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Casa degli Atellani

Anno:  1919 - 1952

Località: Milano, Magenta - S.Vittore

Indirizzo: corso Magenta 65

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: Piero Portaluppi

Il restauro della casa degli Atellani, dal nome degli scudieri sforzeschi che l’abitarono, è commissionato nel 1919 a Piero Portaluppi da Ettore Conti, nuovo proprietario e privilegiato committente dell’architetto. Lo stato in cui si trovava il complesso residenziale all’inizio degli anni Venti, recante traccia dei numerosi ampliamenti e degli interventi ottocenteschi, è in parte documentato da Portaluppi nel volume “La casa degli Atellani in Milano” (1922), mentre con lo studio “L’architettura del Rinascimento nell’ex Ducato di Milano” (1450-1500) del 1914 Portaluppi aveva ottenuto la libera docenza in “Architettura”.

 

Portaluppi riforma radicalmente l’assetto distributivo degli ambienti, spostando la posizione delle scale e liberando i porticati. Collega le due corti, una quattrocentesca e l’altra “bramantesca” del primo cinquecento, attraverso un atrio-passaggio aperto su due lati, centro del nuovo sistema distributivo della casa, che cancella l’originaria bipartizione della proprietà. Un nuovo asse, ortogonale a quello che collega le corti, giace lungo l’infi lata che allinea l’atrio-passaggio, la sala dello Zodiaco e la sala del Luini, per proseguire, attraverso un portale e una scalinata, lungo lo stupefacente viale prospettico del giardino. Portaluppi articola i percorsi secondo la ritualità di una residenza alto borghese e ne commenta gli ambienti con un apparato decorativo d’invenzione, che dialoga con gli elementi antichi superstiti sostanziando una pratica del restauro inscindibile dal progetto di nuovi elementi, declinati senza scrupoli filologici secondo gli stilemi di epoche diverse, dal Quattrocento al Settecento.

 

Se per la facciata su corso Magenta l’architetto ordisce uno schema simmetrico, dove l’accento quattrocentesco del portale centrale, dei riquadri decorativi a losanghe e degli alti timpani triangolari delle fi nestre del primo piano convive con le fantasiose fi nestre trilobate del piano terra, nel fronte verso il giardino tramuta senza imbarazzo la parte privata della residenza in un una villa, le cui porte e fi nestre sono adornate da fantasiose cornici, mentre ricciolute cimase di gusto settecentesco imbellettano l’ingresso e il terrazzino d’angolo del primo piano, soluzione ricorrente nelle sue opere degli anni Venti. La sintesi eccentrica e talora stupefacente fra elementi del lessico architettonico tradizionale e apparati decorativi inediti, ma armonizzati con il gusto di epoche storiche tramontate, illustrano la peculiare capacità di Portaluppi di utilizzare tradizione e invenzione in un crogiuolo inscindibile, articolando nel disegno delle facciate e delle superfi ci degli ambienti interni una sintassi inconfondibile, non identifi cabile tout-court con i revival degli stili storici e già pervasa di motivi Art Déco, in cui i riferimenti agli elementi classici dell’architettura appaiono giocosamente eversivi dell’ordine ricercato dagli architetti ascrivibili al Novecento milanese.

 

A venti anni di distanza, la riparazione dei danni bellici riconduce Portaluppi in corso Magenta, dove il brano ottocentesco della facciata, andato distrutto, è riformulato nel linguaggio scarno e geometrico adottato a partire dagli anni Trenta, al quale è concessa l’intrusione di tondi scolpiti a bassorilievo, di logge con archi retti da singolari balaustre e di colonne binate che articolano le ampie aperture del secondo e terzo piano, ambiguamente sospese tra il modello della fi nestra a nastro e quello di una più tradizionale loggia vetrata.

 

Stefano Poli