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Settimana del 31 Marzo 2008

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia.

Dibattiti:
Le critiche di Salingaros a City Life di Milano, Botta e Fuksas
«I grattacieli? Utopie totalitarie Serve un patto uomo-natura»
L' autore Nato in Grecia nel 1952, Nikos Salingaros è urbanista e teorico dell' architettura con formazione scientifica. Insegna matematica in Texas


Il Corriere della Sera ha avviato un importante dibattito architettonico, anche prendendo spunto da un mio intervento apparso su Il Domenicale. Voglio sottolineare i fondamenti di questo dibattito, perché la mia è una visione nuova dell' architettura e dell' urbanistica, non un vecchio dogma riciclato per l' ennesima volta. Noi non invochiamo un ritorno al passato, anzi, siamo «noi» i contemporanei perché abbiamo una visione scientifica e, in termini filosofici, ci situiamo al centro dell' esistenza umana. Nell' attuale mondo artistico, filosofico e politico, ad alcuni piace stare in un universo astratto molto lontano dall' umanità. Si trovano libertà pervertite laggiù, dove non si deve pensare né agli esseri umani, né alla biologia umana. E dove si possono applicare delle tipologie ostili all' uomo senza la minima coscienza. Il Corriere ha chiesto agli architetti Botta e Fuksas di rispondere alle mie idee e a quelle espresse da Roger Scruton su Il Foglio. Ammetto che questi due architetti non sono tra i miei preferiti, ma di sicuro non appartengono alla banda di «architetti da morte» contro i quali il mondo è spaventato. Perché allora questi due autori d' opere piuttosto neutrali difendono i mostri inumani d' altri architetti? Per l' autodifesa del culto. Non hanno capito ancora che un cambiamento enorme si sta sviluppando nel mondo intero, e che l' architettura e l' urbanistica di domani saranno «un' azione umana adattata alla natura». La contraccusa del «ritorno nostalgico al passato» ha il gusto di una frittata riscaldata una volta di troppo. Le mie teorie sono basate sull' osservazione della natura e possono essere applicate da ogni architetto. Bisogna soltanto gettare nella spazzature idee fisse di bellezza intellettualizzata. Basta liberarsi dalle immagini cosiddette «contemporanee», e un architetto veramente contemporaneo potrà progettare con una facilità e una creatività sorprendenti. Siamo alla soglia di una comprensione dell' ambiente costruito come risultante dell' ambiente naturale. Qui si trova la vera e autentica nozione di sostentabilità. I grandi immobili fatti di titanio e di materiali high-tech nascondono in realtà costi enormi. Non soltanto di materiali, ma anche nell' uso (non sono sostenibili affatto, nonostante la propaganda corrente). I tre grattacieli di Milano seguono un' espressione satanica di Le Corbusier. Le torri nel parco sono un esperimento sadico, inumano, già fatto tante volte e fallito con conseguenze orribili ogni volta. Perché non possiamo imparare dai nostri sbagli? Noi scienziati lo facciamo: gli architetti non lo fanno e continuano a riprodurre tipologie inumane e insostenibili. I grattacieli di Milano negano ogni connessione all' ambiente; agiscono in un vacuo intellettualismo pericoloso. I loro architetti sanno veramente come funzionano le città, com' è legato il tessuto urbanistico tra reti di connessioni, come la città viva se è composta da una gerarchia di interconnessioni? Quale architetto di oggi fa un' osservazione scientifica? Io ho definito la città come un frattale composta da reti, nel mio libro Principles of Urban Structure. Massimiliano Fuksas parla coraggiosamente della democrazia nell' architettura d' oggi. Mi dispiace, ma non la vedo. Quando un piccolo gruppo controlla tutto non abbiamo nessuna democrazia. Vedo architetti che possono soltanto esprimere la loro arroganza stilistica. Chi ha selezionato i grattacieli di Milano? Il popolo? Nella maggioranza dei progetti contemporanei, la selezione è in mano a un' élite intellettuale, che impone un' idea fondamentalista e totalitaria sulla città. E con tali mostruosità costruite dappertutto, la città va a morire poco a poco, perché l' infrastruttura non può sopportare il peso di questi mostri insaziabili. Non lo vede nessuno? Io vedo in ciò un gesto di sottomissione al potere del culto architettonico internazionale; il potere dalle immagini propagandistiche sostenute da un sistema artistico globale completamente corrotto. La risposta dei giovani architetti, «non vogliamo né utopie totalitarie né ritorni nostalgici al classico», è triste. Sono pieni di speranza per un futuro migliore. Belle parole, ma non dimostrano di essersi svegliati dalla propaganda. La soluzione proposta della «terza via» è semplicemente il trucco per mantenere al potere gli architetti di culto d' oggi. Tutti gli argomenti fatti con belle parole esplodono in aria. Poveri giovani, inghiottono ancora una volta l' inganno. Aprite gli occhi e vedete i tre grattacieli in Milano: non rappresentano un' utopia totalitaria? Cosa sono dunque? Ancora una volta il trucco propagandistico ha funzionato molto bene. Non c' è una terza via - esiste soltanto l' umano o l' inumano. Dio o Satana. Per fare la scelta, vi aiutiamo noi. Noi non torniamo al passato classico nostalgico (nonostante le accuse), ma alla natura umana biologica.
Salingaros Nikos
Pagina 35
(31 marzo 2008) - Corriere della Sera

 

Il premio Pritzker 2008
Il Nobel dell' architettura al francese Jean Nouvel


Los ANGELES - L' architetto francese Jean Nouvel ha vinto il Premio Pritzker 2008, massimo riconoscimento nel campo dell' architettura. Nouvel figura così in una lista di artisti di eccellenti - insieme a Frank Gehry, Ieoh Ming Pei e Renzo Piano - grazie «soprattutto all' insaziabile bisogno di sperimentazione creativa». Tra le sue creazioni ci sono l' Istituto di cultura araba di Parigi, la Torre Agbar di Barcellona, la ristrutturazione dei gasometri di Vienna, l' Opera di Lione, il "metro leggero" di Perugia. Oggi partecipa al progetto per il World Trade Center. La premiazione il 2 giugno, a Washington.

La Repubblica
31-03-08, pagina 38, sezione CULTURA

 

Premi:
Parla il creatore della Torre Agbar di Barcellona, che ieri ha ottenuto il prestigioso Pritzker
«Combatto contro le città-fotocopia»

Jean Nouvel vince il Nobel dell' architettura: la mia battaglia continua La Fondation Cartier di Parigi, realizzata da Jean Nouvel nel 1994, e la Torre Agbar di Barcellona, inaugurata nel settembre 2005
Dopo la sorpresa, il piacere: «Sono davvero contento perché penso che i giurati mi abbiano scelto per il complesso dei miei lavori e non soltanto per un progetto-simbolo». Subito dopo, però, torna la voglia di combattere («come prima, più di prima») contro le città-fotocopia, contro le metropoli-standardizzate (spesso, se non quasi sempre, «nel segno della bruttezza»). Poche ore dopo aver vinto il Pritzker Prize 2008 (praticamente il Nobel dell' architettura assegnato ieri a Los Angeles), Jean Nouvel si concede con la gentilezza di sempre, una gentilezza che sa diventare determinazione quando si parla delle città: «Ormai non si può distinguere San Paolo del Brasile da Dubai, Shanghai da Milano - dice - perché chi progetta sembra non voler più tenere in alcun conto le singole realtà di questi agglomerati urbani. Nessun architetto, insomma, sembra voler guardare oggi a quella luce, a quel vento, a quell' acqua, a quella storia, a quella cultura che rendono unica ogni città, grande o piccola che sia». Ancora un istante di comprensibile orgoglio («Sono contento di stare in mezzo a tanti miei cari amici come Frank Gehry, Renzo Piano o Zaha Hadid»). Poi, tornano ancora la preoccupazione e l' impegno: «Il fatto è che, ormai, più si costruisce più la situazione generale peggiora. Per questo, penso che il premio servirà alla mia causa, servirà a farmi ascoltare di più in questa battaglia». D' altra parte i 32 giurati del Pritzker hanno spiegato nella motivazione del premio (che verrà ufficialmente consegnato a Nouvel il prossimo 2 giugno a Washington nella Biblioteca del Congresso) come le loro ragioni coincidessero con quelle dell' architetto francese: lo stile di Nouvel non è uno stile «a priori», il suo desiderio di contestualizzare i propri progetti «lo spinge a interpretare i luoghi e la città in un senso più ampio». Tra questi progetti, citazione speciale (sempre secondo i giurati) per il Guthrie Theatre di Minneapolis dove Nouvel «ha saputo creare un dialogo sia con le acque del Mississippi come con le storiche colline della città». Nemico, praticamente da sempre, delle architetture «generiche» e «generaliste», il sessantaduenne Jean Nouvel (nato a Fumel, Lot-et-Garonne, il 12 agosto 1945) è autore di oltre duecento «grandi progetti militanti» che lui definisce ossessivamente «destinati a ridefinire un nuovo modello di città». Nouvel, che vive e lavora a Parigi (il suo studio è tra Place de la République e il Père Lachaise), è il secondo francese premiato con il Pritzker: istituito nel 1979 (il primo vincitore era stato Philip Johnson), aveva già premiato (nel 1994) il suo connazionale Christian de Portzamparc. L' elenco dei vincitori, guidato dagli Usa (otto), vede Francia e Italia a pari merito: due a due (gli italiani premiati sono Aldo Rossi, 1990, e Renzo Piano, 1998). Tra le architetture firmate da Nouvel alcune fanno ormai parte dell' immaginario collettivo: l' Institut du Monde Arabe, il Museo di Quai Branly e la Fondation Cartier a Parigi; il Music and Conference centre di Lucerna; il «recupero» dei Gassometri di Vienna; la Torre Agbar di Barcellona. Mentre nel futuro di questo «mancato pittore» ci sono (tra l' altro) il Louvre di Abu Dhabi, il Teatro Marjinski di San Pietroburgo, la nuova Philarmonie di Parigi (alla Villette). Ma, nella sua storia, c' è anche un po' d' Italia: il parco tecnologico del «Kilometro Rosso» lungo la A4 e il recupero del centro storico di Colle Val d' Elsa (dove ha lavorato assieme a Daniel Buren). Un progetto, questo, a cui Nouvel tiene molto perché «non siamo solo nel centro d' Italia, ma anche nel centro del mondo». Il lavoro - spiega Nouvel - «è appena cominciato, ma i primi interventi sono stati apprezzati anche dai cittadini e questo vuol dire che ho lavorato bene». Anche qui Nouvel (fondatore del movimento «Mars 1976») ha scelto, ancora una volta, di guardarsi attorno: «Come avrei potuto fare altrimenti? Come avrei potuto far assomigliare una piccola città della Toscana con così tanta storia a Shanghai?».
Bucci Stefano
Pagina 35
(31 marzo 2008) - Corriere della Sera

 

MILANO E IL SUO FUTURO
L' OCCASIONE DELL' EXPO


Esiste un partito degli scettici che non crede all' utilità delle Esposizioni Universali. Sostiene che molte opere pubbliche, realizzate in previsione dell' evento, sottraggono denaro a investimenti più importanti o si dimostrano, il giorno dopo, prive di qualsiasi reale utilità. Teme l' «effetto droga»: una specie di artificiosa euforia che lascia la città e il Paese, dopo l' evento, in uno stato di prostrazione. Pensa che lo sviluppo delle città debba essere programmato metodicamente, secondo le loro esigenze, e, soprattutto, che non debba dipendere da brevi momenti di esaltazione collettiva. Sono considerazioni apparentemente sensate e ragionevoli. Ma se mi volto verso il passato e guardo alla lunga lista delle esposizioni universali organizzate dalla metà dell' Ottocento a oggi, constato che molte di esse hanno lasciato opere, simboli o ricordi da cui la storia del progresso economico e civile è stata profondamente segnata. Il Palazzo di cristallo, costruito a Londra per la grande esposizione del 1851 (la prima nel mondo), e la Tour Eiffel, innalzata per l' esposizione parigina del 1889, dimostrarono che il vetro e il ferro non sarebbero stati meno importanti, per l' architettura moderna, della pietra e del mattone. A Londra, nel 1851, il mondo scoprì che la Gran Bretagna non era soltanto un impero: era il Paese più moderno, dinamico e innovativo del mondo. A Chicago nel 1893 i visitatori europei constatarono che in meno di trent' anni, dalla fine della guerra di Secessione, gli Stati Uniti erano diventati una grande potenza industriale. A Parigi, nel 1900, trovarono una rete di trasporti sotterranei, costruita per l' occasione, che avrebbe reso uno straordinario servizio alla capitale francese nelle generazioni successive. A Milano, nel 1906, scoprirono una città che il traforo del Sempione aveva reso ancora più europea. A Bruxelles, nel 1958, visitarono una capitale belga che voleva diventare anche capitale dell' Europa ed era pronta ad affrontare le sfide urbanistiche imposte dalle sue ambizioni. Vi sono dunque momenti in cui l' entusiasmo collettivo e la concentrazione degli sforzi su un obiettivo comune possono essere utili al morale di una città e al suo futuro. Milano è ancora, nonostante tutto, una «capitale morale». In questi ultimi quindici anni ha creato una nuova Fiera, ha restaurato la Scala, ha interamente rinnovato il quartiere della Bicocca, ha qualche teatro in più, ha esteso la rete della metropolitana, ha costruito parcheggi, passanti ferroviari e inceneritori. Ma chi frequenta Barcellona, Lione, Amburgo, Rotterdam, Glasgow ha l' impressione che Milano, pur restando la più dinamica delle città italiane, sia sovente un passo indietro rispetto alle sue concorrenti europee. Le occorre l' energia del primo dopoguerra, quando seppe ricostruire se stessa a passo di carica. Le occorre la fantasia degli anni in cui divenne uno dei maggiori centri europei per l' arte, la moda, il design. Le occorre soprattutto l' ambizione, vale a dire una virtù di cui l' Italia è stata in questi anni drammaticamente povera. L' Expo, se oggi a Parigi voteranno per Milano, potrebbe essere l' occasione di una grande svolta, non soltanto milanese. E se malauguratamente non voteranno per noi, cerchiamo di comportarci come se i progetti preparati nella prospettiva dell' evento meritassero comunque di essere realizzati. Indipendentemente dal voto l' Expo ha già prodotto un buon risultato. Ha dimostrato che vi sono ancora circostanze, per fortuna, in cui il Paese smette di litigare e scopre di avere grandi interessi comuni.
Romano Sergio
Pagina 001.009
(31 marzo 2008) - Corriere della Sera

 

 

Progetto pilota Il primo impianto installato sui depositi di Precotto
«Metrò mossi dal sole» Tra un anno l' Atm produrrà energia pulita
Un milione di kilowattora dai pannelli fotovoltaici. Enel e Sogenia tra le società interessate a realizzare la centrale Il piano prevede l' estensione degli impianti


È un parcheggio per locomotori e carrozze, con annessa officina per le riparazioni dei guasti. Il deposito del metrò di Precotto è l' ultimo inaugurato da Atm. Oggi è solo un garage di 180 mila metri quadri, un multi-box per 171 treni. Entro l' anno alimenterà con energia pulita la linea rossa del metrò. Tensione dal sole ai binari, attraverso il silicio piazzato sul tetto. È il progetto bio lanciato dall' azienda. La copertura del deposito sarà tappezzata di 23 mila metri quadri di pannelli fotovoltaici, un sistema in grado di produrre fino a 2,4 milioni di kilowattora l' anno, metà dei quali saranno ceduti ad Atm per muovere i treni della linea 1. È un primo passo, visto che la rete di trasporti brucia 20 milioni di kilowatt, ma è comunque «il primo esempio in Italia». Il bando di gara arriverà a giorni e la società vincitrice - si parla dell' interesse di Enel e Sogenia - dovrà installare «a sue spese» la tecnologia di produzione. Ecco il primo hangar in Italia che diventa centrale di produzione. Via Anassagora 11, fermata Villa San Giovanni, capannone ricavato nell' area del deposito metropolitano di Precotto. La griglia fotovoltaica tappezzerà il tetto dell' officina, moduli collegati in serie e in parallelo, semiconduttori capaci di trasformare le radiazioni solari in elettricità. Zero impatto ambientale. Investimento stimato per la realizzazione dell' impianto: 5 milioni di euro. Atm (primo consumatore di energia della città) mette in conto un risparmio del 6 per cento sulla sua bolletta e sessantamila euro recuperati solo a Precotto. È un progetto pilota, sì. «Ma se l' esperimento andrà bene, lo estenderemo ad altre coperture. Abbiamo a disposizione depositi, parcheggi e palazzi», sottolineano da Atm. È un progetto pilota, dunque, ma non isolato: la trasformazione del deposito di Precotto s' inserisce nel «Piano di risparmio energetico e di contenimento delle emissioni inquinanti» che ha già individuato i prossimi obiettivi. I pannelli per il fotovoltaico saranno installati anche su altre tre officine di manutenzione (Teodosio, Leoncavallo e Sarca), 13 depositi urbani e 9 interurbani, due palazzine di uffici (viale Monte Rosa e viale Zara). Il gestore delle neo-centrali potrà contare sugl' incentivi statali del «Conto energia fotovoltaico». In pratica potrà rivendere energia a tariffa incentivata. Le 60 centrali termiche - erano 44 nel 2003 - assicurano oggi ad Atm 110 megawatt di energia. Tutti gl' impianti, negli ultimi mesi, sono stati riconvertiti dal gasolio al metano. Mentre è atteso per il 2009 un bando di gara, suddiviso in tre lotti, per la cogenerazione di energia termica ed elettrica.
Stella Armando
Pagina 4
(31 marzo 2008) - Corriere della Sera

 

EXPO. I VOLTI DELLE CITTA'
Urbanistica, i modelli esteri e la maledizione italiana
Da Parigi a Barcellona, «le trasformazioni legate a eventi»


MILANO - La Scala, Palazzo Reale, spazi dotati di senso, nel corso degli anni i milanesi hanno imparato a rivalutare la Kaiserin Maria Teresa e il dominio austriaco, almeno dal punto di vista urbanistico. Ma ora forse (forse) è la volta buona, e senza bisogno di aspettare eredi donne di casa Asburgo. Restano tuttavia un paio di problemi da sottoporre agli addetti ai lavori: perché mai, in Italia, in mancanza di tirannie o dittature - vedi l' Eur mussoliniano di Roma - le grandi trasformazioni urbanistiche degne di questo nome devono essere ogni volta appese al grande evento? E soprattutto perché talvolta, dalle Olimpiadi ai Mondiali, non funziona neppure quello? Di certo l' Expo porta con sé innumerevoli opportunità e altrettanti rischi. «E di per sé non c' è nulla di strano», osserva l' architetto Stefano Boeri. «Viviamo in città per così dire poliarchiche, e Milano è lo è più di tutte: un arcipelago senza mare, fatto di tante élites e poteri che hanno le risorse per trasformare lo spazio ma sono in competizione tra loro». Ognuno per conto suo «e il grande evento è la sola possibilità di trovarle unite in vista di un unico scopo, un turbo che però bisogna saper guidare: trasparenza nelle scelte, senza privilegi a caste e amici negli appalti, intenti chiari e opere che coinvolgano e diano valore alla città. Barcellona con le olimpiadi è cresciuta perché ha ristrutturato piazze, costruito scuole, fatto ciò che si dovrebbe fare anche a Milano: e case, e la tutela del grande parco agricolo a Sud... Siviglia invece è stata un disastro poiché dell' Expo sono rimasti ruderi, un pezzo di città abbandonato a se stesso». La cosa notevole è che a sentire Massimiliano Fuksas, l' autore della nuova Fiera milanese, saltano fuori esattamente gli stessi esempi di Boeri: «Barcellona ha riscoperto il suo mare, a Siviglia c' era uno schema urbanistico avulso dalla città. È semplice: bisogna evitare di costruire recinti. Lisbona ne ha approfittato per recuperare le aree a ridosso del centro, anche a Shangai stanno lavorando bene per la prossima Expo 2010, tutta la città sta crescendo». Non è solo questione di eventi, «le grandi trasformazioni urbanistiche appartengono ai mutamenti epocali dell' economia, tutto sta nel saperli cogliere, aprirsi all' esterno o chiudersi nel provincialismo, magari sarà la volta buona per collegarsi con la Tav al sistema europeo...». Tra l' altro: «La stessa architettura fascista è un esempio notevole, anche quello è stato un momento di grande cambiamento, no?». Già, il Ventennio. «Pure l' Eur, a Roma, era pensato per l' esposizione del ' 42 che poi saltò con la guerra. Ma intanto l' avevano fatto, il Colosseo quadrato è l' ultima immagine della Roma moderna, dopo hanno messo solo pezze e colore», ride il professor Giorgio Muratore. E perché? «Perché c' era una scuola, dei tecnici all' altezza, un architetto di livello europeo come Piacentini. Non come adesso che si chiama il "nome" internazionale per mascherare il vuoto del nostro provincialismo. Capirà, in un Paese dove ci sono ministri della Cultura senza manco uno straccio di laurea...». Speriamo bene. «Sa, una volta escluso il modello di Londra del 1851, una scatola di vetro a Hyde Park smontata subito dopo, l' Expo e i grandi eventi sono sempre stati un' occasione. Anche se noi, dopo l' Eur, le abbiamo sprecate tutte, dalle Olimpiadi al Giubileo...». Leonardo Benevolo non spera neanche in questo, «le esposizioni dell Ottocento erano un' altra cosa, adesso gli scambi e i confronti di merci sono continui». Il grande urbanista non vede grandi cambiamenti all' orizzonte: «L' urbanistica in Italia non funziona. C' è stato qualche cosa nel primo decennio del Novecento. Il fascismo ha fatto cose di parata, a mio giudizio modeste. Gli ultimi esempi notevoli ci sono stati, tra gli anni Sessanta e Ottanta, in città di media grandezza: Como, Brescia, Modena, Bologna, Ferrara...». La vede male, Benevolo: «Milano è indietro, non ha un piano regolatore, tutti i suoi problemi stanno nell' essere una città fuori misura come il suo traffico. Temo che l' Expo non inciderà granché». Gian Guido Vecchi * * * Bisogna evitare di costruire recinti. Barcellona ha riscoperto il suo mare, Lisbona ha saputo recuperare le aree a ridosso del centro e a Shanghai stanno lavorando bene per la prossima Expo Massimiliano Fuksas *** All' estero * * * Parigi Costruita per l' Expo del 1889, la Tour Eiffel è diventata il simbolo della città * * * Montreal La Biosfera nacque come padiglione dell' Expo del 1967 * * * Siviglia A cambiare il volto della città, con le opere di Calatrava, la Coppa America del 2007 *** I mutamenti epocali Dopo l' Eur mussoliniano, le grandi trasformazioni non sono sempre state fortunate, come nel caso dei Mondiali «Le grandi trasformazioni urbanistiche appartengono ai mutamenti epocali dell' economia»
Vecchi Gian Guido
Pagina 6
(1 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

Sette anni di cantieri. E nel 2015 attesi 29 milioni di visitatori
Quattro miliardi per la nuova grandeur la città avrà la sua Torre Eiffel
Tutti i progetti daranno lavoro a 70mila persone. Settemila eventi nel segno di Leonardo da Vinci Ma il comitato 'No Expo' teme che il business si trasformi in un mare di debiti
Il dossier

 

MILANO - Alla fine sarà un' altra Milano. La Milano dell' Expo. E a ridisegnarla saranno i 4,1 miliardi di investimenti diretti, che nei prossimi sette anni serviranno non solo per costruire i padiglioni dell' Esposizione pronti ad accogliere 29 milioni di visitatori dal maggio a ottobre del 2015 - quasi 160mila al giorno con punte di 250mila - ma anche per lasciare in eredità alla città infrastrutture, spazi destinati alla cultura e verde. Il simbolo della rivoluzione promessa nel migliaio di pagine del dossier con cui Milano si è aggiudicata l' Esposizione Universale dedicata all' alimentazione, sarà l' Expo Tower: una novella Tour Eiffel, spera chi l' ha immagina svettare per 200 metri. Dominando l' area dove arriveranno 120 Paesi per mettersi in mostra e che sorgerà lì, vicino alla nuova Fiera di Rho-Pero e alla vela di vetro e acciaio dell' architetto Massimiliano Fuksas inaugurata appena tre anni fa. Una zona pronta a trasformarsi di nuovo in un lungo, ininterrotto, cantiere. Quello che non vorrebbe veder sorgere il comitato No Expo Milano, nato da associazioni e comitati locali, che protestano: «Basta guardare poi cos' è successo a Siviglia dopo l' Expo del 1992 per capire che la "grande opportunità" porterà sì benefici ad alcuni imprenditori, ma perdite e debiti per i contribuenti nei decenni a venire». Perché negli ultimi anni saranno tanti i soldi che pioveranno sulla città. Per organizzare e gestire l' evento verranno spesi 892 milioni. Gli altri, la maggior parte degli oltre 4 miliardi di investimenti previsti, servirà per costruire l' area espositiva (1,253 miliardi), per migliorare i trasporti e la viabilità (1,780 miliardi), fino ai 135 milioni per aumentare gli alberghi e la capacità ricettiva e ai 60 milioni per gli impianti tecnologici. Ma chi sarà a garantire questa cifra? Soprattutto lo Stato, che metterà a disposizione 1 miliardo e 486 milioni; 851 milioni, invece, arriveranno dagli enti locali, 891 dai privati e 892 da sponsor e biglietti. Ma il conto finale sarà più alto se a questi numeri si aggiungono gli almeno 10 miliardi pubblici necessari per realizzare opere attese da tempo: dalle autostrade Brescia-Bergamo-Milano e Pedemontana alla Tav fino alle linee 4 e 5 della metropolitana. Eppure, secondo le stime, il saldo non sarà negativo se l' indotto, calcolato in almeno 4 miliardi di euro si trasformerà in realtà e soprattutto se verranno creati 70mila posti di lavoro e 36mila volontari coinvolti. Il sogno della cittadella dell' Expo sulla carta c' è già. Adesso bisognerà trovare gli architetti che daranno corpo agli otto padiglioni immersi in un parco da 500mila metri quadrati, un lago e ruscelli e alle strutture che rimarranno a Milano. L' area espositiva di Rho-Pero, infatti, è destinata a raddoppiare la propria superficie: un milione di metri quadrati aperti al pubblico, altrettanti per parcheggi, hotel, 8mila metri quadrati di ristoranti e bar, un centro congressi. E al centro di tutto la torre con terrazze panoramiche e ristoranti, tra due ali di negozi, attività culturali, persino un centro religioso e spazi per seguire i 7mila eventi che verranno organizzati nel segno di Leonardo da Vinci.
ALESSIA GALLIONE
La Repubblica
01-04-08, pagina 2, sezione CRONACA

 

La ricetta di Gae Aulenti: no a torri immense
Ridisegniamo la città affidandola ai giovani

Io rifarei le zone dalla circonvallazione all' esterno: le strade, i quartieri. Torniamo la capitale morale Puntiamo sui milanesi, non c' è nessun bisogno di inseguire le firme dello star system 'Chiamiamo subito al lavoro gli architetti'
«Il disegno! Il disegno! Certo siamo tutti felici che Milano abbia vinto... Adesso però cogliamo questa grande occasione per ridisegnare la città. Non pensiamo solo a immense torri, a nuove Tour Eiffel, o a strani edifici simbolo. Disegniamo le strade, i quartieri, il tessuto vivo della metropoli. Facciamo tornare Milano capitale morale di questo Paese. E facciamolo chiamando al lavoro i giovani architetti. A Milano ce ne sono di straordinari. Non parlo certo per me. Ho ottant' anni e non credo proprio potrò contribuire. Abbiamo solo sette anni di tempo. Non sono tanti. Rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci a lavorare da domani mattina». Gae Aulenti ha seguito con trepidazione la votazione di Parigi che ha portato alla vittoria di Milano su Smirne per l' Expo del 2015. è felice, ma anche preoccupata per i molti business edilizi che spingeranno a costruire senza seguire un progetto generale. E da grande architetto esperto di urbanistica si permette di dare qualche consiglio. Quale la cosa più importante a cui pensare, adesso che Milano ha vinto? «Dobbiamo pensare alla qualità. Mettere insieme tutti i saperi che in questa città sono presenti, ma che troppo spesso vengono negati da una classe amministrativa di basso livello. Faccio un piccolo esempio: la grafica del manifesto per l' Expo a Milano è invisibile. Ma perché, quando abbiamo designer straordinari in città?». C' è un rischio di business fine a sé stesso, praticato da chi è interessato solo ai profitti personali e non certo al disegno urbanistico di Milano? «A Milano abbiamo la Compagnia delle Opere, vicina a Comunione e Liberazione, che sta festeggiando. Particolarmente scatenata con i suoi affari. C' è una classe nascosta, sotterranea, poco trasparente, che non ama i controlli. E quindi nega la qualità». Lei pensa che dovremmo coinvolgere studi di architettura italiani e non stranieri? «è diventata un po' una moda milanese quella di coinvolgere architetti dello star-system internazionale. Invece dobbiamo fare come la Francia, che fa lavorare subito i suoi giovani architetti. La conoscenza di Milano è soprattutto quella di chi la abita. Io comincerei con loro. Poi se ci saranno dei casi in cui sarà necessaria la particolare capacità specifica di uno straniero, allora lo si chiami». Tutti parlano di grande occasione per rilanciare Milano. Ma come cogliere questa occasione? «Guardi io ho partecipato alla Torino olimpica. Quello è un esempio positivo a cui guardare. Hanno reso la città fluida, riconoscibile. Hanno allargato le strade, portato i mezzi pubblici. Sono stati capaci di una gestione molto aperta». Che cosa vuol dire la città disegnata? Pensa alla Milano napoleonica con il Foro Bonaparte intorno al Castello Sforzesco? «Esattamente. Penso proprio a quello. Non a un piazzamento casuale delle opere, ma un disegno dell' insieme. Oggi si parla tanto di torri. Ma come? Dove? Con quali connessioni? Con che disegno della città? Queste sono le domande a cui rispondere». Se lei potesse disegnare un pezzo di questa città, cosa le piacerebbe progettare? «Tutta quella continuità urbana che va dalle circonvallazioni verso l' esterno. Verso la periferia. Da ripensare però con un disegno cittadino e non di periferia».

La Repubblica
01-04-08, pagina 2, sezione MILANO
CARLO BRAMBILLA

 

 

EXPO. I PROGETTI
Tornerà la città d' acqua: il piano Navigli
Navigabile dalla Darsena a Rho. Poi il museo del design di Libeskind e il quartiere di Foster


DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PARIGI - «Sarà un' Expo no logo». Senza un simbolo come è stata la Torre Eiffel per l' Expo parigino del 1989 o la stessa Torre Branca per l' edizione milanese del 1906. Milano questa volta non punta sull' immagine, preferisce pensare agli altri, a creare una «rete» per i Paesi in via di sviluppo. Con un slogan: un' università, una scuola, un ospedale per tutti. Ma quello che Letizia Moratti dal palco del Palazzo dei congressi parigino non dice è che Milano comunque cambierà il suo volto. Perché nei 4 miliardi e cento milioni previsti per la realizzazione dei padiglioni dell' Expo alla Fiera di Rho-Pero ci sono anche i soldi per la realizzazione delle due vie di Acqua e di Terra che collegheranno il centro della città al nuovo palazzo espositivo. Due itinerari di 20 chilometri immersi nel verde che metteranno in connessione tutta la cintura dei parchi cittadini. L' Acqua utilizzerà i Navigli. La Terra zigzagherà seguendo gli itinerari storici di Milano. Dal centro della città, accanto alle due vie, partiranno dei «raggi verdi», piste pedonali e ciclabili, che si ricongiungeranno alla corona di verde dei parchi sulla cintura. E c' è pure un «simbolo», anche se la Moratti parla di «no logo». Che non apparterrà veramente a Milano, ma da Milano dista pochi chilometri. Tra i nuovi padiglioni dell' Expo sorgerà una torre alta «almeno» 200 metri. Ben al di sopra delle guglie della Madonnina del Duomo, il doppio rispetto al Pirellone. Farà concorrenza ai tre grattacieli, firmati Libeskind, Isozaki e Hadid, che sorgeranno tra qualche anno nei vecchi padiglioni della Fiera. Grandeur lombarda. C' è poi il sito vero e proprio: 110 ettari, la metà a verde, dove sorgeranno i padiglioni, il grande ponte che collegherà la Fiera all' Expo, il Villaggio, piazza Italia. Tutto il quartiere espositivo sarà una «low emission zone», ossia avrà il minor impatto possibile sull' ambiente e sulla domanda di energia. La zona sarà off limits alle auto. I visitatori che vogliono raggiungere l' Expo si dovranno fermare nei parcheggi di corrispondenza e poi verranno trasportati con navette ecologiche. All' interno saranno permessi solo veicoli elettrici, navette a idrogeno o biciclette. Anche il futuro della cittadella Expo sarà ambientale. Un enorme quartiere ecologico. Niente auto, niente petrolio o gasolio. Raffreddamento e riscaldamento saranno garantiti sfruttando il fotovoltaico, l' energia solare e altri strumenti puliti. Ma l' Expo è più dei singoli elementi. È un catalizzatore e un acceleratore di progetti urbanistici e infrastrutturali. Le due nuove linee del metrò, il prolungamento di quelle esistenti, i grandi collegamenti stradali che la Lombardia sta chiedendo da anni: la Brebemi, la Pedemontana, le nuove tangenziali esterne di Milano. Con un budget a disposizione di 10 miliardi e 100 milioni di euro. Non ci sarà un logo, ma Milano cambierà lo stesso la sua faccia dopo decenni di immobilismo. Maurizio Giannattasio La cittadella verde Un quartiere espositivo soltanto a energia pulita
Giannattasio Maurizio
Pagina 5
(1 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

Verde, metrò e nuovi quartieri la città promessa dall' Expo
Sugli otto padiglioni svetterà la torre centrale alta 200 metri Resta l' incognita del 'dopo' e degli insediamenti edilizi nei terreni lasciati liberi Nei prossimi sette anni l' area di Rho-Pero dovrà raddoppiare per accogliere quasi trenta milioni di visitatori nei cinque mesi di esposizione Ecco le infrastrutture che saranno pronte per l' appuntamento del 2015


PARIGI - Una città in cui si respira meglio perché emette il 15 per cento in meno di Co2. Dove si viaggia in metrò da Niguarda a San Siro, e da Lorenteggio a Linate. Dove saranno stati spesi 14 miliardi di euro in infrastrutture, autostrade, opere pubbliche. Ma anche una Milano con sette anni di cantieri davanti e 29 milioni di persone in visita nei cinque mesi dell' Esposizione universale, in media 160mila al giorno con punte di 250mila. Una città da skyline anche verticale, con l' Expo Tower a Rho-Pero a contendere ai giganti di Citylife il record di altezza milanese. E con 11 milioni di metri quadri di verde in più sparsi per tutte le periferie. Ma anche con un nuovo quartiere residenziale a Rho-Pero, dopo che smontata una parte dei padiglioni tirati su per l' Esposizione, si costruirà al loro posto case e uffici. Promesse e cartoline dalla Milano del 2015. Sperando di usare la locomotiva Expo per ripartire. Le stime parlano di 70mila nuovi posti di lavoro per costruire tutto l' occorrente. Di quasi quattro miliardi di euro di indotto per il sistema economico locale. Di un' Esposizione universale ecosostenibile, un evento a "impatto zero", dove si viaggerà a idrogeno e si prenderà energia dai pannelli solari. Ma arrivarci non sarà indolore. C' è tutta l' area della Fiera di Rho-Pero da trasformare in un cantiere a ciclo continuo per accogliere i visitatori. E di certo non aiuta l' umore vedere che oggi, a tre anni dall' apertura del polo sotto la Vela di Fuksas, non siano ancora finiti i lavori per strade e collegamenti intorno. Il rispetto dei tempi, questo sarà il primo banco di prova per l' operazione-Expo. L' altro sarà trovare, con bandi internazionali, gli architetti che disegneranno le strutture. A partire dalla torre di 200 metri d' altezza che dovrà diventare il simbolo dell' evento. Serviranno architetti, ingegneri, tecnici. Ma serviranno, anche, 36mila volontari che contribuiscano all' accoglienza dell' esercito di stranieri che farà tappa a Milano. Il dossier racconta la rivoluzione per Rho-Pero. L' area espositiva dovrà praticamente raddoppiare rispetto a oggi. Un milione di metri quadrati aperti al pubblico solo per gli spazi espositivi, altrettanti per le strutture di servizio e la logistica (parcheggi, alberghi, ristoranti, bar, un centro congressi), si arriva a due milioni di metri quadri da trasformare. Chi la visiterà, nel 2015, troverà otto padiglioni per illustrare i progetti di mezzo mondo sull' alimentazione immersi in un parco, che da solo coprirà circa la metà dell' area. Un lago artificiale e ruscelli. Al centro di tutto, cuore e simbolo, la torre con ai lati due "ali" con sale per eventi, seminari, attività culturali, negozi. E pure un "centro ecumenico" per la preghiera. Il tutto con padiglioni immersi in un parco di 500mila metri quadrati, la metà dell' area. Ristoranti per 8mila metri quadrati e altrettanti per bar e ristoranti, 2.500 metri quadrati di negozi. Piazza Italia con un anfiteatro all' aperto di 9mila metri quadrati, e un auditorium di 6mila. Ma cinque mesi di Expo non si fermano a Rho-Pero. Il dossier di candidatura racconta di tutta una Milano ambientalista. Capace di diminuire del 15 per cento entro il 2012 (e del 20 per cento entro il 2020) le sue emissioni di anidride carbonica e dare una mano contro il gas serra. E se la scossa dell' Ecopass ormai sarà stata ampiamente metabolizzata, dovrà contribuire la bioedilizia, il teleriscaldamento e l' utilizzo dell' acqua di falda. Il tutto, però, contando sul fatto che nel frattempo le sempre attese infrastrutture, dalla Brebemi alla Pedemontana, alla Tav e alle metropolitane 4 e 5 in città, siano più che pronte per sopportare il peso dei turisti. Un capitolo da non meno di 10 miliardi di euro di investimenti pubblici in cantieri. Solo per l' Expo serviranno altri quattro miliardi di euro, per costruire l' area fieristica e i collegamenti, 530mila metri quadrati di parcheggi e la ricettività. Quasi altrettanti torneranno come indotto assicurato dalla vetrina internazionale e dall' afflusso dei visitatori. L' Esposizione in sé, tra affitto dei padiglioni, sponsorizzazioni e vendita dei biglietti d' ingresso, garantirà invece circa 900 milioni di euro.

GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
01-04-08, pagina 4, sezione MILANO

 


Voci contrarie
Il «no» di Celentano: prevedo speculazioni e colate di cemento
Poi attacca Berlusconi: lui pensa ai cantieri, se vince sarà uno sfacelo


MILANO - Gioisce e s' adombra, l' Adriano nazionale, per l' assegnazione a Milano dell' Expo 2015, «colpo di grazia» per la città. Inaugurando una serie di articoli sul nuovo sito clancelentano.it, Adriano Celentano teme sventure: «Mi sembra di capire che poco o nulla si potrà fare per evitare che questo capolavoro sospeso nel cielo scivoli definitivamente in un precipizio senza fine». Le posizioni ricordano quelle espresse in tv lo scorso novembre sulla bruttezza di Milano e sulle colpe degli architetti. Anzi, degli «archi-carnefici», dimentichi del genius loci e colpevoli di «cancellare la nostra identità al punto da farci dimenticare chi siamo». Celentano invoca la bellezza: «È su quella che si deve scommettere». Peccato sia ormai assediata: «Dobbiamo fare presto, prima che questo angolo di meraviglia racchiuso ancora per poco dentro ognuno di noi si addormenti definitivamente in un coma irreversibile nel quale ci stanno trascinando le nuove star dell' architettura...». Di più: «Il colpo di grazia è già in canna, pronto per la sua gittata finale sull' Expo». Insomma, se Celentano gioisce «per la grande conquista fatta dall' Italia», per contro si adombra «sapendo da quali mani scaturiranno gli schizofrenici progetti per materializzare un' opera che potrebbe veramente essere un messaggio per il mondo, se fosse dato in altre mani non inclini a speculazioni di stampo sfigurativo», che tradotto sta per colate di cemento. Ma Celentano se la prende anche con Berlusconi: «Già adesso, in nome dei più bisognosi, lo sentiamo parlare di apertura dei cantieri, e non è difficile immaginare lo sfacelo a cui andremmo incontro se vincesse lui». In realtà, sotto alla Madonnina le voci apertamente ostili, raccolte nel comitato «No Expo», sono pochine. Tra loro, Vittorio Agnoletto e l' onorevole prc Augusto Rocchi. E poi, l' ex segretario della Cgil lombarda e capogruppo di Rifondazione in Regione Mario Agostinelli: «In Lombardia il governo del territorio è affidato ai grandi affari e alle speculazioni. Se non c' è una rottura con il modello incarnato da Formigoni e dalla Moratti, i lombardi dall' Expo avranno conseguenze negative». Ora che è stata assegnata, «l' Expo deve diventare l' occasione per un progetto all' altezza dei temi che solleva, la fame nel mondo e l' energia pulita». Basilio Rizzo, «Expo-scettico» che in Comune rappresenta l' area vicina a Dario Fo, propone che «l' ex procuratore Borrelli venga nominato a capo di un' Authority che vigili sull' intera realizzazione dell' evento. Ma l' importante è «cosa resta alla città dopo che si spegneranno le luci». Una posizione non molto diversa da quella dell' attore Bebo Storti, Conte Uguccione di «Mai dire goal!» ma anche capogruppo dei comunisti italiani in Lombardia: «Vorrei una commissione di controllo trasversale, formata da esperti di posizioni politiche diverse». Però, alla fine, lo ammette: «Devo riconoscere soprattutto a Romano Prodi il grande merito di aver costruito questa opportunità. E poi, porterà lavoro. Forse non per sempre, ma resta comunque un' opportunità».

Cremonesi Marco
Pagina 002/003
(2 aprile 2008) - Corriere della Sera

 

 


Il cantante
Guardatevi dagli archi-carnefici se vince Silvio sarà uno sfacelo
Il Molleggiato sul suo blog: 'Gioisco per l' evento, temo i grattacieli'


MILANO - Contro L' Expo 2015, «colpo di grazia per Milano», scende in campo Adriano Celentano. E lo fa ancora una volta sparando a zero contro gli architetti, definiti «archi-carnefici», dalle cui mani scaturiranno gli «schizzo-frenici progetti per materializzare un' opera che potrebbe veramente essere un messaggio per il mondo, se fosse data in altre mani non inclini a speculazioni di stampo "sfigurativo"». L' odiata categoria era già stata suo bersaglio nel novembre scorso durante lo show "La situazione di mia sorella non è buona", trasmesso su Raiuno. Il nuovo affondo, destinato a infiammare le polemiche, mentre la città festeggia per la vittoria su Smirne, è arrivato ieri sera sul blog ufficiale dell' ex molleggiato (www.clancelentano.it). Da una parte Celentano gioisce «per la grande conquista fatta dall' Italia», ma subito si adombra, pensando a quale fine sta facendo la bellezza. «Da come vanno le cose nel mondo mi sembra di capire che poco o nulla si potrà fare per evitare che questo capolavoro sospeso nel cielo scivoli definitivamente in un precipizio senza fine. È sulla bellezza che si deve scommettere. La bellezza da regalare non ai ricchi egoisti, ma agli operai che sono il motore del pianeta». Più avanti, rivolgendosi a Walter Veltroni, commenta con durezza «l' immobiliarismo» di Silvio Berlusconi: «Già adesso in nome dei più bisognosi lo sentiamo parlare di apertura dei cantieri. E non è difficile immaginare lo sfacelo cui andremmo incontro se vincesse lui». Assumendo i toni del predicatore Celentano avverte che «nonostante l' operazione delittuosa intrapresa dagli archi-carnefici contemporanei, abbiamo ancora in serbo una bellezza interiore che dobbiamo solo avere il coraggio di risvegliare, per mettere in atto quella che sarebbe la nuova rivoluzione economica. Ma dobbiamo fare presto, prima che questo angolo di meraviglia racchiuso ancora per poco dentro ognuno di noi, si addormenti definitivamente in un coma irreversibile nel quale ci stanno trascinando le nuove star dell' architettura». E fa nomi e cognomi: Massimiliano Fuksas, Mario Botta, Daniel Libeskind, Arata Isozaki e Zaha Hadid. «Allora sarà la fine. E il colpo di grazia è già in canna, pronto per la sua gittata finale sull' Expo». Celentano elogia Francesco Rutelli per la sua battaglia contro gli ecomostri: «La prima cosa da fare è quello che sta facendo Rutelli: abbattere gli ecomostri portatori di gravi e devastanti malattie che annichiliscono. Per chi è ignorante come me annichilire significa distruggere, umiliare togliere ogni volontà di reazione, annientare l' arte del pensiero». L' attacco finale è alla globalizzazione «che ha ucciso i punti di partenza e di arrivo di tutte le cose». «Della vita e della morte o di quello che c' è fra la vita e la morte. Unificando ogni cosa. Si è perso il punto di partenza da un quartiere per arrivare ad un altro. E quindi lo stacco necessario tra un centro abitato e un altro. Tutto è paurosamente abitato, senza stacco, da Milano a Pechino. E questo crea stress e confusione». «Dobbiamo staccarci da tutto ciò che è grande perché è nel piccolo che ci ritroviamo. Mentre nel grande ci perdiamo. Ben venga l' avvento della tecnica. Ma guai alla tecnica se il suo avanzamento va a minare la bellezza delle cose».

CARLO BRAMBILLA
La Repubblica
02-04-08, pagina 10, sezione CRONACA

 

Storia e simboli È il terzo più antico del mondo, testimone della «città del progresso»
Dal 1906 a oggi, resta solo l' Acquario «Un gioiello liberty nel Parco Sempione»


Quel che resta dell' «Expo 1906» è un piccolo gioiello in stile Liberty nel verde del Parco Sempione, decorato con le piastrelle della Richard Ginori e con fregi che riproducono polpi, stelle marine, tritoni: l' Acquario civico, il terzo più antico del mondo (dopo Napoli e Lisbona), unico testimone della «Milano del progresso» che nei primi anni del Novecento celebrava l' apertura del traforo del Sempione. E che ora, in vista del 2015, punta al raddoppio: «In sette anni potrebbe sorgere un nuovo padiglione dedicato ai pesci tropicali». Aria di Expo, Milano sogna. E come in ogni manifestazione internazionale che si rispetti, non può mancare un acquario. Fu così nel 1906, quando si stabilì che la città (mezzo milione d' abitanti e oltre tremila fabbriche) dovesse avere una mostra di piscicoltura, considerato anche il clamore di «Ventimila leghe sotto i mari» di Jules Verne (1870) e il successo della stazione zoologica di Napoli (1872). Erano gli anni dell' «architettura effimera»: esposizione e poi via, si smonta tutto. Ma l' Acquario milanese no. Incredibilmente si salvò, come la tour Eiffel. Forse perché subito venne definito «un prezioso scrigno - presieduto da un Nettuno con tridente - che tenta di riprodurre la bellezza del mondo acquatico», o per quel mix armonico di artificialia e naturalia che tanto affascina i visitatori. O per quelle sessanta vasche in tufo stracolme di pesci fatti venire da Genova e Venezia, per gli spazi interni «a grotta». Expo 1906, la manifestazione delle «magnifiche sorti e progressive» in un fastoso scenario tecnologico. E dell' Acquario disegnato da Sebastiano Locati. Già nel 1908, due anni dopo l' inaugurazione, la struttura fu arricchita da una stazione di biologia e bioidrologia applicata. Poi i bombardamenti del 1943 e la ristrutturazione, conclusa nel ' 63. Ultimi lavori di ammodernamento nel 2003, con l' intervento degli architetti Piero De Amicis e Luigi Maria Guffanti (e la supervisione scientifica del direttore dell' acquario, Mauro Mariani) fino all' inaugurazione del 2006. E ora? Mariani è fiducioso: «Pensiamo all' ampliamento dello spazio esterno (dove sono riprodotti piccoli stagni), ma il sogno è il raddoppio». Il progetto già c' è: creare dall' altra parte di viale Gadio una nuova palazzina interamente dedicata ai pesci tropicali da collegare al «vecchio» Acquario con un tunnel sotterraneo. Dal suo ufficio al primo piano, il direttore chiude gli occhi e immagina un bar sottomarino al centro di un lago, un mega giardino, eventi. «Nei prossimi giorni illustreremo il nostro piano alla giunta». Con un' idea in più: invece dell' ingresso gratuito (240 mila visitatori l' anno), un' entrata con offerta individuale, «come alla National Gallery». Idee e speranze. Al piano di sotto biologi e veterinari (i precari che pochi giorni fa hanno minacciato di non dare il mangime ai pesci in caso di mancato rinnovo del contratto, proprio ieri prorogato di nove mesi) tengono d' occhio tartarughe e le uova di gattopardo che si stanno schiudendo. Una vasca è in ristrutturazione, le specie più delicate sono state trasferite nei sotterranei. «E visto che i pesci, dopo i milanesi, sono gli esseri viventi che si stressano di più, dobbiamo averne molta cura». * * * Ieri e oggi La sede dell' Expo 1906 Il Parco Sempione nel 1906, quando Milano ospitò la sua prima Expo e, nel tondo, come si presenta oggi nell' immagine presa da Google Earth L' esposizione nel parco L' area ospitava padiglioni di ogni parte del mondo. È delimitata dall' Arena Civica, dal Castello e dall' Arco della Pace. Dopo 102 anni, resta solo l' Acquario

Sacchi Annachiara
Pagina 5
(2 aprile 2008) - Corriere della Sera

 


Enrico Letta: “Sette anni non sono tanti'
Poteri speciali e un' Agenzia è cominciata la grande corsa

Ventiquattro mesi per l' area espositiva, il grosso riguarderà strade e trasporti Dopo il vertice a Roma oggi un consiglio comunale straordinario che sarà introdotto dal sindaco.
Basteranno due anni per costruire padiglioni e tutto quanto servirà a Rho-Pero, e peraltro Letizia Moratti dice a sorpresa - ma usando ancora il condizionale - che potrebbe dire addio all' idea di fare quella torre da 200 metri perché «la torre è un simbolo dei secoli passati». Ma sette anni per fare tutto il resto, tra cui quasi tre nuove linee di metrò che raddoppieranno i chilometri di oggi, con 14 miliardi di euro da spendere, sono pochi. Molto pochi. Lo dice il sindaco di ritorno dalla vittoria di Parigi, che «da oggi parte una nuova fase. Oltre al lavoro di pianificazione, da subito bisogna iniziare a partire con i progetti con i Paesi con i quali ci siamo impegnati». E «sette anni non sono tanti», per dirla con Enrico Letta. L' assegnazione dell' Expo a Milano è «un' occasione straordinaria di sviluppo», dice anche il cardinal Dionigi Tettamanzi». è ancora tempo di brindisi, politicamente parlando, con il consiglio comunale che oggi si riunisce in seduta straordinaria. Con l' intervento del sindaco. Lei e solo lei: l' opposizione ha proposto di far intervenire anche il ministro D' Alema, Penati e Formigoni, ma la maggioranza ha detto no. «Si poteva volare alto... », taglia corto Marilena Adamo del Pd. Ma nel frattempo si va di corsa. La tempistica è stretta e ieri, giusto il giorno dopo la vittoria, il primo passaggio a Roma condiviso da governo ed enti locali: è stato prorogato di tre mesi, fino al 30 giugno, il Comitato Expo che formalmente esisteva solo per la candidatura e dunque era decaduto. Presidente del Comitato resta Letizia Moratti, alla guida tecnica resta il suo fedelissimo Paolo Glisenti. E poi? In tre mesi bisognerà disegnare tutti gli organismi operativi, e di fatto se ne occuperà il nuovo governo. Lo schema è chiaro: un Comitato organizzativo che pianifica e che è scontato che sarà il sindaco Moratti a presiedere, ma anche la nascita di un' Agenzia, un' azienda speciale, che gestisca sul campo gli interventi. E qualcosa come quattro miliardi di euro di investimenti diretti solo per l' Expo. è dato poi per assodato che, in futuro, sia nominato anche un commissario con poter speciali per velocizzare le procedure. Chi sarà? L' argomento ieri non è stato toccato, perché prima di arrivare ai progetti non ce n' è bisogno. E del resto, a Camere sciolte, sarebbe pure complicato fare un decreto che ipoteca tanto una scelta politica. Fin qui la tempistica organizzativa. Dopo quella, però, bisognerà davvero pensare a un timing realizzativo per non arrivare in ritardo all' appuntamento del 2015. Di certo saranno sette anni di cantieri e un robustissimo flusso di denaro, quasi venti miliardi di euro tra investimenti Expo, valore aggiunto per il sistema economico. E infrastrutture che erano previste comunque ma che, a questo punto, dovranno improrogabilmente finire entro il 2015. Un capitolo che da solo vale 10 miliardi di euro. Pedemontana e Tem, Brebemi e Alta velocità. Compresa la stazione ferroviaria ala Fiera di Rho-Pero, la cui inaugurazione è prevista l' anno prossimo. E poi tre nuove linee di metrò, la 5 da Niguarda a San Siro per cui i lavori sono già iniziati, la 4 da Lorenteggio a Linate attesa al via l' anno prossimo. E la 6 che non sarà del tutto nuova ma una costola della Rossa: a Pagano si staccherà dalla 1 per dirigersi verso Ripamonti. «Tutte saranno pronte entro il 2015», assicura l' assessore alla Mobilità Edoardo Croci. Altro capitolo, i quasi due milioni di metri quadrati a Rho-Pero che dovranno essere rivoltati come un guanto. La parte più lunga e a rischio sforamento è quella dei collegamenti: svincoli, parcheggi, strade. La storia insegna: la Fiera a Rho è stata inaugurata tre anni fa, i cantieri per i collegamenti non sono ancora finiti. Per l' ara espositiva in sé, invece, i tempi di realizzazione stimati sono bassi: due anni. Ma possono essere lunghi i tempi burocratici per arrivarci.

GIUSEPPINA PIANO
La Repubblica
02-04-08, pagina 2, sezione MILANO

 

Il presidente della Fondazione: tutti si devono rimboccare le maniche
Roth: A Rho-Pero nessuna speculazione
Dico no alle colate di cemento, sogno un parco della musica Non raddoppieremo lo spazio espositivo, le aree intorno saranno tutte verdi
L' intervista


Luigi Roth, presidente di Fondazione Fiera, è rimasto contento del balzo del vostro titolo in Borsa dopo l' assegnazione dell' Expo 2015? «Mi ha fatto piacere naturalmente. è una patente di credibilità che il mercato ha riconosciuto al buon lavoro fatto da Fiera. E questo a un azionista fa sempre piacere». Ora, però, bisognerà rimboccarsi le maniche. «Il concetto di sussidiarietà significa che tutti devono fare il loro mestiere. In tutti questi mesi siamo sempre stati vicini alle istituzioni, ora è arrivato il momento in cui ognuno deve mettere in gioco quello che ha da offrire». Lei che cosa offre?. «Milano ha vinto la scommessa dell' Expo perché ha saputo offrire a 151 paesi un progetto su un tema vero come quello di portare alle nazioni meno fortunate di noi ciò che non hanno. Finora Fiera ha rappresentato un modello organizzativo che mettiamo a disposizione del comitato organizzazione dell' Expo». è vero che lo spazio espositivo raddoppierà? «Lo escludo. Le aree adiacenti al nuovo polo fieristico di nostra proprietà non saranno né per attività espositive, né commerciali e nemmeno residenziali. Quello che dovevamo fare lo abbiamo già fatto. Quelle aree saranno destinate al verde, al tempo libero, ad attività musicali o comunque di spettacolo». Più un Beaubourg o un Parco della musica come quello che ospita l' Auditorium di Roma? «Quella dell' auditorium è certamente l' idea più vicina a ciò che ho in mente. Un luogo per organizzare manifestazioni musicali e di altro genere, culturali o artistiche, che resteranno oltre l' Expo». Dicevate che i milanesi avrebbero fatto a gara per fare i picnic a Rho-Pero. Non se ne sono visti molti. «Su questo ha ragione. Si può sempre fare meglio per rendere più accogliente la struttura anche quando non ci sono manifestazioni fieristiche». Chi ci garantisce che all' Expo non si ripeteranno gli ingorghi ai parcheggi, che respingevano i visitatori all' ultimo salone del Ciclo? «Non esageriamo. Nessuno si ricorda più di quando bastava la vecchia fiera per bloccare tutta la città. Solo alcune manifestazioni di punta hanno avuto problemi. Ci vuole una gestione del traffico diversa, ma soprattutto la distribuzione di nuovi parcheggi non vicino al polo fieristico, ma piuttosto in corrispondenza della metropolitana». Che cosa risponde a chi teme l' arrivo di una colata di cemento? «Mi assumo un impegno preciso. Almeno finché ci sarò io non ci sarà nessuna colata di cemento e nemmeno alcuna speculazione edilizia. Le speculazioni non ci riguardano». Resta il progetto di un nuovo centro congressi al Portello? «Certo. Naturalmente ne dovremo discutere con il Comune, ma credo che potrà avere una funzione importante anche in funzione dell' Expo». Non la preoccupa il forte ridimensionamento di Malpensa? «Sono ottimista. Credo che l' Expo possa accelerare i tempi dell' arrivo di altre compagnie aeree. Certo occorre che Air France permetta al governo di rinegoziare gli accordi internazionali sulle rotte».

ANDREA MONTANARI
La Repubblica
02-04-08, pagina 4, sezione MILANO

 

L' evento del 2015? Più lavoro e turisti ma rincari per case, bar e ristoranti
«Serve un patto sociale». Campiglio: i politici gestiscano questo evento per il bene della città


Prima la bella notizia: l' Expo 2015 rivaluta Milano. Poi la brutta: i prezzi aumenteranno. Quelli delle case hanno già cominciato a correre. A ruota potrebbero arrivare negozi locali pubblici. Con tutti i disagi per il popolo dei mille euro al mese. sa si ritroverà più ricco. Chi la cerca dovrà allargare sempre di più i cordoni della borsa. Uno studio targato Osmi, azienda speciale della Camera di Commercio, propone alcune stime. L' effetto Expo aumenterà il valore medio degli immobili a Milano città del 7 per cento, passando dagli attuali 4.500 euro ai potenziali 4.815. Ad apprezzarsi soprattutto il centro cittadino (più 10 per cento) e la zona a ovest della città, più vicina all' area che si svilupperà con l' Expo. Incrementi consistenti del valore del mattone anche in provincia. Più 8,3 per cento nel Rhodense, più 5 per cento in Brianza. La notizia dell' arrivo dell' Expo ha portato gli sviluppatori immobiliari dalla depressione all' euforia. «Chi era preoccupato per il futuro dei propri progetti ora riprende fiato», racconta Armando Borghi, direttore del master in real estate dell' università Bocconi. A beneficiare delle nuove prospettive saranno i tre principali progetti in via di realizzazione: Citylife, Porta Nuova e Santa Giulia - continua Borghi -. Milano potrebbe risvegliarsi nel 2016 come città policentrica. In questa eventualità, i prezzi in centro si ridimensioneranno. Certo aumenteranno gli affitti». L' Expo rilancerà il settore turistico. «Saranno costruiti alberghi per 4.000 posti letto», spiega Borghi. Uno studio condotto da Camera di Commercio insieme con Unione del commercio prevede un «bonus Expo» per le imprese milanesi stimabile in 44 miliardi di euro. La fatina dell' esposizione starebbe per toccare con la sua bacchetta magica il giro d' affari di negozi di moda e alimentari (più 15 per cento). Ma soprattutto di alberghi e ristoranti, con un aumento medio del fatturato del 25 per cento. La maggiore domanda (e il rialzo degli affitti) faranno aumentare i prezzi di negozi, bar e ristoranti? «E' prematuro parlarne ora. Oggi la gente riduce i consumi e aumentare i prezzi non avrebbe senso», liquida la questione Lino Stoppani, presidente dell' Epam, associazione dei pubblici esercizi milanesi. Che però aggiunge: «Certo, se domani aumentassero gli af

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