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Le trasformazioni della città e l'Expo

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Da Parigi a Barcellona, «le trasformazioni legate a eventi» Dopo l'Eur mussoliniano, le grandi trasformazioni non sono sempre state fortunate, come nel caso dei Mondiali

 


MILANO — La Scala, Palazzo Reale, spazi dotati di senso, nel corso degli anni i milanesi hanno imparato a rivalutare la Kaiserin Maria Teresa e il dominio austriaco, almeno dal punto di vista urbanistico. Ma ora forse (forse) è la volta buona, e senza bisogno di aspettare eredi donne di casa Asburgo. Restano tuttavia un paio di problemi da sottoporre agli addetti ai lavori: perché mai, in Italia, in mancanza di tirannie o dittature — vedi l'Eur mussoliniano di Roma — le grandi trasformazioni urbanistiche degne di questo nome devono essere ogni volta appese al grande evento? E soprattutto perché talvolta, dalle Olimpiadi ai Mondiali, non funziona neppure quello?


Di certo l'Expo porta con sé innumerevoli opportunità e altrettanti rischi. «E di per sé non c'è nulla di strano», osserva l'architetto Stefano Boeri. «Viviamo in città per così dire poliarchiche, e Milano è lo è più di tutte: un arcipelago senza mare, fatto di tante élites e poteri che hanno le risorse per trasformare lo spazio ma sono in competizione tra loro». Ognuno per conto suo «e il grande evento è la sola possibilità di trovarle unite in vista di un unico scopo, un turbo che però bisogna saper guidare: trasparenza nelle scelte, senza privilegi a caste e amici negli appalti, intenti chiari e opere che coinvolgano e diano valore alla città. Barcellona con le olimpiadi è cresciuta perché ha ristrutturato piazze, costruito scuole, fatto ciò che si dovrebbe fare anche a Milano: e case, e la tutela del grande parco agricolo a Sud... Siviglia invece è stata un disastro poiché dell'Expo sono rimasti ruderi, un pezzo di città abbandonato a se stesso».

La cosa notevole è che a sentire Massimiliano Fuksas, l'autore della nuova Fiera milanese, saltano fuori esattamente gli stessi esempi di Boeri: «Barcellona ha riscoperto il suo mare, a Siviglia c'era uno schema urbanistico avulso dalla città. È semplice: bisogna evitare di costruire recinti. Lisbona ne ha approfittato per recuperare le aree a ridosso del centro, anche a Shangai stanno lavorando bene per la prossima Expo 2010, tutta la città sta crescendo ». Non è solo questione di eventi, «le grandi trasformazioni urbanistiche appartengono ai mutamenti epocali dell'economia, tutto sta nel saperli cogliere, aprirsi all'esterno o chiudersi nel provincialismo, magari sarà la volta buona per collegarsi con la Tav al sistema europeo...». Tra l'altro: «La stessa architettura fascista è un esempio notevole, anche quello è stato un momento di grande cambiamento, no?».

Già, il Ventennio. «Pure l'Eur, a Roma, era pensato per l'esposizione del '42 che poi saltò con la guerra. Ma intanto l'avevano fatto, il Colosseo quadrato è l'ultima immagine della Roma moderna, dopo hanno messo solo pezze e colore», ride il professor Giorgio Muratore. E perché? «Perché c'era una scuola, dei tecnici all'altezza, un architetto di livello europeo come Piacentini. Non come adesso che si chiama il "nome" internazionale per mascherare il vuoto del nostro provincialismo. Capirà, in un Paese dove ci sono ministri della Cultura senza manco uno straccio di laurea...».

Speriamo bene. «Sa, una volta escluso il modello di Londra del 1851, una scatola di vetro a Hyde Park smontata subito dopo, l'Expo e i grandi eventi sono sempre stati un'occasione. Anche se noi, dopo l'Eur, le abbiamo sprecate tutte, dalle Olimpiadi al Giubileo...». Leonardo Benevolo non spera neanche in questo, «le esposizioni dell Ottocento erano un'altra cosa, adesso gli scambi e i confronti di merci sono continui ». Il grande urbanista non vede grandi cambiamenti all'orizzonte: «L'urbanistica in Italia non funziona. C'è stato qualche cosa nel primo decennio del Novecento. Il fascismo ha fatto cose di parata, a mio giudizio modeste. Gli ultimi esempi notevoli ci sono stati, tra gli anni Sessanta e Ottanta, in città di media grandezza: Como, Brescia, Modena, Bologna, Ferrara...». La vede male, Benevolo: «Milano è indietro, non ha un piano regolatore, tutti i suoi problemi stanno nell'essere una città fuori misura come il suo traffico. Temo che l'Expo non inciderà granché».
I mutamenti epocali
«Le grandi trasformazioni urbanistiche appartengono ai mutamenti epocali dell'economia»


Gian Guido Vecchi

Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Primo Piano - data: 2008-04-01 num: - pag: 6

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