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Sesto laboratorio del futuro

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Renzo Piano ha illustrato ieri a Sesto San Giovanni il progetto per l'area delle ex acciaierie Falck. Corriere della Sera 29 gennaio 2008

Renzo Piano ha illustrato ieri a Sesto San Giovanni il progetto per l'area delle ex acciaierie Falck: «È moderno. Fa propri i valori della sostenibilità, dell'equità sociale e della qualità». Ad ascoltare l'architetto, in consiglio comunale, c'erano anche Guido Rossi, Ermanno Olmi e Federico Falck.

Il progetto: in aula anche il regista Ermanno Olmi e l'economista Guido Rossi. «La sicurezza? Nasce con la qualità»

L'architetto in consiglio comunale: l'area ex Falck? Non più periferia, ma un'unica città

«A Sesto ci venivo da giovane, quando facevo l'università. Venivo di notte, e fotografavo. Non l'ho scoperta per caso»

I capelli bianchi di Giuseppe Granelli, la cravatta rossissima di Giorgio Oldrini. C'è tanta Sesto San Giovanni, nell'apertura in consiglio comunale della serata di Renzo Piano. Granelli, l'operaio che andò in guerra e tornò «più comunista di prima»: eccolo lì, nel documentario firmato da Ermanno Olmi, immagini e musica dell'ex Stalingrado d'Italia, della fabbrica, di quella sirena che scandiva i turni. E poi Oldrini, al microfono, a salutare i duecento cittadini, quell'Oldrini rieletto all'ultima tornata elettorale, riconfermato sindaco, ma con qualche voto in meno, e qualcuno che s'è domandato: «Sarà mica che la città non è più di sinistra- sinistra come un tempo? ».

Adesso, e per i prossimi anni, Sesto sarà una cosa soprattutto. La Sesto che prende il suo passato — i resti della Falck, sui terreni di Luigi Zunino — e lo rimodella con i disegni di Renzo Piano. L'architetto, per mettere subito le cose chiaro, sia mai qualcuno del posto lo veda come straniero in casa altrui, dice: «A Sesto ci venivo da giovane, quando facevo l'università. Venivo di notte, e fotografavo. Non l'ho scoperta per caso».

Forza Italia fa girare un comunicato stampa: «Il progetto? Più che altro sarà un supermercato ». Alleanza nazionale, il progetto, lo vede come uno stravolgimento della realtà e della storia. Piano, lui, descrive e quasi decanta la sua creatura. I 150 ettari di archeologia industriale dove l'arte sarà integrata con la scienza e la tecnologia, dove la botanica e la geotermia diventeranno impresa, dove sarà sperimentata con Giorgio Rubbia la connessione con i veicoli a trazione elettrica o idrogeno (c'è già, per la fornitura dei mezzi, la candidatura della Mercedes), dove infine con l'economista Guido Rossi sarà teorizzata l'equità sociale, ossia la ricchezza generosamente da distribuire.

Sogno? Piano non parla di sogni. Parla di idee. Idee perse tra il verde e i parchi, le biblioteche e le scuole civiche, e il museo d'arte contemporanea, «che si farà. Se Milano ne vuole fare un altro, o altri ottanta, per me non cambia». La tiene distante, Milano, l'architetto. Non per altro: «Molti credono che Sesto sia semplice periferia. Sesto è una città a se stante». Con i suoi problemi, s'intende. L'architetto dice e ripete un concetto: «L'assenza di recinzioni».

E come la mettiamo col bisogno di sicurezza dilagante anche in provincia, una provincia nascosta in un cortocircuito di sistemi d'allarme, vigilantes e telecamere, e figuriamoci se può fare a meno della vecchia, classica, protettiva cinta... «La sicurezza nasce con la qualità». Una convinzione, o un auspicio. O una tessera dell'immenso mosaico. C'è grande aspettativa, architetto. «Bisogna essere degli asini, per rovinare un posto così...». E c'è l'Expo. «Lavorerò per Sesto.
Non per l'Expo».

 

 


 

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