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Anno: 1919 - 1923
Località: Milano, Brera
Indirizzo: vie Moscova 12-14, Appiani 2, Mangili 1-6, Milano
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Progettista: G. Muzio con P. F. Barelli e V. Colonnese
Il complesso residenziale in via Moscova è la prima importante opera architettonica concepita da Muzio dopo la guerra. Lavorando come giovane capo progetto nello studio V. Colonnese, P.F. Barelli, Muzio ebbe ampia libertà nella progettazione. Nell’estate 1922, con la rimozione delle impalcature e in occasione di un sopraluogo di un rappresentante della commissione edilizia si scatenò un’esplosiva reazione da parte della borghesia e della stampa. Con allusione ai sovrappopolati casermoni d’affitto nella capitale tedesca, il complesso fu accusato di essere “affetto da lue berlinese” e il risultato di una “pazza o squinternata fantasia di architetto”: esteticamente un “pugno nell’orbita”. Dell’edificio si propone anche la demolizione e da allora è conosciuto con l’espressione dialettale lombarda “Ca’ Brütta”.
È difficile oggi comprendere questa violenta reazione, tuttavia per i cittadini degli anni Venti, la Ca’ Brütta abbandonava le usanze milanesi e il “buon gusto” di regole architettoniche: la composizione e gli ornamenti delle facciate mostravano un irresponsabile e spregiudicato impiego del vocabolario classico e una squilibrata sintassi. La moderna costruzione a gabbia di cemento armato fu dichiarata poco affidabile, come – probabilmente – anche il montacarichi, su modello americano, che portava le auto al garage sotterraneo. Inoltre l’edificio era caratterizzato da un’insolita tipologia e da un immenso salto di scala rispetto all’edificato urbano.
Per i Novecentisti invece la Ca’ Brütta indiscutibilmente “rimestò le acque, aprendo nuovi orizzonti”. L’impostazione dei corpi edilizi fu rivoluzionaria, in quanto la loro ripartizione volumetrica costituiva una risposta specifica sia al tema funzionale, sia a quel particolare luogo. L’articolazione architettonica contribuì alla valorizzazione dell’imponente asse stradale che collegava l’enorme mole della nuova stazione ferroviaria di Ulisse Stacchini con il centro. Muzio suddivide l’isolato in due corpi edilizi separati da una strada privata, un corpo in linea e un edificio a corte, collegati verso la strada principale dal motivo dell’arco compreso tra due testate, che genera un’unica entità architettonica. La composizione dei corpi edilizi contribuì inoltre alla creazione di “condizioni molto favorevoli di aria e luce per tutti i locali” – tema centrale del Moderno – consentendo la creazione di luoghi ariosi sui tetti: lunghe terrazze agli attici dell’ultimo piano, il pergolato sopra l’arco di collegamento e le altane, oggi perse, che coronavano i due corpi di testata.
Con la decorazione provocatoria, in parte grottesca, la Ca’ Brütta fu un vero atto di liberazione, comparabile a quello che stava avvenendo contemporaneamente in pittura. Come l’amico Carlo Carrà, in quadri quali “L’enfant prodige” (1915) o “Antigrazioso” (1916), cercò di provocare una scossa culturale, per ricominciare, con spirito infantile, il mestiere da capo, anche Muzio si liberò dai preconcetti accademici. Il fatto che lo fece usando metodi della pittura, fu percepito. Nel quotidiano “Il Secolo” si legge: “Pare di vedere in sogno uno di quegli stranissimi quadri cubisti, nei quali dopo un certo tempo, neppure l’artista ci capisce più nulla (…) e là dove manca la capacità di tracciare una linea diretta e un segno armonioso, supplisce la metafisica”.