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Milano Expo 2015 e la favola dei concorsi

Dal 27.06.2011 al 26.06.2012

A 3 anni dalla nomina, Milano, che avrebbe dovuto presentarsi 2015 come metropoli innovativa sul piano urbanistico, non sembra voler seguire la via della qualità. vediamo come

Sono passati più di tre anni da quando Milano ha conquistato l’Expo vincendo la sfida con Smirne sul tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”.
Il tema scelto invitava a individuare nuove fonti alimentari, per cercare di migliorare la qualità e la sicurezza dei cibi, e a orientare le capacità di ricerca e innovazione nell’ambito degli scenari che si presentano a livello mondiale.

Si fece dunque festa alla notizia della vittoria, mentre oggi ci si interroga sul perché non ci sia ancora un progetto definito in tutti quei particolari, mancando i quali è impossibile ogni realizzazione.

Dai primi di aprile del 2008 si iniziò a parlare di opere pubbliche da eseguire in funzione di questo evento:
nuove linee di metropolitana, la città del gusto e della salute, la via di terra e la via d’acqua.
Tre tracciati autostradali, un collegamento ferroviario ad alta velocità in corrispondenza dell’accesso est del quartiere fieristico, la creazione di un distretto avanzato per la tecnologia innovativa dedicata alla salvaguardia dell’ambiente e della salute.

Ambiziosi progetti territoriali che Expo avrebbe lasciato in eredità a Milano nel 2016.
Milano fu definita una città in trasformazione e si disse che nel 2015 si sarebbe presentata “al mondo come una delle metropoli più innovative sul piano urbanistico e dell’organizzazione degli spazi urbani.”

Premettiamo che essere sede di Expo 2015 deve essere visto come una grossa opportunità per Milano e per il suo territorio, sia perché dà l’occasione di provvedere risorse, strutture e ospitalità adeguate all’avvenimento, sia perché consente di affrontare il problema degli assetti territoriali della città in una prospettiva che non abbia come unico obiettivo la realizzazione dell’evento espositivo, ma che già fin d’ora anticipi scenari strutturali che vadano oltre il 2015.

Noi facciamo gli architetti, gli ingegneri, i paesaggisti e i pianificatori, e quindi concentrammo allora la nostra attenzione su quali sarebbero state le eredità materiali che Expo avrebbe potuto prevedibilmente lasciare  a Milano e al suo territorio.

Si disse che Expo sarebbe stata un’occasione per ripensare nel loro insieme le funzioni urbane e di servizio della città, a seguito di progetti ubicati non solo sull’area ad essa dedicata, ma destinati a valorizzare altri spazi urbani in corso di riqualificazione e sviluppo (Città del gusto ai mercati generali e Borsa agroalimentare).

Sono passati tre anni e oggi ci chiediamo che ne sarà di questo evento di prestigio internazionale che dovrebbe riqualificare l’immagine e la percezione nel mondo della nostra città e del suo territorio.

Il tema che interessa più da vicino le nostre professioni è quello del progetto delle opere da costruire, siano esse edifici o infrastrutture urbane e di servizio della città, che pongono il problema della qualità dell’ambiente metropolitano, della sua morfologia e del suo paesaggio a manifestazione conclusa, e che devono necessariamente passare attraverso procedure attuative di qualità, trasparenza e chiarezza nelle modalità di costruzione delle scelte.

Siamo – si spera –  tutti d’accordo che la qualità dell’ architettura è un bene pubblico primario e perciò soggetto alla tutela dello Stato.
Ma il  rispetto della qualità deve essere garantito in primo luogo nelle fasi di progettazione e di programmazione di ogni attività di trasformazione edilizia.

Di qui l’esigenza di una pianificazione unitaria e coerente dell’intero processo che si sviluppi in tutte le sue fasi.
In questo processo  i professionisti devono avere un ruolo fondamentale come portatori di conoscenza, di metodologia e di procedure in materia.

Crediamo che il concorso debba essere una insostituibile occasione per promuovere la qualità dell’architettura, per stimolare la committenza ad assumere un ruolo attivo per migliorare la qualità degli interventi pubblici, per contribuire concretamente ad avviare una svolta radicale nei criteri di gestione del territorio, restituendogli quella riconoscibilità che oggi ha certamente perduto.

Ripercorrendo il controverso iter decisionale questo epilogo appare un po’ una morte annunciata.
A settembre 2009 la Consulta degli Architetti, nel presentare le linee guida per la compilazione del Masterplan propose per i manufatti architettonici 15 aree di possibile concorso (da notare che anche il Masterplan, secondo quanto detto dall’allora sindaco Moratti, avrebbe dovuto seguire la stessa procedura, mentre è stato elaborato dall’Ufficio di Piano).
A maggio 2010 queste si ridussero a 8,1 secondo un crono programma che si sarebbe sviluppato da settembre 2010 a giugno 2011, presentato in occasione di una Serata all’Ordine il 17 giugno.
Il 24 settembre, dati i tempi stretti raggiunti a causa delle indecisioni, secondo molti costruite ad arte, sul destino dei terreni, si è arrivati alla conclusione che i Concorsi di progettazione programmati non si potevano più fare: accantonati a favore di una più agile gestione interna all’ufficio di Piano della progettazione preliminare cui far seguire solo appalti integrati.
Risultato: aver ottenuto, secondo tristemente note procedure d’urgenza, un bel zero Concorsi per l’Expo di Milano, occasione perduta per tanti professionisti di esprimersi a favore del destino della propria città.

Tuttavia, dopo aver pubblicato la notizia, Società Expo, forse pensando che la decisione sarebbe risultata piuttosto impopolare tra i professionisti, chiese all’Ordine di Milano una collaborazione per fare in modo che i bandi per gli appalti avessero caratteristiche tali da “consentire una estesa partecipazione creativa, qualità architettonica e coinvolgimento dei giovani”. In particolare ci si chiese di contribuire alla “definizione di criteri di selezione che tutelino i professionisti, privilegino  la qualità del progetto sull’offerta economica, che lascino libertà e discrezione ai progettisti e che introducano un punteggio legato alla reale partecipazione di giovani”
Abbiamo quindi elaborato il nostro contributo nella convinzione che Expo possa e debba essere l’occasione per formulare e utilizzare nuove procedure, assumendo un ruolo innovatore e di sperimentazione nel panorama istituzionale del paese.

Era il novembre del 2010 e, sulla base del fatto che l’appalto concorso non era soddisfacente né per le imprese né per i progettisti, insieme con Assimpredil presentammo a Società Expo una bozza per un nuovo tipo di bando che avrebbe potuto risolvere alcune criticità insite nelle procedure esistenti e che avrebbe permesso la massima partecipazione dei progettisti, la scelta sulla qualità del progetto e non sull’offerta economica e la possibilità per le imprese di partecipare con un impegno economico ridotto.
La proposta ebbe molto successo e sembrava che la volontà di collaborazione per trasformare la bozza in progetto fosse sincera.
Sono passati 8 mesi, la bozza non ha fatto un solo passo avanti salvo essere stata presentata da Società Expo e da Infrastrutture Lombarde (Società alla quale è stato affidato l’incarico di gestire gli appalti) alle autorità preposte alla sua autorizzazione, che, ovviamente, è stata negata.  Dico ovviamente perché è stato come aver chiesto a un’impresa di costruire un grattacielo  avendo in mano uno schizzo fatto sul tovagliolo di un ristorante.
E’ evidente che è mancata la volontà di proseguire insieme per  costruire gli indispensabili approfondimenti tecnici che avrebbero potuto definire un nuovo assetto normativo, che mirasse concretamente all’interesse collettivo e che avrebbe favorito la crescita di professionalità attraverso criteri di selezione trasparenti e favorevoli alla qualità dell’architettura, all’accesso delle nuove generazioni, alla partecipazione delle imprese.

Il Presidente dell'Ordine
arch. Daniela Volpi



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