tutti quegli elementi su cui è spontaneo che sorga il sospetto: le decisioni, chi le ha adottate, il valore economico, l' impatto territoriale». Serra parla di una corruzione «meno arrogante rispetto a quella dei tempi di Mani Pulite, forse più discreta, sofisticata». Nando Dalla Chiesa fa un paragone con i Mondiali degli anni Novanta: «Allora c' era la certezza che sarebbero stati usati per fare affari. Oggi è un rischio concreto e bisogna stare attenti. L' Expo è una scommessa che bisognava fare e, a differenza del passato, è un vero obiettivo strategico. Come tutti gli eventi che muovono risorse, però, va tutelato. I soldi che arriveranno saranno tanti e saremo messi di fronte al ricatto magari della necessità di un' opera per l' immagine che daremmo al mondo». Una proposta arriva dal consigliere comunale Basilio Rizzo Rizzo: «Istituire un' autorità credibile per tutti per vigilare sull' Expo. Il candidato ideale sarebbe Saverio Borrelli. L' unica garanzia è l' informazione. A oggi non sappiamo ancora quanto si è speso per la promozione Expo, chi ha dato contributi e su quali basi si è stabilita la collaborazione con i Paesi che ci hanno appoggiato». La capogruppo del Pd a Palazzo Marino Marilena Adamo cita quattro garanzie: «Coerenza rispetto al progetto, innovazione, trasparenza degli atti e partecipazione di tutti. Prima di assistere alle liti sugli uomini per la spartizione del potere, ad esempio, bisognerebbe discutere di come realizzare il miglior Expo». Ma per Glisenti, «stiamo parlando di un' operazione complessa con diversi rischi, ma abbiamo anche molte credenziali. Il criterio della trasparenza è legato alla condivisione della decisione a livello istituzionale e della società civile, ma questo non vuol dire che non debbano esserci responsabilità chiare e rendicontabili. Il profilo delle persone che le prenderanno, poi, sarà professionalmente ineccepibile. Anche l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli è d' accordo: «Facciamo i conti con la realtà, ma non facciamoci spaventare dalla realtà. Allontanare il rischio corruzione non si fa mettendo vincoli, che non aiutano lo sviluppo. In un momento in cui il mondo ci guarda dobbiamo avere fiducia e correre».

ALESSIA GALLIONE
La Repubblica
10-04-08, pagina 2, sezione MILANO

 

 

L' intervento
Umiliate e offese le vecchie stazioni Mm

Milano schizofrenica: un anno fa la Triennale dedicava all' architetto Franco Albini l' omaggio di una grande mostra e oggi toglie bellezza e rigore alla sua più importante opera civile, le stazioni della Metropolitana linea 1. (SEGUE A PAGINA VI) Vi invito a scendere nella stazione di Cadorna, in quella di Cordusio o a Pagano: proverete vergogna nel vedere come si può umiliare una grande opera pubblica e la razionalità poetica di Albini con una offesa che ha completamente modificato la percezione dello spazio e della sua astratta geometria: le pareti sono state malamente ridipinte e pessimamente rifinite con un brutto colore biancastro. Al posto della sapienza albiniana che accostava colori e materiali giocando di sponda e di contrasto tra lo scuro delle pareti e la vivacità rosso-arancio di ferri e insegne, un pallido, triste, anemico colore bianco-giallino-rosato trasforma ambienti ricchi di coerenza nel simulacro di uno squallido tinello. La zoccolatura marrone aggiunge una nota vecchia di ulteriore modestia, come in una generica scala condominiale. La violenza è arrivata sul progetto di Albini a ondate successive: prima lo storico pavimento di gomma a bolli sostituito da anonime piastrelle, poi gli interventi che hanno in parte intaccato la segnaletica disegnata da Bob Noorda, poi quest' ultimo insulto più violento e più volgare. Prima c' era non solo colore ma un materiale, l' Algalite, che dava sostanza ai muri, oggi questa nuova verniciatura così malamente sovrapposta fa già immaginare come polvere e incuria renderanno tutto sporco in tempi brevissimi. Certo le nuove metropolitane di Atene, Bilbao, Torino hanno più luci, più vetri, più aderenza alle mode attuali, ma Albini aveva concepito questo luogo per contrasto con l' esterno e aveva dedicato una fertile attenzione ai colori, ai nuovi materiali di allora, ai dettagli di mancorrenti, segnali, orologi, panchine, costruendo un progetto che dovrebbe costituire una nostra invidiabile memoria storica. Le vecchie stazioni dell' Underground londinese restano pressoché invariate da più di cento anni, e nessuno pensa di dimenticarle: se ci sono necessari interventi si costruiscono nuove stazioni come vere cattedrali di nuova architettura. Non si trasforma un luogo progettato in un luogo senza più anima.

ITALO LUPI
La Repubblica
11-04-08, pagina 1, sezione MILANO

 

IL BELLO DELLE GROANE / Grand Tour in sessanta tappe dalle ville barocche ai bolidi Alfa
In occasione del Salone del Mobile i comuni della zona intorno alla Fiera invitano alla riscoperta del loro ricco patrimonio

Arte "alta" o popolare, architetture antiche e moderne, d' esterni e d' interni, giardini: un patrimonio ricchissimo disseminato nel territorio delle Groane, che si renderà totalmente accessibile da oggi al 21 aprile, cioè per tutto il periodo del Salone del Mobile. Così, dopo aver ammirato le creazioni più interessanti, eleganti e innovative dei geni contemporanei, i visitatori milanesi e forestieri del Salone potranno concedersi un supplemento di bellezza girando fra ville, santuari, musei, parchi e cappelle, alla ricerca di un senso perduto dell' estetica classica, che ogni tanto fa bene ritrovare. è l' iniziativa "Una settimana fra le Groane", promossa da Ministero dei Beni Culturali ed enti locali, che prevede una serie di incontri, conferenze, spettacoli teatrali, laboratori per bambini, mostre, mercati e manifestazioni, comprese le sfilate di auto e moto d' epoca, contemporaneamente all' apertura straordinaria di siti storici e d' arte. In questo percorso, che coinvolge sessanta luoghi in dodici comuni nella fascia a nord di Milano, si potrà essere guidati dall' entusiasmo di duecentosessanta giovani volontari, esperti ciceroni o studenti delle scuole del territorio, istruiti a dovere dal professor Andrea Spiriti. Tre gli itinerari individuati: "Ville di delizia", "Santuari, chiese e oratori" e "Ambienti museali e architettura civile". Chi sceglie il primo "tema" potrà scoprire, fra le tante possibilità, il giardino all' italiana e la limonaia settecentesca di Villa La Valera, ad Arese, il fascino vistoso di Villa Visconti Borromeo Litta a Lainate o quello più nascosto di Villa Verzolo Monzini a Senago, sede della Biblioteca Comunale e circondata da un parco all' inglese, e accorgersi che anche un luogo di sofferenza come un ospedale può offrire bellezza: è il caso del G. Salvini di Garbagnate Milanese, ex sanatorio costruito all' inizio del Novecento che conserva impianto e architetture suggestive. Chiese, parrocchie e oratori antichi abbondano in tutta la zona e custodiscono quadri, affreschi e testimonianze artistiche di pregio. Da segnalare, tra i musei, quello Storico dell' Alfa Romeo, ad Arese, grande struttura che consente anche un viaggio nella storia dell' automobilismo italiano e dei suoi campioni. E la Fabbrica Borroni, ad Arese, recupero di una struttura industriale dell' Ottocento che ospita una interessante raccolta di arte figurativa contemporanea: si tratta quasi esclusivamente di opere (oltre 500) di artisti italiani giovani e giovanissimi, le avanguardie che segneranno il futuro. Tra i primi appuntamenti in calendario, domenica 13 l' incontro con il critico Philippe Daverio che parlerà di recupero degli edifici storici, alle 10.30 a Villa Arconati di Bollate. E per "viaggiare informati", in libreria è in vendita la guida Insieme Groane. Itinerari d' arte a nord di Milano (Editrice Velar).Una settimana tra le Groane, 12-21 aprile, info 02.35005575 - 800.474747

MARIELLA TANZARELLA
La Repubblica
12-04-08, pagina 18, sezione MILANO


Architettura Mancano 4 milioni di euro. «La città si faccia avanti»
Genova lancia la colletta per l' opera di Nouvel
Appello per il tetto a specchio della nuova Fiera

GENOVA - Una grande superficie di vetro, dove si specchino il cielo e le nuvole, la luce e l' ombra, un «tetto riflettente», ovvero l' idea da grande architetto con cui Jean Nouvel appena insignito del premio Pritzker, considerato il Nobel dell' architettura, ha firmato il suo progetto per il nuovo padiglione B della Fiera di Genova. Il padiglione è nella fase finale della costruzione ma in questo momento «impegni finanziari aggiuntivi», spiega l' amministratore delegato Roberto Urbani, non consentono di sostenere il costo dell' immaginifico tetto, quasi quattro milioni di euro. L' intero progetto costa circa 40 milioni di euro, un bell' impegno per la Fiera che si autofinanzia e che con la nuova Marina, un grande albergo e il padiglione sta compiendo un salto di qualità. Urbani si è rivolto ai soci istituzionali «sicuro - dice - della loro sensibilità nel valutare la bellezza di questo progetto concluso al meglio e al più presto, con il tetto riflettente» affinché trovino le risorse necessarie «dirette o indirette». Ma non si disdegnano altri aiuti. «Questo edificio, unico nelle sue caratteristiche - dice Urbani - può diventare un simbolo, un segno di identità per Genova». A cambiare non è solo la faccia di quella porzione di territorio su cui si estende la Fiera ma l' immagine complessiva della città, edifici di questo carattere lasciano il segno. Quindi, chi può si faccia avanti. Un appello alla città affinché faccia più «suo» questo edificio nascente che sarà un esempio di quell' architettura ultracontemporanea che tanto appassiona e fa discutere. Uno sponsor? Perché no «ma dovrebbe essere adeguato all' alto profilo architettonico del progetto e alle sue caratteristiche» chiosa Urbani. Il tetto-specchio - dicono alla Fiera - si farà perché sarebbe assurdo non completare il padiglione nella sua forma più suggestiva. La questione, oggi, è il quando. Nessuno nasconde che Jean Nouvel ha manifestato la sua ansia e preme perché l' opera sia presentata subito completa di quel tetto riflettente che aveva descritto con grande poesia. «Sarà un immenso specchio blu rettangolare - aveva detto - nel quale si rifletterà l' azzurro del cielo o le nuvole che diventano plumbee con la pioggia. Si sposerà con il cielo e con la terra, con riflessi, bagliori, giochi di luce caleidoscopici». Non solo il tetto del padiglione è stato ideato a specchio, anche le parti che si affacciano sul mare - è un edificio pieds dans l' eau, con i piedi nell' acqua - sono riflettenti, una parte con vetrate lavorate a piccole onde, una seconda con onde lunghe parallele alla banchina. A complicare le cose, aggiungendosi ai costi aggiuntivi che la Fiera ha dovuto sostenere in corso d' opera per una serie di circostanze (ad esempio lo smaltimento dei detriti del vecchio padiglione), c' è stato il 9 aprile il crollo di una travatura metallica reticolare lunga una cinquantina di metri che ha trascinato con sé tre piloni di cemento. Le cause dell' incidente - che non ha coinvolto persone - sono in corso di accertamento. Una battuta d' arresto ma la Fiera è decisa a fare ogni sforzo per rispettare i tempi strettissimi per l' inaugurazione del padiglione, prevista il prossimo autunno in occasione del Salone Nautico, e vincere la corsa contro il tempo.

Dellacasa Erika
Pagina 21
(12 aprile 2008) - Corriere della Sera


Allarme Mancano cinque giorni all' evento. Previsti 270 mila visitatori. Ma l' area non sarebbe in grado di reggerne l' urto
Salone del Mobile, viabilità a rischio paralisi
L' Aci: strade intasate. I Consumatori: usate il metrò. I taxisti: non garantiamo il servizio

Il prefetto Lombardi: saranno potenziati i mezzi Atm. L' assessore Croci: cercheremo di agevolare i taxi *** Cinque giorni all' inaugurazione, 270 mila visitatori in arrivo e una previsione: «Sarà una catastrofe annunciata». Un kolossal di disagi: traffico paralizzato e strozzato sulla tangenziale Ovest a due corsie dopo lo svincolo Fiera, caselli autostradali sotto assedio e parcheggi ingolfati, automobilisti disorientati da cartelli «insufficienti e contraddittori». Tassisti, Aci e consumatori lanciano l' allarme sul Salone del Mobile: la cittadella da Expo di Rho-Pero «non è in grado di reggere l' impatto» del Cosmit. Le infrastrutture sono «insufficienti ed è impossibile raggiungere la fiera in un tempo accettabile». È «preoccupata» l' Aci, gli Utenti trasporto pubblico (Utp) sono «sconcertati» dai ritardi delle opere viabilistiche e i sindacati dell' auto bianca scrivono a prefetto e questore: «Senza interventi straordinari non ci prendiamo la responsabilità di garantire il servizio». La Cgil va oltre: «Cari milanesi, non prendete il taxi. Usate il metrò». Partenza dalla Porta Ovest, il pullmino segue i cartelli stradali e a un bivio li perde. Cerca Milano, finisce a Pero. Il ritorno è un percorso muto tra rampe e rotonde. Lungo, inutile. Mezzogiorno di ieri: la comitiva smarrita è la sottocommissione taxi di Palazzo Marino con Aci e associazioni. La «verifica della viabilità» in vista del Salone del mobile finisce con un documento firmato da tutte le organizzazioni sindacali. Titolo: «Un disastro annunciato». Salvatore Luca è il presidente dell' Unione artigiani: «Sarà impossibile raggiungere i padiglioni del Salone». Giovanni Maggiolo aggiunge che «l' ente Fiera non ha affatto migliorato la viabilità». Nereo Villa (Satam) definisce «scellerate» le non-scelte dei gestori del polo e invoca l' intervento del prefetto: «È necessario consentire ai taxi l' uso della viabilità interna alla struttura e aprire la strada attraverso lo scalo ferroviario di via Barzaghi». Rfi ha già risposto picche. La fiera disegnata da Massimiliano Fuksas è stata inaugurata il 31 marzo 2005. Tutt' intorno avanzano o si preparano ancora i cantieri. Aperte negli ultimi mesi la galleria Cerchiarello sulla statale del Sempione, il viadotto sulla futura Tav e il collegamento tra la Milano-Torino e la Milano-Laghi, restano da realizzare la quarta corsia dell' A4 (avvio fissato nel 2009) e la fermata del Passante ferroviario (sarà finita entro il 2008). «Bisognerà aspettare altri due anni per avere le grandi infrastrutture a regime», sottolinea Massimo Ferrari, rappresentante dell' Utp: «Oggi l' unico mezzo efficiente è il metrò. Servirebbero almeno indicazioni stradali più chiare per gli automobilisti». Fiera Milano gestisce il polo esterno, non l' ha costruito. Ma sa che il Cosmit rappresenta un nuovo «battesimo del fuoco», per dirla con il dg Enrico Pazzali. Nuovo, perché c' è il precedente del Salone del motociclo a novembre: autostrada chiusa per sicurezza e code di 16 chilometri. Stavolta, Pazzali? «Apriremo una corsia preferenziale a taxi e mezzi autorizzati nel sottopassaggio di via Belgioioso, il traffico sarà gestito da una task force di polizia stradale e vigili, e nei parcheggi distribuiremo agli automobilisti una cartina con le vie d' accesso e d' uscita». Al tavolo sul polo Fiera, il prefetto Gian Valerio Lombardi ha discusso le «problematiche», richiamato all' «attenzione» gli enti coinvolti e assicurato che per il Salone «saranno potenziati» i mezzi Atm («raccomandati» ai visitatori). Obiettivo: «Evitare problemi di parcheggio o intasamento». Dice l' assessore alla Mobilità, Edoardo Croci, che «cercheremo di agevolare i taxi». Tempo a disposizione: cinque giorni. *** Scheda *** Code e disagi File di chilometri e autostrade chiuse già al Salone del ciclo *** I cantieri Proseguono i lavori per la linea ad alta velocità e per il passante ferroviario *** I controlli Polizia stradale e dieci pattuglie di vigili attorno alla Fiera. Cartine a tutti i visitatoriGli interventi della Fiera *** Nei giorni del Salone internazionale del mobile, dal 16 al 21 aprile, l' ente gestore del polo fieristico esterno aprirà una corsia preferenziale per i taxi dal cimitero Monumentale lungo la statale e distribuirà ai visitatori nei parcheggi una mappa con le vie stradali e autostradali d' ingresso e d' uscita dal quartiere espositivo

Stella Armando
Pagina 7
(12 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

 


Fiera È diventato l' appuntamento più importante
Cinquecento eventi in sei giorni Domina colore e innovazione

Innovativo ed ecosostenibile. E soprattutto colorato. Blu, verde, giallo, rosso, lilla. Ecco il Salone del mobile edizione numero 47. A caccia di riscossa nonostante i «significativi elementi di incertezza» segnalati dagli organizzatori. E con la solita attesa per l' evento che nel cuore dei milanesi ha sbaragliato moda, concerti e grandi prime: «Per una settimana - spiega il presidente di Cosmit, Rosario Messina - al centro del mondo». Conto alla rovescia per il «Salone», in programma dal 16 al 21 aprile a Rho-Pero, 270 mila visitatori in arrivo da 140 Paesi e oltre 500 appuntamenti sparsi per la città. Sei le sezioni (230 mila metri quadri di area espositiva): il «mobile», Eurocucina, il SaloneUfficio, il Salone del bagno e quello del complemento d' arredo. E, come tutti gli anni, il Satellite, vetrina per 570 giovani designer. Dunque il colore. Per ravvivare sedie, divani, letti, armadi. E i materiali: metallo, vetro, pelle (che torna alla grande) e una new entry, la ceramica. «Un' altra novità - continua Manlio Armellini, amministratore delegato di Cosmit - è la crescente presenza femminile tra i designer. Le donne hanno rivitalizzato i vecchi schemi dando nuova vita, per esempio, all' arte della sartoria». Design, creatività, arte e divertimento. Milano città aperta. Ad appuntamenti, inaugurazioni, apertitivi, party, vernissage. Sono oltre 500 le iniziative in calendario. La più attesa: Zona Tortona Design, un' intera via che si trasforma in un mega studio di architettura e il Superstudiopiù pronto ad ospitare un «temporary museum of design» con la direzione artistica di Giulio Cappellini. E ancora: yacht ormeggiati lungo i Navigli, mostre, il Design library café di via Savona aperto tutti i giorni dalle 7 del mattino all' una di notte, il festival «Fuori target» organizzato da Esterni, l' evento multimedi

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