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PIEVE EMANUELE

Anno:  1963 - 2024

Località: Area metropolitana di Milano, Comune di Pieve Emanuele

Indirizzo: Piazza Giacomo Puccini

Destinazione d'uso: Residenziale, Ricettivo Terziario, Servizi

Progettista: Guido Canella, Michele Achilli e Daniele Brigidini et Altri

PIEVE EMANUELE

La complessa vicenda urbana di Pieve Emanuele incarna appieno le contraddizioni delle repentine trasformazioni urbane degli anni del boom economico e dei due decenni successivi nella campagna a sud di Milano e la complessa eredità di un modello di sviluppo, tipico della modernità e di cui oggi vediamo meglio le contraddizioni e le criticità. Pieve Emanuele si sviluppa a partire dagli anni ’60 per grandi interventi unitari. Il primo grande quartiere Villaggio INCIS, è stato realizzato nel 1963 nel nulla in mezzo ai campi vicino alla ferrovia, ma senza stazione ferroviaria fino al 2013, per ospitare 8.000 dipendenti pubblici provenienti da tutta Italia. Un quartiere ad alta densità, tutt’altro che un villaggio, realizzato da anonimi e ripetitivi edifici in linea, privi di particolari qualità architettoniche, ma ricchi di spazi verdi pubblici. Per quasi un decennio il quartiere rimane senza servizi essenziali fino alla realizzazione del Centro servizi (1968-1981), costituito da una chiesa con centro parrocchiale, un asilo, una scuola elementare, un centro civico, un centro commerciale progettati da Guido Canella, Michele Achilli e Daniele Brigidini. Lo stato di fatto attuale del Centro servizi del villaggio INCIS corrisponde solo in parte al progetto originario di Canella, inficiandone, di fatto, le nobili intenzioni. La demolizione negli anni ’90 del collegamento aereo fra i diversi edifici a servizi, che costituiva la scenografia ed il legante architettonico delle architetture della piazza (divenuto ricettacolo di comportamenti devianti) e del centro commerciale, ha prodotto una banalizzazione dello spazio pubblico e ha contribuito a decontestualizzare anche le singole architetture, in particolare la scuola. Una seconda e più controversa espansione avviene nei primi anni ’80 grazie ad una variante del Piano Regolatore Generale redatta dall’urbanista Epifanio Li Calzi, e voluta dall’allora maggioranza guidata da PSI e PCI, che permise l’edificazione da parte del gruppo di Salvatore Ligresti di un nuovo complesso edilizio che stravolse l’assetto urbano. Il costruttore Ligresti realizzò un nuovo quartiere lineare di 1 km caratterizzato da un segno urbano che irrompe nel paesaggio agricolo, il grande emiciclo del Ripamonti Residence, di 230 metri di diametro e 12 piani di altezza. Un secondo intervento sempre per mano di Ligresti, il quartiere delle Rose, viene realizzato in adiacenza a sud in parte con edifici terziari, ultimati ma mai utilizzati, in parte residenziali. Gli esiti di questi grandi interventi degli anni ’80 sono quelli che oggi presentano le maggiori criticità. Il quartiere delle Rose ha subito un parziale abbattimento, caso non unico, ma assai raro nel panorama milanese. Fra il 2012 e il 2022 sono stati demoliti 7 edifici terziari in linea e 3 edifici a piastra ed è stato avviato un Piano di Recupero Urbano che prevede la realizzazione in corso di un nuovo complesso di housing sociale con due torri di 15 piani e due corpi bassi sviluppato da REDO SGR, da un intervento di edilizia sociale di ALER e da un supermercato, mentre altre porzioni del complesso demolito sono ancora in attesa di un progetto di recupero. Contemporaneamente è stata avviata la riqualificazione del Residence e delle corti lungo via dei Pini (un’opera di dimensioni notevoli e particolarmente delicata per la permanenza degli abitanti) e il recupero, anche grazie ai finanziamenti pubblici dei bonus edilizi degli edifici residenziali del quartiere INCIS. È da sottolineare come il Comune abbia guidato e supportato i soggetti privati e pubblici proprietari del patrimonio edilizio più degradato ad ottenere finanziamenti pubblici per l’efficientamento energetico e per il rifacimento delle facciate, trasformando una politica statale di riqualificazione edilizia in un intervento coordinato di recupero urbano. Oggi Pieve Emanuele sembra essere a metà di un guado: fatti i conti con gli errori del passato sta cercando di porre parziale e difficile rimedio, attraverso una diffusa riqualificazione del patrimonio pubblico e privato, agli squilibri del suo sviluppo storico. Rimangono aperte diverse questioni, relative al patrimonio edilizio e a servizi realizzati negli anni ’80 e ancora dismessi, al complesso ed oneroso recupero delle strutture a servizi “d’autore”, per la particolarità delle strutture e delle finiture impiegate, all’isolamento del quartiere delle Rose, alla crisi del commercio al piede degli edifici residenziali, alla tenuta sociale dei quartieri nel medio termine.


Christian Novak