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Anno: 1954
Località: Milano, De Angeli - Monte Rosa
Indirizzo: via Faruffini 6
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Progettista: M. Asnago, C. Vender
G. Ponti
in «Domus», n. 318, maggio 1956
R. Aloi
Hoepli, pp. 279-282, Milano 1959
C. Perogalli
Gorlich, Milano 1960
Nel 1953 gli architetti sono incaricati della progettazione dell’edificio all’angolo tra via Faruffi ni e via Colonna, tassello conclusivo di un isolato a blocco chiuso. Il palazzo, destinato ad abitazioni ed uffici, risulta dall’aggregazione di due volumi parallelepipedi: il corpo principale, fronteggiante via Faruffini, si eleva per sette piani fuori terra, a cui si aggiunge il piano attico sommitale; lungo via Colonna, la porzione dell’edificio in continuità con i fronti degli edifici preesistenti è limitata a quattro livelli, conformemente al regolamento edilizio.
L’androne d’ingresso lungo via Faruffini conduce al vano scala, collocato alla congiunzione tra i due bracci della pianta ad L. Lievi disassamenti delle rampe e dei pianerottoli consentono ad un taglio sull’angolo interno dell’edificio, di dar luce allo spazio di distribuzione verticale. Il primo livello dell’edificio è destinato ad uffici, mentre i restanti sei contengono appartamenti di varie dimensioni. Il piano attico ospita un solo appartamento, i cui ambienti si sviluppano attorno ad un’ampia veranda. La facciata, rivestita in tesserine ceramiche bianche, diventa ancora una volta occasione per mettere in pratica una tecnica compositiva già affinata in numerosi edifici urbani.
Una finestra a nastro protetta da inferriata corre lungo tutto il perimetro del piano seminterrato, sollevando l’edificio da terra: all’estremo opposto, ossia alla sommità dell’edificio, un parapetto continuo conclude il fronte, smaterializzando il piano della facciata. La regolare partitura dei vuoti e dei pieni è più volte rotta attraverso lievi disassamenti, variazioni dimensionali, arretramenti o avanzamenti della superficie trasparente rispetto al filo della facciata. “Qualche volta sentiamo il bisogno di spostare lievemente più in su o più in giù una di queste finestre; per noi infatti qualche lieve asimmetria è un mezzo spontaneamente sentito per animare l’architettura, che altrimenti resterebbe arida ed inespressiva” dichiarano Asnago e Vender in risposta alla commissione edilizia che aveva criticato la scelta di un prospetto così asimmetrico. La facciata è un quadro, e Asnago con Vender decidono di esprimere, come su tela, la propria arte, liberandosi dai vincoli sterili del portato architettonico.
I parapetti e i piccoli balconcini delle porte finestre mantengono l’allineamento con il davanzale delle finestre più alte, ma la disposizione delle due tipologie di aperture varia ad ogni livello; le finestrelle che danno luce ai servizi igienici, tutte incolonnate al centro della facciata e realizzate con serramenti in ferro posti a filo della facciata, non sempre rispettano l’allineamento con le aperture del medesimo piano; un esile telaio metallico sporge dall’angolo destro della facciata inquadrando alcune aperture. Il ricorso a tutti questi accorgimenti rende l’edificio di via Faruffini una sintesi emblematica della lunga ricerca compositiva condotta sul prospetto dell'edificio urbano.